TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2017-05-03, n. 201705140
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Pubblicato il 03/05/2017
N. 05140/2017 REG.PROV.COLL.
N. 09232/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9232 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M B C.F. BRRMRA62B26A783H, R C C.F. CRCRFL82C12H703B, domiciliata ex art. 25 c.p.a. presso Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;
contro
Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, rappresentata e difesa dagli avvocati M P C.F. PTTMRC77R21H501I, C C C.F. CTRCSR62E16B354X, con domicilio eletto presso lo studio del primo di essi in Roma, via Bertoloni, 44;
nei confronti di
-OMISSIS--OMISSIS-non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della comunicazione del 27.07.2016 con la quale è stata respinta l'istanza di accesso agli atti formulata il 12.07.2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2017 il dott. M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone parte ricorrente che:
a) è in corso una lunga e complessa procedura di separazione coniugale in cui è coinvolta anche la figlia minore, e ciò soprattutto ai fini del suo affidamento condiviso e delle modalità con cui la stessa può permanere presso il padre nei giorni e negli orari stabiliti dal giudice civile;
b) nelle more, la ricorrente apprendeva che l’ex coniuge aveva subito un intervento chirurgico, presso il Policlinico Gemelli di Roma, per la rimozione di una cisti sinoviale ricompresa tra due vertebre lombari (L4-L5);
c) la stessa inoltrava dunque, al medesimo Policlinico, istanza di accesso alla cartella clinica dell’ex marito, e tanto allo scopo di essere resa edotta circa la reali condizioni fisiche e delle conseguenti capacità del medesimo, sul piano psico-fisico, di poter regolarmente accudire la bambina nei momenti a lui affidata;
d) tale richiesta veniva tuttavia rigettata in quanto afferente a dati sensibili dell’ex coniuge ( id est , salute), il quale aveva tra l’altro opposto a tale riguardo specifico diniego.
Il provvedimento di rigetto veniva impugnato per violazione degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (c.d. codice della privacy), nonché per difetto di motivazione e di istruttoria: le esigenze difensive della ricorrente (da spiegare, all’interno del procedimento davanti al giudice civile per la separazione coniugale, mediante la dimostrazione dell’inidoneità dell’ex marito ad accudire la figlia minore) sarebbero infatti da considerare prevalenti – nella prospettiva di parte ricorrente – rispetto a quelle di riservatezza del controinteressato.
Si costituiva in giudizio l’ente ospedaliero intimato per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.
Alla camera di consiglio del 10 gennaio 2017 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
Tutto ciò premesso si consideri che:
1. In tema di accesso ai documenti amministrativi, pur dovendosi ammettere in generale che le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, è però anche vero che l’applicazione di siffatto principio incontra ben determinati limiti allorché vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) o sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale degli individui;in questi casi l’accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice della Privacy). In questi termini: T.A.R. Milano, sez. III, 1° agosto 2011, n. 2065;T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 14 aprile 2010, n. 6915;
2. A norma del citato art. 60, comma 1, “Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile” . Tale disposizione, riguardante in particolare il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi , esprime dunque il principio del “pari rango”, chiarendo in modo inequivoco che, in siffatte ipotesi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute e della vita sessuale dell’interessato;
3. Una simile comparazione tra diverse se non opposte esigenze (accesso e riservatezza a dati sensibilissimi) va dunque effettuata non in astratto bensì in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza. Soccorre in questa direzione la norma di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 – complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy – secondo cui l’accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici: l’accesso viene interpretato, in questa direzione, quale extrema ratio ;
4. La stessa giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che “anche nel caso in cui l’accesso potrebbe interferire con l’esigenza di tutela della riservatezza di terzi, esso deve essere comunque garantito laddove la conoscenza del documento sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, ma ove il documento contenga dati sensibili o giudiziari, l’accesso è consentito solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile ” (T.A.R. Torino, sez. I, 23 maggio 2014, n. 932;T.A.R. Bologna, sez. I, 28 dicembre 2012, n. 783;T.A.R. Catania, sez. III, 22 ottobre 2010, n. 4228): occorre in sintesi che parte ricorrente – ed ancor prima nella veste di richiedente – fornisca la rigorosa prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato nei sensi e nei limiti di cui sopra;
5. Tanto doverosamente premesso in punto di diritto si osserva, in fatto, come nel caso di specie di tali requisiti ( stretta necessarietà e indispensabilità ) non sia stata fornita sufficiente dimostrazione, anche ai sensi dell’art. 64, comma 1, c.p.a. Ed infatti, parte ricorrente: a) non evidenzia in alcun modo per quale ragione – anche soltanto in linea potenziale – una siffatta operazione (asportazione cisti lombare) possa de futuro determinare una grave compromissione delle capacità psicofisiche dell’ex marito e delle conseguenti possibilità di accudire in maniera adeguata la figlia minore;b) non evidenzia allo stesso modo per quali motivi una siffatta compromissione possa derivare – anche in questo caso soltanto in linea potenziale – dall’utilizzo dei medicinali post intervento;c) evidenzia soltanto – ed in maniera alquanto generica – che la salute dell’ex marito “non è purtroppo adamantina” (pag. 3 ricorso introduttivo) e che la suddetta “operazione … potrebbe avere avuto conseguenze sulla salute … e rendere per lui più difficile la cura della piccola” (pag. 4 ricorso introduttivo) ed ancora che “Gli esiti dell’intervento vanno ad ogni modo controllati anche per verificare l’idoneità del controinteressato alla cura di una minore” (pag. 3 memoria depositata in data 5 gennaio 2017);
6. Trattasi come è evidente di mere asserzioni di principio che non trovano nessun aggancio in documentazione di carattere scientifico che possa corroborare la tesi di parte ricorrente, ossia che da una operazione di questo genere (rimozione cisti sinoviale, si ripete) possa derivare l’incapacità di prendersi cura di una bambina. Dimostrazione questa che in linea anche soltanto teorica, nel caso di specie, sarebbe risultata vieppiù necessaria al fine di poter provare la sussistenza del citato presupposto della “stretta indispensabilità” e, dunque, onde poter superare le esigenze di riservatezza invocate dall’ente ospedaliero resistente.
7. Dalla mancanza di siffatta dimostrazione discende la correttezza dell’operato dell’intimato Policlinico Universitario ed il conseguente rigetto delle censure di parte ricorrente.
8. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La peculiarità e la parziale novità delle questioni in questa sede esaminate induce peraltro il collegio a compensare integralmente tra le parti costituite le spese del presente giudizio.