TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-05-19, n. 202308575

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-05-19, n. 202308575
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202308575
Data del deposito : 19 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/05/2023

N. 08575/2023 REG.PROV.COLL.

N. 15811/2022 REG.RIC.

N. 00648/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15811 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Enel Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, G F, M R e P G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Adiconsum Lombardia - Sede di Bergamo, Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Adiconsum Lombardia, non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;



sul ricorso numero di registro generale 648 del 2023, proposto da
Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Enel Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, G F, M R e P G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, via Vittoria Colonna, 32;
Confconsumatori Lazio, U.Di.Con - Unione per la Difesa dei Consumatori, Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento,

previa adozione di misure cautelari, anche monocratiche ai sensi dell'art. 56 c.p.a.,

quanto al ricorso n. 15811 del 2022:

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato prot. n. 97568, adottato nell'adunanza del 12 dicembre 2022 e notificato il 13 dicembre 2022, con il quale è stata disposta la sospensione cautelare, ai sensi dell'art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, delle condotte contestate nel procedimento PS12461;
di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi, ivi compresi: (i) la comunicazione di avvio del procedimento PS12461, nonché per quanto occorrer possa (ii) del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore approvato con delibera 1° aprile 2015, n. 25411 e (iii) del Protocollo d'intesa AGCM – AEEGSI del 23 ottobre 2014;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Enel Energia s.p.a. il 19/1/2023:

per l'annullamento

del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 30429, adottato nell'adunanza del 29 dicembre 2022 e notificato il 30 dicembre 2022 (prot. 102073), con il quale è stata disposta la sospensione cautelare, ai sensi dell'art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, delle condotte contestate nel procedimento PS12461 a Enel Energia s.p.a.;

di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi;

quanto al ricorso n. 648 del 2023:

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia

del provvedimento n. 30429 nell'ambito del procedimento PS12461 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato reso nella sua adunanza del 29 dicembre 2022;

nonché, ove occorrer possa

di tutti gli atti a tale delibera connessi e/o collegati, presupposti o conseguenti, ancorché di estremi ignoti.


Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, del Codacons e di Enel Energia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2023 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe Enel Energia s.p.a. ha impugnato il provvedimento con cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in data 12 dicembre 2022, ha disposto la sospensione cautelare, ai sensi dell'art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, delle condotte contestate con riferimento alla violazione dell’art. 3 del decreto legge 9 agosto 2022 n. 115.

La ricorrente ha dedotto che i contratti di somministrazione di energia agli utenti erano regolati da condizioni generali di contratto che contenevano la preventiva e unilaterale predisposizione di un contenuto negoziale uniforme, e da condizioni economiche (o condizioni tecnico-economiche) che determinavano il prezzo della somministrazione di energia elettrica;
queste ultime avevano una durata predeterminata, che variava da 12 a 60 mesi (c.d. periodo di validità), in ragione della impossibilità di prevedere per un periodo superiore il costo di approvvigionamento dell’energia a carico del gestore.

Secondo le condizioni generali di contratto di Enel Energia, prima della scadenza del “periodo di validità” e di esecuzione del rapporto, la società poteva comunicare, con il dovuto anticipo, il nuovo prezzo della somministrazione applicabile in occasione del rinnovo e la durata delle nuove condizioni economiche;
ove tale comunicazione non fosse stata effettuata, conformemente al principio espresso dall’art. 1474 cod. civ., le condizioni economiche si sarebbero rinnovate alle medesime condizioni praticate dal venditore nel corso del “periodo di validità” e di esecuzione venuto a scadenza;
in ogni caso, restava ferma la facoltà del cliente di recedere in qualsiasi momento dal contratto di somministrazione.

All’interno delle condizioni generali era poi prevista la facoltà di effettuare modifiche unilaterali del contratto e, quindi, anche delle condizioni economiche, durante il periodo di validità delle stesse e prima della scadenza predeterminata;
tale facoltà era espressamente attribuita dall’ordinamento ai venditori di energia, purché ricorresse un giustificato motivo e salvo il diritto di recesso dell’utente.

Nel 2022, a fronte dell’aumento del costo del principale fattore produttivo, Enel Energia aveva dovuto rivedere le proprie politiche commerciali ed i prezzi praticati per la somministrazione al dettaglio di energia elettrica, tanto che aveva dovuto comunicare le nuove condizioni economiche applicabili in sede di rinnovo con riferimento a quelle che si approssimavano alla scadenza;
non erano state, invece, apportate modifiche unilaterali alle condizioni economiche durante il periodo di validità ed esecuzione delle stesse.

In questo contesto era intervenuto l’art. 3 del d.l. n. 115 del 2022 (c.d. Decreto Aiuti bis), convertito con modificazioni dalla l. n. 142 del 2022, secondo cui:

“1. Fino al 30 aprile 2023 è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all’impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo ancorché sia contrattualmente riconosciuto il diritto di recesso alla controparte.

2. Fino alla medesima data di cui al comma 1 sono inefficaci i preavvisi comunicati per le suddette finalità prima della data di entrata in vigore del presente decreto, salvo che le modifiche contrattuali si siano già perfezionate”.

Secondo la ricorrente il legislatore aveva limitato unicamente la facoltà degli operatori di apportare modifiche unilaterali che intervenivano precedentemente alla scadenza sulle condizioni economiche pattuite, e non, invece, la possibilità di comunicare meri aggiornamenti di prezzo, in occasione del rinnovo successivo alla scadenza del periodo di validità delle condizioni economiche, secondo i meccanismi disciplinati dai contratti.

Tuttavia l’Agcm aveva comunicato ad Enel Energia l’avvio del procedimento preordinato ad accertare la sussistenza di pratiche commerciali scorrette, connotate sia da profili di ingannevolezza che di aggressività, in violazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, con riferimento alle comunicazioni di rinnovo che, secondo l’Autorità, avrebbero aggirato il divieto previsto dall’art. 3 del Decreto “Aiuti bis”, “sottraendo ai consumatori la protezione temporanea dalle oscillazioni di mercato offerta dalla norma”;
inoltre, con il provvedimento impugnato erano state adottate misure cautelari provvisorie al fine di “impedire che la pratica commerciale sopra descritta, consistente nell’indebita preclusione dell’esercizio dei diritti previsti dall’art. 3 del D.L. 115/2022, con modalità ingannevoli e aggressive, continui ad essere posta in essere nelle more dello svolgimento del procedimento di merito”. In particolare, l’Agcm aveva disposto che Enel Energia: “ a) […] sospenda provvisoriamente ogni attività diretta a comunicare e ad applicare la variazione o il rinnovo delle condizioni economiche dei contratti in scadenza, confermando, fino al 30 aprile 2023, le condizioni di fornitura precedentemente applicate, comunicando individualmente ai consumatori interessati dalle predette comunicazioni, e con la medesima forma, l’applicazione delle precedenti condizioni di fornitura, ovvero, nel caso in cui i termini di perfezionamento delle nuove comunicazioni non siano ancora scaduti, l’inefficacia delle modifiche proposte;
b) che la società Enel Energia S.p.A. comunichi individualmente e con la medesima forma ai consumatori che hanno esercitato il diritto di recesso a seguito della comunicazione delle nuove condizioni economiche inviata prima del 10 agosto o di rinnovo delle condizioni economiche inviata successivamente a tale data, la possibilità di ritornare in fornitura alle precedenti condizioni economiche
”.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1.violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del decreto legge 9 agosto 2022 n. 115. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 3, del Codice del consumo e dell’art. 8 del Regolamento.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del consumo. Violazione e falsa applicazione della direttiva UE n. 2019/944. Violazione e falsa applicazione del Regolamento UE n. 2022/1854. Violazione e falsa applicazione della comunicazione della Commissione europea REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili com(2022) 108 final dell’8 marzo 2022). Violazione e falsa applicazione degli artt. 41, 42 e 117 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del protocollo 1 alla Cedu. Eccesso di potere.

L’Autorità avrebbe erroneamente ritenuto che il divieto introdotto dall’art. 3 del Decreto “Aiuti bis” fosse riferito non solo alle modifiche unilaterali di condizioni economiche ancora valide ed efficaci, ma ad “ ogni variazione delle condizioni economiche dei contratti di fornitura ”, tra cui rientrerebbero anche gli eventuali aggiornamenti del prezzo conseguenti alla scadenza del periodo di validità delle condizioni economiche.

Il legislatore, invece, sarebbe intervenuto sulla sola facoltà degli operatori di apportare modifiche unilaterali alle clausole contrattuali che modificavano anticipatamente le condizioni economiche pattuite, senza introdurre limitazioni alla facoltà dei venditori di comunicare meri aggiornamenti di prezzo, in occasione del rinnovo successivo alla scadenza del periodo di validità delle condizioni economiche, secondo i meccanismi disciplinati dai contratti, come, peraltro, risultava anche dal comunicato congiunto di Agcm e ARERA del 13 ottobre 2022.

Una diversa interpretazione sarebbe contraria al diritto eurounitario, con conseguente necessità di disapplicare la disposizione del Decreto “Aiuti bis”, giacché il legislatore dell’Unione aveva chiarito che l’intervento pubblico di regolazione, ai sensi dell’art. 5, comma 7, lett. c), della direttiva n. 2019/944, doveva sempre portare a stabilire un prezzo regolato “al di sopra del costo, ad un livello tale da consentire un’effettiva concorrenza dei prezzi”.

2. Violazione dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del consumo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis del decreto legge 9 agosto 2022 n. 115. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione del protocollo d'intesa AGCM - AEEGSI, 23 ottobre 2014.

L’Agcm non aveva acquisito il parere di ARERA, obbligatorio trattandosi di settore regolato.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del consumo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis del decreto legge 9 agosto 2022 n. 115. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 689 del 1981. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97 e 117 Cost.

In ogni caso le condotte di ENEL non potevano ritenersi ingannevoli o aggressive, a fronte dell’ambiguità del dato normativo, cui la stessa si era comunque adeguata, e degli aumenti esponenziali del costo delle materie prime che la stessa aveva dovuto affrontare.

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 3, del Codice del consumo e dell’art. 8 del regolamento Agcm. Violazione dell’art. 3 bis del decreto-legge 9 agosto 2022 n. 115. Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 97 Cost. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche di sviamento, irragionevolezza, ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 Cedu. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990.

Il provvedimento impugnato sarebbe, altresì, viziato per carenza dei necessari presupposti delle misure cautelari.

Si è costituita l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato resistendo al ricorso;
ha spiegato intervento ad opponendum il Codacons.

Con motivi aggiunti depositati il 19 gennaio 2023 la ricorrente ha impugnato l’atto con cui l'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, il 29 dicembre 2022, ha disposto la conferma parziale del provvedimento oggetto del ricorso principale, tenendo conto anche di quanto affermato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 5986 del 22 dicembre 2022, resa su ricorso proposto da altro operatore a fronte di analogo provvedimento.

L’Autorità aveva rilevato, nel nuovo provvedimento, che “ sia le comunicazioni che non menzionano la scadenza dell’offerta, sia quelle che la richiamano genericamente, senza però che la stessa fosse specificamente indicata, ovvero predeterminata e predeterminabile, lungi dal configurare “un rinnovo contrattuale liberamente pattuito dalle parti”, integrano invero una fattispecie di modifica unilaterale, sospesa ex articolo 3 del Decreto Aiuti bis sino al 30 aprile 2023 ”.

Sulla base di tali presupposti, l’Agcm aveva dunque ritenuto di “ confermare il provvedimento cautelare adottato dall’Autorità nell’adunanza del 12 dicembre 2022, sotto il profilo del fumus boni iuris, limitatamente a tutte le comunicazioni di rinnovo/aggiornamento/variazione delle condizioni economiche di offerta prive di una chiara, effettiva predeterminata o predeterminabile scadenza e quindi conosciuta o conoscibile dai consumatori a contratto a tempo indeterminato ”.

I motivi aggiunti sono stati affidati, oltre alle censure già contenute nel secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale, alle seguenti doglianze:

1. Eccesso di potere per sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 23 e 97 Cost..

L’Autorità non avrebbe dovuto intervenire per far fronte alla crisi derivante dall’innalzamento dei prezzi delle materie prime in generale e dell’energia in particolare, ma unicamente vigilare sul corretto funzionamento del mercato e sulla repressione di specifiche condotte aggressive o ingannevoli nei confronti dei consumatori.

2. violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n.115 del 2022. Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 del d.lgs. n. 206 del 2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.lgs. n. 206 del 2005 e dell’art. 8 del regolamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere.

Secondo l’Agcm l’art. 3 del Decreto “Aiuti bis” sospenderebbe non solo le clausole contrattuali che consentono di apportare modifiche unilaterali sulla base di un giustificato motivo oggettivo ex art. 13.1 del Codice di Condotta Commerciale ARERA, ma anche le clausole contrattuali che consentono ai venditori di aggiornare le condizioni economiche, ogniqualvolta il periodo di validità sia scaduto senza che sia stato effettuato l’aggiornamento e le condizioni generali di contratto prevedano un regime di “proroga” che si estende fino all’invio di una nuova comunicazione di aggiornamento.

Di contro, lo jus variandi , oggetto delle disposizioni del Decreto “Aiuti bis”, andrebbe tenuto concettualmente distinto dalla facoltà di aggiornamento dei prezzi alla scadenza delle condizioni economiche, sempre consentita.

3. violazione e falsa applicazione della Direttiva UE n. 2019/944. Violazione e falsa applicazione del Regolamento UE n. 2022/1854. Violazione e falsa applicazione della comunicazione della Commissione europea REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili com(2022) 108 final dell’8 marzo 2022). Violazione e falsa applicazione degli artt. 41, 42 e 117 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del protocollo 1 alla Cedu. Eccesso di potere.

Se l’art. 3 del Decreto “Aiuti bis” fosse interpretato nel senso di impedire ad Enel Energia, dopo la prima scadenza delle condizioni economiche alla quale siano seguiti una serie di rinnovi taciti per il periodo predeterminato, di comunicare un aggiornamento di prezzo, allora esso si porrebbe in contrasto con le disposizioni del Regolamento UE n. 2022/1854, dal momento che imporrebbe agli operatori di praticare prezzi ad un livello inferiore ai costi di approvvigionamento, senza preoccuparsi di prevedere le necessarie ed eque compensazioni.

Con altro ricorso r.g. 648/2023 il Codacons ha impugnato il medesimo provvedimento oggetto dei motivi aggiunti proposti da Enel Energia s.p.a., deducendo:

1.Difetto di istruttoria, difetto di motivazione. Illogicità e contraddittorietà. Violazione del principio di proporzionalità. Violazione del giusto procedimento. Violazione art. 3 legge n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell'art 97 della Costituzione. Violazione del principio di ragionevolezza.

Il provvedimento impugnato non conterrebbe alcuna motivazione, ad eccezione del richiamo all’ordinanza del Consiglio di Stato n. 5986 del 22 dicembre 2022, che aveva accolto l’appello cautelare proposto da altro operatore per ottenere la sospensione di un analogo provvedimento cautelare adottato dall’Agcm.

2. Violazione e falsa applicazione art. 10 delibera Agcm 1 aprile 2015, n. 25411, recante Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni, clausole vessatorie. Violazione e falsa applicazione art. 2 co. 33 legge n. 481/1995;
violazione e falsa applicazione artt. 7 e 10 legge n. 241/1990. Eccesso di potere.

Il provvedimento era stato adottato senza convocare in contraddittorio le associazioni dei consumatori.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, dl n. 115 del 2022 (c.d. dl aiuti bis). In subordine: illegittimità costituzionale dell’art. 3, dl n. 115/2022, per violazione degli artt. 3 e 97, Cost.;
illegittimità derivata del provvedimento impugnato.

L’interpretazione del Decreto “Aiuti bis” data dall’Agcm con il primo dei provvedimenti impugnati, poi parzialmente revocato dall’atto gravato con il ricorso del Codacons, doveva ritenersi corretta, in quanto postulava l’applicazione del blocco delle variazioni di prezzo sia per i contratti in scadenza che per quelli in corso;
una diversa opzione interpretativa avrebbe comportato la violazione degli artt. 41 e 97 Cost.

4. Questione di legittimità costituzionale, in parte qua , dell’art 11, comma 8, d.l. n 198/22 (c.d. decreto Milleproroghe), per violazione dell’art. 3, 41, 43 e 97 della Costituzione. Illegittimità derivata dalla delibera impugnata.

La disposizione del Decreto Milleproroghe, che era successivamente intervenuta prevedendo che il blocco delle modifiche non si applicasse alle clausole contrattuali che consentivano all'impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di aggiornare le condizioni economiche contrattuali alla scadenza delle stesse, nel limitare l’applicazione della sospensione del potere di aggiornamento dei prezzi di gas e luce ai soli contratti in corso, con esclusione di quelli in scadenza, doveva ritenersi costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., per le stesse ragioni già dedotte nel precedente motivo.

Si sono costituiti l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ed Enel Energia s.p.a. resistendo al ricorso.

All’udienza pubblica del 22 febbraio 2023 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due ricorsi, in considerazione della parziale coincidenza oggettiva, con riferimento al provvedimento impugnato da Codacons ed oggetto dei motivi aggiunti proposti da Enel Energia s.p.a., e soggettiva, essendo lo stesso Codacons intervenuto anche nel giudizio proposto dal gestore.

Venendo all’esame del merito, deve premettersi che oggetto di controversia è l’ambito applicativo dell’art. 3 del d.l. n. 115/2022, per mezzo del quale — sostanzialmente — venivano congelate le modifiche unilaterali delle tariffe imposte dalle società fornitrici di energia.

Per completezza va anche osservato come, successivamente all'adozione dei provvedimenti impugnati in questa sede, l'art. 11, comma 8, d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, conv. dalla 1. 24 febbraio 2023, n. 14 (c.d. decreto Milleproroghe), aggiungeva un periodo all'art. 3, comma 1, d.l. 115 cit., precisando come «il primo periodo non si applica alle clausole contrattuali che consentono all'impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di aggiornare le condizioni economiche contrattuali alla scadenza delle stesse, nel rispetto dei termini di preavviso contrattualmente previsti e fermo restando il diritto di recesso della controparte» (la novella, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 29 dicembre 2022, entrava in vigore il 30 dicembre 2022).

Fissato il quadro normativo generale, va rilevato come l'Autorità abbia ricevuto numerose segnalazioni da parte di consumatori e microimprese titolari di contratti di fornitura a prezzo fisso. Appare opportuno precisare che in Italia le utenze per l'energia elettrica ed il gas possono essere stipulate, a seguito dei ben noti processi di liberalizzazione, alle condizioni fissate dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), c.d. mercato tutelato, ovvero secondo le dinamiche concorrenziali del c.d. mercato libero. In quest'ultimo segmento si sono consolidate due differenti tipologie contrattuali per l'individuazione del corrispettivo per la componente energia: da un lato il prezzo fisso (o bloccato), immutabile per la durata contrattuale pattuita, dall'altro il prezzo variabile (o indicizzato), in forza del quale il quantum dovuto dal consumatore varia in base alle fluttuazioni di parametro preso a riferimento (es. il prezzo unico nazionale, c.d. Pun, prezzo di riferimento all'ingrosso dell'energia elettrica che viene acquistata sul mercato della Borsa elettrica italiana).

È bene subito puntualizzare che la pratica censurata dall'Autorità concerne unicamente i contratti con prezzo fisso. In particolare, l'Agcm accertava come, nel periodo antecedente l'adozione del decreto Aiuti-bis, l'odierna ricorrente avesse inviato numerosissime proposte di modifica unilaterale del contratto indicando una risalente scadenza delle condizioni economiche, evidenziando la necessità di aggiornarle, passando dal prezzo fisso a quello variabile con decorrenza delle nuove tariffe nel periodo tra settembre e dicembre 2022, ossia una volta scaduto il termine trimestrale di preavviso concesso al consumatore per l'esercizio del diritto di recesso.

Viceversa, successivamente all'intervento legislativo dell'agosto 2022, l'impresa mutava la propria condotta commerciale, inviando ai clienti una serie di proposte di rinnovo delle condizioni economiche: nel dettaglio, il professionista evidenziava la scadenza delle precedenti pattuizioni economiche proponendo una nuova tariffa (indicizzata), fermo restando il diritto di recesso dell'utente finale. Questa nuova versione di aggiornamento dei corrispettivi per l'energia elettrica ed il gas veniva reputata dalla società pienamente in linea con il disposto dell'art. 3 del decreto aiuti-bis.

Come già anticipato, l'odierna vicenda si inserisce in un più ampio contesto di interventi dell'Agcm nei confronti delle imprese fornitrici di energia elettrica e gas. In particolare, in un distinto giudizio avverso un provvedimento dell'Autorità sostanzialmente analogo a quello impugnato con l'originario ricorso, la Sezione si pronunciava sulla domanda cautelare ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a. fissando l'udienza di merito: nondimeno, il Consiglio di Stato accoglieva l'appello cautelare avverso l'ordinanza di questo Tribunale evidenziando come l'art. 3 d.l. 115 cit. « menzionando le modificazioni unilaterali dei contratti si riferisce al solo ius variandi per contratti che non siano scaduti e non ai rinnovi contrattuali conseguenti a scadenze concordate dalle parti e che pertanto esso sembra non poter incidere su rinnovi contrattuali predeterminati nell'esercizio della libertà negoziale se non a condizione di una inammissibile interpretazione estensiva della disposizione nazionale limitativa della libertà di mercato a situazioni non espressamente previste (con estensione delle sanzioni a condotte non contemplate dalla disposizione) », sospendendo il « provvedimento impugnato (a sua volta di natura inibitoria sul piano amministrativo) solo nella parte in cui esso investa contratti a tempo determinato o contratti che prevedano una scadenza predeterminata delle condizioni economiche a data precedente il 30 aprile 2023 essendo in questione in tal caso non l'esercizio dello ius variandi ma un rinnovo contrattuale liberamente pattuito dalle parti », chiarendo al contempo come per « i contratti a tempo indeterminato, che non prevedono scadenza nella parte economica o la prevedano in data posteriore al 30 aprile 2023, essi non possano essere modificati nella parte concernente le condizioni economiche prima della scadenza del termine indicato nell'art. 3 del D.L.11 5 / 2022 e pertanto per essi valga il "congelamento" dello ius variandi disposto dal decreto c.d. Aiuti bis (anche implicitamente con riferimento ai prezzi seppur non menzionati nella norma ma modificabili in situazioni ordinarie secondo lo ius variandi) ».

Successivamente al pronunciamento cautelare del Consiglio di Stato, l'Autorità adottava il secondo provvedimento — impugnato con motivi aggiunti — inibendo, sostanzialmente, l'applicazione delle nuove condizioni economiche indicate nelle comunicazioni di proposta di modifica unilaterale del contratto inviate prima del 10 agosto 2022 o nelle comunicazioni di proposta di rinnovo delle condizioni economiche inviate dopo la menzionata data, unicamente per i contratti a tempo indeterminato per i quali non era specificamente individuata o comunque predeterminabile una scadenza delle condizioni economiche, imponendo l'applicazione delle condizioni di fornitura precedentemente vigenti.

Va anche rammentato che quello impugnato con il ricorso introduttivo è un provvedimento cautelare adottato dall'Agcm all'avvio dell'istruttoria, poi parzialmente revocato dalla stessa Autorità, sempre in via cautelare, con il provvedimento del 29 dicembre 2022, oggetto dei motivi aggiunti.

Conseguentemente, questo Tribunale è chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora (cfr. art. 8 del. Agcm 1° aprile 2015, n. 25411, recante il Regolamento delle procedure istruttorie in tema di pratiche commerciali scorrette) che giustificano l'inibitoria interinale, tenendo a mente la sommarietà dell'istruttoria (cfr. Tar Lazio, sez. I, ord., 22 novembre 2018, n. 7046).

Appare poi opportuno precisare come i due atti gravati si integrino a vicenda, risultando il decisum dell'Autorità ricavabile dall'unione dei due provvedimenti. Tale circostanza determina, inevitabilmente, la necessità di procedere congiuntamente all'esame delle censure similari esposti nei due atti di impugnazione.

Doglianze di analogo contenuto sono state già esaminate nelle precedenti sentenze di questa Sezione nn. 8398 e 8399 del 2023, le cui argomentazioni devono essere qui integralmente recepite.

Appare logicamente preliminare l'esame della censura di sviamento di potere denunciata dall'esponente nel primo dei motivi aggiunti.

Si tratta di un motivo infondato.

Invero, se da un lato è pacifico che non sia rimessa all'Agcm la cura degli interessi del welfare state (e quindi l'amministrazione delle politiche di sostegno economico in favore dei cittadini svantaggiati), dall'altro va osservato come sia palese che l'oggetto dell'indagine dell'Autorità sia una pratica commerciale che, inevitabilmente, va ad incidere su una fascia normativamente debole della popolazione (quella di consumatori e microimprese): ne discende, indi, che l'azione repressiva rientra sicuramente nelle attribuzioni dell'Agcm (v. Cons. Stato, ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 3), essendo ad essa rimessa la tutela amministrativa in tema di pratiche commerciali scorrette (v. art. 27 cod. cons.).

Similmente infondati sono la seconda doglianza del ricorso introduttivo ed il quarto dei motivi aggiunti, relativi alla mancata assunzione del parere dell'Arera.

Come ammette la stessa società ricorrente, l'acquisizione del parere dell'Arera, ai sensi dell'art. 27, comma 1-bis, cod. cons., avviene a conclusione dell'istruttoria, ossia una volta che l'Agcm abbia completato l'acquisizione documentale e la valutazione delle risultanze: orbene, nel caso in esame si è gravato un provvedimento cautelare, adottato, quindi, in una fase anteriore che non rende necessaria l'acquisizione del parere, stante l'urgenza del provvedere.

Infondate sono anche le argomentazioni circa la possibilità, nella specie, di acquisire il parere: come è noto, alla luce del protocollo d'intesa tra le Autorità, il parere dell'Arera non costituisce mero aggravio procedimentale, bensì incide direttamente sulla portata dell'illecito consumeristico, non potendo essere censurate dall'Agcm le condotte in linea con la regolamentazione di settore (in termini, Tar Lazio, sez. I, 3 maggio 2022, n. 5500). Conseguentemente, risulta indispensabile la completa istruttoria fattuale (che spetta all'Autorità antitrust) al fine della corretta espressione del parere, rischiando altrimenti di vanificarsi la portata dello stesso, atteso che l'Arera non potrebbe far altro che esporre delle valutazioni di carattere generale: ne discende, inevitabilmente, l'impossibilità di esprimere un genuino ed utile parere prima della conclusione dell'istruttoria.

I rimanenti motivi, esposti sia nel ricorso introduttivo sia nei motivi aggiunti, sono anch’essi strettamente connessi da un punto di vista logico, sicché appare opportuna una trattazione unitaria: essi, inoltre, sono fondati nei limiti di quanto si andrà ad esporre.

In primo luogo va rilevato come la condotta commerciale contestata all'odierna ricorrente risulta sostanzialmente omogenea sia prima sia dopo l'introduzione dell'art. 3 d.l. 115 cit.: l’Agcm, infatti, ha rilevato che nelle missive anteriori al 10 agosto 2022 non era riportata “ alcuna motivazione e/o scadenza giustificativa delle prospettate modifiche di prezzo ”, mentre nelle comunicazioni inviate dopo il 10 agosto 2022 si rappresentava genericamente che “ le condizioni economiche della tua offerta sono in scadenza ”, “ senza tuttavia in alcun modo indicare e precisare la data effettiva della stessa ”;
inoltre, nemmeno “ nelle condizioni generali di fornitura di taluni contratti veniva predeterminata la specifica durata delle condizioni economiche nelle ipotesi in cui queste ultime fossero state già rinnovate tacitamente senza alcuna variazione ”;
sulla base di tali due presupposti, dunque, l’Autorità ha ritenuto che, “ almeno in gran parte dei casi ”, le offerte sottoscritte dagli utenti “ non fossero effettivamente in scadenza: l’iniziale periodo di validità delle offerte stesse era, in molti casi, abbondantemente decorso e tacitamente prorogato, in assenza di una esplicita predeterminazione o comunicazione di uno specifico termine di vigenza delle condizioni economiche di fornitura e comunque senza comprovare il rispetto del termine di scadenza conseguente alle diverse e tacite proroghe ”.

Dunque, secondo Agcm vi sarebbero state lacune informative a danno dell’utenza sia nelle comunicazioni di rinnovo, a valle, sia nelle condizioni di contratto, a monte;
la conseguenza di tali lacune sarebbe stata la trasformazione del rapporto contrattuale in rapporto a tempo indeterminato, tanto che gli aggiornamenti del prezzo sarebbero diventati una manifestazione del c.d. jus variandi .

Sul punto, appare opportuno richiamare la documentazione contrattuale versata in atti dall'impresa, che permette di evidenziare come la parte normativa della fornitura di energia elettrica venisse predisposta unilateralmente dal professionista (secondo lo schema del contratto c.d. di massa), potendo il consumatore unicamente decidere se concludere il negozio, risultandogli viceversa preclusa un'effettiva trattativa: va poi aggiunto che, alla luce dei contratti prodotti, il contratto venisse sempre concluso a tempo indeterminato (v. punto 2.5 delle condizioni generali), ferma restando la durata temporalmente circoscritta delle condizioni economiche, oggetto di un documento allegato.

In particolare, il punto 3.1 delle condizioni generali di contratto chiarisce che il periodo di applicabilità delle condizioni tecnico-economiche è dalle stesse indicato, e che esse possono essere modificate dal fornitore, con un preavviso di tre mesi rispetto alla scadenza: in mancanza di tale comunicazione, il precedente corrispettivo tariffario viene prorogato fino a diversa comunicazione scritta, sempre con preavviso di tre mesi rispetto alla decorrenza della variazione.

D'interesse, ai fini della presente decisione, è anche il punto 13.4 delle condizioni generali di contratto, che regola il diritto del professionista di modificare unilateralmente le condizioni economiche e contrattuali in presenza di un giustificato motivo.

Orbene, alla luce di quanto esposto, appare palese che correttamente l'Autorità qualificava ambedue le proposte inviate ai consumatori quali manifestazioni della volontà di esercitare il diritto potestativo di determinazione autonoma del corrispettivo di vendita dell'energia elettrica. Irrilevanti appaiono sia le distinzioni nelle intestazioni delle missive sia la clausola contrattuale invocata, trattandosi in ambedue i casi di modifiche unilaterali imposte dal professionista: l'unica differenza ravvisabile consiste nei presupposti, risultando nell'un caso necessario un giustificato motivo e nell'altro il rispetto di precise scadenze temporali.

La sostanziale omogeneità della fattispecie si apprezza, inoltre, osservando la vicenda dalla prospettiva del consumatore: costui, al momento della sottoscrizione del contratto, accetta sia la possibilità di modifica unilaterale sia quella di aggiornamento delle condizioni economiche alle singole scadenze e, in ambedue le ipotesi, si pone in una situazione giuridica di soggezione rispetto all'esercizio del diritto potestativo del professionista, non essendo concessa all'utente finale la possibilità di trattativa sull'aggiornamento delle condizioni economiche, bensì solo il diritto di recesso.

D'altro canto, che non si tratti di un rinnovo contrattuale bensì di una mera integrazione unilaterale di un elemento essenziale del negozio emerge con evidenza dall'assenza della manifestazione di volontà del consumatore alla conclusione del «nuovo» contratto così come inferibile anche dalla incontestata durata indeterminata della fornitura.

Appurato, quindi, che in ambedue i casi si è al cospetto dell'esercizio di un diritto potestativo, va rilevato come la fattispecie si componga di una pluralità di elementi che non si esauriscono nella ricezione della proposta di esercizio dello ius variandi : invero, l'efficacia delle modifiche (o degli aggiornamenti) consegue al decorso del termine di 90 giorni (o trimestrale) per l'esercizio del diritto di recesso. Quest'ultimo non costituisce tacita manifestazione di volontà che dà luogo ad un nuovo negozio, bensì condicio iuris per l'applicazione delle aggiornate condizioni contrattuali: tale circostanza è confermata dall'impossibilità per il consumatore di rinunciare al termine ovvero di anticipare con una dichiarazione di volontà gli effetti della modifica.

Va quindi verificato se tale condotta possa o meno esser considerata in violazione dell'art. 3 decreto “Aiuti bis”.

Orbene, sul punto appare opportuno in primo luogo chiarire la ratio della disposizione: risulta evidente che il legislatore abbia volutamente spostato l'onere economico derivante dall'innalzamento dei prezzi energetici sulle compagnie che operano nel ridetto settore, salvaguardando i cittadini che avevano concluso un contratto con prezzo bloccato.

In tal senso il testo della legge preclude al professionista il ricorso ai poteri contrattuali che legittimano la modifica unilaterale delle «condizioni generali di contratto» che regolano la fissazione delle tariffe di vendita. L'enfasi posta sulle condizioni generali di contratto è dirimente per comprendere l'esatta portata del divieto, atteso che il legislatore ha inteso sospendere unicamente le modifiche della parte normativa del negozio, nella misura in cui incidono sulla determinazione del prezzo: in altre parole, non si è previsto un congelamento tout court dei contratti di fornitura, bensì la sospensione di alcuni specifici poteri contrattuali. Richiamando i documenti prodotti da parte ricorrente, è evidente che nelle condizioni generali di contratto nulla è detto circa la determinazione del corrispettivo di vendita, essendo quest'ultimo — come si è visto — oggetto di un separato accordo contrattuale, distinto per ogni singolo consumatore: conseguentemente, seguendo l'originario testo normativo, non appare essere stato imposto dal legislatore alcun divieto all'aggiornamento delle condizioni economiche scadute, atteso che quest'ultima fattispecie si sviluppa senza variazione delle condizioni generali del contratto.

A corroborare il ragionamento esposto, appare utile evidenziare come il decreto milleproroghe abbia ulteriormente chiarito come l'aggiornamento delle tariffe indicate nelle condizioni economiche scadute sia pienamente legittimo: orbene, al di là dell'eventuale portata meramente interpretativa della disposizione (cfr. Corte Cost., 30 gennaio 2009, n. 24), va osservato che l'utilizzo dei sintagmi «condizioni generali di contratto» e «condizioni economiche» è indicativo dell'effettiva voluntas legis di circoscrivere la sospensione alle sole ipotesi più gravi di esercizio arbitrario del diritto di variare unilateralmente le condizioni di fornitura (es. senza il rispetto dei termini di scadenza i quali sono infatti regolati dalle condizioni generali di contratto).

Ulteriore evidenza della bontà dell'ermeneusi illustrata è rappresentata dal comunicato congiunto del 13 ottobre 2022 (prodotto da parte ricorrente), adottato all'esito di un confronto tra Agcm ed Arera, ove si evidenziava come l'art. 3 d.l. 115 cit. (testo originario) non ostasse all'aggiornamento delle condizioni economiche in scadenza delle offerte c.d. placet (si tratta di modelli contrattuali a metà strada tra il mercato tutelato e quello libero, essendo predisposta dall'Arera la parte normativa, ferma restando la libera determinazione da parte dell'impresa del prezzo di vendita: in questi casi, le condizioni economiche sono temporalmente circoscritte con onere per il professionista di comunicare tempestivamente prima della scadenza il nuovo prezzo praticato per il successivo periodo contrattuale): si tratta di una precisa lettura della disposizione, resa su una fattispecie assai simile a quella oggetto della presente controversia.

Conseguentemente, sulla base degli elementi appena ricordati non appare corretto l'iter logico seguito dall'Autorità nell'adozione del provvedimento cautelare ( rectius , dei due provvedimenti cautelari), risultando insussistente il fumus boni iuris che ne legittimava l'adozione. Difatti, alla luce della documentazione raccolta nel primo segmento dell'istruttoria, non si apprezza la violazione delle disposizioni contrattuali né dell'art. 3 d.l. 115 cit.: invero, l'indicazione di una risalente scadenza delle condizioni economiche, ovvero l'omissione di tale informazione, non possono ex se determinare l'illiceità della pratica, stante la possibilità per l'utente di ricostruire induttivamente tale dato, alla luce delle varie proroghe man mano succedutesi nel tempo.

Né potrebbe sostenersi che l'omissione da parte del professionista della comunicazione periodica di aggiornamento possa consolidare sine die le precedenti condizioni economiche, atteso che il contratto disciplina specificamente le modalità di aggiornamento delle stesse.

L'accoglimento del ricorso introduttivo e di quello per motivi aggiunti per le ragioni indicate determina l'annullamento sia del provvedimento del 12 dicembre 2022 sia di quello del 29 dicembre 2022, con assorbimento di ogni altra doglianza in considerazione dell'esito dell'impugnativa.

Venendo all’esame del ricorso proposto dal Codacons, per le ragioni suesposte risultano infondati il terzo e il quarto motivo, incentrati sulla dedotta correttezza dell’applicazione della disciplina dell’art. 3 del Decreto “Aiuti bis” ai contratti sia in corso che in scadenza.

Deve essere disattesa anche la prospettata questione di costituzionalità del Decreto “Milleproroghe”, nella parte in cui ha distinto tra contratti con condizioni economiche ancora in vigore e contratti con condizioni economiche scadute, non ravvisandosi alcun aspetto di irragionevolezza in tale distinzione, ancorata al diverso regime temporale di validità delle clausole applicate.

La prima censura, con la quale si è dedotto il difetto di motivazione del provvedimento, è altresì infondata, in quanto l’Autorità, nel provvedere alla parziale conferma del primo provvedimento già adottato inaudita altera parte , all’esito degli elementi acquisiti, ha comunque dato conto delle ragioni per cui la precedente determinazione doveva essere ribadita con riferimento a « tutte le comunicazioni di rinnovo/aggiornamento/variazione delle condizioni economiche di offerta prive di una chiara, effettiva, predeterminata o predeterminabile scadenza e quindi conosciuta o conoscibile dai consumatori a contratto a tempo indeterminato » (par. 35 provv.).

L’Autorità ha quindi ritenuto che, all’esito degli elementi acquisiti dopo l’adozione del proprio provvedimento cautelare inaudita altera parte , sussistesse il fumus boni iuris unicamente in relazione alle comunicazioni di « rinnovo/aggiornamento/variazione delle condizioni economiche di offerta prive di una chiara, effettiva predeterminata o predeterminabile scadenza ».

Del pari infondata è la doglianza con la quale il ricorrente ha lamentato che nell’ambito del procedimento non fossero state sentite le associazioni dei consumatori: il Codacons, infatti, avrebbe potuto partecipare al procedimento, secondo quanto disposto dall’art. 10 della Delibera

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