TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-02-28, n. 202303434

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-02-28, n. 202303434
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202303434
Data del deposito : 28 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2023

N. 03434/2023 REG.PROV.COLL.

N. 12586/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12586 del 2013, proposto da
GIORGIO DI DONATO e MARIA ASSUNTA DI DONATO con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. A T che li rappresenta e difende nel presente giudizio

contro

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’avv. P G che la rappresenta e difende nel presente giudizio

per l'annullamento

delle comunicazioni di rilascio della concessione in sanatoria e di richiesta contestuale di pagamento dei conguagli n. 59705 e n. 59706 del 12/08/13 emesse dal Comune di Roma Capitale, nella parte in cui richiedono ai ricorrenti le somme ivi indicate a titolo di oneri concessori, oblazione e danni ambientali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2023 il dott. M F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 14/12/13 e depositato il 16/12/13 G D D e M A D D hanno impugnato le comunicazioni di rilascio della concessione in sanatoria e di richiesta contestuale di pagamento dei conguagli n. 59705 e n. 59706 del 12/08/13 emesse dal Comune di Roma Capitale, nella parte in cui richiedono ai ricorrenti le somme ivi indicate a titolo di oneri concessori, oblazione e danni ambientali, ed hanno chiesto la condanna di Roma Capitale al risarcimento dei danni.

Roma Capitale, costituitasi in giudizio con comparsa depositata il 27/12/13, ha concluso per la reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 619 del 06/02/14 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti.

Con ordinanza n. 7791 del 06/06/22 il Tribunale ha ordinato a Roma Capitale di depositare la documentazione ivi indicata.

Alla pubblica udienza del 31/01/23 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è solo parzialmente fondato e, nei limiti di quanto in prosieguo specificato, merita accoglimento.

G D D e M A D D impugnano le comunicazioni di rilascio della concessione in sanatoria e di richiesta contestuale di pagamento dei conguagli n. 59705 e n. 59706 del 12/08/13 emesse dal Comune di Roma Capitale, nella parte in cui richiedono ai ricorrenti le somme ivi indicate a titolo di oneri concessori, oblazione e danni ambientali, e chiedono la condanna di Roma Capitale al risarcimento dei danni.

Con la prima censura i ricorrenti prospettano la violazione degli artt. 97 Cost., 35 l. n. 47/85 e 39 l. n. 724/94 in quanto nella fattispecie si sarebbe perfezionata la prescrizione in ordine alle pretese del Comune concernenti le maggiori somme richieste a titolo di oblazione ed oneri concessori;
in particolare, le istanze di condono sarebbero state presentate nel 1995 mentre le richieste di Roma Capitale, aventi ad oggetto l’integrazione della documentazione relativa alle sanatorie, sarebbero intervenute dopo il decorso del termine prescrizionale e, comunque, avrebbero riguardato atti già presenti nei procedimenti di sanatoria.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 35 l. n. 47/85, richiamato dall’art. 39 l. n. 724/94 applicabile alla fattispecie in considerazione della data di presentazione dei due condoni dei ricorrenti (1995), “ fermo il disposto del primo comma dell'art. 40 e con l'esclusione dei casi di cui all'art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti ”.

Come ha avuto modo di affermare la giurisprudenza, la formazione del silenzio assenso in materia di condono e il decorso del termine prescrizionale per il conguaglio dell’oblazione e degli oneri concessori presuppongono la completezza della documentazione e l’esistenza dei requisiti sostanziali necessari per l’accoglimento della sanatoria (Cons. Stato n. 1287/21, Cons. Stato n. 3241/19, Cons. Stato n. 4706/16).

Nella fattispecie, le domande di condono presentate dai ricorrenti erano carenti della visura storica e della planimetria catastale, del certificato d’idoneità statica e della dichiarazione sullo stato dei lavori al 31/12/93, richiesti da Roma Capitale con note prot. n. 63752 e n. 63754 del 12/12/11;
la contraria affermazione dei ricorrenti circa la presenza di tale documentazione nei procedimenti di sanatoria non è stata dagli stessi comprovata in maniera idonea ed, anzi, è smentita dal comportamento successivo degli interessati i quali in data 02/07/12 hanno prodotto a Roma Capitale le integrazioni documentali richieste.

A ciò si aggiunga che, poiché i beni oggetto di condono risultano gravati da vincolo paesaggistico, solo dopo il completo deposito della documentazione da parte dei ricorrenti il Comune, con nota prot. n. 26647 del 12/04/13 (allegata alla documentazione depositata da Roma Capitale il 03/02/14), ha potuto richiedere alla competente autorità il nulla osta relativo al vincolo.

Con la seconda censura i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 39 l. n. 724/94 in quanto il Comune avrebbe richiesto i conguagli nonostante fosse ancora proprietario dei terreni a seguito del provvedimento di acquisizione.

Il motivo è infondato.

Second l’art. 39 comma 19 l. n. 724/94, nel testo vigente alla data di presentazione delle domande di condono, “ per le opere abusive divenute sanabili in forza della presente legge, il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha il diritto di ottenere l'annullamento delle acquisizioni al patrimonio comunale dell'area di sedime e delle opere sopra questa realizzate disposte in attuazione dell'art. 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e la cancellazione delle relative trascrizioni nel pubblico registro immobiliare dietro esibizione di certificazione comunale attestante l'avvenuta presentazione della domanda di sanatoria. Sono in ogni caso fatti salvi i diritti dei terzi e del comune nel caso in cui le opere stesse siano state destinate ad attività di pubblica utilità entro la data del 1° dicembre 1994 ”.

Dalla disposizione in esame emerge che la richiesta dei conguagli non è subordinata all’annullamento dell’acquisizione ma costituisce il presupposto per ottenere tale annullamento.

Pertanto, i ricorrenti, alle condizioni previste dalla disposizione in esame, possono richiedere a Roma Capitale l’annullamento dell’acquisizione che ha riguardato gli immobili di loro proprietà, adempimento che, dagli atti, non risulta che gli stessi abbiano ancora posto in essere nonostante le richieste, in tal senso, formulate dall’ente locale con le note prot. n. 30341 del 03/03 /14 e prot. n. 30538 del 04/03/14.

Con la terza censura i ricorrenti prospettano la violazione degli artt. 97 Cost., 1 e 10 bis l. n. 241/90 lamentando la mancata trasparenza e l’omesso contraddittorio in riferimento al calcolo delle somme richieste e l’illegittimità delle stesse, anche perché gli interessi sarebbero stati calcolati anche per il periodo in cui l’amministrazione avrebbe ritardato nell’esitare i due procedimenti di condono.

Il motivo è parzialmente fondato.

Come risulta dalla nota prot. n. 4150 dell’08/07/22, trasmessa da Risorse per Roma, il corretto importo dell’oblazione per la pratica n. 0/17179 è pari ad euro 3.130,53 e non già ad euro 3.682,98, come indicato nel gravato provvedimento prot. n. 59705 del 12/08/13 che, pertanto, in parte qua deve essere annullato.

La censura, invece, è inaccoglibile nella parte in cui ha ad oggetto le ulteriori somme richieste da Roma Capitale.

Dalla predetta nota di Risorse per Roma risulta che sull’oblazione dovuta sono stati calcolati gli interessi a decorrere dal 15 aprile 1995 fino alla data di convocazione per il ritiro del titolo.

Tale modus procedendi risulta corretto se si considera che:

- l’art. 39 comma 5 l. n. 724/94 prevedeva che l’oblazione dovesse essere corrisposta a mezzo di versamento, entro il 31 marzo 1995, dell'importo fisso indicato nella tabella B allegata alla legge e della restante parte in quattro rate di pari importo da effettuarsi rispettivamente il 15 aprile 1995, il 15 luglio 1995, il 15 settembre 1995 ed il 15 dicembre 1995;

- secondo l’art. 2 comma 40 l. n. 662/96, “ per i soggetti o i loro aventi causa che hanno presentato domanda di concessione o di autorizzazione edilizia in sanatoria ai sensi del capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, il mancato pagamento del triplo della differenza tra la somma dovuta e quella versata nel termine previsto dall'articolo 39, comma 6, della legge n. 724 del 1994, e successive modificazioni, o il mancato pagamento dell'oblazione nei termini previsti dall'articolo 39, comma 5, della medesima legge n. 724 del 1994, e successive modificazioni, comporta l'applicazione dell'interesse legale annuo sulle somme dovute, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di notifica da parte dei comuni dell'obbligo di pagamento ”.

Nella fattispecie l’inadempimento dei ricorrenti all’obbligo di pagamento dell’oblazione entro le scadenze previste dall’art. 39 comma 5 l. n. 724/94 (risulta, infatti, versata solo la quota fissa di euro 1.032,91) comporta che gli stessi siano tenuti al pagamento dell’interesse legale sulle somme, già ab origine dovute, per tutto il periodo di durata del procedimento, onere che gli stessi avrebbero potuto, in qualunque momento, evitare versando a Roma Capitale quanto da essi dovuto già dal 12 aprile 1995.

Ad analoga conclusione deve pervenirsi in riferimento agli oneri concessori che, ai sensi dell’art. 39 comma 9 l. n. 724/94, avrebbero dovuto essere corrisposti, per ogni procedimento di sanatoria, nella misura di 150.000 lire per metro quadro (l’abuso è di mq. 132,06) corrispondenti a complessivi euro 10.230 mentre ognuno dei ricorrenti ha corrisposto solo 3.468,12 euro;
sulla somma residua correttamente Roma Capitale ha calcolato l’interesse del dieci per cento annuo in ossequio a quanto previsto dall’art. 39 comma 10 l. n. 724/94 (Cons. Stato n. 5338/13).

Da quanto fin qui evidenziato emerge che Roma Capitale non ha richiesto interessi sulle somme dovute a titolo di conguaglio degli oneri concessori ma solo sulle somme (oblazione completa e residuo dell’anticipazione degli oneri concessori) che i ricorrenti, benchè fosse loro onere, hanno colpevolmente omesso di versare nella misura e nei termini previsti dalle disposizioni primarie in precedenza indicate.

Ne consegue che il ritardo nella definizione dei procedimenti, lamentato dai ricorrenti, ha per essi comportato la negativa conseguenza del decorrere degli interessi per le sole somme da essi colpevolmente non tempestivamente versate, ferma restando la già ricordata possibilità, per gli stessi, di adempiere in qualunque momento all’originario obbligo di pagamento ed evitare il maturarsi di successivi accessori.

Con la quarta censura i ricorrenti prospettano il vizio di eccesso di potere per difetto d’istruttoria in quanto, ai fini del conguaglio, il Comune avrebbe omesso di considerare alcune somme da loro versate.

Il motivo è infondato.

Dalla documentazione depositata dai ricorrenti risulta che gli oneri concessori da loro effettivamente versati (il cui pagamento è documentato solo per la Di Donato) sono pari, per ciascuna pratica, ad euro 3.468,12 corrispondente all’importo calcolato da Roma Capitale nelle richieste di conguaglio.

Per quanto concerne l’oblazione, Risorse per Roma nella nota prot. n. 4150/22 dell’08/07/22 evidenzia che sono stati pagati, per ogni procedimento di condono, euro 1.032,91 facendo riferimento a due bollettini postali del 15/12/94 aventi numero 869 RM Montesacro e n. 870 RM Montesacro.

I ricorrenti hanno prodotto copia di tali bollettini nonché di altri due bollettini (n. 822 Piazza Dante dell’importo di lire 739.780 intestato a G D D e n. 821 Roma Piazza Dante del 16/03/95 di lire 1.835.680 intestato a M A D D) i quali ultimi, però, non trovano corrispondenza negli atti di Roma Capitale e, pertanto, non possono essere presi in considerazione anche perché prodotti in giudizio solo in copia fotostatica e non in originale.

Parte ricorrente, poi, richiede il risarcimento del danno invocando l’art. 2 bis l. n. 241/90 e quantificando il danno stesso nella limitazione degli interessi dovuti a Roma Capitale “ che andrebbero limitati ai 24 mesi di decorrenza dell’istanza ” (pag. 11 dell’atto introduttivo).

Nella memoria conclusionale i ricorrenti quantificano, poi, il danno in euro duemila, per ognuno di essi e per ogni anno necessario al perfezionamento dei procedimenti di condono, ed in altri duemila, nella medesima misura, per l’illegittima acquisizione.

La domanda è inaccoglibile in quanto, come già precisato in riferimento alla terza censura, il decorrere degli interessi è conseguenza del colpevole inadempimento agli obblighi di pagamento specificamente previsti dalla l. n. 724/94.

Per altro, i ricorrenti non hanno, in alcun modo, comprovato le voci di danno descritte nel gravame e, comunque, il danno richiesto in relazione al provvedimento di acquisizione postula una declaratoria d’illegittimità del provvedimento stesso che non è stata mai pronunciata dal giudice amministrativo e che in questa sede non può essere emessa, nemmeno incidentalmente, specie se si considera che il provvedimento di acquisizione è stato notificato il 17/02/94 (come emerge dalla sentenza n. 33101/10 del TAR Lazio), e non nel 2000 come deducono i ricorrenti, e che le domande di condono risalgono all’anno successivo.

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