TAR Potenza, sez. I, sentenza breve 2019-04-24, n. 201900383
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Pubblicato il 24/04/2019
N. 00383/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00140/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.
;
- Cosmopol s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avv. G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. L P, in Potenza, al corso XVIII Agosto 1860 n. 2, p.e.c. gianluigi.pellegrino@pec.it;
contro
- Azienda sanitaria locale di Potenza, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avv. M G D F, p.e.c. defranchi.mariagabriella@cert.ordineavvocatipotenza.it, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Azienda, in Potenza, alla via Torraca, 2;
nei confronti
- Vigilanza Città di Potenza soc. coop., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- della deliberazione del Direttore generale dell'Azienda sanitaria locale di Potenza n. 2019/00105 del 13 febbraio 2019
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi compresa la proposta di aggiudicazione adottata dal responsabile unico del procedimento in data 7 febbraio 2018;
- nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e del diritto della ricorrente a subentrare nell'aggiudicazione e nel contratto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda sanitaria locale di Potenza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 17 aprile 2019, il Primo Referendario avv. Benedetto Nappi;
Uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale d’udienza;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con atto spedito per la notificazione il 18 marzo 2019, depositato il successivo 19 di marzo, Cosmopol s.p.a. è insorta avverso gli atti in epigrafe, concernenti la sua esclusione dalla procedura di gara per la fornitura del servizio di vigilanza armata e altri servizi di vigilanza presso la sede dell’Azienda sanitaria di Potenza – ASP, e l’aggiudicazione in favore della odierna controinteressata.
1.1. In punto di fatto, dagli atti di causa emerge quanto segue:
- con deliberazione del Direttore generale n. 2017/00234 del 11 aprile 2017, l’ASP ha indetto, nella forma del contratto ponte, una procedura comparativa, ai sensi dell’art. 36, co. 2, lett. b ) d.lgs. n. 50 del 2016, per l’affidamento del “servizio di vigilanza armata e altri servizi di vigilanza presso le sedi dell’Azienda sanitaria locale di Potenza, lotto unico”;
- nel termine di rito hanno presentato offerta i seguenti tre operatori economici: La Torre s.r.l.;Cosmopol s.p.a.;Vigilanza Città di Potenza soc. coop.;
- all’esito delle operazioni di gara, con verbale n. 3 del 16 aprile 2018, la Commissione di gara ha stilato la graduatoria provvisoria come di seguito riportata: 1. Cosmopol s.p.a. punti 93,53;2. Vigilanza Città di Potenza soc. coop. punti 90,42;3. La Torre s.r.l. punti 79,20;
- in allegato al predetto verbale n. 3 risulta riportata la dichiarazione del delegato della Vigilanza Città di Potenza soc. coop., recante la richiesta di «di verificare la situazione di Cosmopol s.p.a., in quanto risulterebbe in essere una grave inadempienza con il fisco come da ordinanza del T.A.R.
Campania n. 00524/2018 e n. 00473/2018 reg. prov. cau. del 29/03/2018>>
- con proposta di aggiudicazione ai sensi dell’art 33 del d.lgs. n. 50 del 2016 (che deve ritenersi datata 7 febbraio 2018 per errore materiale, richiamando atti cronologicamente successivi, tra cui il cennato verbale n. 3 del 16 aprile 2018 e la nota dell’Agenzia delle entrate di Avellino prot. n. 53938 del 24 maggio 2018) il RUP ha disposto l’esclusione della Cosmopol s.p.a. e l’aggiudicazione della gara alla Vigilanza Città di Potenza soc. coop.;
- con l’impugnata deliberazione n. 105 del 2019, la gara è stata infine aggiudicata alla odierna controinteressata.
1.2. In diritto, la ricorrente ha dedotto per più profili la violazione di legge e l’eccesso di potere.
2. L’Azienda sanitaria resistente, costituitasi in giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso per sua infondatezza.
3. Alla camera di consiglio del 17 aprile 2019 il Collegio ha dato avviso alle parti dell’intendimento di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata. Indi i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive posizioni e il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Il ricorso è fondato, alla stregua della motivazione che segue.
La stazione appaltante ha ritratto la situazione di grave irregolarità fiscale dalla pronuncia della Corte di cassazione n. 18015 del 14 settembre 2016, con cui è stato definitivamente respinto il ricorso proposto dalla Cosmopol s.p.a. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Avellino, disponente la revoca di un credito di imposta per € 159.900,00, a torto prenotato a credito dalla Cosmopol in misura superiore a quanto spettante in applicazione della regola “de minimis” di cui all’art. 7, comma 10, della legge del 23 dicembre 2000, n. 388, richiamato dall’art. 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. In forza di tale arresto, la stazione appaltante ha ritenuto che risultasse «definitivamente accertata, già al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, l’obbligazione tributaria a carico di Cosmopol s.p.a., derivante da una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato e a prescindere dall’emanazione dell’atto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate (cfr. TAR Campania 00524 del 10/10/2018)».
La deducente ha sostenuto, in senso contrario, che la tesi di parte resistente risulta smentita dalla competente Agenzia delle entrate che, dopo solo iniziali incertezze, ha dovuto certificare come in assenza dell’atto impositivo di recupero la mera revoca di un beneficio fiscale non possa costituire debito tributario definitivamente accertato, in quanto solo il necessario atto di recupero costituisce atto di “accertamento”. In effetti, con atto prot. n. 72192 del 30 ottobre 2018, «peraltro acquisito dallo stesso RUP nell’ambito della gara regionale sulla vigilanza indetta dalla SUA Basilicata», l’Agenzia delle entrate, successivamente alla comunicazione richiamata dagli atti qui gravati ha dato atto di come la Cosmopol s.p.a. non potesse ritenersi gravata da alcun carico, tanto meno definitivo, per effetto della sola sentenza della cennata Cassazione n. 18015/16 «essendo necessaria ai sensi dell’art. 1, commi 421 e ss. L. n. 311/04 l’emissione di specifico avviso di recupero del credito di imposta».
Ora, l’articolo 80, co. 4 del codice dei contratti pubblici fa obbligo di esclusione dalle procedure d’appalto degli operatori economici che abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti, intendendosi per “gravi violazioni” quelle che comportano l’omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore alla soglia di cui all'articolo 48 -bis , commi 1 e 2 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nonché per “violazioni definitivamente accertate” quelle “contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”.
Peraltro, la sanzione espulsiva non può essere integrata laddove l'operatore economico adempia a tali obbligazioni, pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare, le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande.
Ebbene, il Collegio, anche ai sensi dell’art. 74, co. 1, cod. proc. amm. richiama, non ravvisando ragioni per discostarsi da esso, quanto statuito dal Giudice d’appello in speculare questione, concernente peraltro gli stessi operatori economici coinvolti nell’odierno giudizio, nel senso che la revoca del credito di imposta per € 159.900,00 non può essere sussunta nella previsione normativa soprarichiamata, sì da rendere predicabile l’esclusione di Cosmopol s.p.a. dalla procedura comparativa di cui è cenno. In particolare: « […] può anche essere condivisa l’opzione ermeneutica incline a ricondurre gli atti (comunque denominati) con cui si accerti, da parte dell’amministrazione tributaria, la non spettanza di una data agevolazione, nella categoria giuridica degli “avvisi di accertamento” (cfr. testualmente Cass. n. 18636 del 2016), dovendo, però, al contempo rilevarsi che tali particolari atti, ove esauriscano il proprio contenuto ricostruttivo nella sola negazione del credito dichiarato dal contribuente, tradiscono una dimensione giuridica non autosufficiente ai fini qui in rilievo in quanto necessitano, per potere esprimere appieno una compiuta pretesa impositiva, di ulteriori passaggi valutativi che, nel modello legale di riferimento, vengono affidati ad ulteriori e successivi provvedimenti secondo lo schema della fattispecie a formazione progressiva. In altri termini, l’effetto di accertamento che si riconnette alla revoca del credito di imposta non può dirsi completo in quanto non è ancora espressione di una pretesa tributaria compiutamente e definitivamente stabilita, occorrendo in vista del relativo recupero accertare l’entità del dovuto in ragione anche delle modalità e dei tempi di concreto utilizzo del credito. Tanto è agevolmente evincibile già dalla piana lettura dell’articolo 8 del d.m. 311 del 3.8.1998 che, a valle della revoca parziale o totale del credito d’imposta operata dal Centro di servizio delle imposte dirette e indirette di Pescara (comma 1), fa seguire un distinto e successivo snodo procedimentale avente ad oggetto il recupero delle somme versate in meno o del maggior credito riportato, nonché l'applicazione delle sanzioni connesse alle singole violazioni, affidandone il relativo incombente all’ufficio delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale dell'impresa. E’ pur vero che, in siffatte evenienze, la pretesa tributaria confluita nell’atto di recupero non integra una pretesa completamente nuova rispetto a quella originaria (Cass. civ. Sez. V Sent., 12/02/2013, n. 3343) e, pertanto, l’atto di recupero può essere impugnato solo per vizi propri, però è di tutta evidenza che solo a tale ulteriore manifestazione provvedimentale si correla – per effetto della definizione degli elementi costitutivi di siffatta pretesa – la liquidazione dell’importo dovuto e la indicazione dell’ammontare dei relativi accessori (interessi e sanzioni), con conseguente emersione solo in questa fase di un’obbligazione tributaria contenutisticamente determinata. E, invero, sebbene gli avvisi di recupero non costituiscano accertamenti di imponibili o maggiori imponibili, tuttavia essi contribuiscono a definire, attraverso il disconoscimento del credito di imposta, l'entità della somma concretamente dovuta dal contribuente, cosicchè anche tali avvisi implicano accertamenti della debenza del tributo (Cassazione civile sez. trib., 07/07/2017, n.16761;Cass. n. 3838/2013). Ed è nella suddetta ottica che il legislatore, all’articolo 1 comma 421 della legge n. 311 del 30.12.2004 ha previsto che “…per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, nonché per il recupero delle relative sanzioni e interessi l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973”. Ciò a conferma della valenza provvedimentale dell’atto di recupero che si ascrive alla stessa logica e riflette la stessa natura degli avvisi di accertamento in quanto ad esso si riconnette, come già sopra anticipato, la condivisione dei tratti tipici caratterizzanti l’esercizio della funzione impositiva che implica l’accertamento del credito da recuperare e dei relativi accessori. Tale atto è, dunque, un provvedimento equiparabile nella sua natura impositiva all’avviso di accertamento e non ha natura di mera esecuzione, costituendo anzi il titolo per procedere ad attività di riscossione che, a norma del comma 422 dell’art. 1 della legge citata, resta possibile solo “in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni”. Manca, in definitiva, una pretesa tributaria “compiutamente” e definitivamente stabilita (importo da recuperare, interessi e sanzioni) e, come tale, divenuta esigibile;e prova ne è che il pagamento spontaneamente effettuato da Cosmopol è stato considerato dall’Agenzia delle Entrate come effettuato “sine titulo ….in assenza dell’atto di recupero consequenziale al provvedimento di revoca” (cfr. nota Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Avellino del 7.1.2019). In tal senso è, inoltre, di conforto l’atto di rettifica dell’Agenzia delle Entrate Prot. 72997 del 05/11/2018 a mente del quale "al momento della richiesta (23/10/2017), non poteva ritenersi sussistente un carico pendente, per effetto della sola Sentenza della Corte di Cassazione n. 10815/16, intervenuta sull'atto di revoca del beneficio, essendo necessaria, ai sensi dell'art.