TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2011-03-30, n. 201101847

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2011-03-30, n. 201101847
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201101847
Data del deposito : 30 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01038/2006 REG.RIC.

N. 01847/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01038/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1038 del 2006, proposto da:
Di M G, rappresentata e difesa dall'avv. G B e, ai sensi dell’art. 25 del d. lgs. 104/2010, domiciliata d’ufficio, in assenza di elezione di domicilio nel Comune di Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. Campania in Napoli, piazza Municipio, 64;

contro

Comune di Bacoli, n.c.;

per l'annullamento

dell’ordine di demolizione n°34 del 17.11.2005.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il dott. U M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il gravame in epigrafe la ricorrente impugna l’ordine di demolizione n°34/05, spedito dal Comune di Bacoli a fronte degli interventi abusivi di seguito indicati: “..realizzazione all’interno del locale terraneo di un solaio a quota 1.75 del preesistente piano di calpestio ricavando in tal modo un locale deposito garage al piano terra di 150,00 mq. e alto ml 1,75 che risulta anche completo di tramezzi e n°2 abitazioni al piano rialzato di circa 75,00 mq. cadauno alti ml 2,80 e comprendenti, ognuno, due camere, due bagni e una cucina – pranzo.

Sul prospetto principale, a livello del piano rialzato, è stato, inoltre, realizzato un balcone lungo ml 14,00 e largo ml 1.10……a servizio dei due appartamenti”.

Sul prospetto laterale è stata realizzata una scala in muratura lunga ml 5,00 e larga ml 1,10 costituita da una rampa e relativo ballatoio per l’accesso al neo appartamento al piano rialzato, il tutto completo di parapetto e di copertura costituita da legno con sovrastanti tegole di terracotta. L’altro appartamento trova accesso direttamente dall’androne preesistente nel quale sono stati realizzati alcuni scalini di accesso all’appartamento ”.

Avverso il precitato provvedimento la ricorrente ha articolato le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990;

2) risulterebbe erroneamente richiamata la disciplina vincolistica che, viceversa, sarebbe predicabile solo in relazione a specifici immobili e non per l’intera area, in cui, peraltro, sarebbero stati edificati anche fabbricati a quattro ovvero cinque piani;

3) l’esecuzione della misura ripristinatoria comprometterebbe la statica dell’intero manufatto;

4) il provvedimento impugnato non risulterebbe assistito da una congrua motivazione, anche sull’interesse pubblico;

5) risulterebbe pendente un’istanza di sanatoria;

6) il provvedimento impugnato non risulterebbe assistito da un’istruttoria completa.

Il Comune di Bacoli non si è costituito in giudizio.

All’udienza del 9.3.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto, il presente giudizio verte sulla legittimità dell’ordine di demolizione spedito dal Comune di Bacoli a fronte dell’abusiva esecuzione di opere edili che hanno portato alla trasformazione di un locale terraneo, già adibito a deposito garage (cfr. relazione di consulenza tecnica di parte in atti), in un fabbricato composto da un locale deposito - garage e da due abitazioni.

La suddetta vicenda costituisce il punto di riferimento di due diversi procedimenti, uno sanzionatorio e l’altro di sanatoria, solo in parte confluiti nel rapporto controverso sottoposto all’attenzione del Collegio.

Ed, invero, mette conto evidenziare che il Comune di Bacoli – dopo aver spedito l’ordine di demolizione n°34/05, impugnato con il ricorso in epigrafe – ha respinto, con provvedimento n°5618 del 7.3.2006, l’istanza di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36 del d.p.r. 380/2001. Il suddetto atto di diniego non è stato attratto nel fuoco della contestazione attorea ed è, pertanto, rimasto inoppugnato.

Tanto premesso, e rinviando in prosieguo la disamina delle implicazioni che si riconnettono all’attivazione del procedimento di sanatoria, vanno passate in rassegna le singole osservazioni censoree articolate avverso la sanzione ripristinatoria irrogata dall’Amministrazione intimata.

Orbene, priva di pregio si rivela, anzitutto, la doglianza con cui la parte ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, la cui cura è imposta all’Autorità procedente dall’art. 7 della legge 241/1990.

L’infondatezza della censura in esame discende, invero, dalla ineluttabilità della sanzione repressiva comminata dal Comune di Bacoli, anche a cagione dell’assenza – come di seguito meglio evidenziato - di specifici e rilevanti profili di contestazione in ordine ai presupposti di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento giustificativo, sicchè alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva all’Amministrazione procedente.

Dirimente in senso ostativo alle pretese attoree appaiono, comunque, le previsioni di cui all’art. 21 octies della legge 241/1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Né può essere riconosciuta miglior sorte alle ulteriori deduzioni di parte ricorrente incentrate sulla pretesa insufficienza dell’istruttoria condotta dal Comune di Bacoli.

Costituisce, invero, un dato inoppugnabile la completezza delle risultanze istruttorie acquisite dal Comune attraverso i propri organi;
di ciò vi è indiretta conferma nella stessa mancanza di una contestazione in fatto da parte della ricorrente in ordine agli abusi accertati a suo carico.

Sotto diverso profilo, mette conto evidenziare che la puntuale descrizione delle opere abusive – che hanno portato alla radicale trasformazione del preesistente locale terraneo in un fabbricato composto da un locale deposito garage e da due abitazioni - riflette con assoluta evidenza la rilevanza edilizia dei contestati abusi, fatta palese dalla chiara attitudine dei suddetti interventi a dar vita ad un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione rispetto a quello preesistente con conseguente, significativa alterazione (anche della proiezione esterna) dell’originario stato dei luoghi.

Anzitutto, non può essere revocato in dubbio il fatto che l'intervento ricada in zona assoggettata a vicolo paesaggistico, in considerazione - giusta quanto si evince dal preambolo dell’atto impugnato – della sua realizzazione in un'area dichiarata di notevole interesse pubblico con d.m. 15 dicembre 1959 ed assoggettata alle previsioni di cui al d. l.vo 22 gennaio 2004, n. 42.

In ragione di quanto detto, stante l'alterazione dell'aspetto esteriore dei luoghi, desumibile dalla realizzazione di un balcone e di una scala esterna, l’intervento in questione, per il solo fatto di insistere in zona vincolata, risultava soggetto alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica (titolo autonomo, peraltro, non conseguibile a sanatoria ex combinato disposto fra art. 146 e successivo art. 167, commi 4 e 5 del medesimo decreto, che esclude sanatorie per interventi non qualificabili come manutentivi o che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi:Tar Campania, questa sesta sezione, sentenza n. 1973 del 14 aprile 2010).

Sotto diverso profilo, la consistenza delle opere realizzate, comportanti aumenti di superfici, mutamento della destinazione d’uso con incremento del carico urbanistico e trasformazione dell'esistente con alterazione dello stato dei luoghi riflettono con assoluta evidenza la sussistenza del contestato abuso che imponeva il previo rilascio (oltre che dell’autorizzazione paesistica anche) del permesso di costruire.

Il suddetto rilievo rende manifestamente inconferenti le residue deduzioni attoree, incentrate sull’insufficienza del corredo motivazionale dell’atto impugnato, atteso che la realizzazione dell’opera in contestazione, in mancanza dei prescritti titoli abilitativi, di per se stessa, fondava la reazione repressiva dell’organo di vigilanza.

Ed invero, l’art. 27 del d.p.r. 380/2001 sanziona con la demolizione la realizzazione senza titoli di nuove opere in zone vincolate, è applicabile sia che venga accertato l'inizio che l'avvenuta esecuzione di interventi abusivi e non vede la sua efficacia limitata alle sole zone di inedificabilità assoluta (Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 2076 del 21 aprile 2010 e n. 1775 del 7 aprile 2010 e sezione terza, 11 marzo 2009, n. 1376).

In altri termini, nello schema giuridico delineato dall’art. 27 del d.p.r. 380/2001 non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione ( cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 26 agosto 2010 , n. 17240).

D’altro canto, è ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui, una volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in difformità totale dal titolo abilitativo, non costituisce onere del Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività edilizia (T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;
T.A.R. Lazio, sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540): l’atto può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell’abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria.

Giova, inoltre, osservare, rispetto alle residue censure, che il valido esercizio del potere di repressione dell’abuso in argomento non era impedito dalle condizioni ostative indicate nell’atto di gravame.

Sotto il profilo in esame, del tutto fuori sesto deve, anzitutto, ritenersi la prospettazione attorea nella parte in cui accredita l’illegittimità dell’ordine di demolizione come conseguenza della mancanza di una (preventiva) pronuncia sull’istanza di accertamento di conformità.

Sul punto, è sufficiente osservare che la domanda di sanatoria è stata presentata in data 15.2.2006 e, dunque, in epoca successiva all’ordine di demolizione (emesso il 17.11.2005 e notificato il 21.11.2005) di talchè l’attivazione (postuma) del procedimento di sanatoria giammai avrebbe potuto condizionare la validità del mentovato provvedimento repressivo.

Vale, inoltre, aggiungere che la stessa ricostruzione in cui impinge il costrutto giuridico attoreo deve ritenersi superata: il Comune di Bacoli ha respinto l’istanza di accertamento di conformità presentata dalla ricorrente con provvedimento n°5618 del 7.3.200, rimasto in oppugnato.

Escluso, dunque, un vincolo di pregiudizialità tra il suddetto procedimento di sanatoria e il procedimento repressivo dell’abuso contestato, in quanto precedentemente definito con la spedizione dell’ordine di demolizione, ciò nondimeno s’impone una disamina delle possibili implicazioni rinvenienti dalla attivazione del procedimento di sanatoria, ad oggi – come detto – oramai definito.

Pur non ignorando l’esistenza di un indirizzo ermeneutico di segno contrario, la Sezione condivide l’orientamento giurisprudenziale – già ripetutamente applicato ( cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 06 settembre 2010 , n. 17306 ) – secondo cui la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate, con la pretesa automaticità, dalla successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del d.p.r. 380/2001.

Sul punto, mette conto evidenziare che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicchè, se, da un lato, la presentazione dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001 determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.

All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata.

Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia, rimasta solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.

In sostanza, considerato che il procedimento di verifica della compatibilità urbanistica dell’opera avviato ad istanza di parte è un procedimento del tutto autonomo e differente dal precedente procedimento sanzionatorio avviato d’ufficio e conclusosi con l’ordinanza di demolizione dell’opera eseguita in assenza o difformità del titolo abilitativo, il Collegio ritiene che non sussista motivo per imporre all’amministrazione comunale il riesercizio del potere sanzionatorio a seguito dell’esito negativo del procedimento di accertamento di conformità urbanistica, atteso che il provvedimento di demolizione costituisce un atto vincolato a suo tempo adottato in esito ad un procedimento amministrativo sul quale non interferisce l’eventuale conclusione negativa del procedimento ad istanza di parte ex art. 36 D.P.R. 380/2001.

Un nuovo procedimento sanzionatorio, infatti, si rivelerebbe, in assenza di un’espressa previsione legislativa, un’inutile ed antieconomica duplicazione dell’agere amministrativo ( cfr. anche Tar Campania, Sezione III, n. 10369/06).

In applicazione dei suddetti principi, deve concludersi, avuto riguardo al caso in esame, che la validità e l’efficacia del titolo ingiuntivo spedito dal Comune di Bacoli restano definitivamente consolidate;
e ciò in ragione della reiezione dell’istanza di accertamento di conformità presentata dalla parte ricorrente.

Come già sopra anticipato, la domanda ex art. 36 del d.p.r. 380/2001 risulta formalmente respinta dal Comune di Bacoli e l’atto di diniego non è stato impugnato dalla parte ricorrente, sicchè, una volta consolidatosi, vale a regolare, in via definitiva, il rapporto controverso.

Né è possibile prendere in esame le conseguenze asseritamente pregiudizievoli per l’integrità delle opere regolarmente assentite ( recte per le quali è pendente domanda di condono, giusta quanto si evince dalla stessa relazione di consulenza in atti), trattandosi di impedimento che assume rilievo esclusivamente nell’economia di fattispecie ( ex art. 33 e 34 del d.p.r. 380/2001) – qui non configurabili – diverse da quella (art. 27 del d.p.r. 380/2001) in contestazione.

D’altro canto, va osservato che proprio in virtù delle trasformazioni operate abusivamente il manufatto attualmente esistente presenta caratteristiche differenti da quello preesistente, con conseguente configurabilità di un unicum abusivo ovvero impossibilità di distinguere tra la parte (legittimamente o che potrebbe essere condonata) preesistente e quella successivamente (illegittimamente) edificata.

Senza contare poi che, in presenza di un intervento edilizio realizzato in assenza del prescritto titolo abilitativo, l'ordine di demolizione costituisce atto dovuto mentre la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive quando ciò sia di pregiudizio alle parti legittime costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 15 luglio 2010 , n. 16807;
sez. VII n. 1624 del 28.3.2008).

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.

Nulla è dovuto per le spese processuali in ragione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Bacoli.

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