TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-09-17, n. 201500744
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N. 00744/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01158/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1158 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Conad Mac 3 S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. P G e R P, presso i quali è elettivamente domiciliata nel loro studio in Genova, via Roma, 4/3;
contro
Comune di Cairo Montenotte, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. E C, presso la quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
Comune di Carcare, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. E C, presso la quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 11/11;
Regione Liguria, in persona del Presidente
pro tempore
della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv. Leonardo Castagnoli e Marina Crovetto, presso i quali è elettivamente domiciliata negli uffici dell’Avvocatura regionale in Genova, via Fieschi, 15;
Provincia di Savona, Conferenza di servizi ad oggetto “Progetto nuova filiale Lidl” presso lo S.U.A.P. – Gestione in forma associata presso il Comune di Cairo Montenotte;
nei confronti di
Lidl Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Cesare Righetti e Luigi Piscitelli, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Piscitelli nel suo studio in Genova, corso Saffi, 7/2;
Comparato Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Gerbi, presso il quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
Innovazione Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Gerbi, presso il quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
per l'annullamento
del verbale della Conferenza di servizi in sede deliberante, presso il Comune di Cairo Montenotte, in data 27/6/2014, avente ad oggetto “SUAP 1/2014 – 11 Carcare. Progetto nuova filiale Lidl”, della relativa nota di trasmissione prot. n. 15630 del 11/7/2014, nonché di tutti gli atti di assenso all’uopo intervenuti, in particolare:
- del parere della Commissione edilizia 29/4/2014;
- della deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 12/5/2014, avente ad oggetto assenso all’indizione della Conferenza di servizi;
- del verbale della Conferenza di servizi in sede referente del 23/5/2014 e di tutti i suoi allegati;
- della deliberazione del Consiglio comunale n. 36 del 20/6/2014, avente ad oggetto esame osservazioni e deduzioni;
- della deliberazione della Giunta comunale n. 114 del 12/7/2014, avente ad oggetto modifica dello schema di convenzione;
- del decreto dirigenziale della Provincia di Savona n. 2014/3323 del 10/7/2014, di approvazione della variante al P.R.G.;
- della nota del Comune di Cairo Montenotte, Ufficio S.U.A.P., prot. n. 16070 del 19/7/2014, avente ad oggetto richiesta di documentazione;
- della eventuale, se esistente, convenzione sottoscritta dalle parti (non conosciuta neanche nei suoi estremi);
- dell’eventuale – se esistente (e non conosciuta neanche nei suoi estremi) – determinazione di conclusione del procedimento conferenziale ai sensi dell’art. 14 ter della legge 7 agosto 1990, n. 241;
- ove occorra, della deliberazione della Giunta regionale n. 223 del 28/2/2014, recante “indicazioni applicative per la L.R. n. 32/2012 in materia di valutazione ambientale di piani e programmi”;
- dell’art. 10.2 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Carcare, approvato con D.G.R. n. 128 del 1999 e s.m.i.;
e, con primo ricorso per motivi aggiunti,
per l’introduzione di nuove ragioni a sostegno delle domande proposte;
e, con secondo ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento
della determina del Comune di Cairo Montenotte di conclusione del nuovo procedimento S.U.A.P. Carcare n. 3/2015 del 3/3/2015, prot. n. 4499, e di tutti gli atti ad esso antecedenti, conseguenti e/o presupposti, ivi espressamente comprendendo i verbali della Conferenza di servizi in sede referente del 4/2/2015 e deliberante del 2/3/2105 e relativi allegati.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Liguria;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Società Lidl Italia, Innovazione Immobiliare e Comparato Immobiliare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 10 novembre 2014 e depositato il 18 novembre successivo, Conad Mac 3 S.r.l., che gestisce una media struttura di vendita nell’immobile di proprietà sito in Carcare, ha impugnato gli atti del procedimento volto all’attivazione di analoga struttura commerciale, a marchio “Lidl”, nel territorio dello stesso Comune.
Il procedimento aveva preso avvio dall’istanza presentata il 10 aprile 2014 al S.U.A.P. (Sportello unico per le attività produttive gestito in forma associata dal Comune di Cairo Montenotte) da tre soggetti: le Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare a r.l., quali proprietarie delle aree e soggetti attuatori, e la Lidl Italia S.r.l., locataria delle aree medesime e futura utilizzatrice del progettato insediamento commerciale.
Il progetto prevede la demolizione di alcuni fabbricati esistenti nell’area e la realizzazione di un nuovo edificio commerciale (media struttura di vendita di generi alimentari e non alimentari), con una superficie di vendita pari a 1.366,40 mq.
Con deliberazione consiliare del 12 maggio 2014, il Comune di Carcare ha adottato una variante parziale al P.R.G. e approvato la proposta progettuale.
Il S.U.A.P. ha convocato la Conferenza di servizi che si è riunita in sede referente il 23 maggio 2014.
La Conferenza deliberante del 27 giugno 2014 ha formulato parere favorevole all’intervento.
La Provincia di Savona, con provvedimento del 10 luglio 2014, ha approvato la variante urbanistica.
Con deliberazione di Giunta del 12 luglio 2014, il Comune di Carcare ha approvato alcune modifiche allo schema di convenzione urbanistica, resesi necessarie in quanto Lidl Italia aveva nel frattempo acquistato il compendio immobiliare.
La convenzione è stata stipulata il 17 luglio 2014 e il procedimento si è favorevolmente concluso con la determinazione adottata dal responsabile del S.U.A.P. in data 31 ottobre 2014.
I lavori hanno preso avvio il 3 novembre successivo.
Al momento della notificazione del ricorso introduttivo, peraltro, Conad Mac 3 S.r.l. non aveva ancora acquisito conoscenza dell’adozione dell’atto conclusivo del procedimento: la domanda di annullamento ivi proposta era conseguentemente circoscritta al verbale conclusivo della Conferenza di servizi e agli atti endoprocedimentali puntualmente indicati nell’epigrafe del ricorso.
I motivi di gravame possono essere così sintetizzati:
I) il S.U.A.P. non avrebbe accertato “la procedibilità dell’istanza” né compiuto alcuna verifica preliminare in ordine alla “conformità o meno dell’attività alla programmazione commerciale e urbanistica emanata alla Regione Liguria”;
II) il progetto approvato contrasterebbe con le norme del P.R.G. che limitano a 1.000 mq la superficie massima delle medie strutture di vendita non alimentari;
III) esso non sarebbe conforme alla disciplina dettata dallo strumento urbanistico generale per la zona F7), nella quale non può essere delocalizzata l’area di manovra e di sosta per mezzi pesanti a servizio dell’insediamento commerciale;
IV) non vi sarebbe certezza, comunque, in ordine alla possibilità di attuare la delocalizzazione dell’area di manovra sopra indicata, non essendo stata accertata la proprietà della relativa area compresa nella zona F7) né il titolo in forza del quale il soggetto attuatore ne può disporre;
V) la citata zona F7), per la sua distanza dal nuovo insediamento commerciale, non avrebbe i requisiti di funzionalità richiesti dal P.R.G.;
VI) la variante urbanistica, non potendo essere qualificata “di esclusivo interesse locale” ai sensi dell’art. 2 della legge regionale Liguria n. 9 del 1983, avrebbe richiesto l’approvazione regionale;
VII) l’Amministrazione procedente non avrebbe considerato l’alterazione “dell’equilibrio della zonizzazione” determinata dalla sottrazione della citata zona F7) dalla destinazione a verde impressale dal P.R.G.;
VIII) sarebbero state violate la lettera dell’art. 59 della legge regionale Liguria n. 36 del 1997 e la ratio sottesa all’istituto della conferenza di servizi, atteso che la Provincia di Savona ha espresso il proprio assenso alla variante urbanistica, non in seno alla conferenza stessa, ma “al di fuori del procedimento conferenziale”;
IX) la Conferenza di servizi non ha approvato l’atto unilaterale d’obbligo, contenente lo schema di convenzione urbanistica, nel suo testo finale, ma nel testo antecedente le modifiche introdotte con la deliberazione di Giunta del 12 luglio 2014 che avrebbe immotivatamente escluso la Lidl dal novero dei soggetti attuatori;
X) il mancato esperimento della verifica di assoggettabilità a V.A.S., asseritamente necessaria anche per le modifiche minori dei piani urbanistici, avrebbe viziato “irrimediabilmente l’intero iter approvativo del progetto”;
XI (in subordine): le motivazioni a supporto della omessa verifica di assoggettabilità a V.A.S., per quanto è possibile evincere dalla relazione del tecnico incaricato, si fonderebbero “su un evidente travisamento derivante dall’inesatta definizione e qualificazione della variante”;
XII) il progetto non soddisferebbe il fabbisogno di standard urbanistici a parcheggi e verde;
XIII) non sarebbero state effettuate valutazioni in ordine all’effettiva incidenza del nuovo edificio in progetto rispetto al vicino insieme monumentale denominato “tenuta Quazzolo”;
XIV) la nuova struttura di vendita non rispetterebbe i parametri urbanistici del S.A.U. e la distanza minima dai confini prescritta dal P.R.G.
Si costituivano formalmente in giudizio i Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare nonché le Società Innovazione Immobiliare e Comparato Immobiliare.
Nelle more del giudizio, venuta a conoscenza dell’adozione del provvedimento conclusivo da parte del responsabile del S.U.A.P., Conad Mac 3 S.r.l. ha proposto un primo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 23 dicembre 2014 e depositato il 7 gennaio 2015.
Le nuove censure di legittimità (che proseguono la numerazione del ricorso introduttivo) riguardano:
XV) la violazione del principio di concentrazione del procedimento amministrativo, atteso che la determinazione finale adottata dal S.U.A.P. non includerebbe l’autorizzazione commerciale necessaria per l’esercizio dell’attività di vendita;
XVI) la pretesa violazione delle norme di P.R.G. che limitano a 1.000 mq la superficie di vendita delle medie strutture commerciali;
XVII) il mancato rispetto (o la mancata verifica in ordine al rispetto) dei “requisiti qualitativi e di prestazione specifici” richiesti dalla deliberazione di Consiglio regionale n. 31 del 17 dicembre 2012.
Si costituiva formalmente in giudizio la controinteressata Lidl Italia S.r.l.
In data 19 gennaio 2015, le parti resistenti hanno depositato memorie intese a dimostrare l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza nel merito del ricorso principale e dei motivi aggiunti:
- i Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare eccepiscono che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto rivolto avverso atti endoprocedimentali (non essendo stata impugnata la determinazione conclusiva del procedimento) e per difetto di legittimazione attiva (atteso che la qualifica di operatore commerciale e la pretesa, ma contestata, vicinitas non costituirebbero circostanze sufficienti a fondare l’interesse all’impugnazione);i motivi aggiunti, inoltre, sarebbero irricevibili in quanto volti ad integrare tardivamente le censure già formulate con il ricorso introduttivo;
- le Società Innovazione Immobiliare e Comparato Immobiliare eccepiscono che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto proposto al solo fine di impedire che un concorrente commerciale si insedi nelle vicinanze dell’esercizio della ricorrente, quindi nella prospettiva di salvaguardare un interesse non meritevole di tutela in quanto meramente anti-concorrenziale;
- Lidl Italia S.r.l., invece, introduce esclusivamente argomenti intesi a dimostrare l’infondatezza nel merito delle censure dedotte con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.
Con ordinanza n. 41 del 22 gennaio 2015, pronunciandosi sull’istanza cautelare incidentalmente proposta con i motivi aggiunti, il Collegio ha fissato l’udienza per la trattazione di merito del ricorso, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.
Nel prosieguo del giudizio, si è costituita anche la Regione Liguria, prendendo posizione limitatamente alle censure che coivolgono la deliberazione di Giunta regionale n. 223 del 28 febbraio 2014, recante indicazioni operative in tema di V.A.S.
Le parti in causa hanno depositato memorie difensive e di replica nell’imminenza dell’udienza pubblica del 26 marzo 2015.
La trattazione della causa, quindi, è stata rinviata alla successiva udienza del 9 luglio 2015, onde consentire alla parte ricorrente di presentare ulteriori motivi aggiunti.
Come emergente dalla documentazione versata in atti, infatti, Lidl Italia S.r.l., nel frattempo divenuta proprietaria delle aree oggetto di intervento, aveva presentato in data 26 gennaio 2015 una nuova domanda di autorizzazione unica in materia di attività produttive, ai sensi dell’art. 10 della legge regionale Liguria n. 10 del 2012, volta a variare le soluzioni progettuali precedentemente approvate.
Le modifiche proposte riguardavano la riduzione della superficie di vendita (da 1.366,40 mq a 1.286,43 mq), lo sviluppo del fabbricato su un solo livello anziché su due, la sua diversa collocazione planimetrica e altre variazioni riguardanti le bucature e la divisione degli spazi interni.
Il S.U.A.P. ha riconvocato la Conferenza di servizi che si è riunita in sede referente il 4 febbraio 2015.
Con nota del 19 febbraio 2015, Lidl Italia S.r.l. ha chiesto che “la pratica presentata … quale variante al provvedimento conclusivo … venga trasformata in accertamento di conformità ai sensi dell’art. 49 della L.R. 16/08 e s.m.i.”.
Nonostante la tempestiva attivazione del procedimento, infatti, i lavori previsti dalla variante erano stati nel frattempo completati.
Il Comune di Carcare si è pronunciato favorevolmente in ordine al richiesto accertamento di conformità, attestando che le opere realizzate non erano in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia del P.R.G. vigente.
La Conferenza di servizi deliberante del 2 marzo 2015 ha espresso parere favorevole all’intervento.
Il procedimento si è positivamente concluso con la determinazione adottata dal responsabile del S.U.A.P. in data 3 marzo 2015.
Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 maggio 2015 e depositato il 7 maggio successivo, Conad Mac 3 S.r.l. ha esteso l’impugnazione al citato provvedimento finale ed agli antecedenti verbali della Conferenza di servizi.
La ricorrente denuncia i seguenti vizi di legittimità:
XVIII-XXI) illegittimità in via propria per i medesimi vizi già dedotti con il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sedicesimo motivo di gravame;
XXII) sviamento di potere, atteso che l’istituto dell’accertamento di conformità sarebbe stato utilizzato al dissimulato scopo di regolarizzare le patologie che inficiavano gli atti già impugnati;
XXIII) illegittimità della previsione che, attraverso il subentro della Lidl in veste di unico soggetto attuatore, consente alle Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare di svincolarsi dagli obblighi assunti con la stipula della convenzione urbanistica, depotenziando le garanzie circa l’effettivo adempimento degli obblighi derivanti dalla nuova edificazione;
XXIV) mancato soddisfacimento del fabbisogno di standard urbanistici, in particolare quanto alle dotazioni a parcheggio;
XXV) mancato rispetto dei parametri urbanistici imposti dal S.A.U., quanto alla superficie lorda massima ammessa e al rapporto di copertura, e violazione della distanza minima dal confine prevista dal P.R.G.;
XXVI) inadeguatezza della documentazione a comprova del possesso dei “requisiti qualitativi e di prestazione specifici” richiesti dalla deliberazione di Consiglio regionale n. 31 del 17 dicembre 2012;
XXVII) mancata valutazione della conformità urbanistica dell’intervento;
XXVIII) illegittimità derivata dall’illegittimità del provvedimento S.U.A.P. del 31 ottobre 2014.
Con memorie depositate in data 8 giugno 2015, le parti resistenti, fatta eccezione per la Regione Liguria, hanno eccepito l’inammissibilità dei secondi motivi aggiunti:
- secondo i Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare, sarebbe inammissibile l’impugnativa di una variante in sanatoria ad un progetto assentito con provvedimento non regolarmente impugnato;
- le Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare sostengono che sarebbe inammissibile l’impugnazione di atti di natura edilizia dei quali la ricorrente non ha interesse a dolersi;
- Lidl Italia S.r.l., infine, rileva che l’eventuale accoglimento dei nuovi motivi aggiunti, comportando la reviviscenza del primo provvedimento autorizzativo che consentiva la costruzione di un edificio commerciale avente maggiori dimensioni e superficie di vendita, si tradurrebbe in danno della stessa ricorrente.
Le eccepienti argomentano anche nel senso dell’infondatezza delle censure di legittimità dedotte con il secondo ricorso per motivi aggiunti.
La Società ricorrente, i Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare e la controinteressata Lidl Italia S.r.l. hanno depositato memorie di replica.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 9 luglio 2015 e, previa trattazione orale, è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1) L’azione di annullamento proposta con il ricorso principale coinvolge gli atti della Conferenza di servizi indetta dal S.U.A.P. gestito in forma associata dal Comune di Cairo Montenotte per l’approvazione del progetto di un nuovo insediamento commerciale a marchio “Lidl” (media struttura di vendita di generi alimentari e non alimentari), da realizzarsi nel territorio del limitrofo Comune di Carcare.
Il procedimento ha preso avvio dall’istanza (domanda unica ex art. 10 della legge regionale Liguria 5 aprile 2012, n. 10, recante disciplina per l’esercizio delle attività produttive e riordino dello sportello unico) presentata dalle Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare a r.l., in qualità di proprietarie dell’area di intervento, e Lidl Italia S.r.l., in qualità di utilizzatrice del futuro insediamento commerciale.
L’intervento in progetto comporta la demolizione di alcuni fabbricati esistenti e la costruzione di un nuovo edificio prefabbricato, oltre alla realizzazione di opere di urbanizzazione esterne all’insediamento commerciale (parcheggi e nuova viabilità).
Nell’atto introduttivo del giudizio, la Società ricorrente, che gestisce analoga struttura commerciale (seppure di dimensioni più ridotte) nel centro abitato di Carcare, presso un fabbricato di sua proprietà, si limita a prospettare esigenze di tutela dei propri interessi di operatore commerciale (non fonda l’interesse all’impugnazione, cioè, su un’ipotetica vicinitas edilizia).
2) I Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare nonché le Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare eccepiscono l’inammissibilità del gravame per ragioni diverse che possono essere ricondotte alle seguenti tesi difensive:
a) la legittimazione ad agire non conseguirebbe al semplice possesso della qualifica di operatore commerciale, poiché la pretesa di impedire che un potenziale concorrente “si avvicini” al proprio esercizio configura un mero interesse anti-concorrenziale che, in quanto tale, non può essere ritenuto meritevole di tutela giurisdizionale;
b) la ricorrente ha impugnato unicamente atti endoprocedimentali, non avendo invece gravato né fatto oggetto di specifiche censure di legittimità la determinazione conclusiva del procedimento adottata dal responsabile del S.U.A.P. in data 31 ottobre 2014.
2.1) La prima eccezione, fondata sulla tesi secondo cui la “ vicinitas commerciale” non costituirebbe fattore legittimante all’impugnazione, va disattesa alla luce dei principi recentemente affermati dalla Sezione con la sentenza n. 228 del 25 febbraio 2015.
E’ stata riconosciuta, con tale pronuncia, la legittimazione dei titolari di alcune attività di commercio al dettaglio ad impugnare le autorizzazioni all’apertura di una media struttura di vendita e connessa variante al permesso di costruire, poiché i ricorrenti, “quali titolari di analoghe situazioni giuridiche attive, operanti in zona in potenziale concorrenza con la nuova struttura, hanno la piena legittimazione a contestare la legittimità delle scelte amministrative che mutano la zona, oltreché l’interesse concreto a contestare la legittimità di iniziative edilizie e commerciali limitrofe alla propria e, conseguentemente, il rispetto delle regole dettate a livello urbanistico ed edilizio per l’area in cui si trovano i propri interessi giuridicamente rilevanti ed i propri immobili”.
La sentenza citata richiama anche i precedenti della Sezione (cfr., ad es., la sentenza n. 363 del 25 febbraio 2013) nei quali si era già avuto modo di affermare che, “poiché il legittimo esercizio di un’attività commerciale è subordinato, sia in sede di rilascio del titolo che durante lo svolgimento dell’attività, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistica ed edilizia dei locali, è possibile ammettere che un operatore economico impugni un titolo edilizio avendo come sua esclusiva finalità quella di perseguire un interesse commerciale, essendo l’iniziativa strumentale (attraverso la rimozione del titolo edilizio) alla caducazione del titolo commerciale di cui il primo costituisce presupposto”.
Sulla base di tali precedenti, dai quali il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, deve essere riconosciuta la legittimazione ad agire in capo all’odierna ricorrente la quale, essendo titolare di analogo esercizio ubicato a poche centinaia di metri dalla struttura di vendita in progetto, si pone in situazione di intrinseca concorrenza con quest’ultima e, per tale ragione, è interessata a pretendere che l’operatore concorrente rispetti tutti i parametri normativi relativi al nuovo insediamento commerciale (cfr. anche T.A.R. Umbria, sez. I, 30 gennaio 2012, n. 26).
La natura effettivamente anti-concorrenziale dell’interesse azionato in giudizio non vale, pertanto, ad escludere la legittimazione ad impugnare gli atti ampliativi rilasciati in favore dell’operatore concorrente, anche perché tali atti, qualora illegittimi, fonderebbero i presupposti di uno sviamento di clientela (sicuramente prospettabile nel caso di specie, attesa l’affinità e la relativa vicinanza dei due esercizi concorrenti) che, oltre a pregiudicare l’interesse del privato al mantenimento della clientela e del connesso avviamento, si traduce anche a danno dell’interesse pubblico relativo alla tutela della leale concorrenza.
Non vale eccepire, infine, che l’avvio della nuova attività commerciale non potrebbe pregiudicare concretamente l’interesse della ricorrente, stante la programmata chiusura dell’analoga filiale Lidl sita a circa 200 metri dall’area oggetto di intervento, trattandosi di circostanza che, al momento della notificazione del ricorso, non si connotava né in termini di certezza né di irreversibilità.
2.2) E’ fondata, invece, la seconda eccezione di inammissibilità, riferita alla natura endoprocedimentale degli atti impugnati.
La ricorrente ha gravato, infatti, il verbale della Conferenza di servizi deliberante del 27 giugno 2014 e gli antecedenti atti del procedimento, ma non ha coinvolto nell’impugnazione il provvedimento S.U.A.P. del 31 ottobre 2014, vale a dire l’atto conclusivo del procedimento.
E’ appena il caso di rammentare, a tale riguardo, come l’istituto della conferenza di servizi sia caratterizzato da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza la quale, anche se di tipo decisorio, ha valenza endoprocedimentale e in una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, di valenza esoprocedimentale effettivamente determinativa della fattispecie: in conseguenza, è inammissibile il ricorso proposto avverso il (solo) verbale della conferenza di servizi avente natura endoprocedimentale (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 712; idem , 9 novembre 2010, n. 7981).
Tali principi, elaborati dalla giurisprudenza con riferimento all’istituto disciplinato dagli artt. 14 e seguenti della legge generale sul procedimento amministrativo, in esito alle riforme apportate dalle leggi n. 340 del 2000 e n. 15 del 2005, trovano applicazione anche nel caso della conferenza di servizi ex art. 10 della citata l.r. Liguria n. 10/2012 che, essendo sostanzialmente riproduttiva del modello disegnato dal legislatore statuale, implica la scelta di mantenere un provvedimento espresso come momento conclusivo della complessiva vicenda procedimentale.
Parte ricorrente (che ha proposto il gravame “al buio”, non sapendo che il responsabile del S.U.A.P. aveva già adottato la determinazione conclusiva) non contrasta il rilievo inerente alla natura endoprocedimentale del verbale della conferenza di servizi deliberante, ma sostiene di aver incluso nella propria impugnativa anche il menzionato provvedimento conclusivo, avendolo espressamente annoverato fra gli atti impugnati.
Tale affermazione è smentita dallo stesso tenore del ricorso introduttivo, stante l’omessa indicazione degli estremi della determinazione suddetta nella sua epigrafe e la mancanza di doglianze atte a lasciar intendere l’effettiva volontà di coinvolgere la determinazione medesima nell’impugnativa.
Nell’elencazione degli atti impugnati, la ricorrente ha utilizzato la seguente dicitura: “dell’eventuale – se esistente (e non conosciuta neanche nei suoi estremi) – determinazione di conclusione del procedimento conferenziale ai sensi dell’art. 14 ter della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Si tratta, all’evidenza, di formula di stile che, per la sua formulazione ipotetica e “incompleta”, necessitava di una successiva integrazione del contenuto del ricorso, da effettuarsi al momento in cui l’interessata avrebbe acquisito effettiva conoscenza del provvedimento lesivo, dichiaratamente ignorato al momento della redazione dell’atto introduttivo del giudizio.
Non è possibile ipotizzare, d’altronde, che nella materiale redazione dell’atto difensivo la parte ricorrente potesse aver fatto riferimento ad un atto che essa stessa ammette di aver conosciuto solo in un momento successivo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5945).
Per tali ragioni, va escluso che la ricorrente abbia incluso il provvedimento conclusivo del procedimento nell’impugnazione originaria.
Occorre rilevare, altresì, che gli unici atti impugnati connotati da valenza provvedimentale sono le deliberazioni di adozione e di approvazione di una variante parziale al P.R.G. di Carcare intesa a consentire, nella zona urbanistica di riferimento, la commerciabilità (anche) di generi alimentari nonché una maggiore superficie di vendita.
Tale variante, peraltro, era sostanzialmente superflua, atteso che le accennate limitazioni quantitative e qualitative all’esercizio del commercio previste dallo strumento urbanistico generale, non ricollegabili (per quanto emerge dalla documentazione in atti e dagli scritti difensivi) ad esigenze di ordine ambientale o urbanistico, dovevano ritenersi già decadute ope legis , essendo ormai trascorso il termine che l’art. 1 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, aveva assegnato ai Comuni per l’espunzione dai rispettivi ordinamenti delle disposizioni recanti effetti limitativi rispetto alla massima apertura concorrenziale nel settore del commercio (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2271).
2.3) Il ricorso principale, in definitiva, deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto avverso atti meramente endoprocedimentali o, comunque, privi di efficacia autonomamente e direttamente lesiva.
3) La Società interessata è venuta a conoscenza del provvedimento conclusivo successivamente alla proposizione del ricorso, attraverso la pubblicazione effettuata sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria.
Ha quindi sollevato, con ricorso per motivi aggiunti, nuove censure di legittimità nei confronti degli atti già gravati, senza tuttavia coinvolgere espressamente nell’impugnazione, neppure in questo caso, il provvedimento S.U.A.P. del 31 ottobre 2014.
E’ vero, infatti, che i motivi aggiunti contengono puntuali riferimenti al provvedimento suddetto nonché una censura direttamente riferita ad esso (cfr. quindicesimo motivo), ma non si possono certo trascurare le espresse e reiterate manifestazioni di volontà della ricorrente tese ad escludere l’estensione dell’impugnazione ad atti diversi da quelli gravati con il ricorso introduttivo.
In tal senso, si deve avere riguardo ai seguenti elementi:
- l’epigrafe del ricorso per motivi aggiunti, esattamente riproduttiva di quella del ricorso introduttivo, anche nella parte in cui si fa riferimento all’“eventuale, se esistente, determinazione di conclusione del procedimento conferenziale”;
- la dichiarazione resa ai fini dell’esonero dal pagamento del contributo unificato, nella quale il difensore della ricorrente precisa che il ricorso per motivi aggiunti non costituisce “atto introduttivo di nuove domande”;
- soprattutto, i contenuti della memoria difensiva depositata dalla ricorrente in data 23 febbraio 2015, nella quale si afferma diffusamente che i motivi aggiunti non sono stati proposti al fine di ampliare il novero degli atti impugnati, ma solo per corroborare il ricorso con ulteriori motivi.
Considerato che il processo amministrativo, orientato alla tutela giurisdizionale di uno specifico interesse del ricorrente, è informato al principio dispositivo, deve ritenersi che l’individuazione dell’oggetto dell’azione di annullamento sia integralmente rimesso alla volontà del soggetto che attiva il rimedio giurisdizionale.
Ne consegue l’impossibilità di superare le espresse e reiterate dichiarazioni della ricorrente, con il risultato che l’impugnazione proposta con il primo ricorso per motivi aggiunti deve ritenersi circoscritta ai soli atti già gravati con il ricorso introduttivo, tra i quali non figura il provvedimento conclusivo del S.U.A.P.
Per le ragioni già evidenziate con riguardo al ricorso principale, pertanto, anche il primo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile.
4) Le parti resistenti sollevano una nutrita serie di eccezioni preliminari anche nei confronti del secondo ricorso per motivi aggiunti.
In punto di fatto, occorre rammentare che, in data 26 gennaio 2015, Lidl Italia S.r.l., la quale aveva nel frattempo acquistato le aree interessate dall’intervento edificatorio e assunto la veste di soggetto attuatore, ha presentato una nuova domanda unica ex art. 10 della l.r. Liguria n. 10/2012 per l’autorizzazione alla costruzione e all’apertura dell’insediamento commerciale.
Il progetto prevedeva alcune modifiche rispetto a quello già assentito, tra cui la riduzione della superficie di vendita da 1.366,40 mq a 1.286,43 mq.
Con istanza presentata al S.U.A.P. in data 19 febbraio 2015, Lidl Italia S.r.l., avendo medio tempore completato le opere “in variante”, ha chiesto che “la pratica … venga trasformata in accertamento di conformità”.
L’azione esperita con i secondi motivi aggiunti è intesa a conseguire l’annullamento dei verbali della Conferenza di servizi che ha esaminato favorevolmente le istanze suddette e la determinazione conclusiva del procedimento adottata dal responsabile del S.U.A.P. in data 3 marzo 2015.
4.1) I Comuni di Cairo Montenotte e di Carcare eccepiscono che i secondi motivi aggiunti sarebbero inammissibili per difetto di interesse, in ragione dell’inoppugnabilità dell’originario titolo edilizio e del carattere non essenziale delle varianti “riduttive”.
L’eccezione si fonda su un presupposto non del tutto corretto, poiché la soluzione progettuale assentita in sanatoria, con cui sono state apportate non trascurabili modifiche quantitative e qualitative al progetto originario, tra cui la diversa collocazione del fabbricato sull’area di sedime, non sembra ascrivibile al novero delle varianti non essenziali.
A prescindere da tale rilievo, la determinazione S.U.A.P. impugnata con i secondi motivi aggiunti ha valenza autonomamente lesiva dell’interesse di parte ricorrente, non configurandosi alla stregua di mero titolo edilizio, ma anche di (contestuale) autorizzazione annonaria.
Si tratta, cioè, di provvedimento a contenuto plurimo, nel quale la verifica di conformità ai vigenti parametri urbanistici, necessaria per assentire in sanatoria l’edificazione del nuovo fabbricato, costituisce prodromo della consequenziale verifica relativa alla sussistenza dei requisiti che abilitano la richiedente all’esercizio dell’attività nello stesso insediamento commerciale.
La determinazione impugnata, infatti, è stata adottata all’esito di un procedimento originato da una nuova domanda unica ex art. 10 della l.r. Liguria n. 10/2012, presentata da un diverso soggetto attuatore.
Nell’ambito del consequenziale procedimento, non è stata verificata solamente la conformità urbanistica delle opere eseguite in difformità, ma, come comprovano i pareri allegati alla determinazione conclusiva, è stata anche accertata ex novo la compatibilità della nuova struttura di vendita con i criteri di programmazione commerciale della Regione Liguria.
Lo stesso provvedimento conclusivo, infine, non si limita a dare atto dell’esito positivo dell’accertamento di conformità, ma contiene un espresso riferimento, implicante l’abilitazione agli effetti annonari, all’attività commerciale che sarà esercitata nel nuovo insediamento.
In definitiva, la determinazione impugnata con i motivi aggiunti costituisce, come correttamente rilevato dalla difesa di parte ricorrente, il titolo in forza del quale è stato realizzato l’immobile nella sua configurazione definitiva e vi è stata avviata ed è tuttora esercitata una ben determinata attività commerciale.
In ragione di tali caratteri, essa esplica effetti autonomamente lesivi che la rendono suscettibile di diretta impugnazione.
4.2) Per tali ragioni, non può neppure essere condivisa l’eccezione preliminare delle Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare, ad avviso delle quali i secondi motivi aggiunti sarebbero inammissibili in quanto rivolti avverso atti di natura edilizia non idonei ad incidere negativamente sulla posizione giuridica della ricorrente.
Giova solo ribadire, al riguardo, che l’impugnazione è proposta da un operatore economico che non si duole della nuova opera come tale, ma in quanto sede di una media struttura di vendita analoga alla propria e potenzialmente lesiva, quindi, dei suoi interessi commerciali: in quest’ottica, il rischio di ricadute commerciali connesse all’attivazione del nuovo esercizio sulla base di un titolo asseritamente illegittimo, anche sotto il mero profilo urbanistico-edilizio, costituisce elemento atto a corroborare l'autonoma lesività, nei confronti della ricorrente, del nuovo episodio provvedimentale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2578).
4.3) La difesa di Lidl Italia S.r.l. eccepisce, infine, che i secondi motivi aggiunti sarebbero inammissibili per carenza di interesse in quanto, nell’eventualità di accoglimento, si verificherebbe la reviviscenza del primo provvedimento autorizzativo unico, in forza del quale poteva essere costruito un edificio avente dimensioni e superficie di vendita maggiori di quello effettivamente realizzato.
Le precisazioni già formulate in ordine alla natura della determinazione S.U.A.P. impugnata con i secondi motivi aggiunti inducono a ritenere, però, che la stessa non abbia semplicemente integrato l’autorizzazione precedentemente rilasciata agli effetti edilizi e commerciali, ma si sia sostituita ad essa, costituendo l’unico titolo idoneativo al mantenimento del fabbricato nella sua configurazione attuale e all’esercizio della media struttura di vendita.
Ne consegue la reiezione anche di quest’ultima eccezione di inammissibilità, atteso che, nel caso di accoglimento della domanda proposta con i secondi motivi aggiunti, verrebbero meno i titoli che legittimano l’esercizio della contrastata attività commerciale.
5) Il secondo ricorso per motivi aggiunti non è inammissibile in radice, ma sono inammissibili o intempestive le singole censure non rivolte a denunciare vizi propri della nuova autorizzazione unica, bensì degli antecedenti atti già inammissibilmente gravati con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti.
Tale diagnosi si impone relativamente ai motivi di gravame contenenti censure che costituiscono dichiarata riproposizione delle doglianze già sollevate con i precedenti atti difensivi:
5.1) diciottesimo motivo, con cui viene ribadito il rilievo inerente al mancato adeguamento del P.R.G. di Carcare nella parte in cui limiterebbe a 1.000 mq la superficie massima di vendita nella zona di riferimento.
Tale censura, già articolata con il secondo motivo del ricorso introduttivo, si esporrebbe comunque a diagnosi di manifesta infondatezza, alla luce delle già richiamate norme liberalizzatrici comportanti l’abrogazione delle limitazioni quantitative e qualitative in tema di commercio eventualmente previste dagli strumenti di pianificazione territoriale e non riconducibili a ragioni imperative di interesse generale;
5.2) diciannovesimo, ventesimo e ventunesimo motivo, tesi a contestare, attraverso la fedele riproduzione delle tesi difensive già sviluppate con il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso introduttivo, l’originaria scelta progettuale relativa alla delocalizzazione dell’area di sosta e di manovra dei mezzi pesanti nella zona F7) del P.R.G.
6) Sono altresì inammissibili le censure di legittimità dedotte con i seguenti motivi di ricorso:
6.1) ventitreesimo motivo, con cui viene denunciata l’estromissione delle Società Comparato Immobiliare e Innovazione Immobiliare dal novero dei soggetti attuatori, a seguito della cessione delle aree a Lidl Italia S.r.l., con effetti di depotenziamento della garanzia relativa all’adempimento degli obblighi derivanti dalla nuova edificazione.
La posizione giuridica differenziata dell’impresa ricorrente, qualificabile come interesse legittimo, consente, infatti, che la stessa prospetti tutti i tipi di censure potenzialmente strumentali alla protezione del bene della vita sotteso all’interesse medesimo, ma non certo che siano fatte valere in giudizio pretese patologie di un rapporto giuridico cui la ricorrente è estranea;
6.2) ventiseiesimo motivo, poiché la contestazione di pretese carenze della documentazione inerente ai requisiti di classificazione energetica del nuovo edificio (che deve essere uguale o superiore alla classe B) non concerne l’impugnato provvedimento abilitativo, bensì prospetta un vizio proprio della dichiarazione di fine lavori.
7) Si espongono a diagnosi di infondatezza, invece, i seguenti motivi di ricorso:
7.1) ventiduesimo motivo, con cui viene denunciato il vizio di sviamento di potere in ragione del fatto che il contestato accertamento di conformità avrebbe perseguito il dissimulato scopo di regolarizzare le patologie già denunciate dalla ricorrente con precedenti scritti difensivi, onde evitare l’annullamento degli atti impugnati.
A prescindere dal fatto che la deducente non fornisce elementi concretamente atti a dimostrare l’illegittima finalità che l’amministrazione avrebbe perseguito nella fattispecie, ma formula semplici supposizioni relative alla volontà di tutelare un interesse diverso da quello pubblico, si ritiene che la spontanea eliminazione dei vizi di un provvedimento soggetto a gravame giurisdizionale non infranga alcun precetto normativo, costituendo anzi scelta coerente con il principio dell’effetto utile e con le esigenze di deflazione del contenzioso;
7.2) ventiquattresimo motivo, con cui viene denunciata la violazione dell’art. 10.2 delle norme di attuazione del vigente P.R.G. di Carcare, atteso che non sarebbe stato rispettato lo standard urbanistico relativo alla superficie minima da destinare a verde.
La disposizione citata prevede che, “per ogni 100 mq di superficie di vendita di una media struttura di vendita”, “mq 20 dovranno essere destinati a verde e/o a servizi di interesse comune”, reperibili “in area così destinata dal P.R.G. o su altre aree reperibili fra quelle di servizio generale”.
L’edificio assentito in sanatoria ha una superficie di vendita di 1.286,43 mq, cosicché la dotazione di 275 mq di verde reperita in zona F7) sarebbe sufficiente a soddisfare lo standard in questione.
Sostiene la ricorrente, però, che l’interpretazione del citato art. 10.2, dovendo necessariamente conformarsi alla legge, andrebbe effettuata tenendo conto delle indicazioni contenute nell’art. 5 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, dove si fa riferimento alla “superficie lorda di pavimento” dei nuovi insediamenti commerciali.
Lo standard urbanistico di che trattasi, perciò, andrebbe parametrato alla superficie lorda del nuovo edificio (e non, come previsto dalla lettera del P.R.G., alla superficie di vendita) che, essendo pari a 2.012,80 mq, richiede una dotazione di verde di 402,56 mq, superiore a quella effettivamente reperita.
Tale argomentazione non considera, però, che il citato art. 5, nel determinare i cosiddetti “servizi di residenza”, vale a dire il rapporto tra gli spazi coperti e quelli pubblici da destinare alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggio, fissa la quantità di spazi che deve essere destinata a parcheggi, ma non individua rigidamente la superficie minima da destinare a verde o ad attività collettive.
In difetto di una previsione normativa di rango primario che individui lo standard minimo di verde, non è quindi possibile accedere all’interpretazione adeguatrice proposta dalla ricorrente né sussiste il vizio di legittimità alternativamente prospettato nei confronti dell’art. 10.2 delle n.t.a.;
7.3) ventisettesimo motivo, con cui la ricorrente sostiene che il progetto assentito in sanatoria non sarebbe conforme alla disciplina di P.R.G., come risultante per effetto della soluzione progettuale precedentemente approvata con provvedimento del 31 ottobre 2014.
La doglianza appare frutto di mero formalismo in quanto, se è vero che il P.R.G. era stato variato per effetto dell’approvazione del progetto edilizio relativo alla nuova struttura commerciale, ciò non implica che fosse venuta meno la sua natura pianificatoria né che l’approvazione di una variante edilizia richieda, a sua volta, di essere approvata in variante al P.R.G.;
7.4) ventottesimo motivo, atteso che la mancata impugnazione della determinazione S.U.A.P. del 31/10/2014 preclude in radice la possibilità di dedurre il vizio di illegittimità derivata dall’illegittimità di tale provvedimento.
8) Rimane da scrutinare il venticinquesimo motivo di ricorso, con cui l’esponente denuncia la violazione del rapporto massimo di copertura previsto dalla tavola 08 dello schema di assetto urbanistico (S.A.U.) esteso alla zona nella quale è compresa la nuova struttura di vendita nonché la violazione della distanza minima di 5 metri dal confine prevista dall’art. 23.1.C delle norme di attuazione del P.R.G. e dalla citata tavola 08.
8.1) In ordine alla prima censura, si rileva che, secondo l’art. 23.1.C delle norme di attuazione del P.R.G., i nuovi interventi edificatori nella sottozona D1c, comprendente l’area interessata dal nuovo insediamento Lidl, devono avere destinazione produttiva e ogni intervento “è condizionato alla preventiva predisposizione di S.A.U. esteso all’intera sottozona”.
Il S.A.U. di iniziativa privata relativo alla sottozona D1c è stato approvato con deliberazione del Commissario straordinario del Comune di Carcare n. 3 del 21 marzo 2013.
La nuova costruzione ammessa nel sottocomparto B/1, costituente parte dell’area oggetto di intervento, deve avere, secondo la tavola 08 del S.A.U., un rapporto di copertura non superiore a 1.925,00 mq, mentre la superficie coperta del fabbricato assentito in sanatoria, come si evince dalla relazione del progettista, è pari a 2.036,47 mq.
La difesa di Lidl Italia S.r.l. eccepisce che il S.A.U. non avrebbe la funzione di definire il parametro relativo alla superficie coperta realizzabile, già fissato dal piano regolatore, ma solo di individuare e disciplinare le opere di urbanizzazione.
Tale posizione non pare condivisibile, poiché la funzione del S.A.U., istituto di cui si fa menzione episodicamente nell’ordinamento della Regione Liguria, sembra dover essere più correttamente identificata nella specificazione dei caratteri della struttura insediativa e delle sue connessioni con il contesto territoriale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5158).
E’ vero, invece, che, come eccepito dalle altre controparti, il S.A.U. è un “atto di natura tecnica endoprocedimentale non avente valenza pianificatoria” (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 22 giugno 2004, n. 1012 e 3 febbraio 2013, n. 129) e, come tale, non ha efficacia vincolante, potendo essere variato con ogni progetto successivo.
Nel caso in esame, comunque, l’art. 23.1.C delle norme di attuazione prescrive un rapporto di copertura pari al 50% della superficie interessata che, come comprovano le verifiche contenute nella relazione del progettista, è soddisfatto dalla nuova edificazione.
8.2) La seconda censura, invece, è fondata.
Il più volte citato art. 23.1.C stabilisce che, nella sottozona D1c, le nuove edificazioni devono rispettare la distanza minima di 5 metri dai confini e tale limite è riprodotto nella tavola 08 del S.A.U.
E’ incontestato che l’edificio realizzato dalla Lidl non rispetta la prescritta distanza minima dal confine con il terreno di proprietà della Innovazione Immobiliare S.r.l. (non facente più parte dei soggetti attuatori), ma l’Amministratore unico di quest’ultima Società, con dichiarazione del 31 gennaio 2015 in atti, aveva espresso il proprio assenso alla nuova costruzione e si era impegnato, in caso di futuri interventi edificatori sul proprio terreno, a rispettare la distanza minima prevista dal P.R.G. rispetto al fabbricato della Lidl.
Le parti resistenti sostengono che le distanze dai confini sarebbero derogabili su base negoziale, perlomeno qualora esse non esprimano un’inderogabile ed esplicitata esigenza di allineamento.
Tale affermazione non può essere condivisa.
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, le norme degli strumenti urbanistici locali che impongono di mantenere le distanze tra i fabbricati o di questi dai confini - a differenza dalle norme sulle distanze di cui all’art. 873 cod. civ. che, essendo dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli e miranti unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono suscettibili di deroga mediante convenzione tra privati - non sono derogabili in quanto dirette, non alla tutela di interessi privati, bensì a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica (Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 2013, n. 1524 e 30 giugno 2010, n. 4181;Cass. civ., sez. II, 31 maggio 2006, n. 12966).
Il limite di distanza dai confini imposto nella fattispecie da una previsione dello strumento urbanistico generale, costituendo strumento inteso a realizzare un ordinato sviluppo dell’attività edilizia nell’interesse pubblico, non poteva essere derogato, pertanto, per effetto di una pattuizione privata e, tantomeno, di una dichiarazione unilaterale informalmente resa dal proprietario confinante.
9) In ragione della fondatezza della censura inerente alla violazione del limite di distanza dai confini fissato dal P.R.G., deve essere accolto il secondo ricorso per motivi aggiunti.
Ne consegue l’annullamento della determinazione S.U.A.P. del 3 marzo 2015 e degli atti della Conferenza di servizi indicati nell’epigrafe dello stesso ricorso per motivi aggiunti.
10) Le spese del giudizio, stante la soccombenza reciproca, devono essere integralmente compensate fra le parti costituite.