TAR Milano, sez. III, sentenza 2022-02-07, n. 202200281

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2022-02-07, n. 202200281
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202200281
Data del deposito : 7 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2022

N. 00281/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02187/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2187 del 2018, proposto da
FUSIONE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato E D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Visconti di Modrone, n. 3;

contro

COMUNE DI COMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, C P e M O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

GUSTO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M M e F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

MMI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. 1418/Reg. Gen. del 9 luglio 2018 e bando d'asta pubblica n. 3729/2018 pubblicato in data 31 luglio 2018 per la locazione dell'unità immobiliare destinata a bar/ristorante sita in via C. Cantù n. 53, Como – base d'asta 39.803,00 (canone annuo) e termine per le offerte entro le ore 12.00 del 17.09.2018 – con esclusione sia della prelazione/indennità per l'attuale conduttore sia dei soggetti aventi morosità o contenziosi col Comune di Como.

dell'esclusione della impresa Fusione s.r.l. dalla procedura per la locazione dell'unità immobiliare destinata a bar/ristorante sita in via C. Cantù n. 53, Como – Comune di Como;

della Determinazione dirigenziale (e relativi allegati);

per quanto occorrer possa, della lex specialis e dei verbali di gara della procedura per affidamento della locazione dell'unità immobiliare destinata a bar/ristorante in via C. Cantù n. 53, Como;

di ogni ulteriore diverso atto pregresso, presupposto, connesso e conseguente, indicato e richiamato, nonché non richiamato, nel presente ricorso;

per il connesso/conseguente accertamento-dichiarazione

del diritto di prelazione della ricorrente nella procedura per la locazione;

del diritto della ricorrente all’aggiudicazione della procedura di affidamento della locazione,

nonché

per il risarcimento del danno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Como e di Gusto s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2021 il dott. S C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Como, con determinazione dirigenziale n. 1418/Reg. Gen. del 9 luglio 2018, ha avviato un pubblico incanto per la locazione dell’unità immobiliare, di sua proprietà, con destinazione a bar/ristorante, sita in via Cesare Cantù n. 53/55.

La procedura è stata indetta ai sensi degli artt. 73, lettera c), e 76 del r.d. n. 827 del 1924.

In base al bando di gara, l’aggiudicazione sarebbe stata disposta in favore del concorrente che avesse formulato l’offerta economicamente più elevata rispetto al canone annuo di locazione posto a base d'asta, fissato in euro 39.803,00.

La società Fusione s.r.l., già titolare di contratto di locazione ad uso commerciale per l’unità di cui è causa, ha impugnato l’avviso d’asta e gli atti di gara – compresa la propria esclusione dalla procedura – lamentandone l’illegittimità sotto vari profili e chiedendone altresì la sospensione. Oltre alla domanda di annullamento è stata proposta domanda risarcitoria.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Como e la società Gusto s.r.l., aggiudicataria della gara in questione.

Questo T.A.R., con sentenza n. 2447 del 29 ottobre 2018, emessa ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

La pronuncia è stata riformata in sede d’appello dal Consiglio di Stato che, con sentenza n. 5821 del 23 agosto 2019, ha rimesso la causa al giudice di primo grado.

La ricorrente ha quindi provveduto alla riassunzione del processo, ai sensi dell’art. 105, terzo comma, cod. proc. amm.

La Sezione, con ordinanza n. 1561 del 22 novembre 2019, ha respinto l’istanza cautelare.

Nel corso del giudizio, le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 30 novembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che, poiché il ricorso è infondato nel merito, si possa prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dall’Amministrazione resistente.

Con una prima censura, contenuta nel primo motivo di ricorso, parte ricorrente – dopo aver premesso che l’immobile oggetto del presente contenzioso appartiene al patrimonio disponibile del Comune di Como, ed è perciò completamente assoggettato alla disciplina privatistica – deduce la violazione degli artt. 34 e 40 della legge n. 392 del 1978. In sostanza, secondo la ricorrente, l’Amministrazione, avviando la procedura di gara volta alla selezione del nuovo conduttore, avrebbe violato il suo diritto di prelazione sancito dal citato art. 40 della legge n. 392 del 1978. Inoltre, non avendo l’Amministrazione corrisposto l’indennità di avviamento, prevista dall’art. 34 della stessa legge n. 392 del 1978, sarebbe stato violato, sempre mediante l’indizione della gara, il diritto di ritenzione dell’immobile riconosciuto dalla giurisprudenza al precedente conduttore cui non sia stata corrisposta la predetta indennità.

Questa censura è infondata per le ragioni di seguito esposte.

Effettivamente, come sostiene l’interessata, poiché non è contestato che l’immobile di cui è causa appartiene al patrimonio disponibile del Comune di Como, esso risulta assoggettato alla disciplina privatistica, fra cui quella contenuta nella legge n. 392 del 1978 che regola la locazione degli immobili urbani.

Come noto, questa legge stabilisce, all’art. 40, commi 1 e 3, che, in caso di nuova locazione, spetta al conduttore un diritto di prelazione, diritto che si esercita offrendo al locatore condizioni uguali a quelle che quest’ultimo ha ricevuto da terzi interessati a prendere in locazione l’immobile.

Come si vede, questa disposizione non vieta al locatore di avviare trattative con terzi, ma impone soltanto allo stesso locatore di comunicare al conduttore le offerte che i terzi hanno formulato affinché quest’ultimo possa eventualmente farle proprie esercitando così il suo diritto di prelazione.

Già da questa considerazione, si ricava che l’avvio di una procedura di gara finalizzata alla locazione di un immobile in precedenza già locato non è illegittimo per violazione del ridetto art. 40 della legge n. 392 del 1978. Va infatti osservato che le procedure disciplinate dalla normativa pubblicistica seguite dall’amministrazione pubblica per selezionare i propri contraenti non sono altro, se osservate dal punto di vista privatistico, che vere e proprie trattative contrattuali (si veda in proposito la giurisprudenza sviluppatasi in materia di responsabilità precontrattuale, fra cui ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 febbraio 2014, n.790). La sussistenza di un precedente contratto di locazione non impedisce dunque l’avvio di una procedura di gara, ma obbliga soltanto l’Amministrazione, sempreché vi siano tutti i presupposti previsti dall’art. 40 della legge n. 392 del 1978, a comunicare la migliore offerta al precedente conduttore, affinché quest’ultimo, adeguandovisi, possa esercitare il diritto di prelazione. L’eventuale concreta lesione di questo diritto, inoltre, non trova rimedio nell’annullamento degli atti di gara, che non possono considerarsi illegittimi per la violazione di un obbligo privatistico facente capo all’Amministrazione, ma attraverso gli ordinari rimedi propri del diritto civile.

Con le proprie argomentazioni, volte a sostenere l’illegittimità degli atti di indizione della gara in ragione della sussistenza del diritto di prelazione, la ricorrente vuole giungere al paradossale risultato di impedire all’Amministrazione lo svolgimento di qualunque trattativa arrogandosi il diritto di poter perennemente condurre l’immobile alle condizioni previste nel contratto da egli già stipulato e venuto a scadenza.

Né si può ritenere che il conduttore possa far valere l’illegittimità degli atti di gara in quanto in essi non è stato inserito l’avviso che, una volta conclusa la procedura, egli ha la possibilità di esercitare il diritto di prelazione. Il mancato avviso, infatti, non lede la posizione del precedente conduttore, il quale potrà sempre esercitare il suo diritto, ma quella dei partecipanti alla gara che potrebbero essere coinvolti, qualora il diritto di prelazione venga poi effettivamente esercitato, in trattative inutili.

E’ inoltre dubbio che tale omissione costituisca causa di illegittimità, dovendosi piuttosto ritenere che essa costituisca illecito precontrattuale, con conseguente possibilità per l’aggiudicatario di chiedere il risarcimento del danno all’amministrazione.

Va poi osservato che, come già messo parzialmente in evidenza in sede cautelare, nel caso in esame neppure sembrano sussistere i presupposti previsti dall’art. 40 della legge n. 392 del 1978, atteso che: a) come si dirà nel prosieguo, il ricorrente non ha adempiuto ai propri obblighi contrattuali e non si può pretendere che il locatore sia costretto a stipulare un nuovo contratto di locazione con il precedente conduttore rivelatosi contraente inaffidabile (il principio è ricavabile dall’art. 40, comma 2, della legge n. 378 del 1992 il quale esclude la sussistenza del diritto di prelazione in caso di risoluzione per inadempimento);
b) il contratto è venuto a scadenza in data 4 maggio 2014, sicché risulta ampiamente scaduto il termine semestrale previsto dall’ultimo comma dello stesso art. 40.

Il discorso appena sviluppato può essere utilizzato anche con riferimento all’indennità di avviamento, posto che l’eventuale violazione degli obblighi che ad essa ineriscono non costituisce causa di illegittimità degli atti della procedura di gara, ma configura un inadempimento contrattuale a cui si può far fronte con gli ordinari rimedi previsti dal diritto civile. Nel caso concreto, peraltro, non è contestato che tale indennità è stata alla fine corrisposta alla ricorrente.

Va pertanto ribadita, in tale quadro, l’infondatezza della censura in esame.

Con altra censura, sempre contenuta nel primo motivo di ricorso, l’interessata contesta la decisione assunta dall’Amministrazione di escluderla dalla procedura di gara in ragione del suo stato di morosità. Parte ricorrente sostiene, innanzitutto, di aver corrisposto tutte le somme dovute a titolo di canone di locazione. Sostiene inoltre che la previsione del bando che prevede l’esclusione dei concorrenti che si trovino in situazioni di morosità o abbiano contenziosi in corso, a qualsiasi titolo, nei riguardi del Comune di Como sarebbe illegittima in quanto irragionevole e contrastante con il principio di favor partecipationis, nonché contrastante con l’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 che commina la nullità delle previsioni della lex specialis di gara che stabiliscano cause di esclusione ulteriori e diverse rispetto a quelle normativamente fissate.

Questa censura viene ripresa e sviluppata nel secondo motivo con il quale l’interessata sostiene, innanzitutto, che la clausola del bando che commina l’esclusione per i concorrenti che abbiano contenziosi in corso con il Comune sarebbe lesiva del diritto di difesa garantito dagli articoli 24, 103, 111 e 113 della Costituzione, nonché dall’art. 6 della CEDU. La parte rileva inoltre che questa clausola avrebbe precluso la sua possibilità di impugnare immediatamente il bando, costringendola a partecipare ad una gara dalla quale sarebbe stata sicuramente esclusa. Anche per questa ragione ritiene che la previsione di cui si discute, unitamente a quella che dispone l’esclusione per coloro che si trovano in situazione di morosità, sarebbe illogica e contrastante con il principio di proporzionalità.

Ritiene il Collegio che le censure siano infondate per le ragioni di seguito esposte.

Va innanzitutto rilevato che la situazione di morosità in cui versa la ricorrente deve ritenersi provata, quantomeno ai fini della possibilità di partecipazione alla gara. Il Comune di Como, infatti, a comprova di tale circostanza, ha prodotto la nota del Dirigente del Settore Patrimonio e Demanio datata 12 settembre 2018 ed il provvedimento dello stesso Dirigente del 2 marzo 2018, nei quali vengono dettagliatamente indicate le somme dovute all’Ente correlate a debiti scaduti, analiticamente indicati, relativi anche ad annualità precedenti.

A fronte di tale dettagliata indicazione, parte ricorrente si è limitata ad una contestazione generica affermando nel ricorso che “…i debiti per la locazione de qua sono stati tutti estinti”, senza produrre alcun documento che dimostri quanto affermato. Parte ricorrente, inoltre, neppure deduce di aver contestato, in sede giudiziale o stragiudiziale, le pretese del Comune, ed anzi, in altra parte del ricorso, afferma di essere venuta a conoscenza del preciso ammontare degli importi dovuti al Comune stesso solo in data 21 settembre 2018, ammettendo così di trovarsi ancora, a quella data, in situazione di debito.

Ciò stabilito, va ora osservato che alla procedura di gara di cui si discute non sono applicabili le norme contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016 il quale, così come dispone il suo art. 1, comma 1, disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione. Non risulta pertanto pertinente il richiamo all’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Ritiene inoltre il Collegio che la previsione secondo cui vanno esclusi dalla gara coloro che si trovano in situazione di morosità con il Comune non sia illogica o contraria al principio di proporzionalità, e ciò in quanto non si può pretendere che l’amministrazione pubblica curi i propri interessi in maniera diversa e deteriore rispetto a qualunque altro operatore accorto, obbligandola a contrarre con soggetti che sa essere inaffidabili.

Per quanto concerne invece la clausola che prevede l’esclusione per coloro che hanno contenziosi aperti con il Comune, ritiene innanzitutto il Collegio che l’interessata non abbia interesse a censurarla posto che la sua esclusione è stata unicamente disposta in ragione della situazione di morosità. Inoltre, tale clausola non ha certo impedito alla parte di impugnare immediatamente il bando, anche al fine di contestarne la validità.

Non si può dunque condividere l’affermazione secondo cui sarebbe stato in tal modo leso il diritto di difesa.

Deve essere pertanto ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

L’infondatezza dell’azione di annullamento determina anche il rigetto della domanda risarcitoria.

In conclusione, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

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