TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2011-12-21, n. 201105985
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N. 05985/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02076/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2076 del 2010, proposto da:
Antonio D'AVANZO, rappresentato e difeso dall'avv. G D R, con domicilio eletto presso l’avv. Vincenzo Gorruso, in Napoli, alla via Depretis n. 88
contro
Ministero della Giustizia e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei Ministri p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria per legge in Napoli, alla via Diaz n. 11
per l'annullamento
1) del decreto del Ministero della Giustizia del 13 novembre 2009 col quale è stata negata al ricorrente la corresponsione dell’equo indennizzo per infermità giudicata non dipendente da causa di servizio;
2) della deliberazione assunta il 6 ottobre 2010 dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Col ricorso in esame Antonio D’Avanzo, Ispettore Superiore del corpo di Polizia penitenziaria, impugna, in uno al conforme parere negativo espresso il 6.10.2008 dal Comitato di Verifica per le Cause di servizio, il provvedimento col quale il Ministero della Giustizia ha respinto la sua istanza del 23.10.2004 per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità «persistente disturbo dell’adattamento con ansia».
L’impugnativa censura: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 11 e 16 del d.P.R. 29.11.2001, n. 461, violazione del principio del giusto procedimento, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, eccesso di potere per travisamento, illogicità, in quanto l’Amministrazione della Giustizia avrebbe acriticamente recepito il parere del Comitato di verifica pur a fronte del discordante parere formulato il 14.6.2007, dalla Commissione Medica Ospedaliera di Caserta;2) stesse censure, sotto il profilo della laconicità e della genericità della motivazione medica negativa, che non avrebbe argomentato con riguardo alla documentazione allegata all’istanza ed al parere della C.M.O.;3) ancora, il Comitato di Verifica sarebbe stato illegittimamente costituito, in quanto in esso sarebbe mancata la necessaria presenza di un ulteriore esperto in grado di valutare la eziopatogenesi della malattia, in difformità da quanto previsto dalla legge;4) stesse censure, nonché violazione dell’art. 10- bis l. n. 241 del 1990, per essere mancato il preavviso dei motivi di rigetto.
Si è difeso il Ministero intimato chiedendo la reiezione del ricorso.
In esito all’odierna udienza, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Va in primo luogo rammentato come i giudizi resi dagli organi medico-legali sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità denunciata dal pubblico dipendente sono connotati da discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperibile su di essi dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti;si tratta quindi di limite che permette al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l'accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo medico (così C.d.S., Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2619).
Fatta tale premessa, occorre osservare come i provvedimenti in esame non appaiono affetti da alcuna delle illegittimità declinate dal ricorrente.
In primo luogo, infatti, ferma è la giurisprudenza nel ritenere che nessuna incidenza sul contenuto della valutazione di discrezionalità tecnica attribuita al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio può dispiegare il verbale della Commissione Medica Ospedaliera, anche qualora, nell'esplicitazione eziopatogenetica dell'infermità, esprima un giudizio sulla sua correlazione all'attività di servizio (peraltro, nella specie, non assistito da alcuna esplicitazione motivazionale), posto che alla seconda spettano soltanto compiti di natura diagnostica e prognostica (in ordine alla stabilizzazione o all'ulteriore evoluzione dell'affezione morbosa, ai suoi esiti invalidanti e alla loro misura), mentre soltanto il Comitato è chiamato ad accertare la correlazione (esclusiva o concausale) dell'infermità allo svolgimento dell'attività di servizio. Ne consegue che l'Amministrazione può, senz'altro, conformarsi al parere del Comitato, senza dover dare alcun conto della preferenza accordata rispetto ad eventuali elementi di segno contrario rinvenibili nel verbale della Commissione Medica Ospedaliera. Pertanto, l'ordinamento vigente non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza sui quali orientarsi, ma affida al Comitato di Verifica per le Cause di servizio il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla Commissione Medica Ospedaliera. Ecco allora, che, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del Comitato si impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l'organo in questione, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le ha confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all'Amministrazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante ( ex multis , Tar Lazio, Roma, 5 aprile 2011, n. 2992).
Nella specie, a fronte del riconoscimento della patologia in questione ad opera della Commissione Medica Ospedaliera di Caserta (non corredato da alcuna motivazione in ordine all’eziopatogenesi del morbo), si ricava con chiarezza dalla delibera del 6.10.2008 del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio – assunta «dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti» - che il giudizio di non dipendenza dell’infermità « persistente disturbo dell’adattamento con ansia » da causa di servizio è stato ampiamente e congruamente motivato, anche tenuto conto del compendio medico versato dal ricorrente, stabilendo innanzitutto, sul piano diagnostico, che «trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione anche attraverso i canali neuro-vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta». Per cui, «non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante».
Né appare pregnante in senso contrario quanto considerato nella consulenza tecnica di parte del 31.3.2010, la quale genericamente, con riguardo alle mansioni lavorative svolte dal ricorrente come turnista, come guardia armata presso il muro di cinta e come responsabile del reparto matricole, afferma che esse «comportano condizioni di stress quotidiano che generalmente sfociano in stati d’ansia con notevole componente depressiva», senza circostanziare alcun episodio, né riuscire a stabilire uno stringente nesso eziologico tra le mansioni realmente svolte dal ricorrente e la patologia riscontrata.
Appare dunque esaustiva, e comunque non smentita da rilevanti elementi contrari, la motivazione del Comitato di Vetrifica assunta a fondamento del provvedimento oggi gravato, per cui i motivi di cui ai numeri 1) e 2) della ricostruzione in fatto vanno senz’altro respinti.
Eguale sorte patisce la censura relativa alla illegittima costituzione del medesimo Comitato di Verifica posto che, secondo quanto puntualmente circostanziato dall’Amministrazione economico-finanziaria nella propria difesa depositata in giudizio il 26 agosto 2011 e non contestato specificamente dal ricorrente, il predetto Comitato era formato da cinque componenti dei quali ben tre medici (dott. Dirigente medico Silvana Camilleri, dott. Generale Ispettore Capo Manlio Carboni e il dott. Prof. Med. Prefetto Giuseppe Mantineo) conformemente a quanto previsto dal d.P.R. n. 461 del 29.10.2001.
Anche la censura appuntata sulla mancata preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza va infine respinta, atteso che nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente il parere del Comitato di verifica, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l'Amministrazione procedente, nel senso che quest'ultima è tenuta a concludere il procedimento in maniera conforme alle determinazioni dell'organo consultivo, fatte salve le ipotesi di palese inattendibilità o di manifesta illogicità, per cui l'Amministrazione non è tenuta alla comunicazione del preavviso di rigetto, ai sensi dell'art. 10- bis , l. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto l'eventuale partecipazione procedimentale dell'interessato non avrebbe potuto produrre effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (Tar Lecce, 11 novembre 2010, n. 2645).
In ogni caso, anche a voler ritenere il contrario, proprio il fatto emergente da questo processo secondo cui il provvedimento finale non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, esclude che la violazione dell'art. 10- bis , l. n. 241 del 1990 — il quale prevede, nei procedimenti ad istanza di parte la comunicazione, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, agli istanti dei motivi che ostano all'accoglimento della domanda — possa ritenersi tale da produrre ex se l'illegittimità del provvedimento finale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto essere interpretata alla luce del successivo art. 21- octies , comma 2, il quale impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo;l'art. 21- octies rende, quindi, comunque irrilevante la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell'atto per il fatto che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
In definitiva, il ricorso va respinto e le spese vanno regolate, secondo la liquidazione fattane in dispositivo, alla stregua del principio della soccombenza.