TAR Torino, sez. II, sentenza 2010-05-28, n. 201002715
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Testo completo
N. 02715/2010 REG.SEN.
N. 00864/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 864 del 2009, proposto da:
DIOP M M, rappresentato e difeso dall'avv. C M S, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Torino, via R. Martorelli, 26;
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso la quale domicilia in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
del provvedimento del Ministro dell'Interno K10/195924 del 26.02.09, notificato il 20.05.09, con cui è stata respinta l'istanza diretta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. A M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. M M Diop, di cittadinanza senegalese, in data 22 settembre 2005 ha inoltrato istanza alla Prefettura di Catania volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana “ai sensi dell’art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91”, ossia per matrimonio con cittadina italiana.
Il Ministro dell’Interno, con decreto n. K10C/195924, del 26 febbraio 2009, ha tuttavia respinto l’istanza sulla base dell’esistenza di una sentenza di condanna, emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 27 marzo 2002 e divenuta irrevocabile il 28 maggio 2002, “per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 3 n. 4 legge 20.2.1958 n. 75” (reclutamento di persona ai fini dell’esercizio della prostituzione o agevolazione della prostituzione, in concorso di persone).
2. Avverso il decreto ministeriale di rigetto il sig. Diop ha presentato ricorso dinnanzi a questo TAR, domandandone l’annullamento.
Il ricorso è affidato a tre motivi di gravame, rispettivamente rubricati:
- “Eccesso di potere. Illegittimità della determinazione finale per violazione di legge con riferimento all’art. 8, comma 2, legge 91/92”: il ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato è giunto tardivamente, essendo ormai trascorsi più di due anni dalla data dell’istanza, con violazione dell’art. 8, comma 2, della legge n. 91 del 1992 (a norma del quale “L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”);
- “Violazione di legge con riferimento all’art. 5, legge 91/92;mancata considerazione di circostanze essenziali”: le circostanze non considerate dall’amministrazione consisterebbero nella “concreta integrazione del Signor Diop”, il quale ha oggi una “stabile occupazione”, non è più incorso nella commissione di reati ed ha contratto matrimonio con una cittadina italiana (unione dalla quale sono nati tre figli);
- “Violazione di legge con riferimento all’art. 6, comma 1, lett. B legge 91/92. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione”: secondo il ricorrente l’avvenuta condanna per uno dei reati previsti dall’art. 6, comma 1, lett. b, della legge n. 91 del 1992 non determinerebbe automaticamente l’esito negativo per l’istanza di concessione della cittadinanza italiana anche perché, nella fattispecie, il reato commesso risulterebbe risalente nel tempo e sarebbe ormai estinto per indulto.
3. Si è costituito in giudizio, con mera memoria di stile, il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, depositando documenti (tra cui una relazione sui fatti di causa, predisposta dallo stesso Ministero – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione) e chiedendo il rigetto del ricorso.
4. Alla pubblica udienza del 28 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorrente, cittadino senegalese, ha chiesto la concessione della cittadinanza italiana per matrimonio, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992. L’istanza gli è stata respinta a causa dell’esistenza di una sentenza penale di condanna per un reato, in materia di prostituzione, considerato ostativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b, della medesima legge.
Avverso il decreto di rigetto l’interessato ha proposto il ricorso in epigrafe dinnanzi a questo TAR.
2. Deve preliminarmente essere rilevato d’ufficio il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
La concessione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5 della legge n. 91 del 1992, attiene ad una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza di diritto soggettivo (cfr., tra le tante, di recente, TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 945 del 2010). In tale ambito, l’unica causa preclusiva alla concessione della cittadinanza, che risulta essere demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione, è quella di cui all’art. 6, comma 1, lett. c, della legge n. 91 del 1992, ossia la sussistenza, nel caso specifico, di “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica”. Soltanto in tale evenienza, come ritenuto dalla costante giurisprudenza amministrativa (alla quale questo Collegio aderisce), la citata situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo. Le altre cause preclusive, ivi compresa quella dei reati c.d. ostativi di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 6, invece, non richiedendo alcuna valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, determinano il mantenimento della giurisdizione in capo al giudice ordinario (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 11019 del 2009).
Tale conclusione è, a maggior ragione, valida nel caso in cui risulti scaduto (come nella specie) il termine di cui all’art. 8, comma 2, della legge n. 91 del 1992, senza che il decreto ministeriale di diniego risulti fondato su motivi inerenti la sicurezza dello Stato (cfr., di recente, TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 90 del 2010).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario.
3. Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali.