TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-03-30, n. 201603901

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-03-30, n. 201603901
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201603901
Data del deposito : 30 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09481/2013 REG.RIC.

N. 03901/2016 REG.PROV.COLL.

N. 09481/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9481 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M A, rappresentata e difesa dagli Avv. F F, A R, con domicilio eletto presso A R in Roma, Viale XXI Aprile, 11;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. C S, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;

nei confronti di

S S, rappresentata e difesa dagli Avv. F G, I U, con domicilio eletto presso Studio Legale Gallone &
Urso in Roma, Via Luigi Calamatta, 16;

per l'annullamento

- del verbale n. 56 con il quale la Commissione e la Sottocommissione esaminatrici della procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, per il conferimento di 110 posti nel profilo professionale di Funzionario Amministrativo cat. D, posizione economica D1, Famiglia Economico-Amministrativa e Servizi di Supporto - nominate con determinazioni dirigenziali rispettivamente n. 2260 in data 28.09.2012 e n. 897 in data 18.04.2013 - hanno valutato l'elaborato della ricorrente relativo alla prima prova scritta attribuendo un punteggio pari a 6,00;

- del successivo elenco nominativo votazione 1^ prova scritta, 11.12.2012, in cui alla pag. 14 è riportata la votazione attribuita alla ricorrente;

- di ogni altro atto inerente e/o connesso e/o consequenziale;

e con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento,

della graduatoria definitiva del concorso approvata con determinazione n. 956 del 2014;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della controinteressata S S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2016 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone in fatto l’odierna ricorrente di aver partecipato al concorso, per titoli ed esami, per il conferimento di 110 posti nel profilo professionale di Funzionario Amministrativo cat. D, posizione economica D1, Famiglia Economico-Amministrativa e Servizi di Supporto, e di aver ottenuto, alla prima prova scritta, consistente nella somministrazione di 5 domande a risposta multipla, la votazione di 6/10, come tale insufficiente al superamento della prova, per la quale il bando richiede il punteggio minimo di 7/10.

Avverso tale valutazione deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

I – Erroneità dei presupposti, illogicità della motivazione. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

Sostiene parte ricorrente di aver risposto correttamente alle cinque domande contenute nella prova scritta, lamentando come, con riferimento ai commenti che i candidati erano chiamati a dare per ciascuna domanda, non vi sia alcun giudizio o correzione, risultando conseguentemente la contestata valutazione priva di qualsivoglia motivazione.

Denuncia, inoltre, la ricorrente l’incongruità del tempo dedicato dalla Commissione alla correzione della prova scritta, essendo la relativa seduta durata 5 ore per un totale di 110 elaborati.

II – Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Sostiene parte ricorrente che deve darsi conto dell’applicazione di criteri di valutazione, previamente determinati, al fine di garantire i principi di uguaglianza e di buon andamento, lamentando l’intervenuta preclusione alla partecipazione alla seconda prova scritta, che avrebbe consentito una valutazione globale della propria preparazione.

Con ricorso per motivi aggiunti, proposti avverso la graduatoria definitiva del concorso, parte ricorrente propone le medesime doglianze già sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio, articolando, altresì, il seguente motivo di censura:

Violazione degli artt. 1 e 14 del D.P.R. n. 487 del 1994, degli artt. 14 e 15 della delibera di Giunta n. 424 del 2009, degli artt. 97, 3 e 51 della Costituzione e dei principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità, nonché di anonimato nei concorsi pubblici.

Sostiene parte ricorrente di aver appreso, da notizie di stampa, dell’avvenuto utilizzo, nella procedura concorsuale de qua, di buste destinate ai dati anagrafici dei concorrenti che, in quanto trasparenti, ne consentivano la leggibilità, in violazione del principio di anonimato nei concorsi pubblici.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale eccependo la tardività del motivo nuovo proposto con i motivi aggiunti, in quanto notificati in data 19 settembre 2014, laddove le notizie di stampa risalgono al novembre 2013, sostenendo nel merito dell’azione la sua infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Si è costituita in giudizio la controinteressata Sabina Sebastiani, eccependo anche ella la tardività dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2016 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame l’odierna ricorrente – che ha preso parte al concorso, per titoli ed esami, per il conferimento di 110 posti nel profilo professionale di Funzionario Amministrativo cat. D, posizione economica D1, Famiglia Economico-Amministrativa e Servizi di Supporto, indetto dall’Amministrazione Comunale – impugna l’esito della valutazione della prima prova scritta, consistente nella somministrazione di 5 domande a risposta multipla e dalla redazione di commenti, con riferimento alla quale ha conseguito la votazione di 6/10, insufficiente al superamento della prova, per la quale il bando richiede il punteggio minimo di 7/10.

Sull’assunto della meritevolezza del proprio elaborato di una migliore valutazione, denuncia parte ricorrente l’erroneità ed il difetto di motivazione della gravata votazione, che non consentirebbe di comprendere come i criteri di valutazione predeterminati siano stati in concreto applicati, tenuto conto dell’assenza, sull’elaborato, di giudizi, segni o correzioni, lamentando altresì l’insufficienza del tempo dedicato dalla Commissione alla correzione degli elaborati della prima prova scritta.

Con ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso la graduatoria finale del concorso, parte ricorrente denuncia altresì l’intervenuta violazione del principio di anonimato nelle prove scritte per essere state utilizzate, per i dati anagrafici dei candidati, buste trasparenti.

Così dato atto dell’oggetto della proposta azione, ritiene il collegio di dover preliminarmente procedere, nella gradata elaborazione logica delle questioni con la stessa sollevate, all’esame del motivo di censura proposto con i motivi aggiunti, con il quale viene denunciata la violazione del principio di anonimato nelle procedura concorsuale in esame che, in quanto relativo ad un vizio potenzialmente inficiante l’intera procedura, sarebbe idoneo a travolgerla.

Tale doglianza, in adesione alla corrispondente eccezione sollevata sia dalla resistente Amministrazione Comunale che dalla controinteressata costituitasi in giudizio, deve essere ritenuta irricevibile.

Sostiene parte ricorrente di aver avuto notizia di tale vizio mediante pubblicazione di alcune notizie di stampa in ordine all’utilizzo, nella procedura concorsuale in questione, di buste trasparenti, come tali non idonee a garantire l’anonimato dei candidati.

Tali notizie, tuttavia, si sono diffuse nel novembre del 2013, laddove i motivi aggiunti sono stati notificati all’Amministrazione in data 19 settembre 2014, risultando pertanto irrimediabilmente tardiva la proposta censura.

La sottoposizione degli atti amministrativi ad un termine di decadenza per la loro impugnazione, decorrente dalla data della conoscenza degli effetti lesivi derivanti dagli stessi, risponde al preminente interesse pubblico alla certezza dei rapporti e delle situazioni regolati con gli stessi, i quali non possono quindi restare soggetti alla possibilità di caducazione senza limiti di tempo.

In tale direzione, deve quindi ritenersi che la decorrenza del termine per l’impugnazione decorre dalla data in cui si è acquisita la piena conoscenza dei vizi o della lesività degli atti o dalla data in cui tale conoscenza è stata resa possibile, che coincide – nella fattispecie in esame – nella data in cui sono state rese pubbliche le notizie in ordine alle modalità di conservazione dei dati anagrafici dei candidati.

Ne discende che il motivo nuovo introdotto con i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente deve essere considerato tardivamente proposto.

Quanto alle censure sollevate dalla ricorrente con il ricorso introduttivo del giudizio, rivolte avverso la valutazione della prima prova scritta, le ragioni della loro infondatezza risiedono nei principi da tempo consolidati in giurisprudenza sulla base dei quali, in assenza di una diversa disposizione normativa ad hoc, la votazione numerica è idonea ad esprimere la gradazione della valutazione, anche successivamente all'art. 3, della legge n. 241 del 1990 (Corte Cost., sentenza n. 175 del 2011;
C. Stato, IV, 21 ottobre 2013, n. 5107;
VI, 21 ottobre 2013, n. 5075;
6 agosto 2013, n. 4130;
V, 13 febbraio 2013, n. 866;
IV, 27 novembre 2012, n. 4648;
2 novembre 2012, n. 5581;
Tar Lazio, I, 5 settembre 2012, n. 7562;
1 febbraio 2012, n. 1111;
7 febbraio 2014, n. 1506). Ciò in quanto il voto numerico, attribuito dalle competenti Commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione stessa, contenendo in se stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti;
in particolare, la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell'ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato.

Le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile.

Ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore, se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità, vizio la cui sostanza non può, tuttavia, essere confusa con la non adeguatezza del punteggio numerico.

Se l’apprezzamento degli elaborati riflette una valutazione tecnico - discrezionale e ha natura di giudizio di valore, a tale giudizio inerisce un innegabile connotazione di opinamento soggettivo, non ripetibile dal giudice, se non in caso di discrasie logiche atte a far presumere la macroscopica irrazionalità del giudizio espresso.

In tale contesto, la motivazione espressa in forma numerica appare del tutto fungibile con la motivazione descrittiva, trattandosi di due forme di espressione, sintetica ed analitica, delle ragioni del particolare giudizio espresso. Non può invero negarsi che la votazione è agevolmente traducibile in motivazione analitica risalendosi ai corrispondenti criteri di valutazione prefissati dall'Amministrazione.

Tanto chiarito, nella fattispecie va ulteriormente rilevato che la commissione di concorso ha elaborato, con il verbale del 12 novembre 2012, i criteri di valutazione entro cui graduare il giudizio, i quali concorrono, con i voti attribuiti, all'esternazione delle ragioni della valutazione, completandoli nel dettaglio.

E’ difatti evidente che il punteggio concretamente attribuito a ciascun elaborato, in applicazione dei predetti criteri generali e secondo le fasce di valutazione predisposte, risulta idoneo a rivelare le ragioni del giudizio, positivo o negativo, corrispondente alla fascia stessa.

Con la conseguenza che la predisposizione di fasce di valutazione consente di percepire le ragioni del singolo giudizio, costituendo l'apprezzamento del merito di ogni singola prova frutto dell'applicazione di quei criteri, sulla cui base si perviene all'attribuzione degli specifici punteggi, che risultano, quindi, idonei a esternare compiutamente le motivazioni del giudizio reso.

Non merita favorevole esame neanche la censura con cui la ricorrente afferma la meritevolezza del proprio elaborato di un voto più alto, in quanto correttamente svolto e privo di segni di correzione o annotazioni da parte della Commissione.

La circostanza che sull’elaborato della ricorrente non siano stati apposti segni di correzione o notazioni è, difatti, del tutto irrilevante ai fini della legittimità del voto attribuito.

Ed invero, la commissione giudicatrice non svolge un'attività scolastica di correzione degli elaborati scritti dei candidati, che non rientra tra i suoi compiti, e neppure ha il dovere di evidenziare con segni grafici i punti dai quali, più degli altri, risulti l'insufficienza o l'erroneità dell'elaborato ovvero la non rispondenza alla traccia;
sicché, l'apposizione di annotazioni sugli elaborati, di chiarimenti ovvero di segni grafici o specificanti eventuali errori, costituisce una mera facoltà di cui la commissione può avvalersi nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, mentre l'inidoneità della prova risulta dalla stessa attribuzione del voto numerico in base ai criteri fissati dalla Commissione sia per la correzione che in sede di giudizio.

La censura in esame, inoltre, attiene al merito delle valutazioni operate dalla commissione valutatrice che tuttavia costituiscono, come noto, espressione di una ampia discrezionalità, che, laddove non risultante affetta ictu oculi da illogicità e erroneità, non è sindacabile nella presente sede di legittimità (giurisprudenza costante;
di recente, C. Stato, IV, 28 novembre 2012, n. 6037).

Non possono, pertanto, trovare favorevole considerazione in questa sede quelle censure che mirano a contestare le valutazioni della commissione sostenendo la bontà delle prove oggetto di concorso, chiedendosi in tal modo al giudice di sovrapporsi alla valutazione di merito resa dalle commissioni esaminatrici, sostituendosi ad esse, laddove il giudice, in sede di sindacato di legittimità, non può sostituire la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall'ordinamento alle Commissioni di concorso, invadendo gli ambiti di discrezionalità tecnica alle stesse riservati.

A ciò si aggiunge l'evidenza costituita dal fatto che ciò che conta, in sede di valutazione degli elaborati svolti in una procedura concorsuale, non è solamente la esattezza delle soluzioni giuridiche prescelte – e quindi l’indicazione, per ciascuna domanda, da parte della ricorrente, della risposta esatta - ma anche la modalità espositiva adottata nella redazione dei relativi commenti.

Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni in qualche modo corrette debbano necessariamente superare la prova concorsuale, il che non può sicuramente avvenire, posto che la finalità del concorso risiede nella selezione dei migliori e non già di tutti i candidati che dimostrino di saper giungere in qualche modo a conclusioni esatte.

Parimenti da disattendere è l’ulteriore censura con cui parte ricorrente lamenta l’incongruità del tempo dedicato dalla Commissione, di circa 5 ore, alla correzione di 110 elaborati.

Al riguardo, è sufficiente riportarsi all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nelle procedure concorsuali per l'accesso a posti di pubblico impiego non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione esaminatrice alla valutazione delle prove d'esame di candidati, in primo luogo perché manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti;
in secondo luogo perché di norma non è possibile stabilire quali concorrenti hanno fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato;
inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5137;
Sez. VI, 1 febbraio 2013, nr. 614;
Sez. IV, 12 luglio 2013, nr. 3754;
1 agosto 2012, nr. 3103;
23 febbraio 2012, nr. 970;
13 luglio 2011, nr. 4237).

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, il ricorso in esame va rigettato stante la rilevata infondatezza delle censure con lo stesso proposte, mentre il denunciato vizio di violazione della regola dell’anonimato, sollevato con i motivi aggiunti, va dichiarato irricevibile in quanto tardivamente proposto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, previa parziale compensazione, come da dispositivo.

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