TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2011-01-28, n. 201100798
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N. 00798/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01816/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1816 del 2010, proposto da
COOPERATIVA ITACA A R.L., in persona del legale rappresentante p.t, elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 10 presso lo studio dell’avv. M L che la rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21 presso la sede dell’avvocatura comunale e rappresentato e difeso nel presente giudizio dall’avv. S S
per l'annullamento
della determinazione dirigenziale n. 3207 del 10.11.2009 con cui il Comune di Roma ha ordinato la demolizione delle opere ivi indicate;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2010 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato l’08/02/10 e depositato il 28/02/10 la società Cooperativa Itaca a r.l. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 3207 del 10/11/09 con cui il Comune di Roma ha ingiunto alla ricorrente di demolire le opere ivi indicate.
Il Comune di Roma, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 02/03/10, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 1258/10 del 18 marzo 2010 il Tribunale ha parzialmente accolto l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente.
All’udienza pubblica del 21 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
La società Cooperativa Itaca a r.l. impugna la determinazione dirigenziale n. 3207 del 10/11/09 con cui il Comune di Roma ha ingiunto alla ricorrente di demolire le opere ivi indicate e consistenti in 32 bungalows con struttura in legno e poggianti su blocchetti di tufo, 34 bungalows in lamiera coibentata poggianti su ruote, 2 bungalows in lamiera coibentata poggianti su tufo, 6 bungalows con struttura in legno destinati ad assistenza alloggiativa, area verandata in legno di dimensioni di mt. 8,20 x 2,60, tamponatura di tettoie con creazione di due superfici di dimensioni rispettivamente di 75 mq. e 180 mq. ed area destinata a sala da ballo completamente tamponata e di superficie di 50 mq..
Con la prima censura la ricorrente prospetta l’illegittimità dell’atto impugnato, nella parte in cui concerne la demolizione dei bungalows, per violazione degli artt. 3 comma 9 l. n. 99/09, 23 e ss. l. r. n. 13/07, 6 del regolamento regionale n. 17 del 24/10/08 e 21 l. r. n. 15/08 in quanto la sanzione demolitoria sarebbe stata emessa sull’erroneo presupposto della necessità del permesso di costruire, per la realizzazione dei manufatti in esame, in realtà superfluo sulla base della normativa regionale citata.
Il motivo è infondato.
Va, innanzi tutto, rilevato che, ai fini della valutazione della fondatezza del ricorso, non può tenersi conto dell’art. 3 comma 9 della legge n. 99/09, secondo cui, “al fine di garantire migliori condizioni di competitività sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, nelle strutture turistico-ricettive all'aperto, le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, anche se collocati permanentemente, per l'esercizio dell'attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purchè ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali, non costituiscono in alcun caso attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici”.
La norma in esame, infatti, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 278 del 23 giugno 2010 per violazione dell’art. 117 comma 3° della Costituzione in quanto la disposizione viola il riparto di competenze in materia di “governo del territorio” avendo ad oggetto una disciplina di dettaglio da ritenersi di pertinenza esclusiva delle Regioni, residuando allo Stato l’individuazione dei soli principi della materia.
Nella motivazione della sentenza la Consulta ha, tra l’altro, evidenziato che “la realizzazione di strutture mobili è espressamente disciplinata dal legislatore statale, che, all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, qualificando come «interventi di nuova costruzione» gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, specifica, al punto e.5), che comunque devono considerarsi tali «l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee»… In sostanza, la normativa statale sancisce il principio per cui ogni trasformazione permanente del territorio necessita di titolo abilitativo e ciò anche ove si tratti di strutture mobili allorché esse non abbiano carattere precario. Il discrimine tra necessità o meno di titolo abilitativo è data dal duplice elemento: precarietà oggettiva dell’intervento, in base alle tipologie dei materiali utilizzati, e precarietà funzionale, in quanto caratterizzata dalla temporaneità dello stesso”.
Dalla sentenza in questione, pertanto, emerge che la definizione degli interventi edilizi, prevista dall’art. 3 d.p.r. n. 380/01, costituisce disposizione che, nell’ambito della disciplina costituzionale delle materie oggetto di potestà legislativa concorrente, quale è quella del “governo del territorio” nel cui ambito rientra l’edilizia, può essere definita “di principio” e, come tale, risulta di pertinenza esclusiva dello Stato e vincola la potestà legislativa delle Regioni a statuto ordinario.
In questo senso, del resto, si è espressa in più occasioni la giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia – Milano n. 153/09;TAR Liguria n. 1292/09;TAR Abruzzo – Pescara n. 185/05) in quanto l’art. 3 d.p.r. n. 380/01 e la correlata definizione degli interventi edilizi costituisce l’architrave del sistema di vigilanza e repressione stabilito dalla normativa vigente.
Come già evidenziato, l’art. 3 lettera e.5 d.p.r. n. 380/01, nel definire “nuove costruzioni”, “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” dà rilevanza, ai fini dell’inclusione nella categoria, alla temporaneità o meno dell’esigenza che il bene è destinato a soddisfare.
In quest’ottica, la precarietà del manufatto, che ne esclude la rilevanza edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall'uso al quale il bene è destinato, e va, dunque, valutata alla luce della obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell'opera, a nulla rilevando la temporanea destinazione data alla stessa dai proprietari (Cons. Stato sez. IV n. 3029/09;Cons. Stato sez. VI n. 5191/08;Cons. Stato sez. IV n. 6615/07).
Ciò posto deve, allora, ritenersi che i bungalows destinati all’esercizio dell'attività turistico – ricettiva, indicati nell’ordinanza di demolizione, necessitano del permesso di costruire in quanto, per la non temporaneità dell’uso cui gli stessi sono adibiti, rientrano nella nozione di “nuova costruzione” prevista dall’art. 3 lettera e.5 d.p.r. n. 380/01.
Né nella fattispecie la necessità del titolo abilitativo in esame è esclusa dalla normativa regionale indicata dal ricorrente.
In particolare, la società cooperativa invoca gli artt. 23 l.r. n. 13/2007, secondo cui “nelle strutture ricettive all'aria aperta oltre ai servizi è consentita l'installazione di strutture non permanentemente infisse al suolo e di facile rimozione quali tende, caravan, roulotte, case mobili, maxicaravan e bungalow….L'individuazione e le caratteristiche delle singole strutture ricettive sono stabilite nei regolamenti regionali di cui all'articolo 56”, e 6 del regolamento della Regione Lazio n. 18 del 24 ottobre 2008, secondo cui “1. I campeggi ed i villaggi turistici dispongono delle seguenti unità abitative mobili e installazioni:
a) bungalows realizzati con sistemi di fabbricazione leggera e costituiti da superficie interna utile compresa tra 20 e 40 metri quadri. L'installazione dei bungalows è soggetta a dichiarazione di inizio attività (DIA), nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti;
b) tende, roulotte, caravan, maxicaravan, case mobili, ovvero manufatti non permanentemente infissi al suolo, che mantengono i sistemi di rotazione in funzione, ed hanno gli allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e le pertinenze rimovibili in ogni momento;
c) preingressi dei mezzi mobili di pernottamento, costituiti da installazioni quali verande o coperture con mera funzione di protezione e soggiorno diurno delle persone…;
d) cucinotti, costituiti da installazioni di materiale leggero e removibile…Le strutture di cui alle lettere b), c) e d) non sono soggette a permessi di costruzione, DIA o altro titolo abilitativo edilizio”.
La normativa regionale ora indicata, infatti, è applicabile solo alle strutture turistico-ricettive che abbiano regolarmente conseguito l’autorizzazione comunale all’esercizio dell’attività prevista dall’art. 26 l.r. n. 13/07.
Tale autorizzazione ha ad oggetto, tra l’altro, anche la consistenza edilizia della struttura come si evince dal riferimento, presente nella norma in esame, alla necessità che l’autorizzazione stessa contenga le indicazioni relative alla classificazione assegnata e alla capacità ricettiva indiscutibilmente connesse anche alla volumetria edilizia ivi realizzata.
Ne consegue che la disciplina dell’installazione dei manufatti “leggeri”, prevista dalla l.r. n. 13/07 e dal regolamento n. 18/08, presuppone la rituale autorizzazione della struttura ricettiva anche in riferimento alla consistenza edilizia degli interventi, ivi realizzati, il che non è accaduto nella fattispecie in cui l’attività non risulta regolarmente assentita ai sensi della legge regionale citata essendo presente in atti solo l’atto di transazione avente ad oggetto la concessione dell’area.
In ogni caso la normativa regionale menzionata, allorché disciplina come sostanzialmente “libera” l’installazione di “tende, roulotte, caravan, maxicaravan, case mobili, ovvero manufatti non permanentemente infissi al suolo” ed assoggetta a d.i.a. l’installazione di bungalows nelle strutture turistico-ricettive (art. 6 reg. 18/08) non appare coerente con l’art. 3 d.p.r. n. 380/01, costituente norma di principio di competenza del legislatore statale e, come tale, vincolante per le Regioni, contrastando con quest’ultima nella parte in cui la stessa individua, come elemento discriminante della rilevanza edilizia o meno dell’intervento, la stabilità dell’uso cui il bene è destinato.
Ne consegue, pertanto, che, il regolamento della Regione Lazio n. 18/2008 è illegittimo per contrasto con l’art. 3 d.p.r. n. 380/01 e deve essere disapplicato.
La legge regionale n. 13/2007, nella parte in cui consente “l'installazione di strutture non permanentemente infisse al suolo e di facile rimozione quali tende, caravan, roulotte, case mobili, maxicaravan e bungalow….” (art. 23 comma 6), deve, poi, essere interpretata in senso costituzionalmente orientato e, quindi, nel senso che tale installazione deve essere coerente con i principi di cui agli artt. 3 e 10 d.p.r. n. 380/01 con conseguente necessità, allorché ricorrano i presupposti ivi previsti (come accade nella fattispecie), di conseguire il permesso di costruire per la realizzazione dell’intervento.
Con la seconda censura la ricorrente impugna l’art. 21 l.r. n. 15/08 perché nella fattispecie il Comune avrebbe applicato una sanzione prevista solo dal d.p.r. n. 380/01 che sarebbe entrato in vigore dopo la realizzazione dei manufatti contestati da ritenersi, pertanto, ratione temporis, svincolati da ogni onere abilitativo in virtù del regime previsto dalla l. r. n. 59/85.
Il motivo è infondato in quanto la ricorrente, benché gravata dal relativo onere, non ha fornito prova alcuna della realizzazione dei manufatti in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.p.r. n. 380/01.
Parimenti inaccoglibile è la terza censura con cui si lamenta la violazione dell’art. 21 l.r n. 15/08 per incongruità del termine (30 giorni) assegnato per la demolizione.
Ed, infatti, il termine assegnato è coerente con la dedotta facile amovibilità delle opere e l’interesse al ripristino dello stato dei luoghi seriamente pregiudicato dagli interventi contestati.
Il ricorso è, altresì, inaccoglibile nella parte in cui concerne le opere, indicate nel provvedimento impugnato, diverse dai bungalows (area verandata in legno di dimensioni di mt. 8,20 x 2,60, tamponatura di tettoie con creazione di due superfici di dimensioni rispettivamente di 75 mq. e 180 mq., area destinata a sala da ballo completamente tamponata e di superficie di 50 mq.).
Ed, infatti, benché nell’epigrafe del ricorso e nelle conclusioni dello stesso sia chiesto l’annullamento integrale della determinazione dirigenziale n. 3207 del 10/11/09, nel corpo dell’atto introduttivo (pag. 11) si specifica che “le contestazioni mosse dal Comune in proposito non risultano oggetto della presente impugnativa” in quanto per le stesse è stata presentata in data 09/04/09 istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.p.r. n. 380/01.