TAR Brescia, sez. I, sentenza 2019-08-20, n. 201900748

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2019-08-20, n. 201900748
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201900748
Data del deposito : 20 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/08/2019

N. 00748/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01057/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1057 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da Mantovagricoltura di Burato Fernando &
C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Brescia, via A. Diaz n. 13/C;

contro

Provincia di Mantova, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E P R e L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria di questo Tribunale in Brescia, via C. Zima, n. 3;

per l'annullamento

- dell'atto senza data, notificato il 5 novembre 2018, a firma del Responsabile del Servizio Inquinamento e Rifiuti – SIN – AIA della Provincia di Mantova, avente ad oggetto “ Avvio procedimento di annullamento in autotutela dell'atto dirigenziale n. PD/763 del 29/06/2018 per la parte che disciplina e regolamenta l'attività di recupero rifiuti inerti (operazione R5) – Sospensione e contestuale riapertura del procedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale – artt. 21 quater, 14 quater comma 2 e 21 nonies l. 241/90 – Indizione nuova conferenza di servizi ”;

- dell'atto dirigenziale n. PD/1304 del 15 novembre 2018, con il quale la Provincia di Mantova ha imposto alla ricorrente gli adempimenti in esso specificati ed ha ordinato la chiusura dell'installazione della ricorrente presso FAMAC nonché presso il sito produttivo della medesima, in Rodigo, Via Malpensa, relativamente all'intera attività di recupero di rifiuti inerti non pericolosi, operazione classificata R5 nell'Allegato C alla Parte Quarta del d.Lgs. 152/2006;

nonché

per il risarcimento del danno ingiusto arrecato alla ricorrente dai provvedimenti impugnati.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Mantova;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2019 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Mantovagricoltura S.n.c. opera due diverse attività di trattamento rifiuti nel proprio impianto produttivo in Rodigo (MN), via Malpensa: lo smaltimento e il riciclaggio di carcasse e residui di animali ai fini della produzione di fertilizzanti (operazione classificata R3 nell’Allegato C alla Parte Quarta del d.lgs. n. 152/2006) ed il recupero di inerti destinati all’edilizia (classificati R5 e R13).



2. Tra il 2011 ed il 2016 l’odierna ricorrente ha inoltre fornito due prodotti risultanti dall’attività di recupero inerti a FAMAC S.r.l., società con sede anch’essa in Rodigo, collocando presso il relativo stabilimento, in via Settefrati, un macchinario di vaglio mobile dei prodotti conferiti, atto a dividerli a seconda delle caratteristiche granulometriche ed agevolare la conseguente attività di produzione di materiali in calcestruzzo.



3. Nel 2007 le due linee di produzione presenti all’interno dello stabilimento della ricorrente sono state autorizzate dalla Regione Lombardia con Autorizzazione Integrata Ambientale (decreto dirigenziale n. 9004 del 6 agosto 2007), che negli anni successivi è stata modificata e integrata, in relazione al progressivo ampliamento dei cicli produttivi e al loro costante adeguamento. Da ultimo il titolo autorizzativo è stato confermato dalla Provincia di Mantova, subentrata nella competenza alla Regione, con atto dirigenziale n. 21/12 del 30 gennaio 2013, avente ad oggetto “Rinnovo e modifica non sostanziale” dell’A.I.A.



4. Fin dal primo rilascio dell’A.I.A. il recupero dei rifiuti di origine animale era qualificato I.P.P.C. ( Integrated Pollution Prevention and Control ), ovvero come attività con elevato potenziale di inquinamento, mentre la seconda linea di produzione era qualificata come non I.P.P.C. fino al d.lgs. 46/2014, che ha compreso ex novo nell’allegato VIII della parte II del d.lgs. 152/2006 una parte del recupero inerti, ovvero il trattamento di scorie e ceneri (previsto al punto 5.3, lett. b) n. 3).



5. Nel maggio 2014 l’esponente ha chiesto alla Provincia il rinnovo dell’autorizzazione integrata in ragione di alcune modifiche introdotte nel processo produttivo;
contestualmente l’amministrazione resistente ha avviato un procedimento di riesame dell’A.I.A. ai sensi dell’articolo 29 octies del d.lgs.152/2006.



6. Nel frattempo, nell’ambito del procedimento penale per gestione abusiva di rifiuti presso il sito di proprietà della società FAMAC e di attività non autorizzata di trattamento scorie e ceneri presso lo stabilimento sede della società esponente, l’Autorità giudiziaria ordinaria ha disposto il sequestro preventivo e, quindi, la confisca dell’impianto di miscelazione presso il sito FAMAC e delle aree di proprietà di detta società in via Settefrati ove erano state realizzate le discariche ritenute abusive, nonché dei macchinari esistenti presso la sede di Mantovagricoltura per il trattamento di scorie e ceneri pesanti e dei cumuli di tale materiale ivi presenti.



7. Detto provvedimento cautelare nel febbraio 2018 è stato revocato per la parte relativa ai macchinari e ai materiali presenti presso il sito produttivo della società ricorrente dal Tribunale del Riesame di Mantova, il quale ha ritenuto che Mantovagricoltura fosse abilitata al trattamento di scorie e ceneri di fusione in forza dell’A.I.A. rilasciatale nel 2013 e non fosse, quindi, tenuta a richiedere una nuova autorizzazione. Alla luce di tale pronuncia la Provincia, il 29 giugno 2018, ha concluso il procedimento di rinnovo e riesame rilasciando alla ricorrente l’AIA 2018.



8. La sentenza del Tribunale del riesame è stata peraltro annullata con rinvio dalla III sezione della Corte di Cassazione, che ha considerato il provvedimento di rinnovo dell’AIA del 2013 -emesso in vigenza del regime antecedente il d.lgs. 46/2014- quale titolo inidoneo ad autorizzare le attività di recupero di inerti comportanti il trattamento di scorie e ceneri pesanti (I.P.P.C.), ritenendo invece necessaria, in applicazione della disciplina transitoria recata dall’articolo 29, comma 2 del predetto decreto legislativo, la presentazione da parte della società di una domanda di adeguamento agli standard imposti dalla nuova normativa, in quanto fondata su presupposti e disciplina diversi. (Cass.pen. sez. III, 21 agosto 2018, n. 38753). Lamenta la ricorrente che al momento della decisione, intervenuta il 9 luglio 2018, la Corte non era a conoscenza del rinnovo dell’autorizzazione, disposto con atto dirigenziale PD/763 del 29 giugno 2018, che non era stato prodotto in giudizio.



9. Con successiva ordinanza n. 35/18 il Tribunale di Mantova, quale giudice del rinvio, ha confermato il sequestro preventivo dei macchinari impiegati dall’esponente per il trattamento di scorie e ceneri.

10. Alla luce di tali pronunce, con atto prot. 45453 del 5/11/2018 la provincia di Mantova ha disposto la sospensione dell’esecuzione e dell’efficacia dell’AIA n. 763/2018 ed ha riaperto il procedimento di riesame dell’autorizzazione precedente, ai fini dell’assunzione delle determinazioni ai sensi dell’art. 21- nonies della legge 241/1990 (annullamento d’ufficio);
con successivo atto dirigenziale n. 1304 del 15/11/2018 ha contestato alla società ricorrente di aver operato un trattamento di rifiuti in assenza di autorizzazione presso il sito di proprietà di FA.MA.C, diffidandola ai sensi dell’art. 29 decies comma 9 TUA alla chiusura dell’installazione ivi collocata, nonché all’interruzione dell’attività di recupero rifiuti R5 presso il proprio stabilimento. L’amministrazione ha imposto inoltre alla ricorrente -ai sensi dell’art. 242 del TUA- di adottare le necessarie misure di messa in sicurezza in emergenza del sito FAMAC e altri adempimenti ai fini del ripristino dell’area (presentazione agli enti interessati -per la preventiva approvazione- di un piano di rimozione e avvio a recupero/smaltimento in idoneo impianto dei rifiuti conferiti presso il sito FAMAC, attualmente ivi depositati/interrati nel suolo/sottosuolo;
trasmissione della caratterizzazione analitica dei rifiuti attualmente depositati nell’area della ditta FAMAC;
presentazione agli enti interessati per la preventiva approvazione- di un piano di investigazione finalizzato a valutare le matrici suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee per individuare eventuali contaminazioni derivanti dagli stoccaggi di rifiuti ivi presenti;
presentazione a tutti gli enti interessati di una relazione tecnico descrittiva circa gli aspetti gestionali connessi all’attività di deposito e lavorazione già svolte presso il sito FAMAC affinché si adottino le azioni correttive necessarie a garantire i requisiti normativi e tecnici necessari alla protezione della salute e dell’ambiente).

11. I due atti (sospensione AIA 2018 e diffida) sono stati impugnati con ricorso depositato in data 3 dicembre 2018, affidato ai seguenti motivi:

I. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto e difetto di istruttoria . Secondo la ricorrente la Provincia avrebbe adottato le censurate determinazioni senza un’adeguata istruttoria, unicamente sulla base di provvedimenti giurisdizionali privi di valenza probatoria perché assunti in sede meramente cautelare e non ancora definitivi, atteso che l’ordinanza n. 35/18 adottata in sede di rinvio dal Tribunale del riesame di Mantova è stata impugnata con ricorso pendente avanti la S.C. di Cassazione.

II. Violazione dell’art. 21 quater della L. n. 241/90 e dell’art. 29 decies, comma 9 del D. lgs. n. 152/2006, con riferimento al disposto di cui all’art. 29 ter e/o 29 octies del medesimo decreto. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto . La società esponente contesta l’interpretazione della terza sezione della Corte di Cassazione (n. 38753/2018), secondo la quale per l’attività di trattamento di scorie e ceneri pesanti sarebbe necessaria, all’indomani dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 46/2014, una nuova AIA rilasciata ai sensi dell’art. 29 ter del d.lgs. n. 152/2006;
evidenzia al riguardo che l’atto dirigenziale n. PD/763 del 29 giugno 2018 è stato adottato sia ai sensi dell’art. 29 octies , comma 4, lett. d) sia ai sensi dell’art. 29 ter del d.lgs. 152/2006 e all’esito di un’istruttoria che ha riguardato espressamente anche l’attività di trattamento di scorie e ceneri, attualmente classificata I.P.P.C.

III. Violazione dell’art. 21 quater della L. n. 241/90 e dell’art. 29 decies, comma 9 del D. lgs. n. 152/2006 in relazione agli artt. 29 ter e ss. e 29 octies dello stesso D. lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, contraddittorietà ed illogicità. Mantovagricoltura eccepisce che l’attività R5 non implicante il trattamento di scorie e ceneri pesanti non è qualificabile come attività I.P.P.C. e che quindi l’AIA 21/12 del 2013 relativa a detta attività sarebbe pienamente valida ed efficace, in quanto mai annullata né sospesa e oggetto di aggiornamento normativo con l’atto dirigenziale n. PD/1706 del 24 ottobre 2014. Ne consegue l’illegittimità della determinazione che impone la chiusura dell’intero impianto di trattamento rifiuti inerti.

IV. Violazione dell’art. 21 quater della L. n. 241/90 e dell’art. 29 decies, comma 9, lett. d) del D. lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, illogicità, incongruità e difetto assoluto di motivazione. Denuncia l’esponente che l’atto di diffida del 15 novembre 2018 sarebbe stato adottato in violazione dei presupposti previsti dall’articolo 21 quater della legge n. 241/90 (sospensione dell’efficacia o dell'esecuzione dei provvedimenti amministrativi) e dall’articolo 29 decies , comma 9, lett. d) del d.lgs. n. 152/2006 (esercizio in assenza di autorizzazione), attesa da un lato l’assenza di gravi ragioni legittimanti l’adozione di un provvedimento di natura cautelare, dall’altro l’insussistenza della condizione legittimante la chiusura dell’impianto, atteso che il titolo autorizzativo, quanto meno con riferimento all’attività R5 non I.P.P.C., esiste ed è pienamente efficace e che i provvedimenti giurisdizionali adottati in sede penale si riferiscono alla sola attività di trattamento di scorie e ceneri pesanti.

V. Violazione dell’art. 21 quater della L. n. 241/90 e dell’art. 29 decies, comma 9, lett. d) del D.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, illogicità, incongruità e difetto assoluto di motivazione . L’adozione delle misure inibitorie dell’intera attività R5 non I.P.P.C. risulterebbe illegittima anche ove fondata sulla supposta connessione tecnica tra l’attività R5 di recupero inerti non I.P.P.C. e l’attività I.P.P.C. di trattamento di scorie e ceneri, che la ricorrente ritiene non configurabile e che ritiene esclusa dalla stessa terza sezione della Cassazione, secondo cui “ se l’AIA è richiesta per le installazioni che svolgono le attività descritte nell’Allegato VIII (art. 6, comma 13) e se tra le installazioni rientra qualsiasi altra attività accessoria, che sia tecnicamente connessa con le attività svolte e possa influire sulle emissioni e sull’inquinamento, è evidente che tale connessione non può che riferirsi comunque ad attività comprese tra quelle elencate nel suddetto allegato e non anche riferibili ad altre attività eventualmente svolte nel medesimo insediamento (…)”.

VI. Illegittimità sotto vari profili dell’atto dirigenziale n. PD/1304 del 15.11.2018 con specifico riferimento a quanto in esso disposto a carico della ricorrente in relazione al sito produttivo della società FAMAC s.r.l. Violazione dell’art. 29, decies, comma 9 del D. lgs. n. 152/ 2016. Eccesso di potere. La ricorrente contesta la legittimità dell’atto di diffida sostenendo che le attività da essa condotte sul sito produttivo di FAMAC s.r.l. erano limitate alla mera vagliatura del prodotto e quindi non erano soggette ad autorizzazione. Sottolinea, inoltre, come gli adempimenti imposti dall’amministrazione in relazione a tale area non solo non le competono ma sono anche inesigibili, non essendo proprietaria del sito e non avendo titolo per accedervi né per operare al suo interno.

VII. Illegittimità dell’atto dirigenziale n. PD/1304 del 15.11.2018 per violazione dell’art. 29 decies, comma 9 del d.lgs. n. 152/2006 e per eccesso di potere, nella parte in cui ordina la chiusura dell’impianto di trattamento di inerti R5, in essere presso il sito della ricorrente in Rodigo, Via Malpensa, come conseguenza dell’attività svolta dalla medesima presso il sito produttivo della società FAMAC s.r.l. Lamenta l’esponente l’illegittimità della sanzione della chiusura del proprio impianto produttivo per l’intera attività R5, rilevando che, anche ove fosse realmente configurabile un’attività non autorizzata di trattamento rifiuti presso il sito FAMAC, ciò non legittimerebbe comunque l’amministrazione alla chiusura di un impianto diverso e regolarmente autorizzato, il cui esercizio nulla ha a che fare con le attività svolte presso detta area.

12. Con motivi aggiunti depositati in data 27 dicembre 2018 la società ricorrente ha sollevato inoltre le seguenti ulteriori doglianze avverso gli atti gravati:

VIII Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, contraddittorietà e illogicità . I provvedimenti impugnati, investendo l’intera attività R5, si porrebbero in contrasto con il sequestro preventivo disposto dal giudice penale, che ha riguardato solo una parte dei macchinari, ovvero quelli utilizzati per il recupero di materiali inerti, sul presupposto della scindibilità dell’attività di recupero scorie e ceneri dalla restante attività di recupero inerti. Evidenzia -infatti- che presso il suo sito produttivo risultano autorizzate due distinte linee produttive di trattamento di rifiuti inerti R5 e due distinte aree di stoccaggio e messa in riserva dei medesimi, recanti il codice R13, nonché due ulteriori impianti impiegati nell’attività di post-produzione, successiva al processo di trattamento di rifiuti inerti R5. Solo la prima delle linee produttive è stata oggetto di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, nell’ambito del procedimento penale, mentre non sono state sequestrate né la seconda linea produttiva, né le aree di stoccaggio o gli impianti di post-produzione.

IX Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, contraddittorietà e illogicità. La diffida di cui al provvedimento n. PD/1304 del 15/11/2018 risulterebbe viziata per eccesso di potere per falso presupposto di fatto, in quanto il materiale rinvenuto presso il sito FAMAC dalle analisi ARPA non conterrebbe rifiuti pericolosi e tutte le sostanze ivi rinvenute nel suolo e nel sottosuolo presenterebbero concentrazioni largamente inferiori ai limiti della colonna B, Tabella 1, di cui all’Allegato 5 della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 e, di conseguenza, non sussisterebbe pericolo alcuno di contaminazione dei corpi idrici sotterranei.

X. Violazione e falsa applicazione dell’art. 29 decies, comma 9 del D. lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per falso presupposto di fatto, contraddittorietà e illogicità . Il provvedimento di diffida sarebbe infine illogico e contraddittorio, oltre che fondato su presupposti errati, perché impone la caratterizzazione analitica del materiale e la redazione di un conseguente piano di investigazione, quando dette indagini sono già state effettuate da organi pubblici e poste a fondamento del provvedimento impugnato.

13. Con ordinanza cautelare n. 7 di data 17 gennaio 2019 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo insussistente il necessario fumus di fondatezza del ricorso “ alla luce del provvedimento inibitorio già disposto dall’A.G.O. e in considerazione dei rilievi formulati dall’amministrazione resistente in merito alla qualificazione dell’intera attività di recupero inerti R5 come attività IPPC, che appaiono supportati sia dal dato normativo che da quello fattuale .”

14. La V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 1328 di data 15 marzo 2019, ha accolto l’appello cautelare “ ai soli fini della sollecita trattazione del merito da parte del TAR, ferma restando l’esecutività dell’ordinanza impugnata ”, ritenuto che “ le questioni poste con l’appello – in particolare quelle relativa alla possibilità di scindere, nell’ambito del processo produttivo descritto dall’AIA attualmente in fase di riesame – l’attività di recupero di inerti da quella di trattamento di scorie e ceneri – meritano adeguato e sollecito approfondimento nel merito ”.

15. L’udienza pubblica è stata fissata per il 10 luglio 2019.

16. Nel frattempo è intervenuta la pronuncia della Corte di Cassazione sul secondo ricorso presentato dalla ricorrente avverso la conferma del sequestro preventivo pronunciata dal Tribunale del Riesame in sede di rinvio;
il gravame è stato rigettato con sentenza della Cassazione Sez. IV, 6 maggio 2019, n. 18835.

17. All’esito dell’udienza pubblica del 10 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

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