TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-02-26, n. 202403811

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-02-26, n. 202403811
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403811
Data del deposito : 26 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2024

N. 03811/2024 REG.PROV.COLL.

N. 16764/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16764 del 2023, proposto da
Consorzio Leonardo Servizi e Lavori “Società Cooperativa Consortile Stabile”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M O, A F, M V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Acapo Società Cooperativa Sociale Integrata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Rapisarda, Anna Emanuela Paolillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Transcom Worldwide Italy S.p.a., 3G S.p.a., Nethex Care S.p.a., non costituite in giudizio;

per l'annullamento:

ai sensi dell'art. 116, co. 2, c.p.a., degli artt. 10, 22 e ss. della l. n. 241/1990 e dell'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, del parziale diniego di accesso agli atti opposto dall'A.n.a.c. con le note del 13 e 14 novembre 2023, all'istanza di accesso avanzata dal ricorrente in data 27 ottobre 2023

e quindi per l'annullamento:

- della nota prot. n. 100980 del 13 novembre 2023, con cui è stato comunicato l'accoglimento parziale dell'istanza presentata dal Consorzio Leonardo in data 27 ottobre 2023 per l'accesso alla documentazione dei concorrenti che lo superano nella graduatoria della procedura indetta dall’A.n.a.c. per l'affidamento del servizio di contact center e centralino per un periodo di n. 36 mesi – CIG 974440488F;

- della nota prot. n. 0101509 del 14 novembre 2023 di accompagnamento alla trasmissione parziale della documentazione richiesta;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso ai precedenti ancorché non cognito,

nonché per la condanna

dell'A.n.a.c. ad esibire e fornire copia della documentazione dei controinteressati richiesta dal ricorrente con istanza di accesso agli atti del 27 ottobre 2023.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e di Acapo Società Cooperativa Sociale Integrata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2024 il dott. Dario Aragno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Consorzio ricorrente premette di aver partecipato alla procedura ristretta bandita dall’A.n.a.c. all’interno del Sistema Dinamico di Acquisizione della Pubblica Amministrazione, autorizzata con determina a contrarre n. 49782 del 26 giugno 2023, per l’affidamento del servizio di contact center e centralino per un periodo di 36 mesi, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e di essersi posizionato, all’esito della valutazione delle offerte tecniche ed economiche, al quarto posto in graduatoria. Espone di aver presentato, in data 27 ottobre 2023, istanza di accesso agli atti, con la quale ha chiesto alla stazione appaltante l’ostensione di tutta “la documentazione di gara” , ivi incluse le offerte tecniche dei concorrenti e i giustificativi resi in fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, alla quale, tuttavia, l’A.n.a.c. ha fornito, in data 13 novembre 2023, un riscontro solo parziale, per effetto degli estesi oscuramenti applicati all’offerta tecnica delle società ACapo, aggiudicataria, e Nethex Care, terza graduata.

2. Ritenendo il diniego opposto alla visione integrale della documentazione richiesta immotivato e lesivo del proprio qualificato interesse alla piena cognizione degli elementi di valutazione utilizzati dalla commissione di gara ai fini dell’assegnazione dei punteggi, ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale, eccependone l’illegittimità per i seguenti motivi:

I. violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 22 e 24, comma 7, della l. n. 241/1990. Violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 del d.lgs. n. 30/2005. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di motivazione, in quanto le esigenze di tutela della riservatezza e degli eventuali segreti tecnici e commerciali delle imprese controinteressate sarebbero recessive rispetto a quelle di difesa, alla luce anche della natura evidenziale della procedura selettiva, che implicherebbe un’implicita accettazione, da parte dei partecipanti, della priorità del principio di trasparenza su quello di riservatezza, nonché delle indicazioni rinvenibili nell’art. 36 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, che avrebbe optato per la completa divulgazione delle offerte agli operatori collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria. L’oscuramento di ampie parti delle offerte tecniche non sarebbe né giustificato, in ragione del criterio di aggiudicazione adottato, che valorizza anche elementi “tabellari”, né motivato, tenuto conto dell’assenza di qualsiasi prova circa l’esistenza di segreti tecnici e commerciali;

II. violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e ss. del d.lgs. n. 33/2013, in quanto il diniego si porrebbe in frontale contrasto con il principio di “accessibilità totale” delle informazioni concernenti l’uso delle risorse pubbliche riconosciuto dalla normativa “FOIA”.

3. Si sono costituite, in data 21 dicembre 2023, l’A.n.a.c., e, il 29 dello stesso mese, la società ACapo, che, con successive memorie, hanno articolato le rispettive difese.

3.1. L’A.n.a.c., in particolare, al fine di rivendicare la correttezza del proprio operato, ha: richiamato la copiosa documentazione ostesa, comprovata da ben nove invii e ampiamente sufficiente a consentire al ricorrente possibili iniziative giurisdizionali avverso l’aggiudicazione, dalla quale sarebbero state escluse solo alcune parti dell’offerta tecnica delle società ACapo e, in misura leggermente superiore, della Nethex Care;
confutato la tesi che l’oscuramento avrebbe riguardato la parte tabellare delle offerte, in quanto applicato soprattutto alle parti oggetto di valutazione discrezionale, sulle quali, tra l’altro, il sindacato del giudice amministrativo eventualmente adito dal ricorrente risulterebbe attenuato;
sostenuto di aver adeguatamente apprezzato le esigenze difensive del ricorrente mediante un uso accorto del potere di oscuramento, esercitato in misura significativamente inferiore rispetto alle richieste delle controinteressate;
evidenziato l’intento emulativo sotteso all’istanza di accesso, priva di qualsiasi principio di prova circa l’effettiva utilità di un’ostensione integrale della documentazione delle imprese concorrenti, tenuto conto anche dell’avvenuto decorso dei termini per impugnare l’aggiudicazione;
ricordato che l’accesso civico soggiace ai medesimi limiti vigenti per l’accesso documentale.

3.2. La Società ACapo ha, invece, eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza dell’interesse ad agire, determinato dalla mancanza di qualsiasi prova circa il nesso di “stretta indispensabilità” tra le parti di offerta non visionate e la difesa in giudizio, e, nel merito, l’infondatezza del ricorso, in quanto il ricorrente, che avrebbe avuto accesso a “una estesissima descrizione della organizzazione e della modalità di erogazione dei servizi principali ed opzionali oggetto di affidamento” , non potrebbe aspirare ad ottenere quelle parti dell’offerta tecnica che esprimono “la originalità ed esclusività del Progetto presentato” a tutela del know-how dell’impresa.

4. Con memoria di replica depositata il 26 gennaio 2024, il Consorzio ricorrente si è opposto: alla contestazione circa la presunta tardività del ricorso a causa dell’infruttuoso decorso dei termini per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che potrebbe “non verificarsi laddove risulti pendente un’istanza di accesso tempestivamente presentata e concretamente idonea a determinare una dilazione temporale, la quale si verifica nel caso in cui i motivi di ricorso conseguano effettivamente alla conoscenza dei documenti richiesti” , oltre che risultare irrilevante, tenuto conto che il diritto di difesa al quale l’accesso è servente non si esaurisce nella necessaria proposizione di un ricorso giurisdizionale;
all’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, che, invece, scaturirebbe dal suo utile collocamento in graduatoria (4° posto) e dal minimo scarto esistente tra i punteggi tecnici ottenuti dalle varie imprese partecipanti;
nel merito, alle censure concernenti la mancanza della prova del nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e le proprie esigenze di difesa, il cui soddisfacimento non potrebbe prescindere dalla conoscenza delle “modalità di attribuzione dei punteggi tecnici e dunque [del] complessivo operato della Commissione di gara” . Insiste, a sua volta, sulla mancata dimostrazione dell’esistenza di segreti tecnici e commerciali da parte delle controinteressate e sull’inidoneità delle parti di offerta alle quali ha avuto accesso a garantire un adeguato esercizio del diritto di difesa.

5. Alla camera di consiglio del 6 febbraio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’eccezione di carenza di interesse a ricorrere è infondata.

Secondo la società controinteressata, il difetto di interesse riposerebbe sia sulla mancata prova del rapporto di “stretta indispensabilità” tra la documentazione mancante e le censure avverso gli atti di gara, che sarebbe possibile articolare sulla base della documentazione già acquisita, sia sulla decadenza in cui è incorso il ricorrente ai fini dell’impugnazione dell’aggiudicazione.

Entrambi gli argomenti sono agevolmente superabili.

6.1. L’assolvimento dell’onere della prova circa l’utilità della visione integrale della documentazione di gara è oggetto di verifica, infatti, in una fase del giudizio che riguarda il merito della controversia, sul quale il giudice amministrativo è chiamato a pronunciarsi “a valle” del riscontro dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione. L’accertamento di tali requisiti si colloca in un momento cronologicamente (e logicamente) antecedente e sulla base di una valutazione astratta della posizione del ricorrente rispetto all’utilità che aspira a raggiungere.

Quanto, in particolare, all’interesse a ricorrere, il Consiglio di Stato ha autorevolmente chiarito che “Il codice del processo amministrativo fa più volte riferimento, direttamente o indirettamente, all’interesse a ricorrere: all’art. 35, primo comma, lett. b) e c), all’art. 34, comma 3, all’art. 13, comma 4-bis e, in modo più sfumato, all’art. 31, primo comma, sembrando confermare, con l’accentuazione della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e l’arricchimento delle tecniche di tutela, la necessità di una verifica delle condizioni dell’azione (più) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla base degli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali eccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo dall’accertamento effettivo della (sussistenza della situazione giuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito. Nel senso che, come è stato osservato, va verificato che “la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione” ma non anche che “abbia subito” una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite” (Cons. Stato, Ad. Pl., 9 dicembre 2021, n. 22).

Poiché il ricorrente risulta utilmente collocato al 4° posto della graduatoria finale predisposta dalla commissione giudicatrice e riportata nel verbale n. 8 dell’11 ottobre 2023, richiamato dalla determina di aggiudicazione n. 90659 del 13 ottobre 2023 e non ha ottenuto parte della documentazione richiesta con l’istanza di accesso, è evidentemente titolare di un interesse concreto e attuale a promuovere l’azione giurisdizionale per acquisire i documenti (o, comunque, quelle parti) di cui è stato negato l’invio.

6.2. Né l’interesse può dirsi sfumato perché sono decorsi i termini di cui all’art. 120, co.2, c.p.a. per la domanda di annullamento dell’aggiudicazione, comunicata con nota in data 16 ottobre 2023.

Rimanendo sul piano astratto proprio delle osservazioni in rito, occorre rammentare che l’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990, dedicato alle esclusioni dal diritto di accesso, nel disciplinare le eccezioni ai divieti di divulgazione di alcune categorie di documenti, menziona, oltre che le esigenze di difesa , anche quelle di cura dei propri interessi, idonee a ricomprendere, quindi, forme di tutela non necessariamente giurisdizionali o giustiziali, ma anche stragiudiziali. È stato, infatti, chiarito che l’accesso “difensivo” è “funzionale alla necessità dell’istante di «curare» (anche in sede pre- o stragiudiziale) o di «difendere» (in sede giudiziale) un bene-interesse giuridicamente rilevante oggetto della situazione giuridica soggettiva ‘finale’ asseritamente lesa” (Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2021, n. 1154).

La più ampia nozione di “cura” accanto a quella di “difesa” adottata dal legislatore non consente, pertanto, di attribuire all’accesso difensivo una funzione esclusivamente servente e propedeutica all’instaurazione di un giudizio, con conseguente sopravvivenza dell’interesse all’accesso anche dopo lo spirare del termine per la proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione della gara.

È stato, più nel dettaglio, osservato che “deve escludersi che la sopravvenuta perdita dell’azione giurisdizionale a difesa di quest’ultima (per l’inutile decorso dei termini per il suo esercizio) implichi, quale conseguenza automatica, la consumazione dell’attualità dell’interesse all’ostensione dei documenti che rivelano l’illegittimità del provvedimento rimasto inoppugnato, a fronte di strumenti di protezione diversi ed ulteriori rispetto al ricorso giurisdizionale (quali, ad esempio, la formulazione di istanze di riesame, la sollecitazione dell’esercizio di poteri di autotutela, la presentazione di esposti, all’indirizzo delle autorità preposte al controllo della regolarità dell’azione amministrativa in questione, contenenti la denuncia di eventuali violazioni emerse dall’accesso, la formalizzazione di pretese risarcitorie…” (Cons. Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5039).

7. Nel merito, il ricorso è, tuttavia, infondato.

La disciplina dell’accesso documentale agli atti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici è contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che, al comma 5, individua alcune deroghe al principio della generale accessibilità agli atti di gara, tra le quali, per quanto rileva in questa sede, quella di cui alla lettera a), che riguarda le “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali” , così offrendo una tutela rinforzata alle forme di proprietà industriale che le imprese mettono in gioco all’interno della procedura selettiva, ma onerando, contestualmente, gli operatori interessati di esporre le ragioni della speciale protezione richiesta per l’invocato segreto. Il comma 6, poi, similmente all’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990, prevede “un’eccezione all’eccezione”, riconoscendo una riespansione della conoscibilità dei dati, anche contenenti segreti tecnici e commerciale, allorché l’accesso a tali dati sia necessario “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” , così optando per una prevalenza del diritto di difesa dell’istante – stavolta, però, solo “in giudizio” – rispetto alla tutela del know-how delle altre imprese.

7.1. Mentre, infatti, la formulazione dell’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990 consente, a fronte delle più miti esigenze di riservatezza delle persone giuridiche a tutela di un interesse industriale o commerciale, che il richiedente l’accesso possa opporre quello alla mera cura dei propri interessi, l’art. 53, co. 6, del d.lgs. n. 50/2016, nel caso in cui sussistano le più pregnanti necessità di tutela del “segreto”, “cioè di un quid pluris rispetto alla mera “riservatezza” della documentazione oggetto dell’accesso” (Cons. Stato, Sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083), esige una giustificazione maggiormente qualificata, cioè la strumentalità dell’accesso alla difesa in giudizio.

7.2. In tale ipotesi, quindi, è onere: dell’istante, indicare e dimostrare l’esistenza del descritto nesso di strumentalità tra le informazioni richieste e la loro proficua spendibilità in giudizio;
delle imprese controinteressate, allegare e provare prevalenti esigenze di tutela del segreto.

La pubblica amministrazione che riceve l’istanza di accesso e l’opposizione dei controinteressati – ovvero, in caso di ricorso avverso le determinazioni assunte, il giudice amministrativo – deve verificare, pertanto, che i controinteressati abbiano (innanzitutto) allegato e, poi, provato fatti indicativi dei possibili pregiudizi arrecati ad uno dei beni immateriali di cui all’art. 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 98, dall’accoglimento dell’istanza di accesso, e che l’istante abbia, invece, quantomeno fornito un principio di prova circa l’utilità della documentazione alla difesa in giudizio dei propri interessi, “anche ricorrendo all’allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla “conoscenza” necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, nr. 1568)” (Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472, e, tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382).

7.3. É possibile, tuttavia, che la particolare struttura del disciplinare di gara avalli inferenze di tipo presuntivo circa la presenza nelle offerte di segreti tecnici e commerciali che attenuano l’onere probatorio concretamente richiesto ai controinteressati.

Nelle fattispecie, infatti, in cui la griglia di valutazione predisposta dalla stazione appaltante ai fini dell’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esalta, in termini di premialità, le abilità organizzative, gestionali e informatiche dei concorrenti, promuovendo un confronto sulla qualità dei progetti e l’originalità delle soluzioni proposte e richiedendo, quindi, agli operatori economici partecipanti un evidente sforzo inventivo e la correlata attività di investimento necessario a realizzarlo, la prova circa l’esistenza del segreto, almeno in quella parte dell’offerta tecnica in cui vengono illustrati gli aspetti più direttamente espressivi dell’identità dell’impresa, può ritenersi “alleggerita”, in quanto la partecipazione ad una procedura così impostata sollecita, inevitabilmente, in ogni partecipante la proposta di modelli rappresentativi del suo peculiare know-how . La motivazione a giustificazione della tutela del segreto tecnico e commerciale può essere, pertanto, tratta anche per relationem dalla consultazione dei documenti di gara, laddove i profili oggetto di scrutinio da parte della commissione giudicatrice identificano il tipo di informazioni aziendali che l’operatore economico rende visibili con la partecipazione alla competizione e, quindi, il livello di intrusione nei propri affari che subisce in caso di accesso.

Una lettura evolutiva della nozione di “segreto tecnico e commerciale” contenuta nell’art. 53, co.5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 (e, oggi, nell’art. 35, co.4, lett. a), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) non può non tener conto, da un lato, del valore patrimoniale ormai riconosciuto alla contigua categoria dei “dati personali” in ambito consumeristico (vds. art. 135- octies , co.4, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, introdotto dal d.lgs. 4 novembre 2021, n. 173, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/770) e, dall’altro, del rafforzamento della tutela del know-how per effetto del d.lgs. 11 maggio 2018, n. 63, di attuazione della Direttiva (UE) 2016/943, che ha, tra l’altro, sia previsto la fattispecie colposa dell’illecita acquisizione o utilizzazione dei segreti industriali sia arricchito gli strumenti di tutela processuale del segreto mediante l’attribuzione al giudice del potere di inibirne la divulgazione ad ogni soggetto a vario titolo coinvolto nel giudizio (vds. i nuovi artt. 99 e 121- ter del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30). Una puntuale ricostruzione della nozione di know-how è stata compiuta dalla Corte di Cassazione, che lo ha definito come quel “patrimonio cognitivo e organizzativo necessario per la costruzione, l'esercizio, la manutenzione di un apparato industriale (Sez. 5, n. 25008 del 18/05/2001, Rv. 219471). Ci si riferisce, con tale espressione, a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all'intero patrimonio di conoscenze di un'impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare all'impresa un vantaggio competitivo, e quindi un'aspettativa di un maggiore profitto economico. Si tratta di un patrimonio di conoscenze il cui valore economico è parametrato all'ammontare degli investimenti (spesso cospicui) richiesti per la sua acquisizione e al vantaggio concorrenziale che da esso deriva, in termini di minori costi futuri o maggiore appetibilità dei prodotti. Esso si traduce, in ultima analisi, nella capacità dell'impresa di restare sul mercato e far fronte alla concorrenza. L'informazione tutelata dalla norma in questione è, dunque, un'informazione dotata di un valore strategico per l'impresa, dalla cui tutela può dipendere la sopravvivenza stessa dell'impresa” (Cass. pen., Sez. V, 4 giugno 2020, n. 16975).

D’altra parte, nella trama del d.lgs. n. 50/2016, si rinvengono diverse disposizioni che chiamano la stazione appaltante a valutare “d’ufficio” i rischi per “i legittimi interessi commerciali” degli operatori economici o per la “leale concorrenza tra questi” connessi alla divulgazione di determinate informazioni (art. 76, co. 4, ma, nello stesso senso, vds. anche gli artt. 98, co.5, 153, co.2, nonché, nel vigente d.lgs. n. 36/2023, gli artt. 90, co.3, 111, co.5, 184, co.6), a dimostrazione della presenza, all’interno del sistema di tutela della riservatezza commerciale, di interessi che trascendono quelli, privati, del detentore, e assumono una connotazione pubblicistica, a garanzia della libertà di concorrenza.

7.4. Nella vicenda all’esame di questo Collegio, il ricorrente ha partecipato alla procedura per l’affidamento del servizio di contact center bandito dall’A.n.a.c., considerato “ad alta intensità di manodopera” e, quindi, aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. All’interno del Capitolato d’oneri allegato alla lettera d’invito, la stazione appaltante ha previsto l’attribuzione di un massimo di 70 punti all’offerta tecnica, sulla base di sub-criteri sia tabellari che discrezionali, questi ultimi previa valutazione di “una proposta tecnico-organizzativa”, contenuta in un’apposita “relazione tecnica” illustrativa, tra l’altro, del modello della struttura organizzativa, di gestione della forza lavoro, delle modalità di valutazione della customer satisfaction, di formazione del personale, di erogazione di servizi aggiuntivi e opzionali, di valutazione e controllo dei livelli e della qualità del servizio e delle soluzioni di sostenibilità ambientale.

Dal confronto tra la griglia di valutazione delle offerte tecniche contenuta nel capitolato d’oneri e lo schema di offerta tecnica che le imprese partecipanti erano chiamate a compilare, la conoscenza integrale delle informazioni riportate nei paragrafi A “organizzazione e modalità di erogazione dei servizi di governo” , C “formazione del personale” , D “organizzazione e modalità di erogazione dei servizi principali e opzionali” ed E “strumenti e funzionalità a supporto dell’erogazione dei servizi” appare idonea a rivelare, tramite una loro lettura “reticolare”, la precipua identità di un’impresa operante in quel settore e, quindi, quella “precisa configurazione e combinazione dei loro elementi” che consente di considerare “segrete” “le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali” , ai sensi dell’art. 98 del d.lgs. n. 30/2005, indipendentemente dalla natura “tabellare” o “discrezionale” della capacità professionale che il singolo dato esprime.

7.5. In un sistema definito “a doppia mandata” (Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382), in cui l’autorità (amministrativa o giudiziaria) investita dell’istanza di accesso deve contemporaneamente accertare l’interesse del richiedente e quello dell’opponente e stabilirne la rispettiva meritevolezza, l’indagine sulla posizione del primo si concentra, invece, sul grado di utilità che il “documento al quale è chiesto l'accesso” è in grado di portare a beneficio di “una situazione giuridicamente tutelata” , previo riscontro di un “collegamento” tra l’uno e l’altra (art. 22, co.1, lett. b), della legge n. 241/1990).

Nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, quando l’accesso interferisce con segreti tecnici o commerciali, cioè con beni dai quali dipende, come sopra ricordato, l’effettività della stessa libertà di iniziativa economica, riconosciuta dall’art. 41 della Costituzione, l’interesse del concorrente non aggiudicatario non ottiene una tutela assoluta e indiscriminata, ma subordinata all’esistenza di un rapporto di “stretta indispensabilità” tra l’accesso ai documenti contenenti segreti tecnici e commerciali e le sue esigenze difensive, nel senso che la mancata conoscenza dei primi deve paralizzare completamente le seconde.

Il Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione, ha, infatti, affermato che “L’eccezione di cui alla lett. a) è posta a tutela della riservatezza aziendale, al fine di evitare che gli operatori economici in diretta concorrenza si servano dell’accesso per acquisire informazioni riservate sul know-how del concorrente, costituenti segreti tecnici e commerciali, e ottenere così un indebito vantaggio e ha una natura assoluta perché, nel bilanciamento tra gli opposti interessi, il legislatore ha privilegiato quello, prevalente, della riservatezza, a tutela di un leale gioco concorrenziale, delle caratteristiche essenziali dell’offerta quali beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa (Cons. St., sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64), salva la necessità, per un altro concorrente, di difendersi in giudizio, unica eccezione all’eccezione ammessa (art. 53, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016 (Cons. Stato, Ad. Pl., 2 aprile 2020, n. 10).

Laddove il richiedente non provi, anche in via indiziaria, che non è possibile difendere i propri interessi se non con la disponibilità delle informazioni riservate, il presupposto in questione non può dirsi integrato, in quanto il pregiudizio inferto alla segretezza del know-how risulterebbe ingiustificato.

Conseguentemente, la giurisprudenza esclude che generici riferimenti “a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive” siano sufficienti per entrare in possesso del know-how altrui (Cons. Stato, Sez. V, ord. 24 gennaio 2023, n. 787). In tal caso, infatti, esisterebbe un chiaro segnale della natura “esplorativa” dell’accesso, che l’ordinamento non ammette, se non nei limiti dell’accesso civico, di cui si dirà infra.

7.6. Nel caso di specie, il Consorzio ricorrente non ha fornito neanche un principio di prova circa la propedeuticità della parte di documentazione non conosciuta all’esercizio del proprio diritto di difesa.

Se, infatti, il decorso dei termini per la proposizione della domanda di annullamento non vale a privare il ricorrente della legittimazione ed all’interesse ad agire, in quanto, come si è detto, sono astrattamente ipotizzabili forme alternative di tutela dei propri interessi, è anche vero che la decadenza in cui è incorso ai fini della contestazione dell’aggiudicazione aggrava l’onere di dimostrare, in concreto, l’utilità dell’accesso integrale alle offerte tecniche delle concorrenti rispetto alla dichiarata intenzione di difendersi, indicando, almeno a grandi linee, l’ipotesi di illegittimità o di errore in cui ritiene che sia incappata la commissione giudicatrice, per aver, ad esempio, acquisito aliunde indizi circa l’incapacità di un’impresa classificatasi in posizione migliore in graduatoria ad onorare proposte commerciali più competitive della propria.

L’istanza di accesso, con la quale il ricorrente ha richiesto indistintamente la trasmissione di tutta la documentazione della gara (verbali, documentazione amministrativa, copia delle offerte tecniche ed economiche “comprensiva di eventuali allegati” , documentazione probatoria del possesso dei requisiti di partecipazione, relazioni giustificative dell’anomalia dell’offerta, chiarimenti resi in fase di soccorso istruttorio), appare effettivamente preordinata a quel “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” che l’art. 24, co. 3, della legge n. 241/1990 intende sottrarre alle finalità legittimamente perseguibili con l’accesso documentale, in quanto intestato agli organi di controllo interno delle pubbliche amministrazioni, nonché al giudice contabile.

Non può ritenersi esaustivo dichiarare, nell’istanza, che “l’ostensione degli atti è certamente necessaria ed imprescindibile per la formulazione delle censure che si andranno a proporre nelle apposite sedi” ovvero esprimere, nel ricorso ex art. 116 c.p.a., l’intendimento di voler “contestare le modalità di attribuzione dei punteggi tecnici e dunque il complessivo operato della Commissione di gara” , in quanto si tratta di affermazioni che disvelano un uso improprio dell’accesso documentale. Tale strumento postula, infatti, richieste “mirate”, finalizzate a verificare la possibilità di un esito alternativo del procedimento evidenziale per effetto di una diversa valutazione delle offerte, che sia, però, suffragata pur sempre da “tracce” preesistenti rispetto alla domanda di accesso.

La genericità (e onnicomprensività) dell’istanza di accesso formulata recide, in conclusione, quel legame tra il documento e l’interesse che l’art. 22, co.1, lett. b), della legge n. 241/1990 eleva a condizione generale per l’esercizio del diritto di accesso, ancor di più al cospetto di segreti tecnici e commerciali.

7.7. Né convince la tesi che l’art. 36, co.2, del d.lgs. n. 36/2023, comunque non applicabile alla vicenda in esame, abbia rimosso ogni ostacolo alla conoscenza integrale delle reciproche offerte da parte delle imprese che occupano i primi cinque posti in graduatoria. La norma in questione si inserisce, infatti, all’interno di una più articolata disposizione che detta le regole procedimentali (e processuali) dell’istituto delineato dal nuovo codice dei contratti pubblici, imponendone una lettura sistematica, che armonizzi l’indubbia semplificazione procedimentale determinata dall’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione con un’invariata tutela dei segreti tecnici e commerciali, alla quale sono dedicati i successivi commi. L’accoglimento delle eventuali “richieste di oscuramento di parti delle offerte” produce, evidentemente, effetti nei confronti di tutti i concorrenti e, quindi, anche per i primi cinque in graduatoria, ancorché ciascuno di essi goda di un canale più veloce per l’accesso alla documentazione degli altri quattro, ma pur sempre “al netto” dei segreti tecnici e commerciali.

A ben vedere, il medesimo art. 36 richiamato dal ricorrente, all’ultimo comma, prevedendo che il dies a quo per impugnare l’aggiudicazione decorre “comunque” dalla comunicazione di cui all’art. 90, offre anche argomenti per un ridimensionamento dell’interesse all’accesso una volta che siano spirati i termini per contestare in giudizio l’aggiudicazione, così superando definitivamente la tesi, fatta propria dal ricorrente nella memoria di replica, che “la consumazione del termine decadenziale di impugnazione e il consolidamento degli atti di gestione della gara potrebbero non verificarsi laddove risulti pendente un’istanza di accesso tempestivamente presentata e concretamente idonea a determinare una dilazione temporale, la quale si verifica nel caso in cui i motivi di ricorso conseguano effettivamente alla conoscenza dei documenti richiesti” .

Non appaiono, pertanto, condivisibili interpretazioni atomistiche dei singoli commi, che restituiscono solo una visione parziale dell’istituto, dotato di una fisionomia ben più complessa.

8. La domanda non merita accoglimento neanche in applicazione della disciplina recata dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, a proposito del c.d. “accesso civico generalizzato”.

Il conferimento, da parte dell’art. 5, co.2, del decreto) della legittimazione alla proposizione della relativa istanza a “chiunque” , a prescindere dalla titolarità di un interesse, è compensato, infatti, da una minore capacità di penetrazione nella sfera riservata delle persone fisiche e giuridiche a garanzia dei loro “interessi economici e commerciali” (art. 5- bis , co. 2, lett. c), del decreto). La mancanza di ragioni lato sensu “difensive” determina un arretramento del diritto alla conoscenza rispetto a quello alla riservatezza, per cui l’esistenza di segreti tecnici e commerciali, che, nel caso di accesso documentale, esige un bilanciamento con il diritto di difesa, trova, dinanzi ad un’istanza di accesso civico generalizzato, piena tutela.

È stato osservato che “Il bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso previsto dalla l. n. 241 del 1990, dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti, e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità (se del caso, in relazione all’operatività dei limiti), ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità (e diffusione) di dati, documenti e informazioni” (Cons. Stato, Ad. Pl., 2 aprile 2020, n. 10).

I limiti già esaminati nell’esame della domanda di accesso documentale valgono, a fortiori , per l’accesso civico generalizzato;
le informazioni riservate contenute in quella parte delle offerte tecniche delle concorrenti alla quale il ricorrente vorrebbe avere accesso ostano, pertanto, anche all’accoglimento dell’istanza di cui all’art. 5, co.2, del d.lgs. n. 33/2013.

9. In conclusione, il ricorso è infondato e va rigettato.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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