TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2011-04-27, n. 201102312
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N. 02312/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04103/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4103/2008 proposto da C A, C A e C D, rappresentati e difesi dagli avvocati B T e P P, con i quali sono elettivamente domiciliati in Napoli, corso Umberto I n. 58;
contro
- il Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio di Napoli e provincia, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli nei cui uffici è
ope legis
domiciliato in Napoli via A. Diaz n. 11;
- il Comune di Lettere, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del decreto in data 12 dicembre 2007, con il quale è stata annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 5713 in data 26 ottobre 2007, rilasciata dal Comune di Lettere in favore del ricorrente per lo spostamento dell’antenna di Radio S. Anna, già esistente sul fondo sito in via Vergana di Porzio, nonché di ogni altro atto precedente, presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2011 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
CONSIDERATO, in via preliminare, che il presente gravame può essere deciso con “sentenza in forma semplificata”, ai sensi dell’art. 74 del codice del processo amministrativo;
CONSIDERATO, in punto di fatto, che:
- la Soprintendenza con l’impugnato decreto in data 12 dicembre 2007 ha annullato l’autorizzazione paesaggistica n. 5713 in data 26 ottobre 2007, rilasciata dal Comune di Lettere per lo spostamento dell’antenna di Radio S. Anna, già esistente sul fondo sito in via Vergana di Porzio, evidenziando in motivazione che «l’intervento ricade in Zona Territoriale 8 (parchi territoriali) del P.U.T. e in analoga Zona Territoriale del P.R.G. adeguato al P.U.T. Trattasi di realizzazione di un traliccio di altezza mt 20,00, su cui si prevede l’installazione di un’antenna per trasmissioni radiofoniche e la costruzione di un locale in muratura di mt 3,00 x mt 3,00, con altezza interna di mt 2,40, munito di porte in ferro. Sia il traliccio che il locale sono previsti alloggiati su platea di calcestruzzo di mt 5,50 x mt 5,50, spessore mt 0,50. L’opera si colloca in un vigneto con pergola di tipo tradizionale e per realizzare la stessa si prevede lo sbancamento del terreno per ospitare la platea e l’impianto di alberi da frutta non meglio specificati intorno al sito (il rendering rappresenta pini mediterranei). La C.E.I. ha espresso parere favorevole non motivando le ragioni della presunta compatibilità dell’opera con il contesto e con la vigente norma di zona del P.U.T.. Quest’ultimo, classificando l’area come Parco Territoriale (Zona Territoriale 8), vieta non solo qualsiasi opera edilizia, ma anche sbancamenti e modifiche del suolo. L’opera in questione, al di là del notevolissimo negativo impatto che introdurrebbe nel contesto, trova incompatibilità con la cogenza della norma di zona»;
- avverso il provvedimento impugnato i ricorrenti hanno dedotto quattro motivi incentrati: a) sulla violazione dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004 e dell’art. 7 della legge n. 241/1990, nonché su molteplici profili di eccesso di potere, in quanto la comunicazione relativa alla trasmissione degli atti alla Soprintendenza non è stata contestualmente inviata alla parte ricorrente, con conseguente lesione delle garanzie relative alla partecipazione al procedimento;b) sulla violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, nonché su molteplici profili di eccesso di potere, in quanto il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;c) sulla violazione degli articoli 146 e 159 del decreto legislativo n. 42/2004, nonché su molteplici profili di eccesso di potere in quanto nel caso in esame non si tratta di installare un impianto ex novo , bensì del semplice spostamento di un impianto già esistente, e il provvedimento impugnato si risolve in un illegittimo riesame nel merito, da parte della Soprintendenza, della valutazione di compatibilità paesaggistica svolta dall’Amministrazione comunale;d) sulla violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché su molteplici profili di eccesso di potere, in quanto la motivazione del provvedimento impugnato non indica compiutamente le ragioni dell’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, soprattutto perché non considera che il fondo di destinazione dell’impianto risulta particolarmente adatto alla sua installazione, ma addirittura che nelle immediate vicinanze (a soli 50 metri circa) è già ubicato un traliccio dell’Enel per il trasporto dell’energia elettrica;
CONSIDERATO innanzi tutto che risulta infondato il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 e dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004. Infatti, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale ( ex multis , T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2009, n. 2667;T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 27 luglio 2009, n. 1904), seguito anche da questa Sezione (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 11 febbraio 2011, n. 904), tale disposizione non trova applicazione nel procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, sia perché tale procedimento non è attivato su istanza di parte, bensì su richiesta dell’Amministrazione comunale che ha rilasciato l’autorizzazione, sia perché la comunicazione di cui all’art. 10-bis ha ad oggetto “i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, mentre la funzione esercitata dalla Soprintendenza nell’esercizio del potere di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento, bensì quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione comunale;
CONSIDERATO che parimenti infondati risultano il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con i quali viene dedotto che il provvedimento impugnato si risolve in un illegittimo riesame nel merito, da parte della Soprintendenza, della valutazione di compatibilità paesaggistica svolta dall’Amministrazione comunale. Infatti:
- si deve senz’altro convenire con i ricorrenti quando affermano che, secondo un consolidato orientamento, il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica attribuito alla Soprintendenza non può comportare un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’Ente locale, tale da consentire la sovrapposizione o la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un mero controllo di mera legittimità, ( ex multis , T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 19 febbraio 2009, n. 958). Tuttavia i ricorrenti omettono di evidenziare che il controllo di legittimità della Soprintendenza può riguardare anche tutti i possibili profili dell’eccesso di potere ( ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2003, n. 5099), ivi compresi il difetto di istruttoria ed il difetto di motivazione. Pertanto, posto che la funzione dell’autorizzazione non è quella di rimuovere il vincolo, ma di accertare in concreto la compatibilità dell’intervento prospettato con le imprescindibili esigenze di tutela e di conservazione dei valori ambientali e paesistici che costituiscono la ragion d’essere del vincolo stesso, l’annullamento dell’autorizzazione è giustificato quando la valutazione di compatibilità si traduce in una obiettiva deroga e, quindi, in un’autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento. Poste tali premesse e considerato che il rilascio dell’autorizzazione paesistica presuppone una valutazione complessa che prende le mosse dal vincolo e si conclude con un giudizio di compatibilità dell’intervento prospettato con il vincolo stesso, la giurisprudenza ha già avuto occasione di evidenziare che il provvedimento autorizzatorio deve essere corredato da un’analitica motivazione da cui si possa chiaramente evincere non solo che tale valutazione è stata effettuata, ma anche come è stata effettuata (T.A.R. Campania, Sez. VII 25 marzo 2011, n. 1777;Sez. IV, 10 dicembre 2004, n. 18694;27 gennaio 2004, n. 493). Tale considerazione si impone non solo in forza dell’art. 3 della legge n. 241/1990, ma soprattutto in ragione dell’estensione del sindacato sull’autorizzazione paesistica a tutti i vizi di legittimità, ivi compreso l’eccesso di potere. Pertanto un’autorizzazione paesistica priva di motivazione, o con una motivazione apodittica, o soltanto apparente può costituire uno dei sintomi da cui l’Autorità statale inferisce che il rilascio dell’autorizzazione in realtà si risolve in un’illegittima deroga rispetto al vincolo (T.A.R. Campania, Sez. IV, 19 novembre 2005, n. 19208);
- stante quanto precede e considerato, né dall’autorizzazione paesaggistica n. 5713 in data 26 ottobre 2007, né dal parere della C.E.I ivi richiamato, è possibile desumere le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comunale ad esprimere una valutazione di compatibilità sull’intervento di cui trattasi con il vincolo relativo alla zona ove lo stesso sorge. Né può ritenersi che tale valutazione non fosse necessaria sol perché si tratterebbe dello spostamento di un impianto già esistente;infatti anche un intervento di tal genere potrebbe porsi in contrasto con la disciplina paesaggistica della zona. Ne consegue che il rilascio della predetta autorizzazione paesaggistica si traduce un’illegittima deroga al vincolo e, quindi, il suo annullamento non è frutto di un sindacato di merito, bensì di un sindacato di legittimità, sotto il profilo dell’eccesso di potere;
CONSIDERATO che privo di fondamento risulta anche il quarto motivo, con il quale la parte ricorrente si duole del fatto che la Soprintendenza abbia omesso di indicare le ragioni che hanno determinato l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Infatti:
- nella motivazione del provvedimento impugnato - oltre ad evidenziare che «la C.E.I. ha espresso parere favorevole non motivando le ragioni della presunta compatibilità dell’opera con il contesto e con la vigente norma di zona del P.U.T.» - ha posto in rilievo che l’intervento di cui trattasi si pone in contrasto con la disciplina posta dal P.U.T. per la Zona Territoriale 8, che «vieta non solo qualsiasi opera edilizia, ma anche sbancamenti e modifiche del suolo»;
- le affermazioni della Soprintendenza trovano puntuale conferma nella disciplina posta dall’art. 17 della legge regionale n. 35/1987 che - oltre a precisare che la Zona Territoriale 8 (Parchi territoriali) comprende aree generalmente in emergenza o di altopiano e che costituiscono un sistema articolato di parchi tali da soddisfare il fabbisogno di standards al livello di parchi di interesse territoriale - dispone che tale zona deve essere trasferita nei Piani Regolatori Generali come zona di Piano Regolatore “Parco territoriale” e che la normativa di Piano Regolatore Generale deve: a) impedire le edificazioni in qualsiasi forma, sia pubblica che privata;b) impedire le modificazioni del suolo di qualsiasi genere;c) consentire il più ampio uso pubblico, che dovrà essere regolamentato al fine di salvaguardare l’integrità dell’ambiente naturale ed il permanere delle attività agricole o silvo-pastorali eventualmente esistenti. Ne consegue che, in presenza dei tassativi divieti posti dall’art. 17 della legge regionale n. 35/1987, nessuna rilevanza può assumere il fatto che il fondo di destinazione dell’impianto risulti particolarmente adatto all’installazione dello stesso, né la circostanza che nelle immediate vicinanze sia già ubicato un traliccio dell’Enel per il trasporto dell’energia elettrica;
CONSIDERATO che - sebbene dagli atti di causa non risulti che la comunicazione relativa alla trasmissione degli atti alla Soprintendenza non è stata contestualmente inviata alla parte ricorrente e si possa, quindi, configurare la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 - tale violazione, dedotta con il primo motivo di ricorso, non può comunque determinare l’annullamento del provvedimento impugnato, perché nel caso in esame l’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento deve essere considerata, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241/1990, come la violazione di una norma sul procedimento che non ha impedito il raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa. In particolare;
- secondo la giurisprudenza di questa Sezione (da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 25 marzo 2011, n. 1777): a) l’art. 21-octies, comma 2, si articola in due distinte previsioni: una, a carattere generale, ove si prevede che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, ed una dedicata ad una specifica norma sul procedimento amministrativo, l’articolo 7 della legge n. 241/1990, secondo la quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”;b) da un confronto tra queste due previsioni emerge che le stesse sono accomunate dal divieto di annullare i provvedimenti che risultino affetti da vizi di legittimità di natura non sostanziale, ma si distinguono non solo perché la prima ha carattere generale, mentre la seconda si riferisce soltanto alla violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990, ma anche perché presentano un diverso ambito applicativo (infatti, mentre la prima riguarda i provvedimenti vincolati, la seconda si riferisce, seppure implicitamente, ai provvedimenti discrezionali) e perché la non annullabilità opera diversamente nelle due fattispecie (infatti, mentre la seconda disposizione pone espressamente in capo all’amministrazione l’onere di provare che, seppure fosse stata data comunicazione dell’avvio del procedimento all’interessato, comunque il contenuto del provvedimento finale non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, nella prima disposizione la non annullabilità risulta genericamente subordinata alla condizione che sia palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato);c) la non annullabilità del provvedimento illegittimo, che accomuna le due previsioni dall’art. 21-octies, comma 2, costituisce il risultato di una valutazione effettuata dal giudice (con specifico riferimento ad una determinata fattispecie concreta) sull’idoneità del provvedimento adottato in violazione di una norma sul procedimento o sulla forma a soddisfare l’interesse pubblico e, quindi, si deve ritenere che l’art. 21-octies, comma 2, costituisca un’applicazione del “principio del raggiungimento dello scopo”, già enunciato dall’art. 156, comma 3, c.p.c. (secondo il quale “la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”), fermo restando che lo scopo di cui trattasi - a differenza di quanto accade nell'art. 156, comma 3, c.p.c. - non è quello dell’atto procedimentale o della formalità omessi o imperfetti, bensì lo scopo generale dell’azione amministrativa complessivamente considerata, costituito dall’adozione di una decisione il cui contenuto dispositivo sia sostanzialmente conforme al paradigma normativo;d) in caso di attività vincolata, il giudice può effettivamente verificare la corrispondenza del contenuto dispositivo del provvedimento finale al contenuto prescritto dalla legge, prescindendo da una verifica degli effetti delle eventuali violazioni di carattere procedimentale e formale sul contenuto dispositivo del provvedimento, perché tale contenuto è rigidamente predeterminato dalla legge e, quindi, attraverso l’esame dei motivi di ricorso può risultare palese che, nonostante l’esistenza di vizi procedimentali o formali, lo scopo dell’azione amministrativa è stato raggiunto;inoltre, proprio in ragione della predeterminazione normativa del contenuto del provvedimento finale, il giudice può procedere d'ufficio alla verifica del raggiungimento dello scopo senza che ciò si traduca in un vero e proprio stravolgimento dei rapporti tra giudice amministrativo e amministrazione, regolati dal principio della separazione dei rispettivi poteri;e) in caso di attività discrezionale, ossia laddove la legge si è limitata ad indicare obiettivi e criteri lasciando all’Amministrazione il compito di individuare il contenuto dispositivo del provvedimento finale, si deve escludere in radice che possa emergere in modo palese il raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa, perché le violazioni di carattere procedimentale e formale sono presumibilmente destinate ad incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento finale, e ciò spiega perché il legislatore abbia previsto - seppure limitatamente alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 - che sia la stessa amministrazione a dimostrare in giudizio che lo scopo dell’azione amministrativa è stato comunque raggiunto;e) con particolare riferimento all’ambito applicativo dell’art. 21-octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241/1990, la giurisprudenza (T.A.R. Sardegna Cagliari, Sez. I, 25 maggio 2005, n. 1170) ha precisato che tale disposizione può operare non soltanto nelle ipotesi in cui il provvedimento sia totalmente vincolato, ma, in particolari casi, anche quando il provvedimento presenti, congiuntamente ad ambiti vincolati, margini di discrezionalità, purché il giudice sia in concreto chiamato a compiere un mero riscontro circa la ricorrenza delle condizioni richieste dalla legge per l’adozione di un determinato provvedimento;e proprio in ragione della correttezza di tale orientamento questa Sezione, in altra occasione (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 27 maggio 2009, n. 2951), ha affermato che la prima parte dall’art. 21-octies, comma 2, può trovare applicazione anche nei casi in cui l’attività dell’Amministrazione, pur essendo astrattamente connotata da discrezionalità amministrativa o tecnica, in concreto risulti vincolata per effetto di un “auto-vincolo” imposto dall’Amministrazione stessa:
- nel caso in esame il controllo di legittimità operato dalla Soprintendenza non risulta connotato da alcun tipo di discrezionalità. Infatti la Soprintendenza si è limitata a rilevare che l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata in violazione dell’art. 17 della legge regionale n. 35/1987 e, quindi, una volta accertata la sussistenza di tale vizio di legittimità, non ha potuto far altro che procedere all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Pertanto la rilevanza della violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004 deve essere valutata d’ufficio, facendo applicazione della prima parte dell’art. 21-octies, comma 2, e nessuna rilevanza può assumere, quindi, la circostanza che la Soprintendenza non abbia svolto alcuna attività difensiva atta a dimostrare il raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa. Inoltre risulta palese che, nonostante la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e dell’art. 159 del decreto legislativo n. 42/2004, l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata ai ricorrenti comporta il raggiungimento dello scopo dell’azione amministrativa. Infatti seppure fosse stata data ai ricorrenti la prescritta comunicazione dell’avvio del procedimento, costoro non avrebbero potuto addurre alcun elemento idoneo a scongiurare l’annullamento del titolo abilitativo rilasciato in violazione dell’art. 17 della legge regionale n. 35/1987
CONSIDERATO che, stante quanto precede:
- il presente ricorso deve essere respinto perché infondato;
- le spese di giudizio, quantificate nella misura indicata nel dispositivo, seguono la soccombenza;