TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2015-11-17, n. 201501712
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N. 01712/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01608/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1608 del 2014, proposto da P T, A A, A R, A G, rappresentati e difesi dall’avv. G C, domiciliati presso la Segreteria del Tribunale;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio;
per l’esecuzione
del giudicato derivante dal decreto dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel procedimento n. 871/2007 R.E.R.;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 c.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 15 ottobre 2015 il Cons. Giovanni Iannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti espongono che la Corte d’Appello di Catanzaro, accogliendo il ricorso diretto ad ottenere il riconoscimento del diritto all’equa riparazione ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89/2001, ha emesso il conseguente decreto nel procedimento n. 871/2007 R.E.R. e ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di € 17.000,00 in favore di Auddino Francesco, oltre interessi legali dalla data della domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese e competenze del giudizio, che, compensate per metà, sono state liquidate in complessivi € 600,00.
Precisa parte ricorrente che il detto decreto è stato munito di formula esecutiva ed in tale forma è stato notificato al Ministero della Giustizia.
Come attestato dalla certificazione della cancelleria della Corte d’Appello di Catanzaro, il decreto non è stato impugnato ed è, pertanto, passato in giudicato.
L’Amministrazione a tutt’oggi non ha provveduto a corrispondere quanto dovuto in base al suddetto titolo.
Persistendo l’inadempimento del Ministero intimato, i ricorrenti P T, A A, A R, A G, nella qualità di eredi di Auddino Francesco, agiscono, pertanto, in questa sede e chiedono che sia ordinato allo stesso Ministero di adottare gli atti necessari per l’esecuzione al giudicato formatosi sul decreto decisorio di cui in premessa e che sia fissato alla P.A. un congruo termine per provvedere, con nomina fin d’ora un Commissario ad acta per il caso di infruttuosa decorrenza del termine;con vittoria di spese di giudizio.
Il Ministero intimato non si è costituito in giudizio.
Nella camera di consiglio del 15 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
La giurisprudenza ha chiarito che il decreto di condanna emesso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è quindi idoneo ad assumere valore ed efficacia di giudicato, ai fini della ammissibilità del giudizio di ottemperanza (Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007 n. 6318). Sussiste, infatti, in capo all’intimata Amministrazione, un vero e proprio obbligo giuridico di conformarsi al giudicato formatosi sul provvedimento giurisdizionale di cui si chiede l’esecuzione.
Nella specie, dagli atti prodotti in giudizio, risulta che l’Amministrazione intimata non ha corrisposto la somma di cui al citato decreto della Corte d’Appello di Catanzaro e, pertanto, non ha provveduto all’adempimento dell’obbligo di assicurare effettività alla pretesa creditoria azionata dalla parte ricorrente.
Sotto questo profilo, pertanto, la domanda di parte ricorrente può essere accolta, in relazione alle somme liquidate nel decreto a titolo di capitale, oltre interessi legali, nei termini ivi indicati, come risultanti dal titolo stesso.
Alla luce di quanto esposto, il ricorso va accolto, nei termini sopra indicati e, per l’effetto, va dichiarato l’obbligo del Ministero della Giustizia di dare integrale esecuzione al giudicato di cui trattasi, corrispondendo alla parte ricorrente gli importi, come sopra specificati ed indicati nel decreto medesimo.
Appare opportuno, al riguardo, assegnare per l’adempimento de quo al Ministero intimato il termine di giorni 60 (sessanta) decorrenti dalla data di notifica o comunicazione in forma amministrativa della presente sentenza, nominando, fin d’ora, per il caso di ulteriore inadempienza, quale “Commissario ad acta”, il Prefetto di Catanzaro ovvero un funzionario della medesima Prefettura dallo stesso delegato, affinché provveda, avvalendosi dei poteri a ciò necessari, a dare integrale esecuzione al giudicato di cui è questione, entro l’ulteriore termine di giorni 60 (sessanta).
Il Commissario ad acta dovrà provvedere, sotto la sua responsabilità, ad adottare ogni provvedimento ritenuto utile per l’espletamento dell’incarico conferito.
Le spese relative allo svolgimento dell’incarico da parte del commissario ad acta, nel caso in cui ne risulti necessario l’intervento a causa della scadenza del termine sopra indicato, saranno carico del Ministero intimato e vengono complessivamente e fin d’ora determinate in euro 500 (euro cinquecento), oltre le spese documentate.
I ricorrenti hanno chiesto, altresì, la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di una somma ai sensi dell’art. 114 lett. e) c.p.a., da determinare con riferimento agli interessi moratori dovuti per il ritardo nel pagamento delle somme liquidate.
Il Collegio prende atto dell’orientamento dell’Adunanza Plenaria, che ha ammesso l’applicabilità dell’istituto della penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4 lett. e), c.p.a. anche nelle ipotesi in cui l’ottemperanza concerne sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro (Cons. St. Ad. Plen., 25 giugno 201 n. 15),
Per quel che riguarda la domanda di liquidazione di una somma ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., il Collegio rileva che l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che, nell’ambito del giudizio di ottemperanza, l’applicazione della penalità di mora di cui all’art.114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art.113, ivi comprese quelle aventi per oggetto prestazioni di natura pecuniaria, ammettendo, con ciò, istituto dell’astrainte, intesa quale penalità di mora nei confronti dell’intimata Amministrazione per ogni violazione o inosservanza successiva ( Cons. Stato, Ad. Plen. 25 giugno 2014, n.15;Tar Lazio, Sez. I, 24 ottobre 20112, n.8748;Cons. Stato, Sez.V, 14 maggio 2012, n.2744).
La liquidazione può essere effettuata prendendo a fondamento il parametro, individuato dalla CEDU, dell’“interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali”;detta misura (quindi, il tasso sopra individuato, da applicare sulla sorte capitale dovuta a titolo indennitario) dovrà essere corrisposta a titolo di penalità di mora a carico dell’Amministrazione.
Tale indennità dovrà applicarsi a far tempo dalla notificazione ovvero, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4414) e fino all’effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, fino alla data di insediamento del commissario ad acta.
Vanno poste a carico del Ministero anche le spese del presente giudizio, che vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.