TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-07-02, n. 202101629

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2021-07-02, n. 202101629
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202101629
Data del deposito : 2 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2021

N. 01629/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01196/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1196 del 2017, proposto da
-OMISSIS-in qualità di Amministratore di Sostegno di -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via S. Antonio Maria Zaccaria, n. 1;

contro

COMUNE DI PAVIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato I N, con domicilio PEC come da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento di presa in carico temporanea e condizioni di ricovero provvisorie per la signora -OMISSIS- ricevuto in data 10 marzo 2017, protocollo 16775 del 28 febbraio 2017.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pavia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2021 il dott. S C C, tenutasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, convertito con legge n. 176 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La signora -OMISSIS-è figlia e amministratrice di sostegno della sig.ra -OMISSIS-, soggetto ultra-sessantacinquenne affetto dal morbo di Alzheimer, non autosufficiente bisognoso di assistenza continua e perciò ricoverato presso una struttura gestita dalla Cooperativa Sociale Arcobaleno s.p.a.

Con il ricorso in esame, la sig.ra -OMISSIS- impugna la nota del Comune di Pavia del 28 febbraio 2017 con cui è stata determinata in euro 811,2 la compartecipazione comunale al pagamento della retta mensile dovuta alla suddetta struttura.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Pavia.

La Sezione, con ordinanza n. 790 del 21 giugno 2017, ha respinto l’istanza cautelare.

Nel corso del giudizio, l’Amministrazione resistente ha depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.

La causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza telematica dell’11 maggio 2021.

Va innanzitutto disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione posto che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, gli atti di determinazione dei criteri riguardanti l' "an" e il "quantum" di compartecipazione dell'assistito e dei suoi congiunti al costo dei servizi socio-assistenziali sono emanati nell'esercizio di un potere discrezionale, rispetto al quale la situazione giuridica soggettiva dei destinatari non può che assumere la consistenza dell'interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 15 marzo 2017, n. 373).

Ciò stabilito, si può prescindere dall’esame delle altre eccezioni preliminari sollevate dal Comune di Pavia essendo il ricorso, come subito si vedrà, infondato nel merito.

Con il primo motivo, viene dedotta la violazione dell’art. 3, comma 2-ter, del d.lgs. n. 109 del 1998 in quanto, secondo la ricorrente, l’Amministrazione avrebbe determinato la misura della propria compartecipazione tenendo conto non già del reddito del solo assistito, ma anche di quello del suo nucleo familiare.

Con il secondo motivo di ricorso, viene dedotta la violazione degli artt. 1 e 2 e della tabella 1 del d.lgs. n. 109 del 1998, nonché dell’art. 34, comma 3, del d.P.R. n. 601 del 1973 per aver l’Amministrazione calcolato, ai fini della compartecipazione agli oneri delle prestazioni agevolate, l’assegno di accompagnamento goduto dall’assistita.

Con il terzo motivo, viene dedotta la violazione dell’art. 24, comma 1, lett. g), della legge

n. 328 del 2000 che, nel dettare i criteri cui avrebbe dovuto attenersi il governo per l’approvazione del decreto legislativo ivi previsto, stabilisce che agli ospiti delle strutture residenziali debba essere conservata almeno la metà del reddito di prima istanza.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato per le ragioni di seguito esposte.

L’Amministrazione resistente ha depositato in giudizio un prospetto di calcolo (doc. 15) che rappresenta il conteggio svolto ai fini della quantificazione della compartecipazione comunale al pagamento della retta mensile dovuta alla struttura ove è ricoverata la sig.ra F. Da tale prospetto si evince che l’Amministrazione non ha preso in considerazione i redditi dei familiari e che l’indennità di accompagnamento percepita dall’assistita non è stata inclusa nel conteggio.

Questo prospetto di calcolo non è stato specificamente contestato da parte ricorrente;
conseguentemente, le sue risultanze possono ritenersi provate ai sensi dell’art. 64, secondo comma, cod. proc. amm.

I primi due motivi di ricorso sono dunque infondati in punto di fatto.

Per quanto riguarda il terzo motivo, va osservato che la censura è del tutto generica in quanto la parte si limita a richiamare la norma ritenuta violata (art. 24, comma 1, lett g, della legge n. 328 del 2000) senza però specificare le ragioni per le quali essa non sarebbe stata, nel concreto, rispettata.

Prima di concludere preme però al Collegio precisare che, contrariamente da quanto sembra sostenere l’Amministrazione nelle proprie memorie, nessuna rilevanza ha la natura delle prestazioni (sanitaria o assistenziale) al fine di stabilire la misura della compartecipazione dell’assistito al pagamento delle rette dovute alle strutture di ricovero. E’ infatti opinione in pacifica in giurisprudenza che, ai sensi dell’art. 6, ultimo comma, della legge n. 328 del 2000 ed in virtù dei correlati principi di sussidiarietà, cooperazione, omogeneità, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, è il Comune che, in prima battuta, deve comunque farsi carico delle spese per prestazioni di natura sanitaria senza poterle scaricare sull’assistito o sulla famiglia, salvo poi chiederne il rimborso agli enti del servizio sanitario (cfr. fra le tante Consiglio di Stato, sez. III, 12 agosto 2019, n. 5684).

In conclusione, per tutte le ragioni illustrate, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono comunque fondate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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