TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2016-05-17, n. 201605852

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2016-05-17, n. 201605852
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201605852
Data del deposito : 17 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11991/2015 REG.RIC.

N. 05852/2016 REG.PROV.COLL.

N. 11991/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11991 del 2015, proposto da:
A T e F D P, rappresentati e difesi dall'Avv. G D P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. C C sito in Roma, alla Via A. Crivellucci n. 21;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore ;

per l'ottemperanza

al giudicato formatosi sull’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 7834 del 2011, depositata in cancelleria il 05.4.2011, con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato condannato al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 6.000,00 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, ai sensi della legge n. 89 del 2001, oltre agli interessi legali dalla domanda ed al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, nonché al pagamento delle spese di lite del solo giudizio di merito in favore del difensore antistatario


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2016 il dott. Francesco Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Instano i ricorrenti per l’ottemperanza all’ ordinanza di cui in epigrafe.

Espongono che sulla predetta ordinanza - depositata in cancelleria in data 5.4.2011, munita di formula esecutiva in data 16.5.2011 e così notificata al Ministero dell’Economia e delle Finanze il successivo 30.09.2011 - si è formato il giudicato.

A fronte dell’inadempienza dell’Amministrazione intimata, i ricorrenti chiedono, quindi, che questo Tribunale assegni un termine all’Amministrazione per procedere al pagamento in suo favore delle somme dovute, provveda a fissare un’ulteriore somma di danaro per “ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato” e, ancora, disponga, per il caso di ulteriore inerzia, la nomina di un Commissario ad acta, con vittoria di spese compensi ed onorari da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

L’Amministrazione, benché ritualmente intimata, non si è costituita.

Alla camera di consiglio del 13 aprile 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei termini e nei limiti di seguito indicati.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, i ricorrenti chiedono primariamente di ordinare all’Amministrazione di ottemperare all’ ordinanza della Corte di Cassazione n. 7834/2011 mediante la corresponsione delle somme ivi indicate.

Tale domanda è meritevole di positivo riscontro.

Infatti, sebbene il provvedimento giurisdizionale in epigrafe sia stato notificato in forma esecutiva e sia passato in “giudicato”, perdura l’inadempimento dell’Amministrazione intimata.

Peraltro, il termine di centoventi giorni di cui all’art. 14, comma 1, del decreto legge n. 669/1996, convertito dalla legge n. 30/1997, vigente all’epoca della proposizione dell’azione, applicabile anche all’azione di ottemperanza al giudicato (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4155), è ormai decorso.

Ciò detto, deve ordinarsi al Ministero dell’Economia e delle Finanze di provvedere entro il termine di 30 (trenta) gg., decorrente dall’assolvimento da parte dei ricorrenti degli obblighi di comunicazione introdotti dall’art. 5 sexies della legge n. 89/2001 così come modificata dalla recente legge di Stabilità 2016 n. 208/2015, al pagamento in loro favore delle somme dovute e salvo, ovviamente, quanto nelle more eventualmente corrisposto.

1.2. Per quanto attiene alla domanda accessoria di applicazione della c.d. penalità di mora, si ritiene, invece, che la stessa possa essere accolta - tenuto conto della notoria condizione di sofferenza della finanza pubblica e, ancora, delle modificazioni apportate all’art. 114, comma 4, lett. c), con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 – esclusivamente mediante il riconoscimento degli interessi legali sulle somme in tale decisione liquidate a favore della parte ricorrente a titolo di spese di giudizio (da computarsi con decorrenza dalla scadenza del termine assegnato all’Amministrazione e fino al pagamento oppure, in caso di mancato pagamento da parte dell’Amministrazione, fino al dì dell’insediamento del Commissario ad acta), atteso che l’Amministrazione è già tenuta a corrispondere gli interessi legali sulla sorte “capitale” di € 6.000,00 fino “al saldo”.

2. Per l’ipotesi di decorso del termine sopra indicato senza che l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze abbia ottemperato, viene sin d’ora nominato, ai sensi del citato art. 5 sexies che, in quanto norma di carattere processuale, può ritenersi immediatamente applicabile ai giudizi in corso, un Commissario ad acta nella persona del Responsabile pro tempore dell’Ufficio X della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con facoltà per lo stesso di delega ad altro soggetto dotato di adeguata competenza, il quale dovrà provvedere ad istanza di parte, anche in via sostitutiva, entro il successivo termine di giorni 60 (sessanta) dalla scadenza del termine già assegnato al Ministero intimato per provvedere al pagamento delle somme ancora dovute alla parte ricorrente, compiendo tutti gli atti necessari, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente.

Tenuto conto del fatto che le funzioni di Commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico già inserito nella struttura competente per i pagamenti derivanti dall’applicazione della c.d. legge Pinto, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

3. Le spese di giudizio, complessivamente liquidate in € 200,00 (duecento/00), oltre oneri di legge, in ragione del carattere seriale delle questioni proposte, seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’Amministrazione intimata, con distrazione a favore del procuratore antistatario.

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