TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2022-11-10, n. 202200470

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2022-11-10, n. 202200470
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202200470
Data del deposito : 10 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/11/2022

N. 00470/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00411/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 411 del 2022, proposto da
-OMISSIS- rappresentati e difesi dall'avvocato C B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'annullamento,

previa sospensione,

dei seguenti atti:

- Decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043696 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS- ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043699 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS-ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori

dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043683 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS- ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori

dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043687 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS- ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori

dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Del decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043689 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS-e notificato in data 15.09.2022 dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Del decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043681 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS- ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo;

- Decreto di revoca delle misure di accoglienza emesso dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Gorizia, Area IV, Prot. Uscita N. 0043697 di data 14.09.2022 nei confronti del sig. -OMISSIS- ed in pari data notificato dalla R.T.I. Matrix Coop. Stella, enti gestori dell'accoglienza presso il CARA di Gradisca d'Isonzo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2022 il dott. L E R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I sette ricorrenti, cittadini pakistani già ospiti del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca di Isonzo, hanno visto revocate dalla Prefettura le misure di accoglienza precedentemente accordate, per aver “tenuto comportamenti non regolamentari” . In particolare, è loro contestato l’utilizzo di un fornelletto elettrico per cucinare, in un caso (vedi decreto prodotto sub doc. 2) provocando un “cortocircuito nel sensore antincendio” .

1.1. I provvedimenti, notificati ed eseguiti in data 14.09.2022, sono impugnati congiuntamente, sul presupposto della loro identità, articolando i seguenti motivi:

I. “Violazione di legge – art. 7 l. 241/1990: omessa comunicazione di avvio del procedimento”, con conseguente impedimento di ogni forma di partecipazione procedimentale, senza che potessero configurarsi effettive esigenze di celerità, né un esito vincolato del procedimento;

II. “Violazione di legge: art. 20 par. 4, 5 e 6 della Direttiva 33/2013/UE: incongruenza, sproporzionalità della misura adottata e mancata adozione di misure per garantire un tenore di vita dignitoso ai ricorrenti: violazione dell’art. 20 della Direttiva 33/2013/UE e diretta applicazione della normativa europea”, non essendo in alcun caso ammissibili sanzioni che abbiano l’effetto di privare l’interessato delle misure materiali di accoglienza (così CGUE, Grande sez., 12 novembre 2019, C-233/18 e, più di recente, CGUE, Sez. X, 1° agosto 2022, C-422/21) ;

III. “Violazione di legge: art. 3 l. 241/1990 e art. 23 c. 2 d.lgs 142/2015 interpretato alla luce della direttiva 2013/33/UE;
eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, travisamento, illogicità”,
perché il provvedimento non chiarisce quale, tra le più persone coinvolte nell’episodio, abbia effettivamente tenuto il comportamento contestato (l’accensione del fornelletto), che appare, in ogni caso, non meritevole di una così incisiva sanzione;

IV. “Violazione artt. 2 e 3 Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea e risarcimento del danno patito: condizione di abbandono morale e materiale dei ricorrenti, richiedenti la protezione internazionale ”, perché i ricorrenti, espulsi dal centro senza preavviso e in orario serale, sono stati costretti a trascorrere la notte nei pressi della Stazione ferroviaria di Trieste.

1.2. La ricorrente domanda, altresì, il risarcimento del danno per il periodo trascorso senza una stabile sistemazione, da quantificarsi equitativamente nella somma di € 100 per ogni giorno trascorso dalla data di allontanamento dal Centro al loro reintegro.

2. Il Ministero ha eccepito l’inammissibilità del ricorso collettivo, rappresentando che, diversamente da quanto affermato nell’atto, non sussiste il requisito di “identità” dei provvedimenti impugnati. Le misure hanno, infatti, ad oggetto condotte non coincidenti, commesse in giorni diversi (l’8 e il 9 settembre 2022). Nel merito, ha argomentato per l’infondatezza delle censure articolate.

3. All’udienza in camera di consiglio del 09.11.2022 le parti hanno discusso come da verbale. Il Tribunale ha espresso l’intenzione di definire il merito del giudizio con sentenza breve, ai sensi dell’art. 60 del c.p.a.

4. Il ricorso in esame, è stato presentato da sette diversi soggetti (quindi in forma collettiva) ed è rivolto contro sette distinti provvedimenti (ricorso cumulativo). Nel processo amministrativo, il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile solo quando sussistano i requisiti dell’identità di situazioni sostanziali e processuali – ossia, alla condizione che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi – e l’assenza di un conflitto di interessi tra le parti. Quanto all’ammissibilità del ricorso cumulativo contro più atti, la regola altrettanto generale e tendenziale dell’impugnabilità, con un ricorso, di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall’esigenza di concentrare in un’unica delibazione l’apprezzamento della correttezza dell’azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti ( Cons. St., sez. V, 22 gennaio 2020, n. 526 ).

4.1. Nel caso di specie, per quanto a tutti i ricorrenti sia stata contestata la violazione dell’art. 23, comma 1, lett. e) del d.lgs. 142 del 2015, per aver contravvenuto alle regole della struttura attraverso l’utilizzo di un fornelletto elettrico per cucinare, sono diversi i fatti materiali sottostanti. I provvedimenti impugnati – come risulta dalla loro motivazione, nonché dalle presupposte note di segnalazione del gestore del centro di accoglienza (docc. 1, 2 e 3 del Ministero) – fanno riferimento ad episodi distinti, avvenuti in un diverso contesto spazio-temporale (rispettivamente il 08.09.2022, ore 20.30 e 09.09.2022, ore 17.30 presso le stanze 13, 14 e 14- bis ) e di diversa gravità, solo ad alcuni essendo contestato anche il verificarsi di un cortocircuito nel sistema antincendio. Il simultaneus processus è stato dunque inammissibilmente azionato a fronte della mera somiglianza tra le vicende e dell’analogia di questioni fattuali e giuridiche.

4.2. Non possono quindi esaminarsi quelle contestazioni che, pur formulate unitariamente contro entrambi gli atti, attengano a profili riferibili alla specifica manifestazione del potere – profili necessariamente diversi perché diverso è il substrato fattuale degli atti – mancando in tal caso quella corrispondenza di posizioni individuali che legittima l’impugnazione collettiva ( Cons. St., sez. III, 18 luglio 2022, n. 6177;
Cons. St., sez. V, 29 marzo 2022, n. 2313
). Né può avere rilievo, ad avviso del Tribunale, il fatto che una medesima irregolarità sostanziale o procedimentale risulti comune ai diversi provvedimenti, poiché a tale riscontro si potrebbe addivenire solo all’esito di un inammissibile accertamento a plurimo oggetto (cioè riguardante, parallelamente, i sette atti).

5. Ciò premesso, può comunque scrutinarsi il secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti valorizzano la contrarietà al diritto europeo del potere di revoca delle misure di accoglienza, di cui all’art. 23 del d.lgs. 142 del 2015. Rispetto ad una contestazione siffatta, che ha riguardo al fondamento normativo dell’azione – profilo comune a tutti gli atti di esercizio del potere e indipendente dal loro specifico contenuto – scolora il rilievo delle diverse vicende sottostanti. Ciò che i ricorrenti censurano infatti, è la stessa ammissibilità di una revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza, che avrebbe l’effetto di privare il richiedente asilo di un tenore di vita dignitoso.

5.1. La censura è fondata. Come già rilevato da questo Tribunale in precedenti pronunce (tra le tante, si vedano Tar Friuli-Venezia Giulia, 22 dicembre 2020, n. 451 e 6 luglio 2022, n. 314 ), l’inammissibilità di una revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza è stata sancita dalla Corte di giustizia UE (grande sezione), con sentenza 12 novembre 2019, in C-233/18 . Secondo la Corte “l’articolo 20, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, letto alla luce dell’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può prevedere, tra le sanzioni che possono essere inflitte ad un richiedente in caso di gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché di comportamenti gravemente violenti, una sanzione consistente nel revocare, seppur temporaneamente, le condizioni materiali di accoglienza, ai sensi dell’articolo 2, lettere f) e g), della menzionata direttiva, relative all’alloggio, al vitto o al vestiario, dato che avrebbe l’effetto di privare il richiedente della possibilità di soddisfare le sue esigenze più elementari”.

5.2. Tale orientamento è stato da ultimo confermato dalla sentenza Corte di giustizia UE , X sez., 1° agosto 2022, nella causa C-422/21, adita su rinvio pregiudiziale dal giudice amministrativo nazionale ( Cons. St., sez. III, 30 dicembre 2020, n. 8540) . La Corte ha ribadito che non è possibile irrogare una sanzione consistente nella revoca, definitiva o temporanea, delle misure di accoglienza, nemmeno quando il richiedente asilo abbia posto in essere “comportamenti gravemente violenti nei confronti di funzionari pubblici” . Una tale sanzione, infatti, violerebbe sempre il requisito di proporzionalità stabilito all’articolo 20, paragrafo 5, seconda frase, della direttiva 2013/33, non potendo in alcun caso ammettersi una sanzione contrastane con il principio del rispetto della dignità umana.

5.3. Se la prima pronuncia, per la particolare vicenda da cui aveva preso le mosse (il richiedente asilo era in quel caso un minore non accompagnato), aveva portato taluni interpreti a dubitare della generale applicabilità dei principi ivi sanciti, nessun dubbio residua dopo la sentenza da ultimo menzionata: la revoca delle misure di accoglienza per motivi sanzionatori non può trovare cittadinanza nel nostro ordinamento e ciò indipendentemente dalla tipologia di richiedente asilo (sia esso riconducibile o meno alle categorie “portatrici di esigenze particolari”, di cui all’art. 17 del d.lgs. 142 del 2015) o dalla gravità delle violazioni contestate.

5.4. L’insussistenza di strumenti sanzionatori alternativi, nel sistema disegnato dal d.lgs. 142 del 2015 è invece problema la cui soluzione spetta al legislatore (in questo senso, vedi Cons. St., sez. I, 8 luglio 2020, nn. 1271 e 1278 e Id., 7 ottobre 2020, n. 1832 ), ma che non può giustificare la reiterata applicazione di una disposizione di cui è acclarato il contrasto con il Diritto dell’Unione.

5.5. Per le ragioni esposte, i provvedimenti impugnati sono illegittimi nella parte in cui hanno disposto la revoca delle misure di accoglienza, precedentemente accordate ai ricorrenti. Essi devono essere, conseguente, annullati.

6. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, essa deve parimenti essere accolta, sussistendo tutti gli elementi costitutivi del relativo diritto.

6.1. Quanto all’ingiustizia del danno, essa deriva dall’illegittimità del provvedimento per contrarietà al Diritto dell’Unione. Sussiste, altresì la colpa dell’amministrazione, per l’inescusabilità della violazione commessa, a fronte di un panorama normativo sufficientemente chiaro. Infatti, per quanto la normativa nazionale sembri prima facie legittimare la revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza, sin dal 2019 era stata sancita l’impossibilità di ricorrere a tale misura, per contrarietà al Diritto europeo, con giurisprudenza della Corte di Giustizia UE cui questo Tar – almeno a partire dalla sentenza 22 dicembre 2020, n. 451 – si è sempre adeguato.

6.2. Quanto all’entità del danno-conseguenza derivante dall’esecuzione del provvedimento, è incontestato l’intervenuto allontanamento dei ricorrenti dal CARA a partire dal 14.09.2022. L’efficacia dei provvedimenti è stata successivamente sospesa in forza del decreto monocratico del 19.10.2022 (medesima data di deposito del ricorso). In mancanza di prova di un danno patrimoniale o non patrimoniale effettivamente subito, non potendo dubitarsi dei disagi che l’improvviso allontanamento dal centro può aver cagionato ai ricorrenti, si dispone un risarcimento in via equitativa di € 100,00 per ciascuno.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza. I ricorrenti sono quindi ammessi definitivamente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, già provvisoriamente accordato loro dalla competente Commissione con decreti nn. 20-26 del 07.11.2022. Il pagamento delle spese di giudizio da parte dell’amministrazione soccombente dovrà quindi eseguirsi a favore dello Stato (art. 133 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115) . Analogamente, l’amministrazione sarà tenuta al pagamento, a favore dello Stato, del contributo unificato prenotato a debito dal ricorrente.

7.1. Si liquidano al difensore del ricorrente complessivi € 1.190,28, oltre spese generali e accessori di legge. L’importo corrisponde ai valori minimi di cui al D.M. 55/2014 (come da ultimo aggiornato dal D.M. 147 del 13.08.2022) per le sole fasi di studio, introduttiva e cautelare collegiale, calcolati con riferimento ad una causa di valore indeterminabile e bassa complessità, con aumento del 20 % per la presenza di più parti nella medesima posizione processuale (art. 4, comma 2 del D.M.) e successiva riduzione del 30 % per l’assenza di nuove questioni di fatto e di diritto rispetto al contenzioso di R.G. 384/2022, trattato dal medesimo patrocinio (art. 4, comma 4 del D.M.). I compensi così calcolati sono ulteriormente ridotti della metà ex art. 130, d.P.R. n. 115 del 2002. Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83, comma 3- bis del decreto da ultimo citato, si autorizza il pagamento del suddetto importo, anche con eventuale anticipazione a carico del bilancio del TAR che provvederà poi a ottenere la rifusione dall’amministrazione soccombente e condannata al pagamento delle spese di lite a favore dello Stato, come previsto dal citato art. 133.

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