TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2023-06-05, n. 202309448
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Pubblicato il 05/06/2023
N. 09448/2023 REG.PROV.COLL.
N. 04301/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4301 del 2022, proposto da
-OMISSIS- e -OMISSIS-, eredi del defunto Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri sig. -OMISSIS-, rappresentate e difese dall'avvocato A F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante p.t., Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, non costituito in giudizio;
per l’ottemperanza
della sentenza n. -OMISSIS-della Sezione Prima Stralcio del TAR del Lazio – Roma (R.G. 5029/2012), pubblicata in data 4.10.2021 nella parte in cui, contrariamente a quanto stabilito in sentenza, il Comitato di Verifica ha omesso di adeguarsi al giudicato nonché di effettuare un'accurata istruttoria e quindi per il riesame della domanda di causa di servizio presentata in data 21.06.2009 da parte del de cuius che tenga conto del contenuto motivazionale della sentenza di cui in questa sede si invoca l'ottemperanza, nonché qualora l'On.le Collegio adito dovesse ritenere che gli atti impugnati in epigrafe debbano essere gravati con l'ordinaria azione di annullamento nella competente sede di primo grado, previa conversione del rito dell'ottemperanza nel rito ordinario di cui all'art. 32 comma 2 periodo secondo c.p.a,
avverso e per l'annullamento:
del Decreto n. 5/C4 posizione n. -OMISSIS-, notificato in data 11.02.2022, emesso dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri – Direzione di Amministrazione – 2^ Sezione, nella parte in cui ha ritenuto che l'infermità che ha condotto al decesso (“-OMISSIS-” ) non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio e negato altresì alle ricorrenti la concessione dell'equo indennizzo in mancanza dei presupposti necessari per il riconoscimento del beneficio stesso, nonché del parere del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica per le cause di servizio n. -OMISSIS-, reso nell'adunanza n. 2669 del 13.01.2022 nella parte in cui ha giudicato la predetta infermità che ha condotto al decesso il de cuius come non dipendente da causa di servizio, nonché di tutti gli atti presupposti, collegati e comunque connessi
e per l'accertamento e la declaratoria
della dipendenza da causa di servizio dell'infermità “-OMISSIS-” che aveva condotto al decesso il de cuius nonché l'accertamento ed il riconoscimento del diritto delle ricorrenti a percepire il corrispondente equo indennizzo di prima categoria, con conseguente condanna a carico delle resistenti amministrazioni a corrisponderle il relativo trattamento economico maggiorato da interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione del diritto fino a quella dell'effettivo soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2023 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le signore -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente coniuge e figlia e, pertanto, eredi del defunto Appuntato Scelto dell’Arma dei Carabinieri sig. -OMISSIS-, hanno convenuto in giudizio dinanzi al TAR intestato, con ricorso notificato il 04.04.2022 e depositato il successivo giorno 15, il Ministero della Difesa, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comitato per la Verifica delle Cause di Servizio (CVCS) istituito presso il MEF, per ottenere l’esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza di questo TAR, Sezione Prima Stralcio, n. -OMISSIS-, pubblicata il 04.10.2021.
Le ricorrenti hanno dedotto che le Amministrazioni intimate avrebbero eluso le statuizioni del Giudice aventi autorità di giudicato in quanto, contrariamente a quanto stabilito dalla citata sentenza, il CVCS (e, di conseguenza, il Ministero della Difesa) avrebbe omesso di adeguarsi al giudicato nonché di effettuare un’accurata istruttoria e, quindi, hanno domandato il riesame della domanda di causa di servizio presentata in data 21.6.2009 e, qualora la Sezione dovesse ritenerlo necessario, previa conversione del rito dell’ottemperanza nel rito ordinario di cui all'art. 32 comma 2 periodo secondo c.p.a., l’annullamento del Decreto n. 5/C4 posizione n. -OMISSIS-, notificato in data 11.02.2022 nonché del parere del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica per le cause di servizio n. -OMISSIS-, reso nell'adunanza n. 2669 del 13.01.2022.
Le stesse ricorrenti avanzano, inoltre, domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “-OMISSIS-” che aveva condotto al decesso il de cuius nonché l’accertamento ed il riconoscimento del diritto a percepire “jure haereditario” il corrispondente equo indennizzo di prima categoria, con conseguente condanna a carico delle resistenti Amministrazioni a corrispondere il relativo trattamento economico, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione del diritto fino a quella dell’effettivo soddisfo.
In fatto di fatto parte ricorrente espone quanto segue:
- il loro congiunto, graduato dell’Arma dei Carabinieri, in servizio dal 1984, durante la sua carriera, in special modo nei primi anni di servizio, sarebbe stato assoggettato a continui trasferimenti con assegnazione a piccoli Comandi dell’Arma non dotati di mensa di servizio e dunque sarebbe stato costretto a consumare i pasti in esercizi di ristoro, in condizioni, quindi, precarie, con continui cambiamenti circa il confezionamento dei pasti;
- quindi dal 20.04.2000 al 30.11.2000 il graduato partecipava alla missione internazionale di pace in Bosnia Herzegovina e successivamente veniva impiegato sia in reparti territoriali che amministrativi dell’Arma;
- secondo la ricostruzione dei fatti operata nel ricorso, durante la missione, il militare sarebbe stato obbligato a percorrere strade e zone che erano state precedentemente devastate da massicci bombardamenti, anche con proiettili all’uranio impoverito, sia di giorno che di notte, in condizioni atmosferiche avverse, senza che gli fossero stati forniti dispostivi idonei a proteggerlo;in particolare non gli erano state fornite le protezioni NBC, necessarie per la protezione da esposizioni a materiali radioattivi;
- una volta diagnosticatagli la patologia “ -OMISSIS-”, il graduato presentava domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e di liquidazione dell’equo indennizzo;
- il Comitato, relativamente alla suddetta patologia, adottava il parere n. -OMISSIS- in data 31.03.2010, con il quale riteneva insussistente il nesso eziologico e, con il successivo parere n. -OMISSIS-, reso nell’adunanza n. 53/2011 del 07.06.2011 a seguito richiesta di riesame, confermava il precedente parere negativo;
- veniva quindi proposto, da parte del -OMISSIS-, ricorso a questo T.A.R. che, con la sentenza n -OMISSIS-del 23.07.2021, pubblicata il 4.10.2021, lo accoglieva;
- il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con nota del 23.11.2021, in esecuzione della citata sentenza, in sede di riedizione del potere, domandava al Comitato di Verifica l’emissione di un nuovo parere “di riesame” in merito al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità di cui al giudizio diagnostico predetto, tenuto conto delle argomentazioni della sentenza e del giudicato formatosi sulla stessa;
- il Comitato ha quindi emesso il parere n.-OMISSIS- reso nell'adunanza n. 2669 del 13.01.2022 con il quale, previa nuova istruttoria e mediante un’articolata motivazione, ha supportato con ulteriori argomenti il giudizio di diniego del richiesto nesso eziologico con l’infermità sopra delineata;
- il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha poi adottato il Decreto n. 5/C4 posizione n. -OMISSIS-, notificato in data 11.02.2022, oggetto del presente giudizio, con il quale, recependo il nuovo parere del CVCS, ha ritenuto che l’infermità che ha condotto al decesso il carabiniere (“-OMISSIS-”) non possa riconoscersi come dipendente da fatti di servizio e, pertanto, ha negato alle ricorrenti la concessione dell’equo indennizzo.
I motivi di ricorso sono così complessivamente rubricati:
“Illegittimità per violazione dell’art. 21 septies della Legge n. 241/1990: violazione e/o elusione del giudicato per disapplicazione e/o elusione della sentenza n. -OMISSIS-del T.A.R. del Lazio. Illegittimità e/o eccesso di potere degli atti impugnati per violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990: difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea interpretazione e/o valutazione della situazione di fatto, difetto d’istruttoria, errore sui presupposti, illogicità, incongruità, inattendibilità, insufficienza, abnormità ed apoditticità della motivazione, manifesta ingiustizia, sviamento. Illegittimità per violazione dei D.P.R. n. 37/2009, n. 90/2010 e n. 40/2012 e del relativo rischio tipizzato. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, incongruità, errore sui presupposti, manifesta ingiustizia.”.
Le argomentazioni impugnatorie di parte ricorrente possono essere riassunte nei seguenti punti:
- con riguardo all’infermità che ha condotto al decesso il de cuius, il Comitato di verifica si sarebbe limitato a richiamare, senza peritarsi di fornire concreti elementi di riscontro, fattori estranei al rapporto di servizio del tutto generici, mutuati acriticamente da siti internet;viceversa, in modo del tutto illogico, il Comitato di Verifica ha trascurato il dato dell’ “esposizione a metalli pesanti”, che le ricorrenti ritengono di avere provato, mediante la produzione del Rapporto nr. 08/2010 redatto in data 11.03.2010 dalla D.ssa -OMISSIS-, ove si evidenzia la presenza, nei tessuti ammalati del de cuius, di diverse particelle di metalli pesanti;
- sarebbero stati omessi, altresì, i doverosi approfondimenti istruttori, diretti ad acclarare le effettive condizioni del servizio prestato dal de cuius e, nel contempo, non si è provveduto ad esplicitare motivatamente le ragioni per cui quelle specifiche e particolari condizioni, ictu oculi connotate da gravosità, difficoltà e pericolosità non avrebbero determinato l’insorgenza della grave malattia;
- i vari fattori di rischio a cui il militare si è trovato esposto in servizio (principalmente durante la partecipazione alla missione all’estero), peraltro, dovevano considerati ormai “noti e provati” alla luce della precedente sentenza di questo TAR (v. supra );
- la perplessità e la contraddittorietà del parere reso dal Comitato emergerebbero inoltre nella parte ove lo stesso afferma, con riguardo alle nano-particelle di metalli rivenute nei tessuti ammalati del del cuius (come comprovato dal Rapporto redatto dalla Nanodiagnostics) che non risulterebbe provata la valenza oncopatogenetica dello stesse: così facendo, secondo le ricorrenti, il Comitato di Verifica avrebbe confuso le nanoparticelle presenti nei tessuti del “de cuius” (identiche per forma, tipo e dimensione a quelle previste dai Decreti Presidenziali in materia di tutela contro i rischi tipizzati derivanti da uranio impoverito e, in particolare, a quelle tipizzate dall’art. 1078 del D.P.R. 90/2010), con le cc.dd. “polveri sottili”, comunemente presenti negli ambienti urbani che sono però particelle “ notevolmente più grandi di quelle presenti rinvenute nei tessuti del ricorrente”;
- vi sarebbe stata, in tal modo, violazione o, in alternativa, elusione del giudicato non avendo l’Amministrazione proceduto nel senso indicato dalla sentenza di questo TAR n. -OMISSIS-della Sezione Prima Stralcio del TAR del Lazio – Roma (R.G. 5029/2012), pubblicata in data 4.10.2021 n. -OMISSIS-ma avendo, al contrario, perseverato nell’invocare fattori di rischio generici a sostegno del diniego anziché pronunciarsi sui conclamati fattori di rischio individuati da questo Tribunale.
Con autonomo motivo parte ricorrente lamenta l’eccesso di potere sotto svariati profili in quanto i provvedimenti impugnati risultano manifestamente viziati da eccesso di potere per carenza e/o genericità della motivazione la quale sarebbe apodittica, in quanto considera la patologia che ha condotto al decesso il de cuius come riconducibile a fattori generici quindi non riconducile a fattori esterni ed omette di analizzare il caso specifico del de cuius e tutti i fattori di rischio connessi al servizio espletato dallo stesso, che hanno certamente contribuito all’insorgenza della patologia.
Si sono costituiti in resistenza il Ministero della Difesa, il MEF ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri i quali hanno prodotto documenti e affidato le rispettive difese a due articolate relazioni: l’una redatta dalla Direzione di Amministrazione dell’Arma dei Carabinieri (dep. 2.5.2022) e l’altra dal MEF - Direzione dei Servizi del Tesoro, Ufficio XI (dep. 13.5.2022).
Con ordinanza collegiale del 20.6.2022 n. -OMISSIS-la Sezione ha disposto la conversione del procedimento ex art. 114 c.p.a. in rito ordinario e la rimessione della causa nel ruolo di merito, con fissazione della pubblica udienza. Ciò in quanto ha ritenuto che “… nonostante la formale qualificazione del gravame proposto in via principale come ricorso ex art. 112 c.p.a., il ricorso censura vizi della ri-edizione del potere tecnico-discrezionale, nel quale si manifestano molteplici elementi di novità rispetto al giudizio annullato con la sentenza di merito e, pertanto, visto l’art. 32 c.p.a., l’azione deve essere riqualificata come azione di cognizione sottoposta al rito ordinario”.
In vista dell’udienza il ricorrente ha prodotto ulteriori documenti tra i quali la sentenza del Tribunale di Rieti, Sezione Lavoro, n. -OMISSIS- (RG. 959/2019) che ha riconosciuto al de cuius, in relazione alla stessa patologia evidenziata nella presente causa, lo status di soggetto “equiparato alle vittime del dovere” a causa della riconducibilità della suindicata infermità agli artt. 1 comma 564 , della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed artt. 1 e 6 del D.P.R. 7 luglio 2006, nonché agli artt. 78 e 79 della legge 23.12.2007, nr. 244 (ora recepiti negli artt. 603 e 1907 del D. Lgs 15 marzo 2010, n. 66.
All’udienza pubblica dell’8 marzo 2023, sentite le conclusioni delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
La domanda delle ricorrenti, eredi del carabiniere defunto, è volta, come detto, al conseguimento dell’indennità prevista dalla disciplina sull’equo indennizzo la quale, come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, “per sua natura richiede la dimostrazione del nesso di causalità con i compiti di servizio” (Cons. Stato, sez. II, 16 febbraio 2022, n. 1159).
Come sopra esposto, il parere in epigrafe impugnato del CVCS fa seguito ai precedenti pareri dello stesso Comitato n. -OMISSIS- del 31.03.2010 e n. -OMISSIS-, il secondo reso in sede di riesame nell'adunanza n. 53/2011 del 07.06.2011, i quali avevano entrambi ritenuto insussistente il nesso causale tra la patologia oncologica contratta dal ricorrente ed il servizio dal medesimo espletato all’estero (in Bosnia Herzegovina) nel corso dell’anno 2000, in area che era stata teatro di guerra.
Secondo il costante orientamento del Consiglio di Stato, il giudizio medico legale afferente alle domande di equo indennizzo si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, “sono sottratti al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo salvi i casi in cui si ravvisi un’irragionevolezza manifesta o un palese travisamento dei fatti, ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale” (cfr. Cons. Stato n. 1159 del 2022 cit. che, a sua volta, richiama Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 885).
Quindi, se è vero che il Comitato di Verifica, nell’esercizio della discrezionalità tecnica che gli compete, non opera alcuna comparazione tra interesse pubblico primario e secondario, il sindacato del giudice amministrativo in tale ambito è di tipo “intrinseco”, ma limitato ad ipotesi di mancata valutazione di circostanze di fatto ovvero ad irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti tali da rendere il giudizio espresso non soltanto “opinabile” ma, in termini più radicali, “inattendibile”.
Con quest’ultimo termine si intende una valutazione pretesamente tecnico-scientifica che si pone in realtà al di fuori dell’ambito di opinabilità ammesso nel settore tecnico o disciplinare di riferimento. Viceversa, ove si riveli soltanto “opinabile” (senza essere palesemente “inattendibile” ) il diverso apprezzamento suggerito dalla parte mediante il tecnico di sua fiducia, se accolto dal Giudicante, finirebbe per affiancarsi a quello altrettanto opinabile dell’Amministrazione, sostituendolo in modo inammissibile ed invadendo l’ambito delle attribuzioni riservate alla medesima.
Quindi “alla stregua del costante orientamento giurisprudenziale in subiecta materia, va ribadito che le valutazioni del Comitato di Verifica per le cause di servizio di cui al d.P.R. 29 ottobre 2001‚ n. 461 …sono insindacabili se adeguatamente motivate e, soprattutto, se coerenti con le circostanze di fatto emerse nel corso del procedimento. Tra l’altro, anche l’esame della documentazione eventualmente prodotta dall’interessato rientra nell’alveo dell’esercizio di un potere di discrezionalità tecnica attribuito alla pubblica Amministrazione, con la conseguenza che il giudice potrà esercitare il proprio sindacato solo in caso di macroscopiche illegittimità, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione procedente ” (Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2019, n. 2593;cfr., in termini, TAR Lazio, I-bis, 26 settembre 2022, n. 12206).
Pronunciandosi mediante parere il parere -OMISSIS- reso nell’adunanza n. 2669 del 13.01.2022 (impugnato), il Comitato ha confermato, come visto, il proprio avviso negativo, avendo ritenuto che: “La scienza medica si è costantemente espressa nell'affermare che il rischio per la salute riconducibile all'esposizione all'uranio impoverito sussiste significativamente solo per l'effetto dell'inalazione di sostanze cancerogene a seguito dell'impatto dei proiettili all'uranio impoverito, ossia solo per chi si sia trovato a brevissima distanza di tempo da un mitragliamento con u.i. e nelle immediate vicinanze di edifici o veicoli colpiti (TAR Campania n. 618/2017). Inoltre, riscontrare nanoparticelle in campioni di tessuti neoplastici (studio Nanodiagnostics) non è suggestivo di esposizione ad uranio impoverito in Teatro Operativo, in quanto la presenza di metalli pesanti è stata riscontrata anche in contesti urbani o comunque industrializzati;ne consegue che il semplice rinvenimento all'interno di biopsie o campioni chirurgici di"particelle inorganiche di origine esogena" nella maggior parte dei casi classificabili come composti metallici non depone per un'esposizione in teatro operativo. Infatti nanoparticelle di ferro, nichel, bario, calcio, cromo, titanio sono comunemente rilevabili nelle frazioni PM10 e PM2.5 del particolato atmosferico e come tali possono essere inalate e successivamente depositarsi nei tessuti come particelle micrometriche. Infine, per quanto concerne il rischio delle vaccinazioni, lo studio Signum 1 ha dimostrato che non esiste genotossicità del vaccino, anche per somministrazioni ravvicinate. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o di concausalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso neoplastico.”.
Per quanto la conclusione sia di piena conferma di quanto concluso con gli anteriori pareri n. -OMISSIS- del 31.03.2010 e n. -OMISSIS- (trattasi dei pareri annullati dalla sentenza della Sezione Prima Stralcio n. -OMISSIS-del 04/10/2021), è immediatamente percepibile come il parere in questa sede impugnato esprima una motivazione molto più ampia e articolata, toccando aspetti non considerati dai precedenti, i quali attengono sia ad argomentazioni scientifiche “generali” , che ad aspetti del concreto servizio espletato dal militare (con particolare riguardo alla sua breve esperienza in Bosnia nell’anno 2000 in missione internazionale di “peace keeping” ).
L’istruttoria documentale induce questo Collegio a ritenere corrette e, comunque, non manifestamente irragionevoli né errate in punto di fatto le più recenti conclusioni del Comitato.
Quanto ai precedenti di servizio e alla sussistenza di una effettiva e duratura esposizione ai fattori di rischio oncologico riferiti dal ricorrente, con riguardo alle sua unica missione internazionale il Comitato di verifica ha appurato che il graduato prendeva parte dal 20.4.2000 al 30.11.2000 alla missione in Bosnia, quale addetto alla compagnia Charlie con mansioni di autista del comandante nel reggimento MSU, svolgendo attività di ordine pubblico, check-point sia in base che fuori area, attività di pattuglia, perlustrazioni, ricognizioni.
Tuttavia lo stesso Organo tecnico preposto alla verifica ha esplicitato che l’infermità in oggetto - -OMISSIS- - NON PUO' RICONOSCERSI DIPENDENTE DA FATTI DI SERVIZIO, in quanto, “nei precedenti di servizio dell'interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica. Il più importante fattore di rischio nel tumore del polmone è rappresentato dal fumo di sigaretta: esiste infatti un chiaro rapporto dose-effetto tra questa abitudine e la malattia. Il fumo di sigaretta non è l'unico fattore di rischio per questa malattia. Esistono altri cancerogeni chimici come l'amianto (asbesto), il radon, i metalli pesanti, che provocano il tumore soprattutto in quella parte di popolazione che viene a contatto con queste sostanze per motivi di lavoro (esposizione prolungata). Dai rapporti informativi allegati, in particolare nel periodo svolto in Bosnia dal 20 aprile al 30 novembre 2000, non risulta esposizione ai fattori suddetti.”.
Non risulta, in particolare dagli atti di causa (né viene allegato, invero, da parte ricorrente) che nel corso del periodo indicato il carabiniere abbia mai partecipato a scontri a fuoco.
Non risulta (e non viene allegato dal ricorrente) che egli sia mai stato esposto a munizionamento ad uranio impoverito, a sostanze tossiche e a nanoparticolati provenienti da esplosioni belliche.
Come osservato dal Comitato di Verifica, “la scienza medica si è costantemente espressa nell'affermare che il rischio per la salute riconducibile all'esposizione all'uranio impoverito sussiste significativamente solo per l'effetto dell'inalazione di sostanze cancerogene a seguito dell'impatto dei proiettili all'uranio impoverito, ossia solo per chi si sia trovato a brevissima distanza di tempo da un mitragliamento con u.i. e nelle immediate vicinanze di edifici o veicoli colpiti”, situazioni che non sono emerse nella vicenda di servizio del ricorrente (cfr. TAR Campania n. 618/2017)”.
Non si configura quindi, stando a quanto riferito e, almeno in parte, documentato dall’Amministrazione (e non confutato, invero, dal ricorrente) una costante partecipazione attiva del militare ad operazioni belliche ad alto rischio di esposizione a microparticelle di metalli pesanti. Non vengono, d’altra parte, allegate dal ricorrente precise circostanze di tempo e di luogo (siti, situazioni, percorsi coperti) da cui si possa evincere, anche in termini soltanto probabilistici, un aumento del rischio ordinario derivante dalla esposizione a fattori inquinanti che sarebbe legato, a quanto affermato in ricorso, dall’uso frequente di automezzi militari nella qualità di autista, con esposizione alla polvere che si sollevava nei percorsi coperti i quali, “presumibilmente”, avrebbero potuto contenere particelle di metallo pesante in quanto colpiti in passato da bombardamenti con munizionamenti all’uranio impoverito.
Peraltro i servizi svolti dal dante causa delle ricorrenti in Bosnia si sono svolti molti anni dopo i riferiti bombardamenti massicci.
In verità, quelle allegate da parte ricorrente sono circostanze alquanto generiche, in quanto tali inidonee a dimostrare l’insorgenza di un incremento di fattori specifici afferenti al rischio di contrarre una malattia oncologica, rispetto al rischio che comunemente corre un militare che non abbia operato nel medesimo teatro di guerra.
Il nesso di causalità, in ogni caso, è stato escluso dall’organo tecnico che, nel suo dettagliato parere, all’esito di una attenta disamina di tutta la documentazione in atti e raccolti i dati anamnestici, ha evidenziato quanto segue:
i) “dagli studi dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa, che ha preso in considerazione i casi di neoplasie maligne occorsi al personale militare nel periodo 1996-2011, risulta un'incidenza globale di tumori inferiore a quella attesa per il personale militare impegnato in missioni OFCN: la coorte dei militari impegnati in OFCN non sembra presentare un rischio specifico maggiore di contrarre patologie neoplastiche. Non esistono infine pubblicazioni scientifiche che dimostrino un’aumentata incidenza della patologia neoplastica nei militari che hanno preso parte a missioni OFCN” ;
ii) “dal 1999 ad oggi sono stati pubblicati più di 8000 articoli sui possibili danni dell'uranio impoverito e/o delle nanoparticelle e sviluppo di patologie neoplastiche: nessuno di questi dimostra un nesso causale tra l'uranio impoverito e/o le nanoparticelle e lo sviluppo di neoplasie: sul British Journal of Radiology il Prof. M nel 2001 ha descritto uno studio dove sono stati seguiti 60 reduci della Guerra del Golfo che erano stati colpiti dal fuoco amico e presentavano delle schegge di proiettili contenenti uranio depleto infisse nel proprio corpo che non era stato possibile rimuovere: nonostante le urine di questi pazienti continuano a mostrare la presenza di uranio, costantemente rilasciato dalle schegge, sono tutti vivi e nessuno ha sviluppato malattie neoplastiche a distanza di più di 10 anni”;
iii) “un altro lavoro pubblicato su Lancet nel 2000 da G M, studio retrospettivo di coorte, ha analizzato 53462 veterani inglesi, confrontandoli con una popolazione di riferimento di soldati inglesi omogenea per numero e caratteristiche, con un lungo periodo di osservazione, dal 1991 al 1999: si dimostrava un lieve eccesso di decessi dovuti ad incidenti nei reduci rispetto ai militari non impiegati nel Golfo, tuttavia non si presentava nessun aumento di rischio di contrarre patologie neoplastiche”;
iv) “anche i risultati della Commissione Mandelli, pubblicati sul Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità (vol 16, n°7/8, luglio/agosto 2003) hanno evidenziato, nel personale militare impiegato in Bosnia e Kosovo, da una parte un numero di tumori maligni significativamente inferiore a quello atteso, calcolato sulla base dei dati di incidenza dei Registri tumori italiani relativi al periodo 1993-1997, dall’altra un eccesso significativo di casi di linfoma di Hodgkin. In realtà l'eccesso di casi di linfoma di Hodgkin è limitato al solo anno 2000, ed è peraltro osservabile anche nei militari italiani non impiegati in Bosnia e Kosovo. Dalle risultanze della IEA (International Atomic Energy) e dell'UNEP (United Nations Enviromental Program) è emerso che non si è registrata una contaminazione significativa delle aree sottoposte a mitragliamento con dardi all'uranio impoverito, eccetto nei punti di contaminazione dove sono stati rinvenuti i dardi e che comunque anche tali punti non presentano comunque rischi significativi di contaminazione dell'aria, dell'acqua o delle piante (Tar Cagliari n. 338/2014)”.
Per quanto attiene all'esposizione all’uranio impoverito nei poligoni militari nazionali, questo TAR ha già esaminato la questione nella sentenza n. 12206/2022 nella quale si menzionano le conclusioni a cui è pervenuta la Commissione parlamentare d'inchiesta in materia che al riguardo cosi ha concluso: “Gli studi e le indagini scientifiche realizzate sino ad oggi non hanno rilevato la presenza sul territorio, nelle aree interessate da attività esercitativa, addestrativa e sperimentale o nei pressi di esse, di contaminazione da urania impoverito, come residuo di manufatti ad uso militare, né sono state reperite tracce di esso nelle numerose analisi effettuate anche con strumentazioni sofisticate sui tessuti patologici di militari affetti da tumori o da altre malattie invalidanti”.
Infine, con riferimento al ravvisato rischio espositivo all'U.I. cui sarebbe stato esposto il ricorrente nei poligoni nazionali frequentati, occorre rappresentare che la Commissione parlamentare d'inchiesta giungeva alle seguenti conclusioni: “[...] le Forze Armate italiane non hanno mai impiegato munizionamento al 'uranio impoverito sia in attività addestrative, per lo svolgimento delle quali è assicurato il pieno rispetto delle normative vigenti, sia fuori dai confini nazionali. L’utilizzo del munizionamento all’uranio impoverito - ha inoltre precisato il Ministro - non è consentito nei poligoni in uso alle Forze Armate italiane e anche i paesi alleati o amici che utilizzano tali installazioni sono vincolati all’osservanza dei regolamenti d'uso, in cui sono elencati sia la tipologia di armamento che il munizionamento impiegabile. Non è risultato dalle indagini della Commissione che tali munizionamenti siano stati utilizzati presso i poligoni di tiro insediati sul territorio nazionale [...] ".
Per quanto concerne, invece, il riferimento alle vaccinazioni da parte del ricorrente, va detto che i vaccini, per loro natura, stimolano e rafforzano le difese immunitarie e non le indeboliscono.
Al riguardo, in particolare “non è emersa alcuna evidenza scientifica, in bibliografia medica, che possa riconoscere la sussistenza di un nesso causale fra le vaccinazioni e il rischio di LH. Al contrario, esistono invece evidenze scientifiche delle finalità preventive in ambito oncologico correlate all’utilizzo di alcune vaccinazioni. La letteratura scientifica di settore non rileva correlazioni tra vaccinazione ed oncogenesi. Inoltre, dall' esame della copia del libretto presentato dal sig. Scarpa in sede di verificazione si evince che trattasi di vaccini validati ed approvati dal Ministero della Salute, per i quali è stata dimostrata l’insussistenza di correlazione tra somministrazione e insorgenza di malattia a genesi oncogena.” (TAR Lazio I-bis, sent. ult. cit.).
Per tutto quanto precede, ad avviso del Collegio, deve escludersi la fondatezza delle censure svolte dal ricorrente nel senso che deve escludersi la sussistenza di vizi logici, di travisamento dei fatti, di carenza istruttoria e di difetto di motivazione nelle valutazioni espresse dal CVCS e nel conforme provvedimento dell’Amministrazione.
Il ricorso, pertanto, è da respingere mentre può disporsi la compensazione integrale delle spese processuali tra le parti in causa considerata la particolare natura della controversia.