TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-12-27, n. 202303109

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-12-27, n. 202303109
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202303109
Data del deposito : 27 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2023

N. 03109/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01770/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1770 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di Salerno, Ministero dell'Interno, Questura di Salerno, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

- del decreto n-OMISSIS-, emesso dal Prefetto di Salenro il -OMISSIS-;

- di ogni ulteriore atto presupposto, consequenziale o connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Salerno, del Ministero dell'Interno e della Questura Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2023 il dott. R E e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 28 ottobre 2021 e depositato il 24 novembre 2021, il ricorrente impugna la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia disposta dalla Questura di Salerno con provvedimento del -OMISSIS-, notificato il successivo -OMISSIS-.

Il ricorrente è stato infatti deferito all’Autorità giudiziaria per aver tenuto “un atteggiamento minaccioso dei confronti di altra persona, incutendo alla stessa uno stato d’ansia e facendola temere per la propria incolumità fisica”.

2. Con il ricorso proposto si deduce il difetto di istruttoria e di motivazione in quanto il provvedimento impugnato non specifica con esattezza l’episodio oggetto del procedimento penale, sotto il profilo delle circostanze, della data e delle persone offese, della consistenza del coinvolgimento del ricorrente e delle condotte violente tenute. Il ricorrente evidenzia che l’episodio attiene (secondo quanto appreso a seguito di una richiesta ex art. 335 c.p.p.) a una lite tra familiari non conviventi, in particolare a una banale e isolata discussione nel corso della quale non ha tenuto alcuna condotta di minaccia. I fatti contestati non sono stati oggetto di alcun accertamento e non risultano autonomamente valutati. Non risultano evidenziati specifici profili di pericolosità, fondandosi la valutazione dell’amministrazione unicamente su episodio isolato, non accertato e non definito, senza alcun apprezzamento della condotta complessiva del ricorrente. Si lamenta inoltre l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, in assenza di ragioni di urgenza e stante l’inapplicabilità dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990.

3. Si è costituita l’amministrazione chiedendo il rigetto del ricorso.

4. All’udienza pubblica del 22 novembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Occorre premettere che, come affermato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn. 440/1993 e 24/1981 e ribadito costantemente dalla giurisprudenza amministrativa, “ il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi ”, sancito dall’art. 669 c.p. e dall’art. 4, comma 1, della legge n. 110/1975. Le valutazioni dell'Autorità in questo ambito sono caratterizzate da ampia discrezionalità, come evidenziato dagli artt. 11, 39 e 43 del R.D. n 773/1931. L’art. 39 del R.D. n. 773/1931 attribuisce alla Prefettura il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi sia ritenuto capace di abusarne;
l’art. 43 del medesimo R.D. consente alla Questura di ritirare o di negare il rilascio o il rinnovo dei titoli abilitativi sulla base di una valutazione relativa alla buona condotta e alla capacità di abuso delle armi da parte del richiedente. In considerazione della finalità preventivo-cautelare a tutela della incolumità dei consociati nonché dell'ordine e della sicurezza pubblica, ai fini dell’adozione dei citati provvedimenti è sufficiente che sussistano fatti e circostanze che, pur isolati e privi di rilievo penale nonché non afferenti all’uso delle armi, siano tuttavia idonei indici di una non specchiata condotta e del venir meno della assoluta affidabilità;
non è necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi essendo sufficiente il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, che l’Amministrazione può apprezzare discrezionalmente e sulla base di considerazioni probabilistiche, alla luce della finalità non sanzionatoria o punitiva ma cautelare dei provvedimenti della specie, finalizzati a prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati. Come affermato da Consiglio di Stato, sez. III, 28 dicembre 2022, n. 11470 l’apprezzamento discrezionale rimesso all’Autorità di pubblica sicurezza involge soprattutto il giudizio di affidabilità del soggetto che detiene o aspira a ottenere il porto d’armi. A tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso delle armi, che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori. Il pericolo di abuso delle armi è valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di abuso delle armi. Come recentemente confermato da questa Sezione (28 dicembre 2021, n. 8701) l’autorizzazione alla detenzione ed al porto d’armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico, nonché delle regole di comune buona convivenza. La valutazione dell’Autorità di pubblica sicurezza è caratterizzata da ampia discrezionalità, perseguendo lo scopo di prevenire, per quanto possibile, i delitti (ma anche i sinistri involontari), che potrebbero avere occasione per il fatto che vi sia la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili;
tanto che il giudizio di “non affidabilità” è per certi versi più stringente rispetto a quello di “pericolosità sociale”, giustificando per esempio il diniego anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a “buona condotta”. Ed ancora questa Sezione (27 aprile 2022, n. 3331) ha precisato come la “capacità di abuso” delle armi delinea una formula ampia, suscettibile di abbracciare tutte le situazioni che secondo il prudente apprezzamento dell’Amministrazione sono sintomatiche della inaffidabilità dell’interessato, alla luce di considerazioni inerenti alla sua persona e/o al contesto familiare e sociale in cui è stabilmente inserito
”.

La valutazione condotta dall’Amministrazione non appare, nel caso di specie, affetta dai vizi prospettati.

Gli atti istruttori, pur nella loro genericità, evidenziano che in data 19 luglio 2021, la signora -OMISSIS- ha sporto denuncia - querela contro il ricorrente “a seguito di minacce, nei confronti della stessa, procurandole uno stato d’ansia e temendo per la propria incolumità fisica anche in considerazione del fatto che l’uomo è possessore di porto di armi e armi”.

Il ricorrente risulta infatti indagato per il reato di cui all’art. 612 c.p. nell’ambito di quella che, sulla base della comunicazione ex art. 335 c.p.p. appare, secondo anche quanto riportato dal ricorrente, una lite familiare.

Tale condotta, non contrastata dal ricorrente mediante proposizione di denuncia - querela, non può considerarsi certamente indice di buona condotta né di certa affidabilità.

Con riferimento al contestato difetto di motivazione, occorre inoltre ribadire “ il consolidato e risalente orientamento della giurisprudenza secondo cui, in materia di armi, considerata l’ampia discrezionalità dei provvedimenti inibitori, gli stessi non sono sottoposti a un particolare onere motivazionale, in quanto è sufficiente che in essi siano presenti elementi idonei a far ritenere che le valutazioni dell’Autorità non siano irrazionali o arbitrarie o abnormi (Cons. St., Sez. III, 19 settembre 2022, n.8070) ” (cfr. TAR. Campania – Salerno, Sez. I, 31 gennaio 2023, n. 243).

Nel caso di specie, infatti, la valutazione compiuta dall’Amministrazione trova aggancio nella vicenda in cui è coinvolto il ricorrente, un contrasto familiare sfociato in una forte conflittualità personale, in grado di incidere sulla buona condotta e sull’affidabilità, anche a prescindere dalla rilevanza penale e dalla attinenza alla materia delle armi;
infatti “ situazioni di conflittualità che possono crearsi nei rapporti familiari, di convivenza o di vicinato, trattandosi di situazioni in cui la tensione nelle relazioni interpersonali, unita alla contiguità dei rapporti, tende ad acuirsi e ad esasperarsi con il decorso del tempo, rendendo inopportuno, a tutela della pubblica e della privata incolumità, che i protagonisti di tali conflitti abbiano la disponibilità di armi da sparo, ancorché l'uso improprio di esse non si sia già verificato ” (cfr. TAR Campania - Salerno, sez. I, 10 ottobre 2019, n. 1724).

A ciò si aggiunga che l’urgenza nell’adozione dei provvedimenti in materia di armi, essendo preordinati a scongiurare situazioni di pericolo e a salvaguardare l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, risulta in re ipsa .

7. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

I tratti di peculiarità della controversia consentono di disporre la compensazione delle spese di lite.

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