TAR Catania, sez. III, sentenza 2019-07-09, n. 201901724
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Testo completo
Pubblicato il 09/07/2019
N. 01724/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01521/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1521 del 2018, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, Via Firenze 225;
contro
Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Direzione di Amministrazione, Sezione Equo Indennizzo, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
a) del decreto n. 736/C4, comunicato in data 29 aprile 2018, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con cui è stata respinta l’istanza del ricorrente per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e per la concessione dell’equo indennizzo in relazione alla patologia dallo stesso sofferta;b) del presupposto parere n. 052732016 del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti la costituzione dell’Amministrazione intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2019 il dott. D B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame il ricorrente, Vice Brigadiere dei Carabinieri, ha impugnato: a) il decreto n. 736/C4, comunicato in data 29 aprile 2018, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con cui è stata respinta la sua istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e per la concessione dell’equo indennizzo in relazione alla patologia dallo stesso sofferta;b) il presupposto parere n. 052732016 del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio.
La patologia di cui si tratta è la seguente: “-O-ed -O-(classe -O-^) in -O-”.
Deve precisarsi che un primo rigetto dell’Amministrazione sull’istanza formulata dall’interessato per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e per la concessione dell’equo indennizzo è stato annullato con sentenza di questo T.A.R. n. 2637/2014, con cui il relativo ricorso è stato accolto per difetto di istruttoria e per difetto di motivazione.
Con successivo decreto l’Amministrazione aveva, quindi, riconosciuto la dipendenza da causa di servizio, ma con il provvedimento in questa sede impugnato, emesso sul presupposto (e parimenti impugnato) parere espresso dal Comitato di Verifica, il decreto che aveva riconosciuto la dipendenza da causa di servizio è stato annullato (essendo esso stato emanato per un mero errore materiale) ed è stato definitivamente espresso un negativo avviso in ordine alla dipendenza da causa di servizio e alla richiesta di equo indennizzo.
Deve precisarsi che il Comitato di Verifica, nell’impugnato parere n. 052732016, ha formulato, in particolare, le seguenti osservazioni: a) per il periodo di servizio svolto in Kosovo “non risulta alcuna indicazione di condizioni particolari che possono rilevare ai fini della malattia in questione… risultando… parte del periodo coperto da” un “congedo per convalescenza”;b) in relazione alla prodotta consulenza medica di parte, “il consulente riporta proprie informazioni sullo svolgimento del servizio, indicandone condizioni particolarmente dure… che, invero, non risultano, né il consulente indicata la fonte di tale sua conoscenza”;c) “si è in presenza di una patologia riconducibile a una insufficiente -O-per riduzione del -O-o, a sua volta derivante dal -O-”;d) “poiché -O-può derivare da fattori multipli costituzionali o acquisiti su base individuale, la forma in questione non può attribuirsi al servizio prestato, anche perché in esso non risultano sussistenti specifiche situazioni di effettivi disagi o surmenage psico-fisico tali da rivestire un ruolo di causa o concausa efficiente e determinante”;e) “il richiedente ha svolto attività certamente rilevante ma non dissimile da quella comune per il tipo di servizio”;f) “non è risultata alcuna circostanza particolare, anche durante il breve servizio all’estero, né, poi, la predetta documentazione medica di parte ha anche solo ipotizzato ragioni concrete di collegamento tra servizio patologia”.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ha omesso di comunicare all’interessato il prescritto preavviso di rigetto, con conseguente violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990;b) non si è tenuto conto del servizio prestato in terra straniera (cioè in Kosovo) in periodo di guerra (e, segnatamente, dall’11 febbraio 2004 al 17 agosto 2004);c) il Comitato di Verifica ha erroneamente affermato che parte del periodo in questione sarebbe stato coperto da un congedo per convalescenza, mentre il ricorrente risulta essere stato in congedo soltanto per quindici giorni;d) il Comitato di Verifica, inoltre, ha erroneamente affermato che il consulente del ricorrente ha riferito “proprie informazioni sullo svolgimento del servizio”;e) il Comitato di Verifica, piuttosto, avrebbe dovuto fare riferimento ad eventuale documentazione di segno contrario rispetto a quanto rassegnato nelle conclusioni contenute nella consulenza di parte;f) il Kosovo, inoltre, costituisce solo parte dell’attività svolta dal ricorrente.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito la parziale inammissibilità del gravame, sollecitando comunque il suo rigetto nel merito e osservando, in sintesi, quanto segue: a) il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio risulta privo di legittimazione passiva, essendo chiamato ad esprimere un semplice parere nell’ambito del procedimento in esame;b) il provvedimento dell’Amministrazione ha natura vincolata rispetto all’avviso espresso dal Comitato di Verifica, il quale si pone come conclusivo e risolutivo nell’ambito del procedimento in questione;c) il parere di natura tecnico-discrezionale del Comitato di Verifica non può essere sindacato in sede giurisdizionale, se non nei casi di manifesta irragionevolezza;d) l’istruttoria svolta risulta assolutamente esaustiva;e) l’art. 10-bis della legge n. 241/1990 non trova applicazione nel procedimento in esame;f) l’interessato non ha fornito in questa sede elementi nuovi e ulteriori rispetto a quelli già esaminati dal Comitato di Verifica;d) i servizi svolti dal ricorrente sono connaturali alle funzioni affidate ai militari e non risultano esorbitanti rispetto agli ordinari compiti di istituto.
Con memoria in data 23 maggio 2019 il ricorrente ha sostanzialmente ribadito le proprie difese.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve in primo luogo rigettarsi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Amministrazione sul rilievo che il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio si configura quale atto endoprocedimentale, in quanto tale sfornito del requisito della lesività immediata.
Ciò in quanto nel caso di specie la circostanza che si tratti di atto endoprocedimentale non fa venir meno la lesività dell’atto, visto che il provvedimento finale si fonda esclusivamente sul parere del Comitato.
L’art. 14 del d.p.r. n. 461/2001 stabilisce, infatti, che: a) “l’Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato”;b) “l’Amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta;c) “l’Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato”.
Ai sensi della predetta disposizione, quindi, l’organo di amministrazione attiva che interviene a conclusione del procedimento può esprimere il proprio giudizio finale facendo proprio, anche con rinvio “ob relationem”, il parere espresso dal suddetto Comitato, mentre una motivazione specifica e puntuale è dovuta nei soli casi in cui l’Amministrazione, in base a elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto consesso (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. VI, 14/08/2007 n. 4471;Id., sez. III, 28/05/2012 n. 3141). In tal caso, resta fermo l’obbligo di chiedere un nuovo parere, che a quel punto diviene vincolante.
Vale a dire che nel suddetto procedimento il parere del Comitato si impone all’Amministrazione, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione che, pertanto, può essere assunto come motivazione unica della motivazione finale (cfr. Cons. St., sez. VI, 01/12/2009 n. 7516).
Tanto precisato, il ricorso appare infondato per le ragioni di seguito indicate.
Va, in primo luogo, rigettata la censura relativa alla denunciata violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, in quanto tale previsione non trova applicazione nel procedimento per il riconoscimento dell’equo indennizzo per infermità dipendenti da causa di servizio, essendo detto procedimento disciplinato analiticamente dal d.p.r. n. 461/2001, con prevalenza della disciplina speciale su quella generale contenuta nella legge sul procedimento amministrativo, e anche perché l’ultimo periodo del medesimo art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, che regolamenta l’invocato preavviso di rigetto, statuisce che tale istituto non si applica ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale e, quindi, anche ai procedimenti volti a conseguire il riconoscimento dell’equo indennizzo per infermità dipendenti da causa di servizio (sul punto, cfr., da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. Stralcio, n. 4767/2019).
Come, poi, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (cfr., fra le altre, T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, n. 162/2019, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 1216/2018, T.A.R. Molise, Campobasso, I, n. 1/2019 e n. 475/2018, T.A.R. Lazio, Roma, I-bis, n. 4762/2018 e n. 4435/2018, T.A.R. Lazio, Latina, I, n. 71/2018, T.A.R. Marche, Ancona, I, n. 767/2017, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 1431/2917, n. 1432/2017, n. 1190/2017 e n. 1016/2017, T.A.R. Puglia, Bari, II, n. 692/2017, T.A.R. Lazio, Roma, I-bis, n. 1707/2017, n. 653/2017 e n. 580/2017, T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, I, n. 303/2017, T.A.R. Marche, Ancona, I, n. 270/2016, n. 235/2016 e n. 80/2016, T.A.R. Campania, Napoli, VI, n. 1984/2016 e n. 1433/2016, T.A.R. Toscana, Firenze, I, n. 501/2016 e n. 131/2016, T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 2652/2015), ai fini del riconoscimento della causa di servizio devono essere allegati e documentati specifici episodi di servizio risultati particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, come tali idonei ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi delle infermità evidenziate, quantomeno sul piano concausale, non rilevando, di contro, circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa.
Nel caso di specie le circostanze allegate dal ricorrente (con particolare riferimento a quelle indicate nella consulenza di parte versata in atti) in ordine al presunto surmenage lavorativo non si riferiscono ad episodi particolarmente gravosi, eccezionali ed esorbitanti rispetto agli ordinari compiti d’istituto, posto che la prestazione professionale caratteristica del ruolo rivestito dall’interessato comporta la fisiologica esposizione ai fattori stressanti indicati in ricorso e, comunque, non risultano sostenuti da alcun principio di prova (che parte ricorrente avrebbe ben potuto offrire accedendo ai relativi documenti nella disponibilità dell’Amministrazione), ovvero non appaiono riferite a fatti sufficientemente specifici.
Ne consegue che il provvedimento impugnato - che è un atto plurimotivato - risulta adeguatamente sostenuto dal risolutivo riferimento alla circostanza che nella specie non sono individuabili nel servizio prestato disagi eccezionali che possano avere rivestito un ruolo causale o concausale nell’insorgenza della patologia.
In particolare, non può attribuirsi alla permanenza in Kosovo un particolare rilievo ai fini dell’insorgenza della patologia, sia in quanto tale permanenza non si è protratta a lungo, sia in quanto non risulta che il ricorrente, nel frangente in questione, sia stato chiamato a svolgere servizi straordinariamente impegnativi e esorbitanti le ordinarie mansioni di istituto.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Tenuto conto della materia trattate, le spese di lite possono essere compensate.