TAR Perugia, sez. I, sentenza 2015-06-01, n. 201500228
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00228/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00225/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 225 del 2014, proposto da:
G C, rappresentato e difeso dall'avv. M P, con domicilio presso T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3 ai sensi di legge;
contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Terni, rappresentati e difesi per legge dall' Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
previa sospensiva
- del provvedimento della Prefettura di Terni prot. 0010792 datato 18 marzo 2014 avente ad oggetto la revoca del decreto di approvazione della nomina a guardia particolare giurata e del porto di pistola con relativo libretto in quanto è risultata la mancanza dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 138 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 18.06.1931.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura di Terni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2015 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe l’odierno ricorrente, guardia giurata alle dipendenze della Mondialpol Terni s.r.l., impugna il provvedimento del Prefetto di Perugia, in epigrafe specificato, inerente la revoca del decreto di approvazione della nomina a guardia particolare giurata e del porto di pistola, per asserita mancanza dei requisiti previsti dall’art. 138 TULPS, motivato in riferimento a querela sporta il 4 settembre 2013 da parte di un collega per asserite minacce, ingiurie e percosse.
Contesta l’odierno istante la veridicità dei fatti rappresentati nella predetta denuncia, tanto da aver a sua volta presentato l’8 aprile 2014 denunzia per calunnia nei confronti del proprio querelante.
Deduce a sostegno dell’impugnativa i seguenti motivi, così sinteticamente riassumibili:
I. Violazione degli artt. 10, 11, 39, 40 e 43 del R.D. 773/1931 con riferimento al decreto del Prefetto per inidoneità dei fatti addotti dall’Amministrazione a supportare la disposta revoca, eccesso di potere per carenza di motivazione: l’autorità di pubblica sicurezza non avrebbe correttamente esercitato la pur ampia discrezionalità di cui è titolare, risultando il provvedimento impugnato emanato in via del tutto automatica sulla base della mera denuncia presentata contro il ricorrente e non assistita da alcun elemento idoneo a comprovarne la responsabilità personale, senza dunque alcuna valutazione in concreto, neppur sintetica, della pericolosità e della inaffidabilità del ricorrente;
II. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, falsa rappresentazione e travisamento: l’Amministrazione non avrebbe condotto adeguata istruttoria in merito alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione della misura gravata, svolgendo peraltro il ricorrente l’attività di guardia giurata da vent’anni senza precedenti penali o disciplinari di alcun tipo.
Si sono costituite le Amministrazioni intimate, chiedendo il rigetto del gravame, stante l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte, in sintesi evidenziando:
- la finalità preventiva del provvedimento impugnato per la prevenzione di reati e di fatti lesivi della pubblica sicurezza;
- la sufficienza della denuncia a giustificazione dell’adozione dei provvedimenti in esame, sussistendo la possibilità di abusi circa l’utilizzo delle armi.
Alla camera di consiglio del 14 maggio 2014, con ordinanza n. 66/2014 è stata accolta l'istanza cautelare poiché, “fermo restando l’ampia discrezionalità dell’autorità di pubblica sicurezza in subiecta materia , la mera denuncia di reato da parte di terzi, non essendo nel caso di specie supportata da elementi univoci o riscontri fattuali, non appare di per sé sufficiente, allo stato, a fondare la prognosi della perdita del requisito della buona condotta morale (art. 138 T.u.l.p.s.) formulata nei confronti dell’odierno ricorrente”.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del giorno 29 aprile 2015, nella quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
2. Il ricorso è fondato e va accolto.
2.1. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale anche dell’adito Tribunale, la revoca dell'autorizzazione del porto d'armi, quale atto con finalità di prevenzione di fatti lesivi della pubblica sicurezza, può essere sufficientemente sorretta anche da valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di " fumus ", in quanto nella materia de qua l'espansione della sfera di libertà dell'individuo è destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva ( ex multis Consiglio Stato sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604), non essendo richiesto l’accertamento di un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base di circostanze oggettive (Consiglio Stato sez. III, 1 aprile 2015, n. 1731;id. sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4073;T.A.R. Umbria 12 giugno 2014, n. 319).
Ancora, il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto ma rappresenta, invece, un'eccezione al normale divieto di portare armi (sancito dall'art. 699, c.p., e dall'art. 4 comma 1, l. n. 110 del 1975);tale eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il "buon uso" delle armi stesse (necessariamente anche con l'impiego di un'estrema prudenza), in modo tale da evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche, e prima di tutto, l'intera restante massa dei consociati (che si è adeguata alla regola generale e che, quindi, è priva di armi) sull'assenza di pregiudizi di ogni genere quanto alla loro incolumità (così Consiglio Stato sez. VI, 14 febbraio 2007, n. 616).
2.2. Muovendo da tali preliminari considerazioni, il provvedimento prefettizio impugnato risulta emanato sulla base della sola denunzia penale ai danni del ricorrente per minacce, ingiurie e percosse in danno di un collega, non assistita da elementi idonei a comprovare la veridicità dei fatti addebitati né da ulteriori argomenti atti a supportare il giudizio di pericolosità.
Infatti, se è innegabile che in subiecta materia la semplice denuncia di reato all’autorità giudiziaria può assurgere di per sé a giustificazione del giudizio di complessiva inaffidabilità, in ipotesi di estrema gravità dei fatti denunziati e dell’attendibilità dei medesimi (T.A.R. Lombardia - Milano sez. III, 20 novembre 2012, n. 2808;T.A.R. Umbria 12 giugno 2014, n. 319;Consiglio di Stato sez. III, 1 aprile 2015, n. 1731) nel caso di specie la denuncia risulta del tutto isolata ovvero non assistita da elementi ulteriori - quali rapporti di polizia, testimonianze, confessione ecc. - mentre il ricorrente ha presentato a sua volta denunzia per calunnia contro il proprio querelante.
Stando così le cose, in considerazione anche della non contestata irreprensibilità della condotta tenuta dal C durante il lungo periodo di servizio prestato, il giudizio prognostico di pericolosità sociale ed inaffidabilità nell’uso delle armi effettuato dall’autorità di pubblica sicurezza presta il fianco alle dedotte censure di eccesso di potere, nel senso che risulta carente la valutazione in concreto, seppur sintetica, della pericolosità e della inaffidabilità del ricorrente.
3. Per i suesposti motivi il ricorso va accolto e per l’effetto annullato il provvedimento impugnato.
Sussistono giusti motivi ai sensi degli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite, attesa la particolarità della materia trattata.