TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-06-15, n. 202107161

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-06-15, n. 202107161
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202107161
Data del deposito : 15 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2021

N. 07161/2021 REG.PROV.COLL.

N. 07850/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7850 del 2020, proposto da
Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A R C, C T, S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Vittoria Colonna, n. 39;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano, Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C/O Codacons Carlo Rienzi in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;
Associazione Codici - Centro per i Diritti del Cittadino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carmine Laurenzano, Ivano Giacomelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Nuovo Istituto Mutualistico per la Tutela dei Diritti degli Artisti Interpreti Esecutori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Panunzio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del provvedimento n. 28340 dell'8 settembre 2020 di chiusura del procedimento PS11563, notificato tramite posta elettronica certificata il 15 settembre 2020;

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso, ivi compreso, in particolare, il provvedimento del 5 marzo 2020 con cui l'Autorità ha rigettato gli impegni proposti da Poste ai sensi dell'art. 27, comma 7, del Codice del consumo e l'atto di avvio del procedimento del 26 novembre 2019;

nonché, in subordine,

per la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall'Autorità.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Codacons e di Associazione Codici - Centro per i Diritti del Cittadino;

Vista l’ordinanza cautelare n. 6930/2020;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 26 maggio 2021 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 26 novembre 2019 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in avanti, “Autorità” o “Agcm”) ha avviato nei confronti di Poste Italiane s.p.a. (in seguito, “Poste) il procedimento istruttorio PS 11563 per verificare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consumo relativamente a due condotte consistenti: a) nella promozione di caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate che non avrebbero trovato riscontro nel servizio effettivamente erogato;
b) nell’aver pubblicizzato il servizio di ritiro digitale delle raccomandate omettendo di indicare nei messaggi l’esistenza di limitazioni per la fruibilità del servizio medesimo.

2. A seguito dell’adunanza del 3 marzo 2020, l’Autorità ha rigettato con il provvedimento del 5 marzo 2020 gli impegni presentati da Poste.

3. Poiché la pratica commerciale oggetto del procedimento era stata diffusa, tra l’altro, attraverso internet e riguardava il settore postale, il 29 luglio 2020 veniva richiesto il parere all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“Agcom”), ai sensi dell’art. 27, commi 1 bis e 6, del Codice del consumo, che lo rilasciava il successivo 1° settembre 2020.

4. Il procedimento si concludeva con l’impugnato provvedimento n. 28340 dell’8 settembre 2020, con cui l’Autorità ha deliberato che le condotte poste in essere da Poste e consistenti nella promozione di caratteristiche del servizio di recapito delle raccomandate che non trovavano riscontro nel servizio effettivamente erogato e nell’aver pubblicizzato il servizio di ritiro digitale delle raccomandate omettendo di indicare nei messaggi l’esistenza di limitazioni per la fruibilità del servizio costituivano una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consumo. Agcm vietava altresì la diffusione o continuazione della pratica e irrogava a Poste una sanzione pari a € 5.000.000,00;
era, inoltre, imposta la pubblicazione, a cura e spese del professionista, del dispositivo del provvedimento sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 27, comma 8, del Codice del consumo, secondo le modalità riportate nel provvedimento stesso.

5. Avverso il provvedimento sanzionatorio Poste ha presentato ricorso, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

“I. SULLA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DI RIPARTO TRA AGCM E AGCOM: INCOMPETENZA DELL’AGCM CON RIFERIMENTO ALLA CONDOTTA A. NULLITÀ PER DIFETTO ASSOLUTO DI ATTRIBUZIONE”.

L’Agcm avrebbe strumentalmente individuato l’oggetto della contestazione nella potenziale ingannevolezza della comunicazione relativa alla posta raccomandata, mentre oggetto di valutazione sarebbero state esclusivamente le concrete modalità operative di recapito delle raccomandate, di competenza esclusiva di Agcom nella sua qualità di autorità di regolazione. Aggiunge la ricorrente che la stessa Agcom avrebbe rivendicato la propria competenza nell’ambito del procedimento dichiarando nel proprio parere che non potevano considerarsi sussistenti ipotesi di condotte rilevanti ai fini dell’avvio di procedimenti sanzionatori.

“II. SULLA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO PROCEDIMENTO: CARENZA ASSOLUTA DI POTERE E VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA E DEL CONTRADDITTORIO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 SS L. 241/90, ARTT. 27 SS D.LGS 206/2005 E 10 SS

DELIBERA AGCM

25411/2015”.

Premesso che nel provvedimento sono ripresi alcuni passaggi della relazione annuale del Presidente della Corte d’Appello di Roma per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, che ha posto in evidenza la rilevanza e criticità delle notificazioni, in particolare per il processo penale, la ricorrente sostiene che nel corso del procedimento l’Autorità non avrebbe svolto alcuna indagine sul servizio di notificazione degli atti giudiziari né avrebbe contestato a Poste di aver arrecato un pregiudizio allo svolgimento dei procedimenti giudiziari. Lamenta, in proposito, la violazione del principio della corrispondenza tra risultanze istruttorie e contenuto della delibera, posto a tutela del diritto alla difesa.

“III. SULLA NON INGANNEVOLEZZA DEI MESSAGGI PUBBLICITARI DI POSTE: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 19, 20 SS D.LGS 206/2005. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, TRAVISAMENTO IN FATTO E IN DIRITTO, IRRAGIONEVOLEZZA E ILLOGICITÀ”.

Nel provvedimento mancherebbero gli elementi necessari per considerarsi integrata una pratica commerciale scorretta, in quanto: in ordine alla condotta sub a), i messaggi pubblicitari utilizzati non potevano considerarsi ingannevoli, fornendo informazioni veritiere in merito alle caratteristiche dei servizi offerti;
in relazione alla condotta sub b), non vi sarebbero omissioni informative poiché i limiti alla fruizione del servizio di ritiro digitale sarebbero stati riportati nella documentazione pubblicitaria di Poste.

“IV. SUL RIGETTO DELLA PROPOSTA DI IMPEGNI PRESENTATA DA POSTE: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 27,

COMMA

7, DEL CODICE DEL CONSUMO. CONTRADDITTORIETÀ, ILLOGICITÀ E DIFETTO DI MOTIVAZIONE”.

Le motivazioni poste alla base del rigetto degli impegni presentati da Poste nel corso del procedimento sarebbero insufficienti in quanto generiche e, avuto riguardo alla condotta sub a), illogiche e contraddittorie. Quanto alla condotta sub b), parte ricorrente sostiene che mancherebbe del tutto la motivazione del rigetto degli impegni.

“V. SULLA QUANTIFICAZIONE DELLA SANZIONE: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 27 D. LGS. 206/2005, 11 L. 689/1981, 14 L. 287/1990, 7 SS. D.P.R. 217/1998, 3 SS. L. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER FALSO SUPPOSTO DI FATTO, TRAVISAMENTO IN DIRITTO, ILLOGICITÀ, IRRAGIONEVOLEZZA, MOTIVAZIONE ERRATA E DIFETTO DI ISTRUTTORIA”.

L’Autorità avrebbe applicato una sanzione pari al massimo edittale di 5 milioni di euro senza accertare che la pratica oggetto di accertamento fosse estremamente grave per i consumatori e non considerando l’atteggiamento collaborativo che la società aveva dimostrato nel corso del procedimento.

“VI. SULL’ORDINE DI PUBBLICAZIONE DEL DISPOSITIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ ART. 27, CO. 8, D. LGS. 206/2005. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO IN DIRITTO, ILLOGICITÀ E IRRAGIONEVOLEZZA”.

L’obbligo di pubblicare il dispositivo su tre quotidiani nazionali per tre giorni consecutivi sarebbe una misura ingiustificata e sproporzionata, applicata a prescindere dal reale impatto sul mercato dalle condotte sanzionate e in assenza del presupposto previsto all’art. 27 del Codice del consumo, vale a dire che la pratica commerciale scorretta continui a produrre i suoi effetti ai danni dei consumatori.

6. Si è costituita l’Agcm per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto siccome infondato nel merito.

7. Si sono altresì costituiti in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso il Codacons e l’Associazione Codici, che erano intervenute nel procedimento avviato dall’Autorità in qualità di associazioni di consumatori.

8. A seguito della camera di consiglio dell’11 novembre 2020 si è dato atto della rinuncia di parte ricorrente alla istanza cautelare presentata unitamente al gravame.

9. Con atto ritualmente notificato e depositato il 26 aprile 2021 il Nuovo istituto mutualistico per la tutela dei diritti degli artisti interpreti esecutori (“Nuovo IMAIE”) ha presentato intervento ad opponendum . Poste Italiane e l’Associazione Codici hanno chiesto l’estromissione dal giudizio del Nuovo IMAIE in quanto ritenuto privo di legittimazione ad agire ed interesse.

10. All’udienza del 26 maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, si osserva che sussistono le condizioni per l’intervento ad opponendum da parte del Nuovo IMAIE. L’ente ritiene di avere subito le conseguenze negative derivanti da una pratica di Poste asseritamente omogenea a quella sanzionata con il provvedimento impugnato, il che conduce a ritenere, a prescindere dalla fondatezza della pretesa vantata, che l’Istituto sia titolare un interesse di mero fatto sotteso al mantenimento dell’assetto determinato dal provvedimento impugnato, tale da giustificarne l’intervento nel presente giudizio.

2. Nel merito, il ricorso è infondato.

3. Al primo motivo, parte ricorrente sostiene l’incompetenza dell’Autorità a sanzionare le condotte imputate a Poste. La censura è dedotta sotto un duplice profilo: non troverebbe applicazione il Codice del consumo in quanto il servizio di raccomandata è rivolto al “mittente”, che nella maggior parte dei casi non sarebbe un consumatore bensì un professionista;
l’oggetto dell’accertamento, riguardando la modalità operativa di recapito delle raccomandate, apparterrebbe alla cognizione dell’Agcom, come si desumerebbe anche dalla lettura del parere rilasciato da tale autorità nel corso del procedimento.

Quanto al primo aspetto, è sufficiente osservare che pacificamente il servizio di raccomandata è rivolto (anche) ai consumatori e l’asserita preponderanza di utilizzo del servizio da parte di professionisti è irrilevante ai fini dell’accertamento dell’illecito.

L’accertamento in parola, inoltre, attiene a un ambito di valutazione complementare e non sovrapposto né sovrapponibile a quello spettante all’Agcom. Tale autorità ha ritenuto che, fermi restando i profili di ingannevolezza e aggressività di cui al Codice del consumo, di competenza della Agcm, la condotta di Poste non rilevava ai fini dell’avvio di un procedimento sanzionatorio per la violazione delle modalità di recapito previste dalle condizioni generali di servizio, approvate dall’Agcom con delibera n. 385/13/CONS, ai sensi dell’articolo 22 del decreto legislativo n. 261 del 1999. Ciò è perfettamente coerente con le indicazioni desumibili dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 13 settembre 2018, secondo cui la regola generale è che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato mentre quella delle altre Autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli “aspetti specifici” delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili. Ciò impone un confronto non tra interi settori o tra fattispecie concrete, ma tra singole norme generali e di settore, con applicazione di queste ultime soltanto qualora esse contengano profili di disciplina incompatibili e antinomici con quelle generali di disciplina delle pratiche commerciali scorrette. Nel caso di specie, poiché non esiste una normativa di settore dell’Agcom che disciplini in maniera radicalmente divergente la pratica commerciale posta in essere da Poste, la competenza all’accertamento della scorrettezza della condotta è in capo all’Agcm. L’accertamento, infatti, non ha riguardato, come sostiene parte ricorrente, la verifica delle modalità di erogazione del servizio postale bensì, quanto alla condotta sub a), la potenziale decettività del messaggio promozionale circa la comodità, la certezza e la velocità di consegna delle raccomandate e, in ordine alla condotta sub b), le limitazioni di utilizzo del servizio di “ritiro digitale”.

4. Le contestazioni presenti al secondo motivo di impugnazione, secondo cui il procedimento istruttorio sarebbe viziato per non avere Agcm effettuato una indagine sul servizio di notificazione degli atti giudiziari (e sui disservizi asseritamente riscontrati), non hanno, poi, rilevanza ai fini del giudizio sulla legittimità del provvedimento.

I “danni arrecati al sistema giustizia” sono, infatti, richiamati al par. 114 e 116 della delibera impugnata esclusivamente ai fini della quantificazione della sanzione (e, segnatamente, avuto riguardo al profilo della “gravità” della violazione) e non anche a supporto della dimostrazione della illiceità delle condotte poste in essere da Poste. Quanto al riferimento, contenuto al par. 104 del provvedimento, all’importanza della tempestiva esecuzione del servizio di recapito della raccomandata contenente atti giudiziari al fine dello svolgimento dei processi, si tratta di una affermazione che è meramente funzionale a definire il particolare grado di diligenza professionale richiesto a Poste, avuto riguardo alle caratteristiche del servizio svolto.

5. Il terzo mezzo di impugnazione si incentra sulla carenza degli elementi essenziali per qualificare come “ingannevole” il messaggio pubblicitario di Poste, avuto riguardo a entrambe le condotte descritte nel provvedimento.

6. Per quanto riguarda la prima condotta, al par. 79 il provvedimento osserva che nel sito internet di Poste era enfatizzata << la comodità, la certezza e la velocità di consegna delle raccomandate ponendo in risalto, oltre ai tempi di consegna (da 1 a 6 giorni dall’accettazione, a seconda del tipo di raccomandata), i c.d. “ tentativi di recapito” (ossia i tentativi di recapitare il plico direttamente al domicilio del destinatario) e facendo uso di claim qual i “DA SEMPRE, LA RACCOMANDATA È SINONIMO DI CERTEZZA. Quante volte hai usato la Raccomandata nella tua vita? Le tue comunicazioni più importanti, quelle che fanno la differenza nella tua vita, devi sapere dove sono, quando arriveranno, chi le riceverà”;
“Consegna veloce”;
“È veloce ma si lascia seguire”;
“Da noi velocità vuol dire anche precisione
”>>. La decettività dei claim era ricollegata alla circostanza che l’enfasi posta sulla certezza e velocità della consegna delle raccomandate non trovava riscontro nel servizio effettivamente erogato, in ragione della “ sussistenza di criticità nelle effettive modalità di consegna, dovute ai numerosi mancati tentativi di recapito da parte dei portalettere, di cui Poste risulta pienamente consapevole ” (par. 81).

In proposito, parte ricorrente deduce che Poste avrebbe sempre agito nel rispetto dei massimi livelli di diligenza professionale e che gli obiettivi in merito alle “inesitate” non erano previsti dal regolatore ma definiti in assoluta autonomia dal gestore;
aggiunge che, comunque, Poste aveva adottato misure correttive per minimizzare il numero di inesitate, svolgendo a tal fine ulteriori onerose attività pure in assenza di vantaggi economici.

Le censure di parte ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza del percorso argomentativo seguito dall’Autorità nel provvedimento impugnato, che attraverso un adeguato supporto probatorio ha dimostrato che esisteva ed era particolarmente diffuso il fenomeno del mancato esperimento del tentativo di consegna, fenomeno che era confermato dagli stessi report dei reclami predisposti dal professionista (cfr., in particolare, i par. 80 e ss., dove l’Autorità riporta numerose evidenze atte a dimostrare come Poste fosse consapevole della significativa diffusione del fenomeno del mancato esperimento del tentativo di consegna da parte dei postini che lasciano nella cassetta domiciliare avvisi di giacenza senza suonare il campanello). Rispetto ai disservizi segnalati, Poste non ha fornito adeguate reazioni, limitandosi alla sensibilizzazione degli operatori a porre “la massima attenzione durante l’espletamento del servizio”, senza attivare reali misure correttive. In proposito, inconferenti sono i richiami presenti nel gravame alla implementazione da parte di Poste di modalità di consegna tramite “locker” e alla estensione, a partire dal 2019, del servizio di recapito al pomeriggio dei giorni lavorativi e al sabato mattina, trattandosi di misure che non sono volte al controllo del rispetto dei tempi di consegna e dell’effettivo espletamento del tentativo di recapito da parte del portalettere.

Quanto, poi, alla circostanza che i messaggi pubblicitari erano integrati da fogli informativi, contenenti l’indicazione dei “tempi di consegna”, sostanzialmente rispettati da Poste, ciò non scalfisce la correttezza dell’affermazione presente nel provvedimento secondo cui i richiamati claim pubblicitari non erano veritieri, tenuto conto che “ il tentativo di recapito non viene sempre esperito, con la tempistica e la certezza enfatizzate nel messaggio ” (par. 104).

7. Anche in relazione alla seconda condotta oggetto di accertamento da parte dell’Autorità non sussistono i vizi dedotti nel gravame.

Agcm ha rilevato come Poste promuoveva il servizio di ritiro digitale delle raccomandate “ omettendo e presentando in modo oscuro, incomprensibilmente ambiguo o intempestivo informazioni rilevanti in merito all’esistenza di limitazioni per la fruizione del servizio ” (par. 111).

L’Autorità ha, in particolare, censurato l’operato del professionista in quanto i claim diffusi tramite il sito internet di Poste e per mezzo di post su Facebook (quali “ Ti è arrivata una raccomandata e sei in vacanza? Nessun Problema c’è ritiro digitale ” nonché “ Diresti mai che sto ritirando una raccomandata? Con ritiro digitale potrai ritirare le tue raccomandate comodamente online, ovunque ti trovi quando vuoi anche dal divano ”) non contenevano l’indicazione delle limitazioni per la fruizione del servizio, vale a dire che il mittente avesse preventivamente attivato la relativa funzionalità e che si trattasse di un invio originato elettronicamente. Inoltre, nelle Direct Mailing, nei flyer distribuiti dai portalettere presso le abitazioni e negli uffici postali, nonché nelle locandine e nelle Ricevute A5, tali limitazioni erano riportate in note poste in fondo alla pagina o sul retro, con caratteri minuscoli o di piccole dimensioni (cfr. il par. 108).

Parte ricorrente al riguardo osserva: che il servizio in questione è gratuito, sicché i clienti non subirebbero un pregiudizio per effetto della condotta contestata;
che le informazioni fornite erano comunque complete e integrate con maggiore dettaglio nel materiale cartaceo messo a disposizione da Poste.

Deve rammentarsi che, ai fini del riscontro di eventuali profili di scorrettezza delle informazioni presenti in un messaggio pubblicitario, il contenuto e le modalità di rappresentazione del prodotto vanno rapportate agli standard di chiarezza, completezza e percepibilità degli elementi rilevanti del bene oggetto di vendita, la cui conoscenza appaia indispensabile per una scelta commerciale consapevole. Al fine di evitare che i consumatori siano indotti in errore nella formulazione dell’offerta di vendita devono, quindi, essere messe in atto tutte quelle accortezze utili al predetto scopo, nella considerazione che la rappresentazione grafica e testuale dei messaggi, laddove non renda di agevole percezione talune informazioni (in quanto rese con scarsa evidenza grafica a fronte della enfatizzazione di altri elementi), ben può essere ricondotta al paradigma normativo delle pratiche commerciali scorrette, finalizzato alla tutela della libertà del consumatore di autodeterminarsi al riparo da ogni possibile influenza, anche indiretta, che possa incidere sulle sue scelte economiche. L'onere di completezza e chiarezza informativa imposto dalla normativa di settore ai professionisti richiede, in sostanza, alla stregua del canone di diligenza, che ogni comunicazione ai consumatori rappresenti i caratteri essenziali di quanto la stessa mira a reclamizzare. Sotto tale profilo ad integrare un a pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del consumo può rilevare ogni omissione informativa che, se del caso combinandosi con la enfatizzazione di taluni elementi del servizio offerto, renda non chiaramente percepibile il reale contenuto ed i termini dell'offerta o del prodotto, inducendo in tal modo in errore il consumatore e condizionandolo nell'assunzione di comportamenti economici che altrimenti non avrebbe adottato.

Nel caso di specie, Poste ha omesso di chiarire che la possibilità di avvalersi del servizio di ritiro digitale era subordinata alla presenza di condizioni certamente significative e la cui conoscenza non era immediatamente percepibile al consumatore, se non in un momento successivo, mentre per pacifica giurisprudenza il principio di chiarezza e completezza nelle comunicazioni pubblicitarie si impone fin dal primo contatto o “aggancio” con il consumatore che deve essere posto nelle condizioni di poter valutare l'offerta economica nei suoi elementi essenziali al fine di percepirne con chiarezza la portata e poter conseguentemente operare una consapevole scelta economica ( ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2020, n. 7566).

La circostanza che l’omissione informativa riguardasse un servizio opzionale (gratuito) non elide la natura decettiva della comunicazione pubblicitaria, che è in grado di alterare la formazione di un libero convincimento da parte dell’utente circa la convenienza della complessiva offerta commerciale di Poste, spinto dalla enfatizzata possibilità di scaricare online le raccomandate.

Dunque, il provvedimento impugnato risulta esente da vizi anche nella parte in cui ha dimostrato che l’omessa informazione sui limiti del servizio di raccomandata digitale ha impedito al consumatore di fare una scelta di acquisto consapevole.

8. Al quarto motivo, Poste lamenta la carenza di motivazione avuto riguardo al rigetto degli impegni presentati nel corso del procedimento.

Premesso che la pratica sanzionata è unica, benché articolata in due distinte condotte, la delibera di rigetto degli impegni è articolatamente motivata e fa riferimento alla prospettazione di una pratica commerciale “manifestamente scorretta e grave”, in relazione alla quale l’art. 27, comma 7 del Codice del consumo, secondo cui il professionista può assumersi impegno di porre fine all'infrazione, non trova applicazione.

Inoltre, l’Autorità ha dettagliatamente esplicitato le ragioni per cui le misure descritte da Poste non erano idonee a rimuovere i profili di possibile scorrettezza contestati. In proposito, si richiama la giurisprudenza costante secondo cui l’AGCM gode di ampia discrezionalità nell'accogliere o nel respingere le offerte di impegno a cessare il comportamento scorretto da parte dei soggetti che risultano destinatari dell'apertura di una procedura di infrazione. Tale lata discrezionalità si estrinseca in una duplice direzione: sia nell'accertare se il caso, per la sua gravità e per la natura manifesta della scorrettezza esaminata, merita comunque la finalizzazione del procedimento sanzionatorio, che resterebbe altrimenti inibita dall'accettazione della dichiarazione di impegno, sia nella valutazione dei contenuti specifici della dichiarazione espressiva dello ius poenitendi (Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2015, n. 1104).

Dunque, la motivazione presente nella delibera dell’Autorità del 5 marzo 2020 si palesa sufficientemente articolata e idonea a fondare il rigetto degli impegni presentati da Poste.

9. Nel quinto mezzo di gravame Poste contesta la quantificazione della sanzione operata dall’Autorità, che sarebbe stata ricondotta al massimo edittale di 5 milioni di euro senza provare che essa fosse “estremamente grave” per i consumatori e che avesse determinato un impatto negativo sul sistema giustizia e non considerando, quanto alla condotta sub b), l’assenza di impatti sul mercato.

Anche tale censura va respinta.

Deve, infatti, rilevarsi come la determinazione della sanzione sia avvenuta sulla base della gravità della violazione, dell’opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l'infrazione, della personalità dell'agente e delle condizioni economiche dell'impresa stessa, ai sensi dell'art. 11, l. n. 689 del 1981.

In tale quadro di riferimento, la valutazione della dimensione economica e dell'importanza del professionista risponde a due diverse finalità in quanto, da un lato, è volta a garantire l'effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria secondo criteri di proporzionalità ed adeguatezza e, dall'altro, concorre a delineare la gravità della condotta nella considerazione che la dimensione economica del professionista, la sua notorietà — e conseguente credibilità — e la sua posizione nel mercato rendono più efficace la comunicazione pubblicitaria aggravandone la valenza lesiva. Ciò, coerentemente con il rilievo da attribuire alla dimensione economica del professionista al fine del rispetto del principio di proporzionalità della sanzione, che costituisce peraltro corollario di quello di ragionevolezza e di parità di trattamento, aventi rango costituzionale fondamentale.

La delibera, pertanto, del tutto ragionevolmente ha applicato il massimo edittale tenuto conto: della dimensione economica del professionista, che rappresenta il principale operatore attivo nell’erogazione dei servizi postali;
del tipo di prodotto sul quale incide la pratica commerciale scorretta, rientrante in parte nel servizio postale universale;
della pluralità di condotte con cui la pratica è stata realizzata, della sua particolare ampiezza e diffusione (anche tramite il mezzo internet) e della lunga durata. In tale contesto, il richiamo alle criticità riscontrate nel settore della giustizia costituisce un elemento aggiuntivo e non decisivo per la determinazione della sanzione, già adeguatamente rapportata al massimo edittale in ragione della pluralità di elementi sopra richiamati.

10. Infine, con il settimo e ultimo motivo di impugnazione Poste sostiene che non sussistevano i presupposti per obbligarla a pubblicare il dispositivo della delibera.

In proposito occorre premettere che si tratta di una misura accessoria prevista dell’art. 27, comma 8 del codice del consumo, secondo cui, con il provvedimento che irroga la sanzione pecuniaria, “…può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un’apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti”. Si è chiarito che la dichiarazione non ha lo scopo di sanzionare l'operatore pubblicitario, ovvero di risarcire i soggetti già lesi dal messaggio, bensì di impedire, da un lato, eventuali future riedizioni del messaggio e dall’altro di contrastare l’eventuale persistere degli effetti del claim ingannevole. Di conseguenza, le modalità e le forme di detta pubblicazione sono rimesse alla valutazione discrezionale dell'Autorità e condizionate dalla necessità di raggiungere lo scopo per il quale essa è stata disposta (cfr. Tar Lazio, sez. I, n. 2306/2007;
Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2003 n. 4211).

L’onere imposto al professionista, relativo alla pubblicazione del dispositivo della delibera su tre quotidiani nazionali, si palesa ragionevole e proporzionato, tenuto conto che i consumatori erano ancora esposti, al momento dell’adozione del provvedimento sanzionatorio, ai claim ingannevoli e che la pratica coinvolgeva utenti dislocati sull’intero territorio nazionale.

Dunque, anche sotto questo aspetto le censure presenti nel gravame non possono trovare accoglimento.

11. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste in favore dell’Agcm nella misura quantificata in dispositivo, potendosi compensare nei confronti delle altre parti del giudizio.

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