TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-11-02, n. 202201681

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-11-02, n. 202201681
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201681
Data del deposito : 2 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/11/2022

N. 01681/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00670/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 670 del 2021, proposto da
M Q D R, E D F e M M, rappresentati e difesi dall'avvocato C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A T e S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede in Venezia, Dorsoduro 3500/D;

per l'accertamento e la declaratoria

del diritto alla riliquidazione della indennità di buonuscita ai sensi dell'art. 6 bis del decreto legge n. 387 del 1987.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2022 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, già in forza alla Polizia di Stato (quanto ai sig.ri Querci Della Rovere e De Franceschi) e alla Guardia di Finanza (quanto al sig. Manca), congedati a domanda successivamente al compimento di 55 anni di età e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo, deducono, in questa sede, di aver ricevuto un trattamento di fine servizio in misura inferiore a quello che sarebbe loro spettato per legge.

In particolare i ricorrenti ritengono che la base di calcolo per la determinazione del trattamento di fine servizio avrebbe dovuto includere la maggiorazione di sei scatti stipendiali prevista dall’art. 6 bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472, come introdotto dall’articolo 21, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 232.

2. Dopo avere invano diffidato le Amministrazioni di appartenenza e l’INPS affinché provvedessero a rettificare l’importo del trattamento di fine servizio, i ricorrenti agiscono nei confronti del secondo per l’accertamento del loro diritto ad ottenere i reclamati benefici economici.

Si è costituito in giudizio l’INPS chiedendo innanzitutto che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio - ai sensi dell’art 49 cod. proc. amm. - nei confronti del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Finanza – Comando generale Guardia di Finanza, dal momento che tali Amministrazioni avrebbero emesso i prospetti di liquidazione sulla cui base l’Istituto ha poi provveduto al pagamento del trattamento di fine servizio.

Nel merito, l’INPS ha ribadito di essersi conformato alle indicazioni e ai conteggi ricevuti dall’Amministrazione di appartenenza, rilevando, con riguardo alla norma invocata dai ricorrenti, che l’art. 4 del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 165, ha in effetti inteso armonizzare il trattamento tra le varie categorie con l’attribuzione di sei aumenti periodici di stipendio in caso di cessazione dal servizio per qualsiasi causa, e che tale attribuzione deve però intendersi limitata alla sola determinazione del trattamento pensionistico, senza alcun effetto con riguardo alla determinazione del trattamento di fine servizio. Assume inoltre che il beneficio richiesto non trovi applicazione nei confronti del personale della Guardia di Finanza, essendo testualmente da riferire alla sola Polizia di Stato (ciò che porterebbe ad escludere la posizione del sig. Manca). L’Istituto osserva poi che, in ogni caso, i ricorrenti sono decaduti dal diritto a tale attribuzione in quanto avrebbero dovuto presentare domanda entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale erano maturate entrambe le predette anzianità (anagrafica e di servizio).

3. Alla pubblica udienza del 5 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. In via preliminare deve essere respinta la richiesta dell’Istituto di disporre la chiamata in giudizio del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Finanza – Comando generale Guardia di Finanza, amministrazioni presso le quali i ricorrenti hanno prestato servizio. Rivisitando il proprio precedente orientamento, il Collegio ritiene infatti di dover aderire all’indirizzo giurisprudenziale, ormai divenuto prevalente, secondo cui “ l'unico soggetto obbligato a corrispondere l'indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6/9/2010, n. 6465, Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 329), nei cui esclusivi confronti, quindi, doveva essere ritualmente instaurata la controversia ” (Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 193;
C.G.A.R.S., 29 giugno 2022, n. 776).

5. Nel merito, il ricorso deve essere accolto.

5.1 L’INPS sostiene in definitiva che la maggiorazione della base di calcolo spetterebbe solo in caso di cessazione dal servizio per età o per inabilità permanente al servizio ovvero ancora per decesso, ma non per l’ipotesi di dimissioni volontarie.

Tale assunto non può essere condiviso, perché il comma 2 dell’art. 6 bis del sopra menzionato decreto legge n. 387 del 1997 espressamente dispone che “ le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile ”. Anche la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare che il predetto comma 2 prevede una fattispecie aggiuntiva e concorrente rispetto a quanto dispone il comma 1 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231 e T.A.R. Veneto, Sez. I, 4 gennaio 2022, n. 6).

La maggiorazione spetta pertanto anche in caso di dimissioni volontarie al ricorrere dei requisiti di anzianità anagrafica e di servizio richiesti dalla norma.

5.2 Con un secondo argomento, l’INPS sostiene che il richiamato articolo 6 bis non può trovare applicazione in favore di uno dei ricorrenti – il sig. Manca - perché appartenuto alla Guardia di Finanza, ritenendo che la norma si applichi solamente in favore degli altri ricorrenti in quanto ex appartenenti della Polizia di Stato.

Anche questa tesi non merita condivisione, in quanto tale disposizione trova applicazione non solo in favore del “ personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ”, ma anche in favore del “ personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate ”. Ed a chiarire che alla predetta disposizione deve essere data una lettura estensiva è intervenuto anche l’art. 1911 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, il quale ha disposto che a tutto il “ personale delle Forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l'articolo 6-bis, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 ”.

Pertanto, in adesione della prevalente giurisprudenza, deve affermarsi che la disposizione invocata dai ricorrenti trova applicazione non solo in favore degli appartenenti alla Polizia di Stato, ma anche in favore degli appartenenti alla Guardia di Finanza (cfr. la già citata sentenza T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 13 maggio 2021, n. 1184, T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 23 aprile 2021, n. 133;
T.R.G.A. Alto Adige, Bolzano, 4 novembre 2021, n. 308. In particolare, secondo C.G.A.R.S., n. 776 del 2022, cit., la nozione “forze di polizia”, richiamata dal menzionato articolo 6- bis, va interpretata “ anche in ragione della funzione del d.l. n. 387/1987, delineata dall’art. 1 nel senso di disporre l’estensione dei benefici economici previsti del d.P.R. 10 aprile 1987 n. 150, di attuazione dell'accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il Governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato, che, del resto, compongono le forze di polizia ai sensi dell’art. 16 della legge 1 aprile 1981 n. 121 ”).

5. Ciò premesso in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale rivendicata dai ricorrenti deve essere esaminata l’eccezione sollevata dall’INPS.

L’Istituto sostiene che i ricorrenti sarebbero decaduti dall’esercizio del diritto in quanto l’art. 6 bis , comma 2, del decreto legge n. 387 del 1987 dispone che “ la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità ”.

Sul punto il Collegio ritiene sufficiente osservare che il mancato rispetto del termine previsto da una norma non comporta effetti decadenziali quando la norma non contenga un’esplicita previsione in tal senso. Come è stato condivisibilmente osservato con riguardo al sopra citato art. 6 bis , comma 2, “ proprio l’ambiguità della disposizione, evidenziata dai rilievi appena formulati, non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo D.L. n. 387/1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti ” (in questi termini la già citata pronuncia del Consiglio di Stato, n. 1231 del 2019).

Contrariamente a quanto sostiene l’INPS, deve dunque ritenersi che nel caso in esame non si sia verificato alcun effetto decadenziale.

6. Pertanto, ritenuta l’infondatezza dell’eccezione di decadenza sollevata dall’INPS, il ricorso deve essere accolto nel merito con conseguente accertamento del diritto dei ricorrenti ai benefici economici contemplati dall'art. 6 bis del decreto legge n. 387 del 1987, e quindi con l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita mediante l'inclusione, nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali.

Sulle relative somme dovranno essere corrisposti soltanto gli interessi legali, senza cumulo con la rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991 e dell’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994 (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 2 luglio 2020, n. 13624).

Le spese di giudizio, tenuto conto della sopravvenienza degli orientamenti giurisprudenziali che hanno delineato la corretta interpretazione delle norme rilevanti ai fini della controversia, devono essere integralmente compensate tra le parti del giudizio.

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