TAR Palermo, sez. I, sentenza 2016-09-20, n. 201602211

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2016-09-20, n. 201602211
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201602211
Data del deposito : 20 settembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/09/2016

N. 02211/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02311/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2311 del 2015, proposto da:
R M R, rappresentata e difesa dall'avvocato G P (C.F. PNTGNN82A28F899K), con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, Via Libertà, 39;

contro

Comune di Castellammare del Golfo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato C C (C.F. CLFCLD62E13G273T), con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, Via Belgio, 22;
Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Trapani, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Palermo, Via A. De Gasperi, 81;

nei confronti di

Giovan Battista Pizzo, non costituito in giudizio;

per l'ottemperanza alla sentenza n. 3877/06 e/o per l’annullamento

- dell’ordinanza n. 3 del 13 luglio 2015 dal responsabile del III Settore Lavori Pubblici e Manutentivi del Comune di Castellammare del Golfo;

- ove occorra, della nota sindacale del 16 giugno 2015, prot. n. 25538, richiamata nella sopracitata ordinanza.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare del Golfo, dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e della Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Trapani;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2016 la dott.ssa C C e uditi per le parti i difensori G P per la ricorrente, C C per il Comune di Castellammare;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A. - Con ricorso notificato il 20 luglio 2015 e depositato in pari data, la dott.ssa R M R, premesso di essere comproprietaria del bene immobile sito in Castellammare del Golfo, identificato al N.C.E.U. al fg. 4, partt. nn. 9, 159, 160, 162, 163 e 164 e al Catasto terreni al fg. 4, partt. 8 e 231, meglio conosciuto come Tonnara di Scopello, ed esposta la pregressa vicenda giudiziaria relativa alla strada pedonale di accesso al bene, definita con sentenza di questo Tribunale n. 3877 del 7 dicembre 2006, poi confermata dal CGA con sentenza n. 251 del 3 marzo 2010, impugnava gli atti in epigrafe indicati, con i quali il Comune di Castellammare del Golfo aveva inteso regolare l’accesso al demanio marittimo e al mare nella baia antistante i faraglioni di Scopello e l’ex Tonnara, qualificando il proprio atto come “ricorso per ottemperanza alla sentenza n. 3877/06 … da valersi anche come giudizio di annullamento” e articolando i seguenti motivi:

Nullità per violazione e/o elusione del giudicato: nonostante la formazione del giudicato, il Comune ha riproposto, sotto altra veste, la pubblicizzazione della stradella privata di proprietà dei comunisti, sempre senza considerare l’esistenza di un percorso alternativo;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Cost., dell’art. 1 prot. addiz. Cedu, della l. 21 agosto 1862 n. 793, del provvedimento di aggiudicazione definitiva e sdemanializzazione reso dall’Intendenza di Finanza di Trapani il 27 aprile 1874, degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 1, co. 252, lett. e) l. n. 296/07, eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, difetto assoluto di istruttoria, contraddittorietà manifesta con la deliberazione G.M. n. 393 del 30 dicembre 2014: l’ordinanza impugnata muove dall’erroneo presupposto che tra l’area di proprietà della ricorrente ed il mare insista un’area demaniale alla quale deve essere garantito l’accesso, mentre nessuna porzione di demanio esiste, in conseguenza del provvedimento di sdemanializzazione del 1874 e come peraltro evidenziato dallo stesso Comune, con la deliberazione n. 393/2014 diretta all’esproprio delle aree di cui si assume la demanialità;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 c.n. e dell’art. 58 reg. nav.: ove mai vi fosse stata incertezza sull’appartenenza di una fascia di terreno al demanio marittimo, sarebbe stato necessario preliminarmente effettuare il procedimento di delimitazione di cui agli artt. c.n. citt.;

Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 D.lgs. n. 267/00, degli artt. 3, 23 e 97 Cost., incompetenza assoluta del Dirigente del III Settore ad emettere l’ordinanza impugnata: non solo l’ordinanza in contestazione, in quanto contingibile e urgente, doveva essere emessa dal Sindaco, e non dal Dirigente, ma esorbita pure dalla sfera di competenza del III Settore, che si occupa di Lavori pubblici e manutentivi;

Difetto assoluto di attribuzione, eccesso di potere per abnormità del provvedimento, violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 D.lgs. n. 267/00, degli artt. 3, 23 e 97 Cost., difetto dei presupposti legittimanti: la sigla apposta dal Sindaco “per condivisione” non sana il vizio di incompetenza e comunque non ricorreva alcuna situazione di grave pericolo o minaccia all’incolumità dei cittadini che giustificasse l’adozione di siffatta ordinanza;

Sviamento dalla funzione tipica, in quanto non sussiste alcuna delle ragioni di pubblico interesse che possono legittimare i poteri extra ordinem ;

Illegittimo ricorso all’autotutela possessoria, violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 81 e 378 l.n. 2248/1865 all. F, violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c., incompetenza e difetto assoluto di attribuzione del Dirigente e dell’amministrazione comunale all’autotutela possessoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 105 D.l. n. 112/98: se pure sussistessero dei beni demaniali, la competenza ad adottare l’ordinanza spetterebbe al Prefetto o alla Regione;
quanto alla stradella privata, essa si trova fuori dal centro abitato e, quindi, il Comune non ha potere alcuno in ordine all’atto emanato e comunque non spetterebbe ad un Dirigente, ma al Sindaco;
in ogni caso sarebbe decorso il termine di decadenza annuale per poter esercitare l’autotutela possessoria ai sensi dell’art. 1168 c.c.;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 104, co. 3, D.lgs. n. 42/04, illogicità e irragionevolezza, difetto di istruttoria, violazione e falsa applicazione D.A. n. 2850/84: le modalità di fruizione dei beni culturali privati vanno concordate tra il proprietario e il Soprintendente;

Violazione delle norme sul procedimento amministrativo, violazione e falsa applicazione art. 7 l.n. 241/90: l’avvio del procedimento che ha condotto all’adozione dell’ordinanza n. 3/15 non è mai stato comunicato ai proprietari, mentre se ciò fosse avvenuto le parti avrebbero anche potuto formulare istanza di concessione del bene.

Con decreto n. 837 del 22 luglio 2015 il Presidente del Tribunale respingeva la domanda cautelare.

In data 3 settembre 2015 si costituiva il Comune di Castellammare del Golfo, eccependo il difetto di giurisdizione per le domande di rivendicazione o di accertamento della proprietà delle aree contestate;
in data 7 settembre 2015 depositava memoria difensiva, controdeducendo alle censure avversarie.

Il Collegio, alla luce anche di ulteriore documentazione prodotta pure nel ricorso n. 2442/15 R.G. proposto avverso il medesimo provvedimento oggetto del presente giudizio, accoglieva la domanda cautelare con ordinanza n. 975 dell’11 settembre 2015.

In vista della trattazione del merito le parti depositavano altre memorie e all’udienza pubblica del 27 maggio 2016 la causa è stata chiamata e posta in decisione.

B. - Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione.

Ad avviso del Collegio, l’eccezione è da respingere.

L’oggetto principale della controversia non consiste nell’accertamento della titolarità del bene (strada e area prossima al mare) al quale il Comune, con l’ordinanza impugnata, ha inteso garantire l’accesso e la piena fruibilità. Il provvedimento impugnato e la domanda giudiziale sono assai più articolati e in parte prescindono da tale presupposto, tanto che la parte ritiene l’atto illegittimo anche nell’ipotesi – che pure contesta – che la particella di terreno attigua al mare sia effettivamente di pertinenza del demanio.

Non è chiesto, dunque, a questo giudice di accertare con efficacia di giudicato la sussistenza o meno del diritto della collettività sul suolo soggetto ad uso pubblico o direttamente la natura demaniale di un bene, ma di verificare le modalità di esercizio del potere esplicato dal Comune sulla stradella privata, al fine di consentire l’accesso ad un’area ritenuta demaniale.

Si tratta in definitiva di conoscere incidentalmente di una questione relativa a diritti, cognizione che spetta senz’altro al giudice amministrativo secondo quanto stabilito dall’art. 8, comma 1, c.p.a. a tenore del quale “Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale”.

Il giudizio sull’esistenza o meno della servitù di uso pubblico o su eventuali altri diritti di natura demaniale si pone, quindi, come un accertamento incidenter tantum relativo a diritti, che questo giudice può effettuare, al fine di verificare i presupposti del corretto esercizio del potere amministrativo, così da pronunciarsi in ordine alla domanda principale di annullamento dell’atto gravato (in termini, Tar Trieste, 8 aprile 2011, n. 184).

C. - Quanto al merito, la controversia, sicuramente complessa anche in ragione dell’annosità del conflitto coinvolgente interessi assai diversi (tutela della proprietà privata, protezione e fruizione di beni monumentali e di rilievo paesaggistico, accesso al mare), può essere ricondotta all’esame di quello che è il punto centrale, ovverosia l’uso del potere di ordinanza in un caso in cui l’accesso al mare, attraverso una stradella privata, importa altresì il passaggio su un bene privato sottoposto a vincolo paesaggistico, monumentale, sito di interesse comunitario (SIC) e zona a protezione speciale (ZPS).

È necessario premettere che la Tonnara di Scopello faceva parte dei beni ecclesiastici incamerati dal Demanio dello Stato italiano, che a sua volta li alienò in base alla l. 31 agosto 1862 n. 793, che autorizzava il governo ad «alienare i beni demaniali che non sono destinati ad uso pubblico o richiesti pel pubblico servizio».

In particolare l’alienazione della tonnara ebbe luogo il 27 aprile 1874 a mezzo di asta pubblica. Il bene, nella certificazione dell’Archivista notarile di Trapani del 24 maggio 1910, è così descritto: “Tonnara denominata Scopello e diritto di pesca in due punti con torre aggregate e caseggiato rustico composto di … - confinante a settentrione col mare a levante mezzogiorno e ponente con terre formanti vari lotti dell’ex feudo Scopello descritti nell’elenco n. 6 dei beni demaniali compilato dal delegato ministeriale…”.

Il Comune di Castellamare del Golfo, con la corposa ordinanza impugnata (composta da ben 65 pagine, ognuna delle quali di oltre 30 righe, scritte con caratteri molto piccoli), notificata anche alla ricorrente, ha prescritto che “l’accesso al Demanio Marittimo ed al mare nella baia antistante i faraglioni di Scopello e l’ex Tonnara di Scopello è libero, gratuito e fatte salve le regole di cui ai punti successivi è fatto divieto a chiunque di porre ostacoli o limitazioni a detto libero accesso pedonale al mare” (art. 1), prevedendo che per il libero transito “dovrà essere lasciato un passaggio (varco) non inferiore a ml. 1,50, sia nella stradella che conduce dalla strada provinciale al cancello di ingresso pedonale della ex Tonnara, sia nello spiazzo che deve essere attraversato per giungere all’area demaniale individuata nell’allegata planimetria e anche rappresentato nel catasto del demanio marittimo del Comune di Castellamare del Golfo fg. 4 part. 842, nonché al mare…” (art. 2).

D. - Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente R deduce la nullità l’ordinanza per violazione ed elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Tribunale n. 3877 del 7 dicembre 2006, confermata dal CGA con sentenza n. 251 del 3 marzo 2010, emessa nei confronti della Comunione Tonnara di Scopello, sentenze prese in esame dalla stessa ordinanza impugnata ai “considerato” n. 9 e 10.

Si ritiene utile, ai fini di un più completo esame, tratteggiare brevemente anche la vicenda definita con le suddette pronunzie.

Essa traeva origine dall’impugnativa del nuovo PRG, che come adottato dal Comune prevedeva, nell’allegata planimetria di progetto del territorio comunale, un percorso pedonale che percorrendo l’attuale stradella di accesso da terra alla tonnara giunge ai fabbricati della stessa prospicienti il mare. Proposta dalla Comunione opposizione, questa veniva respinta dal Consiglio Comunale, ma accolta parzialmente in sede regionale, sia pure con formulazione equivoca;
tuttavia il percorso in sede di approvazione definitiva restava inalterato. Il TAR accoglieva, dunque, il ricorso, con decisione confermata in appello, rilevando un cattivo uso del potere di pianificazione “con riguardo al quomodo della scelta operata che mostrando di non tenere conto, né dell’accoglimento … dell’osservazione .. né del percorso alternativo suggerito dagli interessati che parimenti garantirebbe il libero accesso al mere integra il denunciato difetto di motivazione”. Aggiungeva il TAR che dalla Comunione parte ricorrente “era comprovata la necessità che il libero accesso al mare sia non precluso, bensì convogliato in una zona ben delimitata, regolamentato con possibilità di visita culturale e servizi aggiuntivi, riducendo la folla indiscriminata all’interno di questa Dimora Storica”.

Ciò premesso, per quanto possa ritenersi sussistente la legittimazione attiva della R, considerata la sua posizione di comproprietaria e la natura dell’atto caducato, la censura risulta allo stato improcedibile, trattandosi in parte qua di un ricorso di ottemperanza, non notificato però a tutte le parti dell’originario giudizio definito con la sentenza di cui si assume la violazione o elusione, come invece prescritto dall’art. 114, co. 1, c.p.a.. In particolare non sono qui evocati l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente e la Comunione.

E. - Ragioni di economia processuale impongono però di procedere, piuttosto che all’integrazione del contraddittorio, all’esame delle ulteriori censure proposte, tutte non correlate all’ottemperanza.

Tra queste, devono prima esaminarsi quelle con le quali si deduce il vizio di incompetenza.

La parte muove dal presupposto che “l’ordinanza in questione … assume manifestamente le caratteristiche di un’ordinanza contingibile e urgente” in quanto già dal “Premesso” viene evidenziato che è stata emanata al fine di costituire una soluzione ponte fino alla definizione del procedimento con cui il Comune intenderebbe espropriare la strada” e da ciò desume l’incompetenza del Dirigente, essendo competente il Sindaco e non potendo essere sufficiente a sanare il vizio la sua sigla per condivisione.

La censura non può trovare accoglimento, dovendosi pervenire ad una diversa interpretazione e qualificazione del provvedimento contestato, che, come è noto, in assenza di disposizioni specifiche in tema di atti amministrativi non normativi, deve essere effettuata alla stregua delle regole logico-giuridiche contenute negli artt. 1362 e ss c.c. in materia di interpretazione dei contratti (tra le quali assume rilievo preminente l’interpretazione letterale e sistematica, che guarda unitariamente all’elemento lessicale ed all’intento dell’autore della dichiarazione), le quali si applicano, ove compatibili, anche ai provvedimenti amministrativi.

Sul piano formale, oltre a non ricorrere il nomen juris di ordinanza contingibile e urgente, non sono mai citati o indirettamente evocati gli artt. 50 e 54 D.lgs. n. 267/00 (ma solo genericamente, insieme a molti altri testi normativi, “Il D.lgs. 267/2000 e s.m.i.”).

Ma anche l’effettivo contenuto dell’atto non depone per la qualificazione fatta da parte ricorrente, in quanto non è neppure prospettata l’esigenza “di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”, avendo l’ordinanza l’obiettivo di garantire la libera fruizione di un bene.

Piuttosto l'ordinanza impugnata costituisce essenzialmente esercizio del potere contemplato dall' art. 378, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F (espressamente richiamato), il quale configura una ipotesi di autotutela possessoria iuris publici in tema di strade sottoposte all'uso pubblico (per un caso analogo vd. Cons. St., V, 16 marzo 2016, n. 1055).

Ciò chiarito va anche escluso il potere del Prefetto e, in base all’art. 15 D.l.lgt. 1 settembre 1918, n. 1446, va affermata la competenza del Sindaco (vd. sul punto della competenza e sulla ricostruzione del dato normativo, TAR Venezia, I, 9 novembre 2015, n. 1165;
TAR Milano, II, 18 settembre 2013, n. 2170).

Infine, la presenza di una doppia sottoscrizione (del Sindaco e del Dirigente) non fa di certo venire meno l’assunzione della paternità dell’ordinanza al soggetto ex lege competente alla sua adozione (nel caso di specie, il Sindaco, ex art. 15 cit.), così rendendo l’atto in questione immune dalle dedotte censure di incompetenza (ancora in termini, TAR Milano, n. 2170/13).

F. - Ciò puntualizzato sul piano soggettivo, la Sezione rileva che, a prescindere dall’accertamento sull’esistenza di una servitù di uso pubblico della strada (l’ordinanza esordisce deducendo, a pag. 2, che “da tempo immemorabile e fino al 2010 i cittadini ed i turisti hanno sempre avuto libero accesso alla Baia ed al tratto di mare antistante i Faraglioni e l’ex Tonnara di Scopello”), la scelta dell’amministrazione di rendere accessibile la stradella al fine di raggiungere liberamente l’area tra la proprietà privata e il mare, ritenuta demaniale, è illegittima per le ragioni dedotte col motivo n. 2, col quale si denuncia difetto di istruttoria ed evidente contraddittorietà con altri atti dell’amministrazione comunale.

Infatti, in primo luogo, con deliberazione G.M. n. 393 del 30 dicembre 2014 l’amministrazione comunale aveva disposto l’esproprio anche di quell’area che oggi assume essere demaniale.

In ogni caso, gli elementi dedotti dalla parte anche nel presente giudizio (in particolare doc. nn. 3, 4 e 5 del fascicolo aggiunto depositato il 21 luglio 2015) lasciano ragionevolmente intendere che la proprietà privata, come acquisita nel 1874, si estende fino al mare e a nulla possono valere le articolate deduzioni, inserite nella motivazione dell’ordinanza, sulla natura necessariamente demaniale del tratto di litorale tra il mare e la proprietà della Comunione (e quindi anche della odierna ricorrente);
l’esistenza di questa c.d. “fascia demaniale” (vd. allegato 1 all’ordinanza) è, infatti, desunta dal Comune da norme (essenzialmente codice civile e codice della navigazione del 1942) successive all’epoca in cui, a seguito di gara, è stata ceduta a privati la proprietà di beni demaniali, oggi costituenti bene monumentale.

Peraltro la part. 842, l’unica indicata nel dispositivo e che risulta dal catasto inclusa nel demanio marittimo (non così la part. 9, cui pure si fa riferimento nella motivazione dell’ordinanza), in base alla documentazione in atti è ben distante dalla strada di accesso, che immette proprio sulla tonnara, e risulta oggi coincidere con una parte di scogliera, e, quindi, di fatto accessibile solo dal mare.

Non risulta, dunque, comprovata, ai fini dell’esercizio del potere esercitato, la sussistenza di un’area di demanio marittimo e di una baia antistante i faraglioni il cui accesso deve essere garantito liberamente dalla strada privata di proprietà della odierna parte ricorrente.

G. - In ogni caso è pure fondato il motivo n. 8, con cui si deduce la violazione dell’art. 104, co. 3, D.lgs. n. 42/04.

Premesso che la Tonnara è stata sottoposta a vincolo monumentale con D.A. n. 2850 del 13 novembre 1984 (e prima a tutela paesaggistica), ai sensi della disposizione testè citata, per la fruizione dei beni culturali privati “Le modalità di visita sono concordate tra il proprietario e il soprintendente, che ne dà comunicazione al comune e alla città metropolitana nel cui territorio si trovano i beni”.

È vero che l’accordo sulla fruizione riguarda direttamente il privato proprietario e la Soprintendenza (e risulta che la Comunione abbia adottato un proprio regolamento di accesso ai luoghi, comunicandolo alla Soprintendenza che lo ha tacitamente accettata, come dalla stessa riconosciuto con nota del 10 luglio 2015, cui si accennerà di qui a breve), ma il provvedimento impugnato, sul presupposto di dover garantire il libero accesso al mare, incide comunque sulla fruizione del bene culturale, senza l’adeguato e completo coinvolgimento della competente Sovrintendenza e per di più imponendo l’installazione di recinzioni con inaccettabile modifica dello stato dei luoghi.

A conferma di ciò è utile il rinvio alle note della Soprintendenza del 10 e del 14 luglio 2015 (rispettivamente nn. 5322 e 5360, depositate in giudizio dalla ricorrente il 7 settembre 2015) indirizzate anche al Comune, in cui è detto “che a prescindere dalla esistenza o meno di una fascia demaniale interposta tra il mare e la proprietà privata …., si ritiene in ogni caso che il tratto di litorale antistante la Tonnara di Scopello non possa essere destinato liberamente all’uso pubblico sotto il profilo del decoro, dell’igiene e della sicurezza, in assenza dei requisiti minimi di pulizia, sorveglianza, salvamento, servizi igienici;
che altresì sotto il profilo culturale la libera (non controllata e regolamentata) destinazione all’uso pubblico, stante il livello di affollamento nella stagione estiva, è incompatibile con il mantenimento del decoro, con la vocazione tradizionale e con i valori espressi dal bene tutelato” e “che il godimento pubblico è in atto garantito dalla Comunione Tonnara di Scopello &
Guzzo con una regolamentazione in buona parte coincidente con quanto proposto da codesta Amministrazione Comunale”, tanto che si avvisa che sarà ritenuto proprio il Comune direttamente responsabile in caso di danni ai beni tutelati che dovessero discendere dall’esecuzione dell’ordinanza qui impugnata.

In conclusione, per tutte le ragioni che precedono il ricorso va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

La complessità e peculiarità della vicenda contenziosa consente di disporre la integrale compensazione delle spese processuali.

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