TAR Venezia, sez. I, sentenza 2018-01-25, n. 201800090
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Pubblicato il 25/01/2018
N. 00090/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03541/1998 REG.RIC.
N. 02515/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 3541 del 1998, proposto dai sigg.ri
D M e V C, rappresentati e difesi dagli avv.ti F Z e M T e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Venezia-Mestre, via Cavallotti, n. 22
contro
Comune di Selvazzano Dentro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F L e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. W F, in Venezia, San Marco, n. 3472
nei confronti di
Promozioni Immobiliari S.r.l., non costituita in giudizio
Casa Mia S.r.l., non costituita in giudizio
Edil Tre S.a.s. di Biasio &C., non costituita in giudizio
Aurora S.r.l., non costituita in giudizio
sig.ra Irene Tonello, non costituita in giudizio
S.A.TE. S.r.l., non costituita in giudizio
sul ricorso numero di registro generale 2515 del 1999, proposto dai sigg.ri
D M e V C, rappresentati e difesi dagli avv.ti F Z, M T e Nicola Creuso e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Venezia-Mestre, via Cavallotti, n. 22
contro
Comune di Selvazzano Dentro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F L e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. W F, in Venezia, San Marco, n. 3472
nei confronti di
Casa Mia S.r.l., non costituita in giudizio
Edil Tre S.a.s. di Biasio &C., non costituita in giudizio
Aurora S.r.l., non costituita in giudizio
sig.ra Irene Tonello, non costituita in giudizio
S.A.TE. S.r.l., non costituita in giudizio
Muriotto Costruzioni S.r.l., non costituita in giudizio
1) con il ricorso R.G. n. 3541 del 1998:
a) con il ricorso originario:
per l’annullamento
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Selvazzano Dentro n. 49 del 30 luglio 1998, con la quale è stato approvato il progetto del Piano di lottizzazione n. 22, presentato dalle ditte Promozioni Immobiliari S.r.l., S.A.TE. S.r.l., Aurora S.r.l., Casa Mia S.r.l., Edil Tre S.a.s. di Biasio &C. e dalla sig.ra Tonello Irene, quali proprietarie dell’area interessata;
- di ogni altro atto presupposto e/o collegato, ivi compresa la deliberazione della Giunta Comunale di Selvazzano Dentro n. 247 del 15 luglio 1998
b) con i motivi aggiunti depositati il 10 settembre 2008:
per la condanna
del Comune al risarcimento del danno cagionato ai ricorrenti dall’illegittima costruzione dei nuovi fabbricati
2) con il ricorso R.G. n. 2515 del 1999:
per l’annullamento
- della concessione edilizia n. 55/99, rilasciata dal Comune di Selvazzano Dentro il 28 giugno 1999 con atto prot. gen. n. 22602;
- di ogni altro atto presupposto e/o collegato, ivi compreso il parere reso dalla Commissione edilizia comunale di Selvazzano Dentro il 31 maggio 1999 (prat. verb. n. 188/99).
Visti il ricorso originario R.G. n. 3541/1998 ed i relativi allegati;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Selvazzano Dentro (PD);
Visto l’atto di integrazione del contraddittorio depositato il 15 novembre 2006;
Visti i motivi aggiunti depositati il 10 settembre 2008;
Viste le memorie difensive, l’ulteriore documentazione, la memoria finale e la replica versate in atti dai ricorrenti;
Viste le memorie difensive e la replica del Comune di Selvazzano dentro;
Visti tutti gli atti di causa;
Visti, altresì, il ricorso R.G. n. 2515/1999 ed i relativi allegati;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Selvazzano Dentro (PD);
Visto l’atto di integrazione del contraddittorio depositato il 15 novembre 2006;
Viste le memorie difensive, l’ulteriore documentazione, la memoria finale e la replica versate in atti dai ricorrenti;
Viste le memorie difensive e la replica del Comune di Selvazzano dentro;
Visti tutti gli atti di causa;
Visto l’art. 70 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);
Nominato relatore nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2017 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
Gli odierni ricorrenti, sigg.ri D M e V C, espongono di essere proprietari di un’area sita nel Comune di Selvazzano Dentro (PD), su cui insistono gli edifici destinati alla civile abitazione degli stessi.
In relazione all’area limitrofa, di proprietà di alcune società e ditte individuali e censita in catasto al fg. n. 13, mapp.li nn. 1504, 1506, 1033, 404, 413, 414, 415, 416 e 417, le proprietarie presentavano, il 26 febbraio 1998, istanza di approvazione del progetto di un Piano di lottizzazione (avente il n. 22). Il progetto veniva, poi, integrato il 22 giugno 1998 ed ancora il 9 luglio 1998.
Acquisiti i pareri prescritti (tra cui quello della Commissione edilizia), il Consiglio Comunale di Selvazzano Dentro con deliberazione n. 49 del 30 luglio 1998 approvava il progetto urbanistico del Piano di lottizzazione n. 22 (denominato “Esedra”) ed il relativo schema di convenzione.
Avverso l’ora vista deliberazione consiliare, nonché la deliberazione della Giunta Municipale di Selvazzano Dentro n. 247 del 15 luglio 1998 (che ha incluso la pista ciclabile prevista dal Piano tra le aree computabili nelle superfici per opere di urbanizzazione primaria e secondaria), sono insorti i sigg.ri Micaglio e Cossalter, impugnando dette deliberazioni con il ricorso originario rubricato al n. 3541/1998 di R.G. e chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10, 11, 12, 16 e 60 della l.r. n. 61/1985, violazione e falsa applicazione del vigente P.R.G. del Comune di Selvazzano Dentro e in specie degli artt. 5, 12, 20, 21, 39 e 55 delle N.T.A. del Piano, nonché dell’allegato B/1.1-B/1.2-B2 al P.R.G., eccesso di potere per istruttoria insufficiente ed inadeguata, per carenza di motivazione, nonché per illogicità e contraddittorietà della determinazione assunta, in quanto, anzitutto, i pareri della III^ Commissione consiliare e della Commissione edilizia del 1996 e del 1997, pur richiamati dalla deliberazione del Consiglio Comunale impugnata, non avrebbero potuto esser considerati, perché il progetto di Piano è stato presentato in epoca successiva. In secondo luogo – e soprattutto – la P.A. non avrebbe tenuto conto delle perplessità circa la regolarità e la conformità urbanistica del progetto di Piano espresse dall’istruttore tecnico nella relazione istruttoria (ai punti nn. 3 e 4), in particolare per il contrasto del progetto con le prescrizioni dello “schema organizzativo indicato dal P.R.G.” sotto i profili delle aree destinate a standard, della perimetrazione, e dello schema organizzativo dell’insediamento. Ed invero, il progetto delle ditte lottizzanti: a) modificherebbe radicalmente lo schema delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, con un avvicinamento del fronte degli edifici da erigere verso la proprietà dei ricorrenti;b) modificherebbe fortemente la distribuzione delle tipologie edilizie (con un trasferimento di cubatura dal I° al II° lotto del Piano);c) comporterebbe una diversa altezza dei fabbricati sul viale (tre piani, anziché due), nonché una diversa ubicazione dei fabbricati da erigere, che si collocherebbero ad una distanza inferiore a quella prevista dal P.R.G.;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 16 e 60 della l.r. n. 61/1985, atteso che il Piano di lottizzazione approvato mancherebbe: a) di una precisa relazione tecnica esplicativa dell’intervento;b) delle indicazioni d’uso prescritte o ammesse per gli edifici da erigere;c) di una documentazione fotografica adeguata dell’area;d) della previsione circa i termini di attuazione del Piano, ex art. 60, comma 1, ult. parte, della l.r. n. 61/1985.
Con motivi aggiunti, depositati il 10 settembre 2008, i sigg.ri Micaglio e Cossalter hanno lamentato che, in pendenza del ricorso introduttivo, sono stati completati i lavori di edificazione dei fabbricati previsti dal Piano di lottizzazione, cosicché le abitazioni di loro proprietà si sono trovate ad avere di fronte degli edifici di notevole altezza, che ne avrebbero limitato la visuale e le generali condizioni di vivibilità e che ne avrebbero comportato un deprezzamento del valore, ledendo le aspettative dei proprietari (gli stessi ricorrenti) nascenti dall’originario progetto edificatorio stabilito dal P.R.G.: in conseguenza di detta situazione, a mezzo degli ora visti motivi aggiunti i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno ingiusto subito, consistente nella diminuzione del valore commerciale degli immobili di loro proprietà, a seguito della realizzazione degli edifici assentiti per effetto del Piano di lottizzazione impugnato.
Nello specifico, il danno da risarcire è stato quantificato – come da relazione tecnica versata in atti – in € 99.120,00 per il sig. Cossalter ed in € 107.100,00 per il sig. Micaglio.
Si è costituito in giudizio il Comune di Selvazzano Dentro, depositando plurime memorie, nonché documenti sui fatti di causa e resistendo alle domande attoree.
Successivamente le parti costituite hanno depositato memorie, repliche e ulteriore documentazione, ribattendo alle altrui deduzioni ed insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
In particolare, i ricorrenti hanno depositato, tra l’altro, una breve memoria (corredata di una missiva della ditta Global Pluriservice S.r.l. in cui si sconsiglia l’installazione di un generatore fotovoltaico sull’immobile del sig. Micaglio: all. 1 depositato il 9 settembre 2009), con cui hanno insistito sulla domanda di risarcimento dei danni, stante il peggioramento delle condizioni generali di abitabilità e vivibilità che avrebbero subito a causa della lottizzazione (in tesi: illegittima).
Con distinto ricorso, rubricato al n. 2515/1999 di R.G., i sigg.ri Micaglio e Cossalter hanno inoltre impugnato la concessione edilizia n. 55/99, rilasciata dal Comune di Selvazzano Dentro con atto del 28 giugno 1999 (prot. gen. n. 22602) alle ditte lottizzanti per la costruzione di una parte delle opere di urbanizzazione relative al Piano di lottizzazione per cui è causa (trattasi, più precisamente, delle opere stradali e dei relativi parcheggi).
A supporto del gravame, mediante il quale hanno chiesto l’annullamento della concessione n. 55/99, i ricorrenti hanno dedotto le seguenti doglianze:
1) illegittimità derivata, poiché la concessione impugnata sarebbe viziata in via derivata per effetto dei vizi che affliggerebbero la deliberazione del Consiglio Comunale n. 49/1998, di approvazione del Piano di lottizzazione, impugnata con il ricorso R.G. n. 3541/1998 (di cui, di seguito, vengono riprodotti i motivi);
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della l. n. 10/1977, nonché degli artt. 17, 19, 20, 64, 65, e 66 della l.r. n. 61/1985, eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché per contraddittorietà ed illogicità, giacché, da un lato, il Comune avrebbe rilasciato la concessione edilizia n. 55/99 cit. sebbene sapesse che l’area relativa al Piano di lottizzazione de quo non era inserita nel programma pluriennale di attuazione comunale (piano comunque decaduto in data 4 febbraio 1997). Dall’altro, sussisterebbe il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà, in quanto dalla relazione istruttoria afferente alla domanda di concessione edilizia, a firma anch’essa dell’istruttore tecnico, sarebbero scomparsi tutti i rilievi critici e le perplessità che avevano caratterizzato, invece, la relazione istruttoria sul Piano di lottizzazione (ancorché sottoscritta dal medesimo funzionario): l’omessa menzione di tali rilievi e perplessità avrebbe, perciò, impedito alla Commissione edilizia ed al dirigente competente al rilascio del titolo abilitativo di avere contezza del quadro complessivo in cui è stata avanzata l’istanza di concessione.
Anche in questo caso, si è costituito in giudizio il Comune di Selvazzano Dentro, depositando più memorie e documenti sui fatti di causa e resistendo alle pretese attoree.
Successivamente le parti costituite hanno depositato memorie, repliche e ulteriore documentazione, ribattendo alle altrui deduzioni ed insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza pubblica dell’8 novembre 2017 ambedue i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., attese le connessioni soggettive e oggettive esistenti tra gli stessi.
Sempre in via preliminare, vanno altresì evidenziate talune lacune nella regolare instaurazione del contraddittorio ad opera dei ricorrenti. In particolare:
- in relazione al ricorso R.G. n. 3541/1998, lo stesso non risulta notificato alla Muriotto Costruzioni S.r.l.;
- con riferimento al ricorso R.G. n. 2515/1999, poi, lo stesso non risulta notificato alla Promozioni Immobiliari S.r.l..
Ai sensi dell’art. 49, comma 2, c.p.a., si ritiene peraltro di poter prescindere dall’adozione di misure volte ad eliminare le suddette irregolarità del contraddittorio, non essendo i ricorsi riuniti suscettibili di positivo apprezzamento.
Ed invero, cominciando dal ricorso originario R.G. n. 3541/1998 – ricordato che i motivi aggiunti a detto ricorso si limitano a veicolare la domanda di risarcimento dei danni (asseritamente) subiti dai deducenti e non contengono nuove censure – si osserva come con il primo motivo del suddetto atto introduttivo venga formulata, anzitutto, una doglianza di tipo procedimentale.
In particolare, il rilievo iniziale dei ricorrenti attiene alla presunta illegittimità del richiamo, da parte dell’impugnata deliberazione consiliare di approvazione del Piano di lottizzazione, ai pareri emessi dalla III^ Commissione consiliare e dalla Commissione edilizia tra il 1996 e il 1997, in quanto si tratterebbe di atti anteriori alla stessa presentazione del progetto di Piano (avvenuta, secondo quanto si legge nella stessa deliberazione impugnata, in data 26 febbraio 1998).
Tale censura risulta, tuttavia, all’evidenza destituita di fondamento, ove si consideri la ricostruzione dei fatti esposta e documentata dal Comune nelle sue difese.
Nello specifico, la difesa comunale – dopo aver premesso che il P.R.G. approvato nel 1991 aveva introdotto per l’area interessata dall’intervento, ubicata nella frazione di Tencarola, tra le vie Pola e Rovereto, la previsione di un Piano di Lottizzazione (il n. 22) – ha puntualmente documentato come in data 18 settembre 1995 le ditte proprietarie dell’area in discorso abbiano richiesto al Comune di Selvazzano Dentro di pronunciarsi sulla proposta di progetto preliminare del Piano di lottizzazione denominato “Esedra”, corredando l’istanza di elaborati grafici, relazione illustrativa, tabella degli oneri di urbanizzazione, schema di convenzione, ecc. (doc. 2 del Comune). Ciò, onde addivenire ad un accordo preventivo di massima tra P.A. e privati, sulla base del quale questi potessero presentare il progetto definitivo di Piano da sottoporre al Consiglio Comunale.
Per tale ragione, è quindi seguito dal settembre del 1995 (data di presentazione della richiesta di parere preliminare) un lungo contraddittorio procedimentale tra Amministrazione e privati nella III^ Commissione consiliare, che si è svolto (v. doc. 3 del Comune) nelle sedute del 31 gennaio 1996, 16 febbraio 1996, 6 e 20 marzo 1996, 3 ottobre 1996, 22 novembre 1996, e che si è concluso con il parere favorevole emesso in esito alla seduta del 28 novembre 1996.
Dal canto suo, la Commissione edilizia, nella seduta del 3 ottobre 1997, preso atto dell’istruttoria svolta, ha espresso parere favorevole alla soluzione progettuale-urbanistica proposta, condizionato, peraltro, alla “definizione a livello esecutivo-edilizio delle opere di urbanizzazione, degli standards, degli aspetti convenzionali necessari alla approvazione del piano di lottizzazione” (cfr. doc. 4 della difesa comunale).
Le lottizzanti, ottenuti i suesposti pareri preliminari favorevoli, hanno quindi presentato al Comune, il 26 febbraio 1998 e con successive integrazioni il 22 giugno ed il 9 luglio 1998, la domanda per l’approvazione del progetto definitivo di Piano di lottizzazione.
Dall’ora vista ricostruzione dei fatti si evince, perciò, che legittimamente la deliberazione consiliare di approvazione del Piano di lottizzazione ha preso atto, nelle sue premesse, anche dei sopra riferiti passaggi istruttori protrattisi per tutto il 1996 nella III^ Commissione consiliare, nonché del parere emesso dalla Commissione edilizia il 3 ottobre 1997, sebbene si trattasse di passaggi procedimentali anteriori alla presentazione del progetto definitivo di Piano. Come osserva correttamente la difesa comunale, infatti, essi danno conto della costante presenza dell’Amministrazione comunale durante lo sviluppo del progetto urbanistico e ne rafforzano la completezza dell’istruttoria.
In altre parole, come condivisibilmente eccepito dalla difesa comunale, il richiamo ai pareri espressi prima della presentazione del progetto definitivo del Piano di lottizzazione dimostra – al contrario di quanto reputano i ricorrenti – che l’istruttoria svolta dalla P.A. è stata attenta e minuziosa, tenuto conto che lo schema di intervento presentato in via definitiva nel 1998 rientra in una più complessa progettazione, risalente nel tempo e della quale si sono poc’anzi ricostruite le tappe, su cui vi è stata una costante interlocuzione tra Amministrazione e proponenti, cosicché la P.A. potesse procedere alla più accurata valutazione possibile dell’intervento stesso.
Ne discende, per conseguenza, l’infondatezza della doglianza ora analizzata.
Occorre ora occuparsi dell’ulteriore censura dedotta con il primo motivo di ricorso, a mezzo della quale i deducenti invocano la relazione istruttoria al Piano di lottizzazione del 22 giugno 1998 (doc. 11 del Comune), a firma dell’istruttore tecnico (arch. Carraro): le osservazioni critiche contenute in detta relazione (ed in specie al parag. 3, cui rinvia il precedente parag. 2) nei confronti del progetto di Piano presentato, dimostrerebbero, a loro avviso, che l’organizzazione del Piano di lottizzazione contrasta con “quanto previsto in modo prescrittivo dallo schema organizzativo indicato dal P.R.G”, sotto gli aspetti delle aree destinate a standards, della perimetrazione e dello schema organizzativo dell’insediamento.
In particolare, sarebbe violato l’art. 55, p. 2, delle N.T.A. del P.R.G., lì dove stabilisce la necessità di rispettare lo schema organizzativo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, fatti salvi marginali scostamenti, poiché il progetto delle ditte lottizzanti altererebbe completamente l’assetto organizzativo previsto dal P.R.G.;più in specie, sarebbe stata effettuata una radicale modificazione dello schema delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, che avrebbe implicato, tra l’altro, l’avvicinamento alle proprietà dei deducenti del fronte dei fabbricati da erigere.
Il progetto, inoltre, violerebbe la lett. b) dell’art. 55, p. 2, delle N.T.A. del P.R.G., recando esso una notevole modificazione della distribuzione delle tipologie edilizie (per il notevole trasferimento di cubatura dal primo al secondo lotto del Piano), una diversa altezza dei fabbricati lungo il viale (con previsione di tre piani, anziché due) ed una diversa ubicazione e collocazione dei fabbricati erigendi ad una distanza inferiore a quella prevista dal P.R.G.: modifiche, tutte queste, che avrebbero dovuto essere accompagnate da una specifica motivazione delle ragioni che le giustificavano (rispetto al disegno di P.R.G.), mentre invece di detta motivazione non vi sarebbe alcuna traccia, né nel parere della Commissione edilizia, né tantomeno nell’atto finale di approvazione del Piano.
I deducenti insistono che i rilievi critici contenuti nella relazione istruttoria de qua avrebbero dovuto suggerire al Comune o di richiedere una variazione del progetto di Piano attuativo presentato dalle lottizzanti, o di tradurre in prescrizioni di piano le indicazioni dell’istruttore tecnico.
La carenza di iniziative di tal genere da parte dell’Amministrazione comunale denoterebbe, perciò, che l’avversata deliberazione consiliare di approvazione del Piano attuativo (n. 49 del 1998) sarebbe affetta sia da violazione delle prescrizioni di legge e del P.R.G., sia da difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
Tanto premesso, osserva preliminarmente il Collegio che il fatto che le (asserite) problematiche di conformità urbanistica del progetto del Piano, esposte nell’ora vista relazione istruttoria, non siano state condivise né dalla Commissione edilizia, né dal Consiglio comunale, il quale è addivenuto, anzi, all’approvazione del progetto presentato, non sta ad indicare, di per sé, l’illegittimità di detta approvazione.
Come, infatti, riconoscono anche i deducenti nel ricorso R.G. n. 2515/1999, il medesimo istruttore tecnico autore della relazione istruttoria in parola, non ha poi riproposto le problematiche ed i rilievi critici in essa contenuti (e su cui sono fondate le censure dei deducenti) nella successiva relazione istruttoria, da lui presentata in riferimento alla concessione edilizia n. 55/99. Ciò è sintomatico non già – come pretendono i ricorrenti – del difetto di istruttoria da cui sarebbe viziata detta concessione edilizia, bensì del superamento dei dubbi e rilievi contenuti nella precedente relazione del 1998 da parte dello stesso funzionario (arch. Carraro) che li aveva espressi.
Andando poi a verificare nel merito le criticità evidenziate dai ricorrenti sulla scorta della succitata relazione istruttoria, si osserva che le stesse si appuntano, in primo luogo, sul presunto deficit degli spazi a standards urbanistici indicati nel progetto (mq. 21.023), che sarebbero individuati – sostiene la relazione – in misura inferiore alla dotazione minima dettata dal P.R.G. (mq. 20.930): ciò, perché nel calcolo degli stessi non si dovrebbe comprendere la pista ciclabile (mq. 1.150), che, in base agli artt. 5 e 20 delle N.T.A. del P.R.G., non rientrerebbe tra le superfici conteggiabili.
Sul punto, tuttavia, è agevole replicare che tale rilievo prende in esame solo la nozione di standards contenuta negli artt. 5 e 20 delle N.T.A. del P.R.G. e non considera l’art. 25 della l.r. n. 61/1985, il quale detta una nozione più ampia degli standards urbanistici, primari e secondari. In dettaglio, l’art. 25 della l.r. n. 61 cit. (di seguito abrogato, ma vigente all’epoca) classifica:
- tra le opere di urbanizzazione primaria – oltre a quelle elencate all’art. 4, primo comma, della l. n. 847/1964, come integrato dall’art. 44 della l. n. 865/1971 (strade residenziali, fognatura, rete idrica, spazi di verde attrezzato, ecc.) – “ogni altra opera pubblica o di uso pubblico per il collegamento e/o completamento funzionale dell’insediamento edilizio” (secondo comma);
- tra le opere di urbanizzazione secondaria – oltre a quelle elencate all’art. 4, secondo comma, della l. n. 847/1964, come integrato dall’art. 44 della l. n. 865/1971 (asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, mercati di quartiere, ecc.) – “ogni altra opera pubblica o di uso pubblico in rapporto funzionale con l’organizzazione urbanistica complessiva” (terzo comma).
Alla luce dell’ora vista disposizione legislativa, appare senz’altro da condividere l’eccezione della difesa comunale, secondo cui – al contrario di quanto sostenuto dalla relazione del 22 giugno 1998 e riproposto dai ricorrenti – tra gli standards urbanistici va compresa anche la pista ciclabile: questa va, infatti, annoverata tre le aree computabili nelle superfici per opere di urbanizzazione primaria e secondaria, in base alla nozione che di dette opere fornisce l’art. 25, secondo e terzo comma, della l.r. n. 61/1985, “a completamento di quanto stabilito dagli articoli 5 (punti 4 e 5) e 20 delle n.t.a. del P.R.G. vigente” (così espressamente la deliberazione della Giunta Comunale di Selvazzano Dentro n. 247 del 15 luglio 1998, all. 2 al ricorso).
Né si potrebbe optare per un’interpretazione degli artt. 5 e 20 delle N.T.A. del P.R.G. che porti ad escludere l’operatività dell’art. 25 della l.r. n. 61 cit. nel Comune di Selvazzano Dentro, non avendo i suddetti articoli la capacità di derogare all’ora vista disposizione legislativa regionale.
Un simile opzione interpretativa viene, invero, adombrata dai ricorrenti nelle loro memorie, lì dove sostengono che la valutazione di sufficienza degli standards avrebbe dovuto essere condotta solo in base all’art. 20 delle N.T.A., quale previsione del P.R.G. deputata specificamente a disciplinare la dotazione di spazi pubblici nei piani attuativi.
Trattasi, però, di soluzione inaccettabile, perché essa condurrebbe all’illegittimità degli artt. 5 e 20 citt. per contrasto con il ridetto art. 25 della l.r. n. 61/1985, in violazione del consolidato principio secondo cui, nell’interpretazione dell’atto amministrativo, deve privilegiarsi la legittimità dell’atto stesso, ovvero la sua utilità secondo il principio di conservazione degli atti giuridici (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 31 gennaio 2001, n. 343;id., Sez. IV, 31 maggio 1999, n. 925;T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 17 giugno 2008, n. 5916;T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 7 aprile 2004 n. 649). Ed invero, è insegnamento della costante giurisprudenza che l’atto amministrativo debba interpretarsi alla luce sia del generale criterio di conservazione, sia del principio per cui, nel dubbio, occorre preferire la soluzione che privilegia la legittimità, o l’invalidità meno grave o più immediatamente rimovibile (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 27 settembre 1990, n. 694).
Dalla necessaria (per quanto ora detto) inclusione della pista ciclabile tra gli standards urbanistici, si ricava che nel caso di specie gli standards urbanistici di Piano – avendo una superficie complessiva di mq. 21.023 – risultano superiori alla dotazione minima di standards prevista dal P.R.G.: donde, in conclusione, l’infondatezza della censura.
Ugualmente infondata appare, poi, la doglianza incentrata sulla variazione del perimetro del Piano attuativo rispetto a quanto disposto dal P.R.G., alla luce dell’art. 11, comma 2, della l.r. n. 61/1985 (in vigore all’epoca dei fatti), ai sensi del quale “rispetto al Piano regolatore generale gli strumenti urbanistici attuativi, possono prevedere modificazione del proprio perimetro con il limite massimo del 10 per cento”.
Orbene, i ricorrenti non sono stati in grado di fornire alcun elemento o indizio del superamento, nel caso di specie, dell’ora visto limite del dieci per cento, e, quindi, non hanno ottemperato alle regole in tema di riparto dell’onere della prova nel processo amministrativo: regole che – com’è noto – nel giudizio di annullamento prevedono un temperamento del principio dell’onere della prova (art. 64 c.p.a.) mediante il cd. metodo acquisitivo, che consente al giudice di integrare allegazioni probatorie anche parziali, senza, però, sostituirsi al diretto interessato, il quale deve, comunque, fornire un cd. principio di prova, e cioè fornire qualche elemento di riscontro sui vizi prospettati, non potendo in nessun caso affidarsi ad argomentazioni generiche e non ancorate a dati fattuali (cfr. C.d.S., Sez. V, 4 aprile 2017, n. 1542;T.A.R. Veneto, Sez. I, 22 novembre 2017, n. 1042).
E c’è da aggiungere che i deducenti non soltanto non hanno offerto alcun cd. principio di prova del superamento del predetto limite del dieci per cento, ma nemmeno hanno specificamente contestato (v. art. 64, comma 2, c.p.a.) l’affermazione della difesa comunale, secondo cui nella fattispecie ora in esame detto limite sarebbe stato pienamente rispettato, essendo la variazione del perimetro del Piano attuativo, rispetto al disposto del P.R.G., limitata a mq. 170.
In merito, poi, alla censura di violazione, da parte del Piano, dello schema organizzativo di P.R.G., si osserva che la più volte menzionata relazione istruttoria del 22 giugno 1998 richiama, sul punto, l’art. 55, parag. 2, delle N.T.A. del P.R.G., lamentando che l’organizzazione del Piano attuativo non rispetterebbe “quanto previsto in modo prescrittivo dallo schema organizzativo dell’insediamento indicato dal P.R.G. vigente (area strategica – art. 55 p. 2 delle n.t.a.)”.
Tuttavia, l’art. 55, parag. 2, cit. (v. doc. 9 del Comune), nel disporre che per alcune zone soggette a piano urbanistico attuativo (“P.U.A.”), riguardanti aree che il P.R.G. considera “strategiche”, nelle tavole 13.3 viene riportato uno schema di organizzazione degli insediamenti, non riconnette a detto schema quel carattere rigidamente prescrittivo che l’ora ricordata relazione istruttoria (e con essa i ricorrenti) pretendono di attribuirgli. Ciò, poiché il parag. 2 aggiunge che in sede di redazione del piano attuativo va sostanzialmente rispettato, salvo marginali scostamenti, lo schema organizzativo generale delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, e che, però, lo schema di distribuzione delle tipologie edilizie, e gli altri parametri urbanistici ed edilizi eventualmente riportati, possono anche essere modificati, “riportando le motivazioni che giustificano le variazioni rispetto al disegno del P.R.G.”.
Da un lato, quindi, va condivisa l’eccezione della difesa comunale, secondo cui dallo stesso art. 55 delle N.T.A. emerge che lo schema organizzativo ha valenza indicativa, e non prescrittiva. D’altro lato, il tutto si risolve in una questione di motivazione delle variazioni: motivazione che la difesa comunale indica nell’esigenza di realizzazione degli standards urbanistici, ciò che trova riscontro nel parere della III^ Commissione consiliare del 7 luglio 1998 (doc. 5 del Comune), in cui, “vista l’individuazione di area strategica del P.R.G. (….) si prescrive di trasferire la cubatura delle due palazzine a nord della zona 2 lungo il fronte alberato del percorso pedonale coperto, tra via Carnia e via Giovanni XXIII”, in modo da liberare “un congruo spazio per verde pubblico tra via Rovereto e via Giovanni XXIII (v., analogamente, il parere favorevole della predetta Commissione consiliare del 28 novembre 1996, doc. 3 del Comune).
Con specifico riferimento alla doglianza di violazione dello schema organizzativo del P.R.G. per la previsione, ad opera del Piano attuativo, di tre piani, invece di due, nei fabbricati lungo il viale, la difesa comunale ha, poi, allegato e documentato come la scheda n. 22 di cui all’Allegato B/1.2 al P.R.G. contenga, al punto 4), una prescrizione particolare, la quale consente di realizzare edifici in linea di tre piani attorno alla piazza che inquadra il percorso pedonale che porta alla S.S. (cfr. doc. 1 del Comune).
Relativamente, infine, alla censura per cui i fabbricati da erigere sarebbero posti ad una distanza inferiore a quella prevista dal P.R.G., i ricorrenti, nell’insistere su detta censura in sede di memoria finale, lamentano come lo strumento urbanistico generale avesse previsto una “fascia di rispetto” di circa mt. 30, comprendente una zona a verde ed una strada, che avrebbe separato le abitazioni degli stessi ricorrenti e gli edifici da costruire. Il Piano approvato, invece, avrebbe in sostanza cancellato tale fascia di rispetto, limitandola a soli mt. 5.
In contrario, tuttavia, è dirimente osservare come – in disparte la forzatura di voler qualificare l’area di mt. 30 destinata in parte a parcheggio e strada, in parte a verde, in termini di “fascia di rispetto” – la doglianza appena esposta sia confutata dalla stessa perizia tecnica del 23 gennaio 2008, versata in atti dai ricorrenti a dimostrazione dei danni pretesamente subiti, di cui hanno chiesto il risarcimento con i motivi aggiunti.
Da detta perizia (all. 1 depositato il 10 settembre 2008), infatti, emerge che i nuovi fabbricati sono stati eretti ad una distanza di mt. 10 dal prospetto sud dei fabbricati di proprietà dei sigg.ri Micaglio e Cossalter e, pertanto, in conformità al limite minimo stabilito dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, avente carattere inderogabile (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 14 settembre 2017, n. 4337;T.A.R. Liguria, Sez. I, 13 dicembre 2016, n. 1231).
La distanza di mt. 5, di cui si lamentano i deducenti, riguarda, perciò, non i fabbricati, ma il confine della proprietà (v. p. 8 della perizia del 23 gennaio 2008): donde, in definitiva, l’infondatezza della doglianza appena analizzata.
Tirando le somme da quanto si è esposto, deve perciò concludersi che le molteplici censure, di tipo procedimentale e sostanziale, in cui si articola il primo motivo del ricorso originario rubricato al n. 3541/1998 di R.G., sono nel loro complesso infondate, con il corollario dell’integrale reiezione del suddetto primo motivo.
Parimenti infondato è, poi, il secondo motivo, con cui i ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 12, 16 e 60 della l.r. n. 61/1985, poiché il Piano di lottizzazione impugnato sarebbe privo di una serie di elaborati prescritti dalle disposizioni regionali che si assumono violate.
In dettaglio, mancherebbero: una precisa relazione tecnica esplicativa dell’intervento, le indicazioni d’uso prescritte o ammesse per gli edifici erigendi, un’idonea documentazione fotografica dell’area e la previsione dei termini di attuazione del Piano di cui all’ultima parte dell’art. 60, comma 1, della citata legge regionale.
In contrario, tuttavia, si richiama l’art. 16 della l.r. n. 61/1985 – in seguito abrogato, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie – il quale, al quarto comma, stabiliva che il Piano di lottizzazione, oltre a comprendere l’elenco catastale delle proprietà e la relativa convenzione, “è formato da tutti gli elaborati grafici necessari, in rapporto alle sue dimensioni, tra quelli previsti all’art. 12”. A sua volta, detto art. 12 (anch’esso successivamente abrogato) elencava la documentazione da allegare al Piano Particolareggiato, tra cui la documentazione (relazione esplicativa, destinazioni d’uso degli edifici, fotografie) della cui mancanza si dolgono i deducenti.
È, quindi, corretta l’obiezione della difesa comunale, secondo cui il Legislatore regionale non aveva statuito l’obbligo, in ogni caso di presentazione di un Piano di lottizzazione, di accompagnarlo con tutta la documentazione elencata nell’art. 12 della l.r. n. 61/1985, ma soltanto con quella di volta in volta necessaria, in connessione con la complessità dello strumento attuativo. La carenza, nel caso di specie, della documentazione indicata dai ricorrenti non può, quindi, ritenersi, come dagli stessi preteso, causa ex se di illegittimità degli atti impugnati, occorrendo la prova – che, però, i deducenti non danno – dell’inadeguatezza della documentazione allegata al Piano in rapporto alle dimensioni del Piano stesso.
Per quanto concerne, poi, i termini di attuazione del Piano, è vero che – come si sostiene nel ricorso – la loro indicazione era imposta dall’allora vigente art. 60, primo comma, ult. periodo, della l.r. n. 61/1985, ai sensi del quale “i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata (….) contengono altresì i termini per la loro attuazione”.
Nondimeno, nel caso all’esame i termini stessi sono stati precisati dall’art. 6, primo comma, dello schema di convenzione di lottizzazione (allegato all’impugnata deliberazione consiliare n. 49/1998: v. il doc. 7 del Comune), il quale ha previsto l’impegno delle ditte lottizzanti di iniziare le opere di urbanizzazione entro un anno dalla notifica dell’autorizzazione a lottizzare e di ultimarle entro tre anni dalla data di inizio.
Del tutto fuorviante è la replica mossa sul punto dai ricorrenti, secondo cui l’art. 6 di detto schema non recherebbe alcun termine di attuazione dello strumento urbanistico, ma si limiterebbe a stabilire che “l’inizio e l’ultimazione dei lavori sono determinati mediante verbale redatto in contraddittorio fra il Comune e la ditta lottizzante”. Questo, infatti, è il dettato del secondo comma dell’art. 6 dello schema, laddove, invece, – come si è appena detto – l’indicazione dei termini ex art. 60 cit. si trova nel primo comma dello stesso art. 6.
Se ne evince, in conclusione, l’infondatezza anche del secondo motivo del ricorso originario R.G. n. 3541/1998: quest’ultimo deve, perciò, essere complessivamente respinto.
La complessiva infondatezza del ricorso originario determina, altresì, l’inammissibilità di quello per motivi aggiunti, con cui – come più volte ricordato – è stata formulata domanda di risarcimento dei danni: ciò, in quanto difetta il presupposto di tale domanda risarcitoria, consistente nell’illegittimità degli atti oggetto di impugnativa, da cui sarebbero derivati i danni.
Si rammenta, in proposito, l’insegnamento giurisprudenziale, secondo cui, ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risarcimento dei danni proposta dinanzi al G.A., l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento, dal quale discende la lesione in capo al soggetto titolare dell’interesse legittimo, costituisce presupposto necessario (anche se non sufficiente) affinché si configuri una responsabilità dell’apparato amministrativo procedente (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 16 febbraio 2015, n. 2673;id., Sez. II-ter, 6 novembre 2012, n. 9067;T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 gennaio 2015, n. 199).
In definitiva, pertanto, il ricorso R.G. n. 3541/1998 è infondato e da respingere per quanto riguarda l’atto introduttivo del giudizio, mentre la domanda di risarcimento del danno proposta con i motivi aggiunti deve essere dichiarata inammissibile.
Passando ora all’esame del ricorso R.G. n. 2515/1999 – con cui si impugna la concessione edilizia rilasciata per l’esecuzione di parte delle opere di urbanizzazione relative al Piano di lottizzazione n. 22 – osserva il Collegio che nessuna delle censure con esso dedotte si rivela suscettibile di positiva delibazione.
Ed invero, con il primo motivo i sigg.ri Micaglio e Cossalter si dolgono dell’illegittimità derivata da cui sarebbe affetta la concessione edilizia, per l’illegittimità che vizierebbe gli atti di approvazione del Piano di lottizzazione (in specie: la deliberazione consiliare n. 49/1998) impugnati con il ricorso originario R.G. n. 3541/1998. L’infondatezza di quest’ultimo, però, determina l’infondatezza anche della suesposta doglianza di illegittimità derivata: per conseguenza, il primo motivo del ricorso R.G. n. 2515/1999 è infondato e da respingere.
Con il secondo motivo è, invece, dedotta l’illegittimità autonoma che affliggerebbe la concessione edilizia: a) per essere stata rilasciata sebbene l’area relativa al Piano di lottizzazione non fosse stata inserita nel programma pluriennale di attuazione comunale (piano comunque decaduto il 4 febbraio 1997);b) perché nella relazione istruttoria allegatavi (datata 13 maggio 1999 ed anch’essa a firma dell’istruttore tecnico arch. Carraro) non vi sarebbe più traccia delle criticità riscontrate dallo stesso funzionario nella più sopra ricordata relazione istruttoria del 22 giugno 1998, con il corollario che tale assenza avrebbe impedito agli organi competenti al rilascio del titolo abilitativo di conoscere il quadro complessivo in cui si inseriva la richiesta di concessione.
Ambedue le doglianze ora riportate sono infondate e da respingere.
Quanto al punto a), infatti, è sufficiente richiamare l’orientamento di una giurisprudenza risalente, ma diffusa, la quale ha precisato che, in base all’art. 13 della l. n. 10/1977 (contenente appunto la disciplina dei programmi pluriennali di attuazione), la mancata inclusione nel predetto programma non è di ostacolo all’approvazione di un Piano di lottizzazione (C.d.S., Sez. IV, 14 ottobre 1997, n. 1194). Ed invero, l’inclusione nel programma pluriennale di attuazione delle aree interessate da un Piano di lottizzazione non si pone quale presupposto necessario per l’approvazione del Piano, in quanto l’autonomia dei due strumenti esclude una loro interdipendenza, né essa è richiesta dall’art. 13 della l. n. 10/1977: quest’ultimo, nell’imporre ai Comuni l’adozione del programma pluriennale di attuazione, inserisce infatti il divieto di rilascio di concessioni edilizie in aree non comprese nel programma, ma non un divieto di approvazione di un Piano di lottizzazione (cfr. T.A.R. Marche, 16 dicembre 1995, n. 605;id., 14 giugno 1984, n. 218).
In altre parole, se è fatto divieto di rilascio di concessioni edilizie in aree non incluse nei P.P.A., ciò non preclude l’autorizzazione dei Piani convenzionati di lottizzazione per le stesse aree (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 10 maggio 1985, n. 1293): non sussistendo, pertanto, una necessaria dipendenza del Piano di lottizzazione dalle scelte effettuate dal P.P.A., è illegittimo il diniego di approvazione del primo, basato sull’esclusivo rilievo della mancata inclusione della zona interessata fra le aree che il programma pluriennale destina all’edificazione nel periodo di tempo considerato (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 7 febbraio 1983, n. 60).
Anche questo Tribunale ha avuto modo di affermare che l’approvazione di un Piano di lottizzazione non presuppone la preventiva adozione ed approvazione di un programma pluriennale di attuazione che prenda in considerazione la relativa area, vista la diversità di funzione dei due piani (v. T.A.R. Veneto, Sez. II, 14 dicembre 1989, n. 1497).
Nel caso di specie, quindi, legittimamente il Comune ha rilasciato la concessione edilizia n. 55/99, nonostante l’omessa inclusione dell’area interessata tra quelle considerate dal P.P.A. e nonostante la già avvenuta scadenza di quest’ultimo, attesa l’esistenza del Piano di lottizzazione approvato con la deliberazione n. 49/1998.
Quanto, poi, alla doglianza di cui al punto b), si è già visto prima che la mancata esposizione, nella relazione istruttoria del 13 maggio 1999 (all. 3 al ricorso) dei rilievi critici contenuti nella pregressa relazione del 22 giugno 1998 è sintomatica del superamento dei suddetti rilievi critici da parte dello stesso funzionario che li aveva espressi (e non già della carenza di istruttoria da cui sarebbe affetto il procedimento amministrativo e, quindi, il provvedimento di rilascio della concessione edilizia n. 55/99).
Donde, in definitiva, l’infondatezza anche della suesposta doglianza e, con essa, del secondo motivo del ricorso R.G. n. 2515/1999, in tutte le censure in cui esso si articola. Con l’ulteriore conseguenza della complessiva infondatezza del ricorso stesso.
In conclusione, ambedue i ricorsi in epigrafe sono infondati e da respingere, mentre la domanda di risarcimento del danno proposta con i motivi aggiunti al primo ricorso va dichiarata inammissibile, per difetto del relativo presupposto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore del Comune di Selvazzano Dentro, mentre non si fa luogo a pronuncia sulle spese nei confronti degli altri soggetti evocati in giudizio e non costituitisi.