TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-05-19, n. 202308577
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Pubblicato il 19/05/2023
N. 08577/2023 REG.PROV.COLL.
N. 12691/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12691 del 2022, proposto da
Goldcar Italy s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati G A, A F, L S e B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. A F in Roma, via Principessa Clotilde, n. 7;
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Codacons, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Camera di commercio di Pistoia-Prato, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
- del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 30252 adottato all’esito dell’adunanza del 19 luglio 2022 di chiusura del procedimento CV230 e pubblicato sul Bollettino n. 30/2022 dell’8 agosto 2022, notificato a mezzo PEC con atto prot. n. 58662 in data 27 luglio 2022, recante «CV230 - Goldcar-spese gestione pratiche amministrative», con cui si è deliberato «a) che la clausola descritta al punto II del presente provvedimento, che prevede l’applicazione di una penale di importo pari a € 55 a carico del cliente consumatore in caso di violazione da parte di quest’ultimo delle normative in materia di circolazione dei veicoli, accertati e notificati a Goldcar Italy S.r.l. dall’ente competente in relazione al veicolo oggetto del contratto di autonoleggio senza conducente, integra una fattispecie di clausola vessatoria ai sensi degli articoli 33, commi 1 e 2 lettera f), 34 e 35 del Codice del consumo per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione;
b) che la nuova formulazione della clausola dell’articolo 11 dei “Termini e Condizioni di Noleggio” applicabili in Italia, che secondo quanto dichiarato da Goldcar Italy S.r.l. dovrebbe entrare in vigore entro il 31 ottobre 2022, nella versione prodotta in atti con memoria del 5 luglio 2022, non risulta idonea a superare pienamente i profili di vessatorietà accertati in relazione alla clausola attualmente vigente ai sensi degli articoli 33, commi 1 e 2, lettera f), 34 e 35 del Codice del Consumo, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione», disponendo per l’effetto «a) che la società Goldcar Italy S.r.l. pubblichi, a sua cura e spese, un estratto del provvedimento ai sensi dell’articolo 37 bis del Codice del Consumo e dell’articolo 23, comma 8, del Regolamento, secondo le seguenti modalità:
1) il testo dell’estratto del provvedimento è quello riportato nell’allegato al presente provvedimento;
2) il testo dell’estratto del provvedimento dovrà essere pubblicato per trenta giorni consecutivi sulla home page del sito internet https://www.goldcar.es/it/ con adeguata evidenza grafica, entro venti giorni dalla comunicazione dell’adozione del presente provvedimento», prevedendo altresì le modalità di pubblicazione e precisando, oltre alle conseguenze per l’eventuale inottemperanza, che «L’estratto del provvedimento è altresì pubblicato, entro venti giorni dalla comunicazione della sua adozione, in apposita sezione del sito internet istituzionale dell’Autorità» e dell’allegato al provvedimento, riportante l’estratto da pubblicare;
- della comunicazione di avvio del procedimento del 2 luglio 2021;
- della comunicazione del 29 marzo 2022 con cui l’Autorità comunicava l’estensione oggettiva del procedimento;
- della comunicazione 14 giugno 2022 con cui è stata comunicata alla parte la data di conclusione della fase istruttoria ai sensi dell’articolo 16, c. 1, del regolamento;
nonché, ove occorrere possa
- della richiesta di informazioni del 16 marzo 2021 rivolta a Goldcar da parte dell’Autorità;
- dei provvedimenti di proroga del termine di conclusione del procedimento rispettivamente del 5 novembre 2021, del 20 gennaio 2022, del 29 marzo 2022 e del 25 maggio 2022;
- del «Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie» adottato dall’Autorità con delibera n. 25411 del 1° aprile 2015 e pubblicato sulla G.U. del 23 aprile 2015, n. 94, in parte qua, come meglio indicato nel prosieguo;
nonché, in ogni caso
- di ogni altro atto comunque connesso e coordinato, ivi inclusi tutti i verbali delle audizioni e tutte le comunicazioni inviate dall’Autorità a Goldcar, anteriori e conseguenti a quelli suindicati, ancorché non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché del Codacons;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2023 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, operante nel settore dell’autonoleggio senza conducente, impugnava il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) con cui veniva accertata la vessatorietà (ai sensi degli artt. 33, commi 1 e 2, lett. f), 34 e 37- bis d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 – c.d. cod. cons.) della clausola « che prevede l’applicazione di una penale di importo pari a € 55 a carico del cliente consumatore in caso di violazione da parte di quest’ultimo delle normative in materia di circolazione dei veicoli, accertati e notificati a Goldcar Italy s.r.l. dall’ente competente in relazione al veicolo oggetto del contratto di autonoleggio senza conducente » (procedimento CV230).
2. Si costituiva in resistenza l’Autorità.
2.1. Allo stesso tempo, si costituiva in giudizio il Codacons, associazione segnalante.
3. Al ricorso era unita istanza di sospensione cautelare degli atti gravati cui la parte rinunciava durante la discussione nella camera di consiglio del 20 luglio 2022.
4. Le parti si scambiavano ulteriori memorie e repliche in vista dell’udienza del 22 febbraio 2023, all’esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.
5. Esaurita l’esposizione dello sviluppo del processo, e prima di passare all’elencazione delle doglianze spiegate avverso il provvedimento gravato, appare opportuno illustrare alcuni aspetti fattuali della vicenda in esame.
5.1. L’Agcm, in data 2 luglio 2021, avviava un’istruttoria sulla base di alcune segnalazioni pervenute circa la vessatorietà di una clausola contenuta nelle condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente dalla società (indicate come termini e condizioni di noleggio , T&C): in particolare, veniva previsto il pagamento, in misura fissa, di una somma al professionista in caso di notifica alla società di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada.
5.2. Tale clausola, espressamente denominata penale , determinerebbe (secondo l’Autorità) un eccessivo squilibrio nei rapporti tra le parti portando un vantaggio economico per il professionista di gran lunga superiore ai costi sopportati.
5.3. Deve poi immediatamente rilevarsi come, durante il procedimento, interveniva una rilevante novella normativa che escludeva la responsabilità solidale dell’impresa di noleggio per le violazioni commesse dal noleggiante (v. il riformato art. 196 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. g- ter ), d.l. 10 settembre 2021, n. 121, conv. dalla l. 9 novembre 2021, n. 156).
5.4. Alla luce di quest’ultima modifica legislativa la parte ricorrente sottoponeva all’Autorità una nuova formulazione della clausola: nondimeno, anche la nuova versione proposta veniva cassata dall’Agcm, atteso che – sostanzialmente – rimanevano fermi i censurati profili di vessatorietà, riducendosi l’aggiornamento ad una lieve riduzione dell’importo della penale (€ 40,00).
6. Fatte queste doverose precisazioni in punto di fatto, è possibile descrivere sinteticamente le singole censure sollevate con l’impugnazione.
6.1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la tardività nell’avvio del procedimento, atteso che il dies a quo andrebbe individuato non nel 2 luglio 2021, bensí il 29 marzo 2022, allorquando l’Autorità estendeva oggettivamente l’istruttoria ai T&C applicabili all’Italia, in violazione dell’art. 6 del. Agcm 1° aprile 2015, n. 25411 (regolamento sulle procedure istruttorie)
6.2. A mezzo della seconda doglianza si evidenzia l’eccesiva durata del procedimento, potendo l’Autorità prorogare i termini, ai sensi dell’art. 23, comma 5, del. 25411 cit. al massimo per 60 giorni.
6.3. Tramite la terza ragione d’impugnazione denunciata l’erroneità del giudizio di vessatorietà, trattandosi di una clausola penale che riproduce una disposizione di legge (art. 34, comma 3, cod. cons.): difatti, il rispetto del codice della strada è indicato quale puntuale obbligazione assunta dal consumatore al momento della conclusione del contratto di noleggio, con la conseguenza che il suo inadempimento legittima l’incasso della penale. Inoltre, la penale sarebbe pienamente coerente con l’attività post-contrattuale curata dalla società, potendo, tra l’altro, anche essere contestata dal consumatore. In aggiunta, l’entità della penale non sarebbe eccessiva rispetto al servizio di autonoleggio ed alle sanzioni previste dal codice della strada.
6.4. Con la quarta doglianza viene rappresentata l’assenza di istruttoria rispetto alla nuova clausola presentata dalla società nel corso del procedimento.
6.5. Per mezzo della quinta censura, invece, si chiarisce che la formulazione della clausola nei T&C fosse disponibile sia in inglese sia in italiano, facilmente accessibile a qualsiasi consumatore.
6.6. Infine, con l’ultimo motivo viene dedotta l’illegittimità dell’ordine di pubblicazione sul sito internet della società, entro 20 giorni, dell’estratto del provvedimento, comprimendo cosí il diritto di azione e di difesa della società.
7. Nessuna doglianza può essere accolta.
8. I primi due motivi di ricorso, concernendo tutti aspetti formali e procedimentali, appaiono strettamente connessi, sicché si reputa opportuno trattarli unitariamente.
8.1. In primo luogo, non risulta esservi stata alcuna violazione nell’inizio dell’istruttoria: invero, l’avvio del procedimento veniva correttamente notificato il giorno 2 luglio 2021, allorquando l’Autorità ipotizzava di disporre di tutti gli elementi necessarî per contestare la vessatorietà della clausola esaminata. Nondimeno, durante l’istruttoria emergeva come il formulario esaminato dall’Agcm non fosse applicabile all’Italia, sicché risultava doveroso estendere oggettivamente l’indagine anche alle condizioni generali di contratto predisposte per i contratti efficaci sul territorio nazionale (su cui si incentra, ovviamente, la valutazione di vessatorietà): in merito a ciò va rilevato come la circostanza che in un primo momento l’Autorità concentrasse i suoi sforzi su un differente modulo contrattuale non determina alcuna illegittimità, anzi dimostra la necessità e l’importanza dell’istruttoria condotta in contraddittorio con il professionista (in generale, sulla non coincidenza del termine di avvio del procedimento con la prima segnalazione dell’illiceità della clausola, v. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503). In ogni caso, l’Agcm prendeva conoscenza dell’effettivo oggetto del procedimento in data 5 ottobre 2021 (al momento del deposito della memoria procedimentale), ossia 175 giorni prima della comunicazione di estensione oggettiva del procedimento, nel pieno rispetto, indi, del termine previsto dall’art. 6 del. 25411 cit.
8.2. Neppure condivisibile è la censura sull’eccessiva durata del procedimento. Come evidenziato dall’avvocatura erariale, il termine di conclusione del procedimento veniva prorogato con tempestivi provvedimenti espressi che chiarivano, volta per volta, le ragioni dell’ulteriore segmento temporale necessario per l’istruttoria, spesso collegato con la necessità di garantire al professionista l’esercizio della difesa nel procedimento.
8.3. Infine, sfornita di qualsiasi fondamento normativo è la tesi di parte ricorrente circa l’impossibilità per l’Autorità di far luogo a piú di una proroga: difatti, la mancata espressa limitazione del numero delle proroghe, nonché l’assenza di un termine finale massimo, costituiscono gli elementi per sostenere l’infondatezza della doglianza del professionista (v. Tar Lazio, sez. I, 12 dicembre 2022, n. 16624 che evidenzia come spetterebbe dimostrare alla parte di aver subíto un pregiudizio effettivo dalla proroga, circostanza non verificatasi nel caso in esame).
9. I successivi due motivi, invece, denunciano, sotto diversi profili, l’illegittimità dell’istruttoria procedimentale effettuata e sono, pertanto, da trattare anch’essi congiuntamente.
9.1. In primo luogo, è opportuno chiarire la natura giuridica della clausola. Come evidenziato dall’Autorità nel provvedimento gravato, la società, nel corso del procedimento, variava piú volte l’indicazione della ragione pratica della pattuizione, descrivendola ora come corrispettivo del servizio, ora come clausola penale, ora come garanzia per il rischio finanziario di insolvenza di alcuno dei contravventori. Appare evidente che la descritta confusione interpretativa tradisca una polifunzionalità della clausola prevista nelle condizioni generali di contratto: nondimeno, risulta condivisibile la qualificazione giuridica di clausola penale offerta dall’Autorità
9.2. Difatti, la pattuizione ha come scopo principale quello di liquidare in maniera anticipata e forfettaria il danno discendente dall’inadempimento di un obbligo contrattuale (Cass., sez. VI, ord., 26 luglio 2021, n. 21398): come tale essa si presenta manifestamente sproporzionata. Preliminarmente va osservato come non sia possibile condividere la tesi di parte ricorrente secondo cui la pattuizione riprodurrebbe un mero obbligo di legge (art. 34, comma 3, cod. cons.): difatti, non appare possibile privatizzare un dovere imposto da norme primarie alla generalità dei consociati, atteso che il loro rispetto prescinde dalla stipula della clausola penale. In ogni caso, anche ammettendo tale possibilità, va rilevato che la prestazione del privato vada comunque rapportata al danno cagionabile alla controparte contrattuale (v. Cass., sez. II, 10 maggio 2012, n. 7180): pertanto, in caso di pagamento spontaneo della sanzione amministrativa, nessun pregiudizio subirebbe la società, con la conseguenza che l’arricchimento patrimoniale conseguito incassando la penale si paleserebbe senza causa (cfr. Cass., sez. III, 3 novembre 2010, n. 22357). Viepiú, nell’ipotesi inversa, ossia in caso di pagamento curato dal professionista in luogo del contravventore, la penale si palesa manifestamente eccessiva (v. Cass., sez. III, 19 giugno 2020, n. 11908): ad esempio, ipotizzando il mancato pagamento di un breve tragitto autostradale (il cui costo potrebbe essere di pochi euro), la società incasserebbe tra € 40,00 e € 55,00.
9.3. Quest’ultima osservazione permette di superare anche le argomentazioni difensive spese dalla parte ricorrente circa la necessità (soddisfatta dalla censurata clausola) di tenere indenne la società da eventuali conseguenze pregiudizievoli discendenti dalla condotta dell’utilizzatore del veicolo: premesso che la circostanza potrebbe rilevare solo per i fatti anteriori all’entrata in vigore della riforma normativa sopra ricordata, va rilevato come i dati esposti nel provvedimento (da considerare corretti, in assenza di contestazione) evidenziano la manifesta sproporzione dell’importo preteso dalla società;difatti, la società incasserebbe tra i tra 1,5 ed i 2,6 milioni di euro l’anno per la gestione delle contravvenzioni a fronte di debiti verso gli enti riscossori attestati tra i cento ed i cinquecentomila euro. In ogni caso, appare palese lo squilibrio creato dall’imposizione della clausola da parte del professionista, finalizzata a far gravare sul consumatore un onere economico dal quale non si può sottrarre neppure tenendo una condotta diligente: invero, va rilevato che la penale è esigibile anche in caso di illegittimità della contestazione amministrativa, non potendo il consumatore in alcun modo sottrarsi al pagamento in favore della società di autonoleggio.
9.4. Da quanto esposto consegue, inoltre, l’infondatezza dell’argomento speso dalla ricorrente basato sulla circostanza che alcune intimazioni pervenivano ancora dagli enti locali: invero, l’irregolarità dell’operato di tali soggetti – che evidentemente non avevano aggiornato (ai sensi del nuovo art. 196 cod. strada) le proprie procedure interne di riscossione – non può legittimare una condotta vessatoria nei confronti dei consumatori.
9.5. Quanto alla tesi, avanza dalla società, della necessità di coprire i costi sostenuti dal professionista per la gestione della pratica amministrativa (circostanza immutata a seguito della novella legislativa), va osservato che trattasi di argomentazione non condivisibile. Invero, l’imposizione di una tariffa à forfait appare manifestamente sproporzionata, considerato che la necessità di un’organizzazione aziendale che possa recuperare i dati anagrafici degli utilizzatori dei veicoli è connaturata con la prestazione del servizio di autonoleggio: in altre parole, risultando sempre necessario conservare la documentazione relativa ai varî contratti stipulati, sia per ragioni fiscali, sia a fini di tutela delle proprie ragioni nei confronti dei consumatori (ad esempio un danno occulto scoperto dal professionista solo dopo la riconsegna), appare evidente che la gestione della pratica concernente la sanzione amministrativa non determina alcun mutamento nell’organizzazione aziendale. Conseguentemente, risulta palese che la somma domandata non possa considerarsi necessaria a coprire i costi del servizio di cui, peraltro, non beneficia il consumatore, ma l’ente accertatore dell’infrazione.
9.6. Su quest’ultimo tema, inoltre, va rilevato come i crediti maturati in forza della menzionata clausola penale superino di gran lunga le spese sostenute, divenendo un’importante voce di introiti: difatti, l’Agcm evidenziava (v. nota a pie’ pagina n. 29 del provvedimento) come gli incassi della società per la citata pattuizione ammonterebbero a quasi nove volte i costi documentati. Si tratta di un chiaro segno dell’assoluta mancanza di correlazione tra la somma richiesta e l’effettivo onere economico gravante sul professionista.
9.7. Inoltre, come evidenziato, la censura di vessatorietà della clausola non appare incisa in maniera significativa dalla novella legislativa: conseguentemente, la nuova versione presentata durante il procedimento, risultando sostanzialmente omologa alla precedente pattuizione, sconta i medesimi vizî. Ne discende, indi, l’inutilità di una rinnovata approfondita istruttoria, essendo sufficienti i dati raccolti dall’Autorità durante l’ iter procedimentale al fine di confermare ( mutatis mutandis ) il giudizio di illiceità anche della nuova clausola.
10. Passando alla quinta doglianza, va rilevato come le censure spiegate non possano in alcun modo scalfire la solida ricostruzione fattuale operata dall’Autorità: invero, appare incontrovertibile che i T&C forniti direttamente al consumatore tramite il sito internet della società non siano di immediata ed agevole comprensione per il consumatore medio.
10.1. Le argomentazioni spese per giustificare la mancata immediata pubblicizzazione delle condizioni contrattuali relative ai contratti conclusi in Italia e la redazione di gran parte dei T&C in lingua inglese non sono idonee a superare la logica e coerente valutazione di vessatorietà operata dall’Agcm: invero, non appare corretto imporre al consumatore l’onere di ricercare tra le varie pagine web gli elementi disciplinanti il proprio contratto (sul punto, v. Tar Lazio, sez. I, 18 novembre 2022, n. 15326), né può reputarsi sufficiente il generico alert sulla possibilità di diverse condizioni contrattuali applicabili (v. Tar Lazio, sez. I, 21 aprile 2022, n. 4876).
11. Infine, sul tempo assegnato dall’Agcm alla società per adeguare la propria condotta commerciale al provvedimento gravato, appare evidente come i 20 giorni risultino un termine congruo e proporzionato alla finalità pubblicistica sottesa all’intervento dell’Autorità: invero, dilatare eccessivamente le tempistiche determinerebbe, in pratica, l’inutilità dell’accertamento, atteso che si legittimerebbe la perpetuazione di una situazione di vessatorietà ai danni dei consumatori.
12. Alla luce dell’esposta infondatezza di tutte le doglianze spiegate, il ricorso è definitivamente respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza nei riguardi dell’Autorità, mentre possono essere compensate nei confronti del Codacons.