TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2020-01-30, n. 202001311
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Pubblicato il 30/01/2020
N. 01311/2020 REG.PROV.COLL.
N. 06425/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6425 del 2008, proposto da
Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino, L Gi, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Appia Nuova 37 Sc A;
contro
Comune di Fiumicino, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato C L, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar Lazio in Roma, via Flaminia 189;dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San Domenico 20;
Comune di Roma, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Maggiore, Nicola Sabato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via Tempio di Giove, 21;
nei confronti
Macchioni Rosa non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione d'ufficio di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi - det dir 62 del 26.3.2008 (notificata il 4.4.2008).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Fiumicino e di Comune di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
La Fondazione ricorrente premette di essere proprietaria di un terreno sito a Fiumicino con accesso da vicolo Coccia di Morto 4, occupato dalla controinteressata, precedente affittuaria nei cui confronti la ricorrente ha già ottenuto dal Tribunale di Roma- sez. Agraria l'ordine di rilascio del fondo, attualmente in fase esecutiva – sul quale questa aveva realizzato, all’insaputa della ricorrente, e senza il suo consenso, un abuso edilizio, consistente nell’elevazione di un precedente manufatto di 85 mq, operando modifiche dei muri perimetrali, nonché realizzazione di tettoia di 60 mq in appoggio sul lato lungo dello stesso e su immobile adiacente, in area plurivincolata (vincolo aeroportuale: immodibificabilità in altezza;fascia di rispetto stradale DM 29.3.1996 zona 2;vincolo ex lege art. 142 lett c) f) d.lvo n. 42/2001 non ostativo in quanto in area B ai sensi del DM 1444/1968).
Con il ricorso in esame la predetta impugna l'ordine di demolizione – nonché di ripristino dello stato dei luoghi - impartito con D.D. n. 62 del 26.3.2018 prot. 212 delle opere sopraindicate deducendo i seguenti motivi di censura: 1) violazione dell’art. 27 DPR 380/2001 (già art. 4 Legge n. 47/1985)in combinato disposto con gli artt. 30 e 21 del medesimo DPR e degli artt. 2 e 3 legge 689/1981;eccesso di potere per errore sui presupposti ed ingiustizia manifesta.
In sintesi la Fondazione ricorrente deduce che l'abuso è stato realizzato dalla controinteressata a sua totale insaputa e senza il suo consenso, per cui non può essere sanzionata per fatto altrui, non essendo la presunzione di responsabilità del proprietario sancita da alcuna norma giuridica;né che questi debba subire, senza dolo o colpa, un pregiudizio (quello delle conseguenze derivante dall'inottemperanza all'ordine di demolizione) per fatto altrui;non è configurabile una sorta di responsabilità oggettiva del proprietario, che non solo non è prevista da alcuna norma, ma contrasterebbe con l’art. 3 della legge n. 689/1981 e con gli artt. 27, 42 e 43 Cost.;inoltre nel provvedimento impugnato è indicato un mod. 23/a bis n. 20205 del 10.10.2007 in cui la Polizia Municipale ha indicato come autore delle opere abusive solo la controinteressata, senza accertare la responsabilità della ricorrente, né il suo concorso di colpa. L'esito sarebbe manifestamente ingiusto dato che la ricorrente non è nemmeno in grado di provvedere alla demolizione dell'abuso dal momento che la controinteressata, nonostante la sentenza del Tribunale, seguita ad occupare l’area su cui insiste il manufatto. In conclusione, gli obblighi di demolizione e rimessione in pristino non potevano essere posti a carico della proprietaria e, tantomeno, sotto comminatoria di esecuzione d’ufficio.
Si è costituito in giudizio il Comune di Fiumicino, con memoria scritta a difesa del proprio operato, contestando la non pertinenza della documentazione depositata dal Comune di Roma, non pertinente al caso di specie, e chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.
La ricorrente ha presentato una memoria conclusionale di replica.
All’udienza pubblica del 17.10.2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
Va in via preliminare disposta l’estromissione dal giudizio del Comune di Roma.
L’Amministrazione predetta, evidentemente evocata in giudizio per errore dalla ricorrente (che ha proposto numerosi ricorsi avverso provvedimenti analoghi disposti per interventi dei propri affittuari da vari Comuni in cui sono siti i terreni di sua proprietà), ha riscontrato la richiesta di rapporto difensivo dell’Avvocatura in merito ad un contenzioso diverso, trasmettendo la documentazione relativa a provvedimento demolitorio adottato dal Comune di Roma per un abuso diverso, realizzato da diverso soggetto, su immobile diverso da quello impugnato, sito nel Comune di Roma, di proprietà della medesima Fondazione (come evidenziato nella nota di trasmissione del Comune in cui precisa che “non esiste nessun contenzioso pendente con tale numero di contenzioso”).
Nel merito il ricorso risulta infondato.
Come chiarito dall’orientamento giurisprudenziale in materia, l’estraneità del proprietario all’abuso realizzato dal conduttore non implica l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi ma esclude la possibilità di procedere all’acquisizione gratuita da parte del Comune.
In linea di principio, il proprietario dell'area, "fino a prova contraria", deve ritenersi corresponsabile dell'abuso (Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4913;Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2014, n. 3565;Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2027): infatti, le finalità di interesse pubblico di tutela del territorio impongono al proprietario di beni immobiliari sia di non dare luogo a illegittime trasformazioni del territorio stesso, sia di attivarsi - ricorrendone i presupposti - per il ripristino della legalità violata (TAR Lazio, sez. I-quater, 13 luglio 2016, n. 8005);ciò in conformità con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale, secondo cui l’acquisizione non può operare nei confronti del proprietario dell’area solo “quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall'ordinamento (Corte cost., 15 luglio 1991, n. 345).
Il Collegio condivide tale orientamento.
L’articolo 31, comma 2, Dpr 380/2001, prevede espressamente che, una volta accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ne viene ingiunta la rimozione o demolizione “al proprietario e al responsabile dell'abuso”.
Per cui qualora un abuso edilizio sia stato posto in essere su un immobile concesso in locazione, la relativa responsabilità va riferita sia al conduttore che al proprietario.
Invero, l’obbligo di emanare le ordinanze di demolizione di opera edilizia abusiva anche nei confronti di chi risulti essere il proprietario, per come sancito a livello normativo, sussiste indipendentemente dall’essere anche responsabile delle opere abusive, essendo il proprietario individuato dalla norma tra i soggetti che sono comunque in grado di porre fine alla situazione antigiuridica, indipendentemente dal coinvolgimento o meno nella realizzazione dell'abuso, in considerazione della natura non meramente sanzionatoria, ma ripristinatoria dell’ordine di demolizione.
Si tratta pertanto di una situazione diversa rispetto a quella dell'acquisizione gratuita, che non è una misura strumentale per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, ma costituisce una sanzione autonoma che consegue all’inottemperanza all’ingiunzione.
Il ricorso va quindi respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.