TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2024-02-08, n. 202400028

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2024-02-08, n. 202400028
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 202400028
Data del deposito : 8 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2024

N. 00028/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00254/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 254 del 2023, proposto dalla -O-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P D B, L C e M L, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

l’Azienda Sanitaria Regionale Molise – A.S.R.E.M., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A I, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

nei confronti

il sig.-O- -O-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del silenzio-rigetto formatosi sull'istanza d'accesso agli atti formulata dalla soc. -O- in data 1° agosto 2023;

e per il conseguente accertamento

del diritto della ricorrente all’accesso agli atti per le finalità difensive compiutamente enunciate nella sua istanza di accesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’A.S.R.E.M.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024 il dott. Federico Giuseppe Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. La -O- (solo “-O-” d’ora in avanti) è una società operante nel settore della componentistica per automobili, con stabilimenti presenti in più Paesi, specializzata nello sviluppo e nella fabbricazione di strutture e meccanismi per sedili, assemblaggi di carrozzerie e traverse per sospensioni anteriori.



2. La società assumeva a suo tempo con contratto a tempo indeterminato il sig.-O- -O- presso lo stabilimento di -O-, con mansione di assemblatore nel reparto di lastroferratura e inquadramento nel livello III del CCNL del settore metalmeccanico.



3. In costanza di rapporto di lavoro, il -O- veniva sottoposto a visita medica aziendale ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008, a seguito della quale emergeva la sua sopravvenuta inidoneità alla mansione assegnatagli per fattori di carattere fisico e psichico.

In ragione di tanto, il lavoratore veniva licenziato dalla -O- con lettera raccomandata del 25 luglio 2019.

L’interessato impugnava allora il licenziamento innanzi alla sezione lavoro del Tribunale di Isernia, la quale, all’esito di una prima fase processuale, con ordinanza del 17 ottobre 2021 lo dichiarava illegittimo e, per l’effetto, ordinava la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.

L’ordinanza è stata gravata dalla -O- dinanzi la medesima sezione lavoro del Tribunale di Isernia in funzione di giudice del reclamo con ricorso allibrato al R.G. -O-/2021, giudizio nell’ambito del quale la prossima udienza istruttoria è fissata per l’8 maggio 2024.



4. Nelle more del giudizio di reclamo la -O-, al fine di ottemperare all’ordine giudiziale di reintegrazione, sottoponeva l’interessato a una nuova visita medica aziendale il 15 febbraio 2023 dinanzi il dott. -O-, medico addetto alla sorveglianza sanitaria, il quale riteneva però il lavoratore nuovamente inidoneo alla mansione.



5. Il -O-, a quel punto, il 27 febbraio 2023 proponeva ricorso amministrativo ex art. 41, comma 9 del d.lgs. n. 81/2008 dinanzi all’Organo di vigilanza presso l’A.S.R.E.M. (Azienda sanitaria per la Regione Molise), con il quale chiedeva la modica del certificato medico di inidoneità.

E l’organo adito, a seguito di visita medica collegiale del 13 aprile 2023, accoglieva tale ricorso, valutando il lavoratore “ idoneo alla mansione specifica, cui è preposto, con limitazione per la movimentazione manuale dei carichi ”.

Venuto a conoscenza dell’esito del ricorso, il dott. -O-, medico addetto alla sorveglianza sanitaria, con lettera del 2 maggio 2023 chiedeva delucidazioni all’Organo di vigilanza presso l’A.S.R.E.M. n ordine all’ iter valutativo percorso dall’Organo, soprattutto con riferimento al tema degli esami -O-del lavoratore.

L’A.S.R.E.M. riscontrava la richiesta con nota del 9 maggio 2023, nella quale precisava misure preventive la società avrebbe dovuto seguire per limitare i carichi nei confronti del -O-, suggeriva l’adozione di un piano di lavoro personalizzato per quest’ultimo, e specificava, infine, di aver ampiamente esaminato anche la problematica -O- del caso avvalendosi, per il proprio giudizio, di due certificazioni emesse da una specialista -O- dell’A.S.R.E.M..



6. La -O- presentava indi, il 24 maggio 2023, una prima istanza di accesso all’A.S.R.E.M., richiedendo la presa visione ed estrazione copia dei seguenti documenti amministrativi:

- una copia del ricorso proposto dal sig. -O- del 27 febbraio 2023;

- i “certificati specialistici” emessi da struttura A.S.R.E.M. citati nel provvedimento di esito del ricorso ai sensi dell’art. 41 comma 9 del d.lgs. n. 81/2008;

- il verbale della visita effettuata in data 13 aprile 2023;

- la cartella sanitaria e di rischio del sig. -O-;

- le certificazioni recenti emesse da specialista -O- dell’A.S.R.E.M. citate nella nota del 9 maggio 2023 di riscontro alla lettera del dott. -O-.

L’istanza di accesso veniva però solo parzialmente accolta dall’Amministrazione, che con nota n.-O- 2023 forniva alla richiedente soltanto la copia del citato ricorso amministrativo proposto dal -O-.



7. Una seconda istanza di accesso veniva, nondimeno, presentata dalla società il successivo 1° agosto 2023 ai sensi dell’art. 22 e ss. della l. n. 241/1990, ancorata stavolta espressamente alla tutela del proprio interesse difensivo inerente al già citato giudizio di reclamo pendente al -O-/2021.

Nello specifico, la -O- chiedeva l’ostensione dei seguenti documenti amministrativi:

- i ‘ certificati specialistici emessi da struttura ASREM’ citati nel provvedimento di esito del ricorso ai sensi dell’art. 41 comma 9 D.L. 81/08;

- il verbale della visita effettuata in data 13 aprile 2023;

- la cartella sanitaria e di rischio del signor -O-;

- le ‘ certificazioni recenti emesse da specialista -O- dell’ASReM’ , citate nella nota in riscontro alla lettera del dott. -O-;

- le valutazioni mediche pregresse, indicate nel ricorso del sig. -O-, “ che consentano di valutare l’aggravamento del quadro clinico--O- ed in particolare ‘esiti delle visite mediche del 22.11.2022 e di quella specialistica del 23.12.2022’ citate al punto 4 del ricorso del signor -O- ”;

- il certificato medico del 13 dicembre 2022 a firma del Dr. -O- Direttore del Dipartimento -O- dell’A.S.R.E.M. – Sede di Isernia;

- ogni altro documento eventualmente esistente utile a comprovare le condizioni medico--O- del sig. -O-.



8. A quest’ultima istanza ostensiva non seguiva però alcun riscontro dall’A.S.R.E.M., sicché la -O- proponeva il ricorso in epigrafe ex art. 116 del cod. proc. amm. affinché questo Tribunale accertasse il suo diritto all'accesso ai documenti richiesti con l’istanza del 1° agosto 2023, e ordinasse pertanto all’Amministrazione di darne ostensione alla società.

Il ricorso era affidato a un unico motivo, rubricato: “ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 22 E SEGG. DELLA L. 241/90 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 24 DELLA COSTITUZIONE E DEL DIRITTO DI DIFESA – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO”.

In estrema sintesi la -O-, pur riconoscendo che gli atti chiesti in ostensione attenevano a “dati supersensibili”, deduceva che il silenzio-rigetto serbato dall’Amministrazione sulla sua istanza di accesso difensivo del 1°agosto 2023 avrebbe leso il suo diritto fondamentale alla tutela in giudizio ex art. 24 della Costituzione, non potendo essa, in difetto di accesso, adeguatamente sviluppare le proprie difese nell’ambito del citato procedimento giudiziale (R.G. -O-/2021) di reclamo avverso l’ordinanza di annullamento del licenziamento.

Il silenzio-rigetto sarebbe stato illegittimo anche per l’ulteriore ragione che la documentazione richiesta sarebbe occorsa, alla -O-, al fine di predisporre le misure necessarie per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori che condividevano, con il -O-, il luogo di lavoro nello stabilimento di -O-.



9. L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio dinanzi a questo Tribunale opponendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso.

Essa deduceva, in particolare, che l’istanza della società non avesse compiutamente dimostrato la sussistenza di un interesse o diritto tale da poter prevalere sulla riservatezza dei dati supersensibili di contenuto sanitario detenuti dall’Amministrazione e pertinenti a un terzo soggetto.

Sicché, concludeva l’A.S.R.E.M., l’istanza non aveva superato il vaglio di stretta indispensabilità di cui al combinato disposto degli artt. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, e 60 del d.lgs. n. 196/2003.

10. Nell’approssimarsi dell’udienza camerale la ricorrente insisteva con memoria per l’accoglimento delle proprie conclusioni.

11. Alla camera di consiglio del 13 dicembre 2023, a seguito della discussione tra le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

12. Il ricorso è innanzitutto ammissibile.

La sua ammissibilità si rileva già con la positiva verifica della data di notifica dell’istanza di accesso, avvenuta, come detto, il 1° agosto 2023, e con il suo raffronto con la data della successiva proposizione del corrente ricorso, intervenuta il 28 settembre 2023 e, quindi, nell’arco dei trenta giorni successivi allo scadere del termine, anch’esso di trenta giorni, prescritto all’Amministrazione per il riscontro dell’istanza ostensiva.

13. Il ricorso è altresì fondato per quanto di ragione.

13.1. Il Collegio ritiene, infatti, che sussistano i presupposti per la doverosa ostensione di parte della documentazione richiesta dalla -O- all’A.S.R.E.M. ex art. 24, comma 7 della l. n. 241/1990.

L’accesso difensivo della ricorrente, benché diretto al rilascio di documenti rappresentativi di “dati supersensibili” concernenti un terzo (il sig.-O- -O-), è invero strumentale alla tutela di diritti fondamentali la cui salvaguardia è affidata alla stessa ricorrente, e segnatamente:

- tanto il diritto fondamentale di difesa in giudizio della medesima -O- ex art. 24 della Costituzione, in relazione al processo di reclamo pendente dinanzi il Tribunale di Isernia di cui al R.G. -O-/2021;

- quanto i diritti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori nel proprio posto di lavoro ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, 32 e 35 della Costituzione e 2087 c.c., valori di cui il datore di lavoro, tenuto a difenderli, è oggettivamente reso garante.

13.2. La delicatezza e complessità delle questioni oggetto di controversia richiede un propedeutico inquadramento dei temi della natura dell’accesso difensivo, dei suoi presupposti applicativi e della sua relazione con la tutela dei dati c.d. supersensibili dei terzi. Successivamente, la trattazione affronterà ex professo il merito della controversia, analizzando il rapporto tra l’accesso difensivo e i summenzionati diritti fondamentali che la fattispecie concreta impone all’attenzione. La disamina, infine, si concluderà con la enucleazione della documentazione rispetto alla quale, ad avviso del Collegio, la pretesa ostensiva della ricorrente si presenta meritevole di accoglimento.

14. Il Collegio ritiene pertanto di dover preliminarmente delineare il quadro normativo e giurisprudenziale descrittivo dell’istituto dell’accesso difensivo, volgendo poi particolare attenzione al suo rapporto con la tutela della riservatezza dei dati c.d. supersensibili detenuti da una Pubblica Amministrazione.

15. Secondo l’art. 22, comma 2 della l. n. 241 del 1990 l’accesso c.d. ordinario ai documenti amministrativi, “attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse” , “costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza ”.

Per il suo esercizio, il citato articolo 22 prescrive tanto un requisito soggettivo quanto uno oggettivo. Sul versante soggettivo, la lettera b) del primo comma dell’articolo richiede che l’istante sia titolare di " un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso ";
su quello oggettivo, il comma 3 dello stesso articolo precisa che “ tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all'art. 24 c. 1, 2, 3, 5 e 6 ” (cfr. C.d.S., Ad. Plen., 25 settembre 2020, n. 19).

15.1. Oltre alla suddetta forma ordinaria di accesso, la legge n. 241/1990, al successivo articolo 24, ne delinea una distinta e ulteriore, comunemente definita come ‘accesso difensivo’, ancorata specificamente alla tutela degli interessi giuridici dell’istante e idonea a giustificare una deroga ad alcune delle restrizioni all’ostensione documentale previste per la forma ordinaria di accesso.

Il comma 7 del citato art. 24, enunciata la regola per cui deve essere comunque garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi “ la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”, aggiunge poi che, qualora siano coinvolti “documenti contenenti dati sensibili e giudiziari”, l’accesso “ è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale ”.

A completamento di questo quadro normativo va detto, infine, dell’articolo 60 del d.lgs. n. 196 del 2003 (Codice della Privacy), richiamato poc’anzi dal comma 7 appena illustrato.

L’articolo 60, riferendosi essenzialmente ai c.d. dati supersensibili (dati genetici e quelli relativi alla salute, alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona), detta l’ulteriore regola per cui “ il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale ”.

15.2. Dinanzi a questo complesso normativo la giurisprudenza amministrativa è stata chiamata più volte a chiarire i confini applicativi dell’accesso difensivo, e questo anche in relazione a situazioni fattuali, simili in alcuni frangenti al caso in analisi, in cui si è prospettato un potenziale conflitto con l’esigenza della riservatezza dei dati supersensibili.

15.3. Partendo da un piano prettamente generale, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4 del 18 marzo 2021, nel ripercorrere il solco tracciato dalle precedenti proprie decisioni nn. 19, 20 e 21 del 25 settembre 2020, ha precisato come l’istanza di accesso difensivo:

I. debba essere sorretta da un interesse ostensivo diretto, concreto e attuale alla cura in giudizio di determinate fattispecie, in chiave strettamente difensiva (il criterio soggettivo della “corrispondenza” dell’interesse a una situazione giuridica tutelata);

II. debba enunciare “ in maniera diretta e inequivoca ” la sussistenza di “ un nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa ” (il criterio oggettivo del “collegamento”);

III. debba essere, a tal fine, adeguatamente e diffusamente motivata dalla parte istante, con esclusione di solo generici riferimenti “ a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando ”.

15.4. Queste indicazioni hanno trovato via via concretizzazione e sviluppo nella giurisprudenza chiamata ad affrontare la casistica dei rapporti tra l’accesso difensivo e la tutela dei dati personali.

15.4.1. Seguendo l’insegnamento della citata decisone dell’Adunanza Plenaria n. 4/2021, la Sezione IV del Consiglio di Stato ha recentemente enucleato due forme di “riservatezza”, distinguendole in relazione al loro grado “legale” di resistenza all’interesse difensivo all’ostensione documentale:

- una riservatezza “semplice” (categoria in cui rientra la tutela dei dati finanziari ed economici), in ordine alla quale l’interesse difensivo è ritenuto tendenzialmente prevalente;

- una riservatezza “rafforzata”, disciplinata appunto dal sopra citato combinato disposto di cui all’art. 24, comma 7 della l. n. 241/1990 e all’art. 60 del Codice della Privacy, “ nell’ambito della quale vanno annoverati dati “sensibili” (es. origini razziali e convinzioni politiche e religiose nonché eventuali vicende giudiziarie) e dati “supersensibili” (es. salute e orientamento sessuale), rispetto ai quali l’interesse difensivo deve di volta in volta essere bilanciato secondo criteri di necessarietà, indispensabilità e parità di rango ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2022, n. 10277).

15.4.2. Nell’ambito di quest’ultima forma di riservatezza, la giurisprudenza ha poi evidenziato la specificità delle regole di ammissibilità dell’accesso difensivo avente ad oggetto documenti amministrativi recanti dati supersensibili.

Sulla scorta del citato art. 60 del Codice della Privacy, è stato, infatti, chiarito che l’accesso difensivo può essere concesso soltanto nel caso in cui, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante posta a base della richiesta di accesso venga considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell'interessato (cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 dicembre 2017, n. 6011).

A tal fine la comparazione deve essere effettuata in concreto sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 6011/2017 cit .), in relazione a un’istanza formulata in modo tale da dimostrare l’indispensabilità della documentazione amministrativa richiesta ai fini della tutela di un diritto o libertà fondamentale, o, comunque, di un primario interesse giuridicamente rilevante dell’istante (cfr. tra le molte, T.A.R. Piemonte, sez. I, 5 gennaio 2021, n. 3).

16. Una volta ricordati i principi regolatori della materia, si può ora avviare l’analisi del merito della vicenda in controversia.

17. La -O-, sulla base di un primo ordine di argomentazioni, lamenta di aver subìto, a seguito del silenzio-rigetto opposto dall’ASREM alla sua istanza di accesso difensivo del 1° agosto 2023, una lesione al proprio diritto fondamentale di difesa in giudizio.

La ricorrente rimarca, sotto questo profilo, la pendenza di un giudizio civile dinanzi alla sezione lavoro del Tribunale di Isernia, avente a oggetto il reclamo proposto dalla società avverso l’ordinanza con il quale lo stesso Tribunale aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento disposto dal medesimo datore di lavoro nei confronti del sig.-O- -O-, ordinandone la reintegrazione in azienda.

Il licenziamento, si ricorda, era stato intimato a seguito della visita medica aziendale ex art. 41 del d.lgs. n. 81/2008 dalla quale era emersa l’inidoneità del lavoratore alla mansione di assemblatore presso lo stabilimento di -O-.

In ottemperanza al citato ordine giudiziale di reintegrazione la -O- aveva quindi sottoposto il lavoratore a una nuova visita medica da parte del medico preposto alla vigilanza sanitaria sul posto di lavoro, all’esito della quale però il -O- veniva nuovamente reputato inidoneo alla mansione. Sennonché, detta nuova valutazione di inidoneità veniva successivamente modificata da un giudizio di (limitata) idoneità rilasciato dall’organo di vigilanza presso l’A.S.R.E.M. a seguito di un ricorso amministrativo introdotto dal sig. -O- ai sensi dell’art. 41, comma 9 del d.lgs. n. 81/2008.

Sicché la -O-, venuta a conoscenza dell’esistenza di tale ultimo ricorso, del suo contenuto e del suo esito, presentava un’istanza motivata di accesso difensivo il 1° agosto 2023, alla quale però l’Amministrazione non aveva dato riscontro.

La società, tuttavia, avrebbe avuto pieno titolo ad accedere alla documentazione di carattere sanitario afferente al ricorso amministrativo, stante la sua piena rilevanza anche ai fini del predetto giudizio di reclamo da essa instaurato, che verteva proprio sul medesimo thema della verifica della idoneità (fisica e psichica) del lavoratore alle proprie mansioni.

18. Questa argomentazione coglie nel segno.

18.1. Come già ampiamente emerso, il caso di specie è incardinato sul conflitto giudiziario pendente tra la -O- e il proprio lavoratore sig.-O- -O-.

In tale contesa la -O-, in veste di datore di lavoro, viene posta, a seguito del diniego di accesso oppostole dall’A.S.R.E.M., in posizione di strutturale svantaggio rispetto al sig. -O- sul piano della “parità delle armi” in giudizio, attesa l’impossibilità per la società di reperire autonomamente le informazioni necessarie per sostenere adeguatamente le proprie ragioni a difesa del proprio provvedimento di licenziamento per sopraggiunta inidoneità alla mansione.

In questo specifico e particolare contesto, l’effettività del diritto costituzionale di difesa in giudizio della società ex art. 24 della Costituzione assume, ad avviso del Collegio, una valenza prevalente rispetto alla -pur astrattamente legittima- esigenza di garantire la riservatezza dei dati supersensibili detenuti dall’Amministrazione qui resistente.

Come già osservato dalla giurisprudenza amministrativa, invero, il diritto di difesa in giudizio, essendo protetto al più alto livello delle fonti normative (art. 24 Cost.), costituisce una posizione giuridica riconducibile al catalogo dei diritti di pari rango rispetto alla riservatezza, per assicurare i quali la tutela della riservatezza può sicuramente soffrire limitazioni, non trattandosi di valore incomprimibile in assoluto (cfr. T.A.R. Lombardia - Milano, sez. III, 3 febbraio 2015, n. 383;
T.A.R. Puglia – Lecce, sez. II, 13 settembre 2013, n. 1915).

Ma se questa contrapposizione di valori astrattamente equiordinati viene calata, in concreto, nella prospettiva di un giudizio già in corso vertente proprio sulle condizioni fisiche e psichiche del lavoratore, è allora difficile negare che la tutela della privacy del lavoratore in merito al proprio stato di salute diventi recessiva. Diversamente, si accorderebbe a una delle parti in causa un’anomala posizione di signoria sulla formazione della prova, che finirebbe inevitabilmente col far filtrare all’interno del giudizio le sole risultanze a sé gradite.

18.2. Stante, quindi, la prevalenza nel caso di specie del diritto fondamentale di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione, l’Amministrazione già per questa ragione avrebbe dovuto accordare l’accesso richiestole (eventualmente limitandolo in relazione a talune singole porzioni documentali, senza però escluderlo tout court) .

18.3. Ne consegue la illegittimità, già sotto questo primo profilo delle prerogative da riconoscere al diritto fondamentale di difesa ai sensi dell’art. 24 della Costituzione, del silenzio-rigetto dell’A.S.R.E.M. sull’istanza di accesso rivoltale.

19. La domanda di accesso difensivo della ricorrente è però sorretta, ad avviso del Collegio, anche dall’ulteriore fondamento che le deriva dal motivo della salvaguardia della salute e sicurezza della generalità dei lavoratori alle proprie dipendenze.

Il ricorso, da questa angolazione, evidenzia come le informazioni richieste alla resistente Amministrazione in ordine ai contenuti propri della diagnosi -O-del -O- rivestano un ruolo essenziale per permettere alla -O- di poter compiutamente adempiere alla propria responsabilità, quale datore di lavoro, di garantire la sicurezza nel posto di lavoro dei dipendenti che condividono con il sig. -O- la sede lavorativa (stabilimento di -O-).

20. Ebbene, anche questa traiettoria argomentativa è convincente.

20.1. Occorre preliminarmente dar pur breve conto del contesto ordinamentale e giurisprudenziale di riferimento.

Come è noto, la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è stata oggetto di una costante evoluzione normativa e giurisprudenziale, che ha contribuito anche ad estenderne l’ambito dalla tutela della salute fisica del lavoratore a quella anche psichica.

20.2. Un primo livello di tutela risulta emergere già nel dettato costituzionale.

In diversi punti della Costituzione è riconosciuta una tutela privilegiata al lavoratore e ai luoghi in cui si esprime la sua personalità. Nello specifico, trovano rilievo:

- l’art. 2 della Carta, che pone alla base del sistema il rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali assume primaria valenza la dignità della persona (anche sotto l’aspetto dell’integrità psicofisica del lavoratore);

– l’art. 32 della Cost., che riconosce a tutti i cittadini il diritto fondamentale alla salute;

– l’art. 35 della Cost., che impone alla Repubblica di tutelare il lavoro “ in tutte le sue forme ed applicazioni ”;

- l’art. 38, comma 2 della Cost. secondo cui “ I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria ”;

- non ultimo, l’art. 41 Cost., che vincola la libertà di iniziativa economica privata al rispetto della dignità umana, e dei valori fondamentali della sicurezza e della libertà.

20.3. La legislazione ordinaria, quale secondo livello di tutela, si è conformata ai descritti principi regolatori attraverso un complesso normativo sulla sicurezza dei lavoratori che ruota intorno a due poli: l’art. 2087 del c.c. e il d.lgs. n. 81/2008.

20.3.1. L’art. 2087 cod.civ. impone all’imprenditore-datore di lavoro di adottare “ nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ”.

Si tratta quindi con tutta evidenza dell’imposizione, a carico del datore di lavoro, di un obbligo generale di sicurezza compendiato in una formulazione cd. “aperta”, suscettibile pertanto di essere adattata ai mutamenti economico-sociali, nonché ai progressi e ai mutamenti dell’organizzazione del lavoro e della tecnica.

Ora, ai fini di causa vale ricordare che la giurisprudenza della Suprema Corte ha fornito una lettura dell’obbligo in questione in base alla quale il datore di lavoro è tenuto ad adottare, oltre alle misure espressamente previste, anche le misure di sicurezza cosiddette “innominate”, che appaiano ragionevoli e necessarie secondo gli standard di sicurezza normalmente osservati e generalmente praticati, la cui efficacia risulti come dato acquisito dallo stato della scienza e della tecnica, e che siano conformi alla diligenza professionale (cfr. Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 2006, n. 12445).

In tale senso si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, la quale ha evidenziato come “ la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. ha natura contrattuale e la citata disposizione codicistica costituisce una norma di chiusura del sistema infortunistico, la quale obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità psico-fisica dei propri dipendenti imponendogli l’adozione di tutte le misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione del bene alla salute nell’ambiente e in costanza di lavoro anche quando faccia difetto la previsione normativa di una specifica misura preventiva o risultino insufficienti o inadeguate le misure previste dalla normativa speciale ” (cfr. tra le molte, T.A.R. Liguria, sez. II, 8 gennaio 2013, n. 16).

20.3.2. L’obbligo generale del datore di lavoro di preservare la sicurezza delle maestranze è peraltro accompagnato da ulteriori e puntuali obblighi normativi imposti dal d.lgs. n. 81/2008 (c.d. Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro).

Si tratta di un corpus normativo unico nel quale sono confluite norme diverse e stratificate nel tempo, che riafferma unitariamente il principio generale della necessità che a cura del datore di lavoro venga predisposta una tutela “a tutto campo” della sicurezza, in particolare attraverso la introduzione di misure preventive.

L’oggetto dell’obbligo di prevenzione è, in particolare, la predisposizione di misure dirette ad evitare qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Tale esigenza di prevenzione è perentoriamente espressa nell’art. 15 del d.lgs. n. 81/2008, rubricato “ Misure generali di tutela ”, il quale indica solo alcune delle principali misure di prevenzione che l’ordinamento impone in capo al datore di lavoro.

In dettaglio, il comma 1 dell’articolo individua le seguenti “ misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro ” a carico del datore di lavoro:

a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro;

c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;

e) la riduzione dei rischi alla fonte;

f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

l) il controllo sanitario dei lavoratori;

m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;

n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;

p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

q) le istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;

u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;

v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita' alla indicazione dei fabbricanti ”.

20.3.3. L’esegesi di questo ampio obbligo di prevenzione del datore di lavoro operata da parte della giurisprudenza penale ha, invero, sancito la configurazione in capo al medesimo di un altrettanto generale “obbligo di protezione”, che può dar vita a responsabilità penali anche in relazione a fattispecie omissive c.d. improprie di cui all’art. 40, comma 2 del c.p., soprattutto con riguardo a tutte quelle forme di reato il cui fatto tipico possa scaturire anche da una violazione delle misure generali di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (tra tutte, le lesioni ex art. 582 e ss. del c.p.).

La Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato, inoltre, la natura “assoluta” dell’obbligo incombente sul datore di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori (cfr., tra le molte, Cassazione penale, sez. IV, 9 novembre 2017, n. 52536).

21. Traendo le conseguenze di quanto da ultimo esposto, l’assolutezza dell’obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro, e la sua funzione di garanzia a presidio, dunque, dei valori dell’integrità fisica e della personalità morale dei dipendenti, non possono non riverberare riflessi anche sul piano del valore giuridico da riconoscere all’accesso difensivo proposto dal medesimo datore di lavoro per le finalità di sicurezza e salute dei propri dipendenti.

La richiesta ostensiva della -O- all’Amministrazione è, infatti, tesa a tutelare, sia pure per via mediata, ossia attraverso l’attivazione del datore di lavoro, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro del personale che dovrebbe condividere la propria sede lavorativa con il sig. -O-.

In questo caso, pertanto, l’accesso difensivo della -O- è diretto anche a perseguire, seppure in forma mediata, la tutela dei diritti fondamentali alla salute e alla sicurezza del posto di lavoro, diritti che l’ordinamento riconosce, beninteso, in capo ai singoli lavoratori, ma che formano in pari tempo oggetto di una essenziale funzione di protezione assegnata al datore di lavoro.

Ne consegue che nel caso di specie la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso si conferma “ di rango almeno pari ai diritti dell'interessato ”, come prescritto dal già esaminato art. 60 del d.lgs. n. 196 del 2003;
e che l’esigenza della riservatezza sui dati sanitari del sig. -O- diventa vieppiù recessiva, a fronte della necessità di salvaguardia dei diritti costituzionali afferenti alla sicurezza del posto di lavoro del personale dello stabilimento.

22. La domanda di accesso, alla luce delle superiori considerazioni, deve dunque essere accolta.

23. Ad avviso del Collegio, però, non tutti i documenti richiesti dalla società con l’istanza del 1° agosto del 2023 soddisfano il requisito della indispensabilità prescritto dall’art. 24, comma 7 della l. n, 241/1990.

Esso, invero, è riscontrabile unicamente rispetto a quei soli atti formatisi presso l’Azienda pubblica resistente, che per sua natura è garante di profili di imparzialità e terzietà non rinvenibili allo stesso modo negli atti di provenienza direttamente o indirettamente riconducibile ai privati interessati.

Deve essere, pertanto, consentito l’accesso ai seguenti documenti amministrativi:

- i ‘ certificati specialistici emessi da struttura ASREM ’ citati nel provvedimento di esito del ricorso amministrativo esperito dal lavoratore ai sensi dell’art. 41 comma 9 D.L. n. 81/2008;

- il verbale della visita ivi effettuata in data 13 aprile 2023;

- le ‘ certificazioni recenti emesse da specialista -O- dell’ASReM ’, citate nella nota in riscontro alla lettera del dott. -O-;

- il certificato medico del 13 dicembre 2022 a firma del Dr. -O- Direttore del Dipartimento -O- dell’A.S.R.E.M. – Sede di Isernia.

24. Alla luce di quanto precede, la domanda di accertamento del diritto della ricorrente all'ostensione documentale da essa richiesta deve pertanto essere accolta nei termini precisati.

L'A.S.R.E.M. va, pertanto, condannata a consentire alla ricorrente l'accesso ai documenti sopra elencati, mettendo a disposizione della stessa la documentazione nel termine di gg. 20 dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

25. La complessità della vicenda e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese tra le parti costituite.

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