TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-06-11, n. 201500564
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N. 00564/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00246/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 246 del 2008, proposto da:
G F, rappresentata e difesa dagli avv. R M e G S, presso i quali è elettivamente domiciliata nel loro studio in Genova, via Corsica, 2;
contro
Comune di C, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. G G, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio comunale 29/11/2007, n. 32, pubblicata all’albo pretorio dal 24/12/2007, successivamente comunicata alla ricorrente, con la quale è stata respinta la richiesta di variante al piano particolareggiato alla zona “ia + off-ia1 – intensiva alta – località Piani – lotto d’intervento n. 16”;
di ogni ulteriore atto antecedente, presupposto, conseguente o connesso e, segnatamente, del parere del Segretario comunale 27/11/2007.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di C;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2015 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente è proprietaria di un terreno nel Comune di C, in località P P, avente superficie di mq 2.600 circa.
Tale fondo, pur incluso in zona a destinazione agricola dal piano particolareggiato approvato nel 1984, era dotato di un indice edificatorio (0,50 mc/mq) utilizzabile mediante trasferimento su altri lotti edificabili del comparto.
Il piano regolatore generale successivamente approvato, con decreto del Presidente della Giunta regionale in data 7 maggio 1999, ha incluso il fondo in questione nella zona PP (insediamenti residenziali) e confermato le previsioni del vigente piano particolareggiato, precisando che i nuovi interventi residenziali avrebbero potuto essere realizzati sia nell’ambito dei lotti di intervento individuati sia nell’ambito delle zone già destinate al mantenimento dell’attività agricola, richiedendosi in quest’ultimo caso la predisposizione di un nuovo piano particolareggiato esteso alla zona ad uso agricolo interessata.
In data 22 febbraio 2006, l’odierna ricorrente presentava una domanda di variante al piano particolareggiato, avente ad oggetto la riclassificazione del terreno di proprietà (da “zona a destinazione agricola” a “nuovo lotto di intervento”) al fine di realizzarvi un edificio residenziale.
Con deliberazione consiliare del 7 marzo 2006, veniva adottato il progetto preliminare del Piano urbanistico comunale (P.U.C.).
Con nota del 15 novembre 2006, il Sindaco di C comunicava all’interessata che l’istanza di variante al piano particolareggiato non era stata sottoposta al Consiglio comunale, a causa delle problematiche emerse, per la zona oggetto dell’intervento, in sede di esame del P.U.C. da parte della Provincia di Imperia.
Con deliberazione del 23 gennaio 2007, preso atto dei rilievi provinciali in ordine all’insufficienza della documentazione a supporto del progetto preliminare, il Consiglio comunale revocava la delibera di adozione del P.U.C.
L’interessata riproponeva quindi, con nota del 28 maggio 2007, l’istanza di variante al piano particolareggiato.
L’istanza è stata respinta con deliberazione consiliare del 29 novembre 2007, in attesa di completare la verifica, propedeutica alla rielaborazione del progetto preliminare di P.U.C., relativa allo stato di attuazione del piano particolareggiato di P P.
Con ricorso notificato il 6 marzo 1998 e depositato il 18 marzo successivo, l’interessata ha impugnato la deliberazione consiliare da ultimo indicata, articolando quattro motivi di ricorso:
I) il Comune avrebbe dovuto esaminare nel merito l’istanza di variante, non potendo introdurre una sostanziale disciplina di salvaguardia, peraltro neppure richiesta dalla Provincia, riferita a previsioni pianificatorie puramente ipotetiche;
II) l’impugnata deliberazione sarebbe carente di motivazione, non essendovi esplicitate le ragioni che hanno indotto l’organo consiliare a discostarsi dal parere favorevole della Commissione edilizia;
III) le deliberazioni consiliari con cui, nello stesso anno, sono state accolte due istanze di variante al piano regolatore generale, presentate dai proprietari di altri terreni, dimostrerebbero che è stata perpetrata un’ingiustificata disparità di trattamento ai danni della ricorrente;
IV) il parere di regolarità tecnica ex art. 49, comma 1, del t.u.e.l., non sarebbe stato sottoscritto dal funzionario responsabile.
Si costituiva formalmente in giudizio l’intimato Comune di C.
Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, la difesa comunale ha introdotto eccezioni intese a dimostrare l’inammissibilità, improcedibilità nonché l’infondatezza nel merito del ricorso.
La ricorrente ha affidato ad una memoria di replica le proprie controdeduzioni.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 28 maggio 2015 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
1) E’ contestata la legittimità della deliberazione consiliare con cui il Comune di C ha respinto l’istanza di variante al piano particolareggiato proposta dalla ricorrente, intesa alla riclassificazione del terreno di proprietà (da zona agricola a nuova zona edificabile) onde realizzarvi un edificio residenziale.
Il diniego è motivato con riferimento all’esigenza di completare la verifica relativa allo stato di attuazione del piano particolareggiato, come richiesto dalla Provincia di Imperia, preliminarmente alla predisposizione del nuovo Piano urbanistico comunale (P.U.C.).
2) La difesa comunale eccepisce che il ricorso sarebbe inammissibile, poiché l’interessata non aveva impugnato il diniego tacitamente formatosi, ai sensi dell’art. 18, comma 5, della legge regionale Liguria 8 luglio 1987, n. 24, sull’istanza di variante originariamente presentata il 22 febbraio 1986 (semplicemente riproposta con la successiva istanza del 28 maggio 2007).
L’eccezione è infondata.
Per costante orientamento giurisprudenziale, infatti, la mancata tempestiva impugnazione di un provvedimento tacito di diniego all’accoglimento di un’istanza del privato non determina l’inammissibilità del ricorso proposto avverso il diniego sopravvenuto che, laddove fondato su una motivazione espressa, in esito all’istruttoria compiuta e alla valutazione effettuata, non può assumere le caratteristiche di un atto meramente confermativo del precedente silenzio, ma costituisce atto di conferma a carattere rinnovativo che modifica la realtà giuridica e riapre i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale (cfr., fra le ultime, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 2 marzo 2015, n. 3442).
Peraltro, il presente ricorso non sarebbe inammissibile neppure qualora si voglia considerare la nota sindacale del 15 novembre 2006 alla stregua di autonomo provvedimento di diniego, poiché tale atto, con cui si comunicava alla richiedente che l’istanza di variante non era stata sottoposta all’esame del Consiglio comunale, evidenziava ragioni non del tutto coincidenti con quelle poste a fondamento dell’impugnata deliberazione consiliare.
3) Con una seconda eccezione preliminare, la difesa comunale rileva che il ricorso sarebbe comunque divenuto improcedibile in quanto il nuovo P.U.C. di C, approvato nelle more del giudizio, detta una disciplina irrimediabilmente ostativa all’assentibilità dell’istanza edificatoria in questione.
Avendo riguardo all’ipotizzata proposizione dell’azione risarcitoria, nell’eventualità di accoglimento della presente domanda di annullamento, anche questa seconda eccezione si appalesa priva di fondamento.
4) Nel merito, la ricorrente sostiene, con il primo motivo di gravame, che il Comune avrebbe illegittimamente introdotto una disciplina di salvaguardia riferita a previsioni pianificatorie del tutto ipotetiche e, allo stato, neppure abbozzate.
Infatti, considerando che il Consiglio comunale aveva revocato la delibera di adozione del preliminare di P.U.C. e che l’istanza di variante era conforme al vigente strumento urbanistico generale, non vi sarebbe stata ragione per denegarne l’esame e la conseguente approvazione, tanto più che la stessa Provincia di Imperia non aveva formulato esplicite richieste in tal senso.
La prospettazione di parte ricorrente non può essere condivisa.
Occorre preliminarmente precisare che l’approvazione dello strumento urbanistico attuativo proposto dal privato, anche se conforme al piano regolatore, non si può considerare un atto dovuto, ma costituisce sempre espressione del potere discrezionale dell'autorità amministrativa chiamata a valutare l’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza (Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 248).
Ne deriva che, per motivi di opportunità, l’attuazione dello strumento generale può essere articolata per tempi (o per modalità) in relazione alle esigenze dinamiche che si manifestano nel periodo della sua vigenza (Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2004, n. 957).
Nel caso in esame, è vero che la Giunta provinciale di Imperia non aveva espressamente chiesto al Comune di C di soprassedere all’approvazione di eventuali varianti degli strumenti urbanistici attuativi, ma l’antecedente parere del Comitato tecnico urbanistico provinciale, reso in sede di esame del progetto preliminare di P.U.C., aveva posto in evidenza l’assenza di verifiche in ordine al grado di attuazione degli strumenti attuativi in itinere e agli effetti determinati dagli stessi, anche con riguardo alla effettiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché l’esigenza di quantificare gli interventi ancora da eseguire.
L’avversata deliberazione consiliare ha preso atto dei rilievi formulati in sede provinciale e coerentemente disposto la reiezione dell’istanza di variante proposta dall’odierna ricorrente, stante l’esigenza di completare la verifica inerente allo stato di attuazione del piano particolareggiato.
La motivazione dell’atto esprime in modo adeguato le ragioni di pubblico interesse che, a fronte delle esigenze rappresentate dall’amministrazione deputata all’approvazione del P.U.C., giustificavano il sacrificio legittimamente imposto al privato.
Ne consegue la diagnosi di infondatezza del motivo di ricorso.
5) Con il secondo motivo, l’esponente denuncia il vizio di carenza di motivazione, in relazione alla mancata indicazione delle ragioni che hanno indotto l’organo consiliare a discostarsi dal parere favorevole precedentemente formulato dalla Commissione edilizia comunale.
La censura non ha pregio, poiché le due manifestazioni di volontà si pongono su piani del tutto diversi: il parere della Commissione edilizia ha natura squisitamente tecnica e, per sua natura, prescinde dalle valutazioni di tipo ampiamente discrezionale sulle quali si fonda la successiva manifestazione di volontà dell’organo consiliare.
L’obbligo di puntuale motivazione, pertanto, deve ritenersi assolto mediante le valutazioni discrezionali suddette.
6) Privo di giuridico fondamento è anche il terzo motivo di ricorso, con cui viene denunciato il vizio di disparità di trattamento in relazione all’approvazione, avvenuta alcuna mesi prima, di due istanze di variante proposte da soggetti terzi.
E’ appena il caso di rammentare che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il vizio di disparità di trattamento non può in linea di principio trovare ingresso in materia urbanistica, tanto più quando i termini del raffronto sono indicati, come nella fattispecie, in maniera generica e in assenza di precisi riscontri documentali idonei a consentire un’adeguata comparazione (cfr., fra le ultime, T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, 11 aprile 2014, n. 150).
Tale vizio postula, infatti, la completa identità o la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto, mentre, nel caso di specie, le istanze di variante erano relative a diversi piani particolareggiati e, comunque, avevano diverso contenuto.
Il vizio di eccesso di potere per sviamento, inoltre, è stato solamente allegato, ma non dimostrato.
7) Con il quarto motivo, l’esponente denuncia che il parere di regolarità tecnica inserito nella deliberazione impugnata sarebbe privo della sottoscrizione del responsabile del servizio.
Anche quest’ultima censura è priva di fondamento in quanto, come comprovato dalla difesa comunale, il parere de quo era contenuto in un separato documento, regolarmente sottoscritto dal responsabile dell’Ufficio tecnico comunale in data 4 settembre 2007.
8) Il ricorso, in conclusione, è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Per la peculiarità delle questioni affrontate, le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate fra le parti.
Va dichiarata, altresì, l’irripetibilità del contributo unificato.