TAR Genova, sez. I, sentenza 2015-02-26, n. 201500237
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N. 00237/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00503/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 503 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Società - V.A.S., rappresentata e difesa dall'avv. D G, presso il quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Bartolomeo Bosco, 31/4;
contro
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
Regione Liguria, in persona del Presidente
pro tempore
della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv. Michela Sommariva e Leonardo Castagnoli, presso i quali è elettivamente domiciliata negli uffici del Settore Avvocatura regionale in Genova, via Fieschi, 15;
Autorità Portuale della Spezia, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Cocchi, presso il quale è elettivamente domiciliata nel suo studio in Genova, via Macaggi, 21/8;
per l'annullamento
in parte qua del decreto in data 11/1/2013, pubblicato sulla G.U. n. 60 in data 12/3/2013, avente ad oggetto “Approvazione dell’elenco dei siti che non soddisfano i requisiti di cui ai commi 2 e 2- bis dell'art. 252 del d.lgs. 3/4/2006, n. 152, e che non sono più ricompresi tra i siti di bonifica di interesse nazionale”, nella parte in cui ritiene il sito di P nel Comune della Spezia non più compreso tra i siti di bonifica di interesse nazionale,
di ogni atto preparatorio, conseguente o connesso, in particolare della nota della Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14/11/2012, prot. n. 36356, indirizzata alla Regione Liguria,
e, con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento
della deliberazione della Giunta regionale n. 451 in data 19\4\2013, pubblicata sul B.U.R.L. n. 20 in data 15\5\2013, avente ad oggetto “Decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 11/1/2013. Trasferimento alla Regione del sito di bonifica P non più ricompreso tra quelli di interesse nazionale”,
di ogni atto preparatorio, conseguente o connesso, in particolare della nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27/3/2013, prot. n. 0024131.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della Regione Liguria e dell’Autorità Portuale della Spezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso giurisdizionale notificato il 19 aprile 2013 e depositato il successivo 3 maggio, l’Associazione di protezione ambientale a carattere nazionale Verdi Ambiente e Società – V.A.S. ha impugnato il decreto indicato in epigrafe, con cui il Ministro dell’ambiente aveva approvato l’elenco dei siti che, non soddisfacendo i requisiti previsti dall’art. 252, comma 2, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall’art. 36- bis , comma 1, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non erano più compresi tra i siti di bonifica di interesse nazionale.
Per effetto di tale provvedimento, la competenza ad effettuare le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica dei siti contaminati si è radicata in capo alle Regioni territorialmente interessate.
La domanda di annullamento investe esclusivamente la parte del decreto che riguarda il sito di bonifica denominato “P (La Spezia)”, comprendente il promontorio sul quale sorge l’omonima frazione e la zona marina denominata “Golfo dei Poeti”.
La ricorrente denuncia:
I) l’omessa acquisizione del parere della Regione Liguria, asseritamente necessario, ovvero il mancato conseguimento di un’intesa con la Regione medesima;
II) l’erronea applicazione del menzionato art. 252 che non detterebbe previsioni vincolanti in ordine ai requisiti dei siti di bonifica, comunque sussistenti nel caso di specie, limitandosi invece a fissare principi e criteri direttivi in materia;
III) la mancata indicazione delle ragioni dell’esclusione del sito dal novero di quelli di interesse nazionale;
IV) la contraddittorietà rispetto alla scelta iniziale di inserire il sito di P tra quelli di interesse nazionale, non essendo state realizzate medio tempore reali operazioni di bonifica.
Viene anche formulata una generica istanza risarcitoria.
Si costituiva formalmente in giudizio l’intimato Ministero dell’ambiente.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 6 giugno 2013 e depositato il successivo 20 giugno, l’Associazione V.A.S. ha impugnato la deliberazione di giunta n. 451 del 19 aprile 2013, con cui la Regione Liguria, preso atto della determinazione ministeriale che aveva escluso il sito di P dall’elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale, ha convocato una conferenza di servizi per predisporre i primi indirizzi operativi di carattere generale e ripartire le varie attività e compiti fra gli enti locali interessati.
La ricorrente denuncia il vizio di illegittimità derivata nonché vizi propri del provvedimento impugnato con motivi aggiunti, per violazione del principio di separazione tra attività di governo e attività di gestione;ripropone, inoltre, la domanda di risarcimento dei danni.
La difesa erariale ha eccepito, con le memorie depositate il 18 giugno e il 1° luglio 2013, l’incompetenza territoriale dell’adito T.A.R. Liguria, in ragione dell’unitarietà dell’intervento pubblico e dell’inscindibilità delle disposizioni contenute nell’impugnato decreto ministeriale.
Si costituivano in giudizio anche le altre amministrazioni intimate (Regione Liguria e Autorità Portuale della Spezia).
La difesa regionale, in particolare, si è opposta all’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Avvocatura dello Stato, precisando altresì che l’Ente patrocinato non aveva alcunché da obiettare nel merito della decisione adottata dal Ministero dell’ambiente;l’Autorità Portuale ha argomentato nel senso dell’infondatezza dei motivi di ricorso.
Con memoria depositata il 22 luglio 2013, la difesa erariale ha sollevato, tra l’altro, un’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e di legittimazione attiva in capo all’Associazione V.A.S.
All’esito dell’udienza camerale del 25 luglio 2013, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare incidentalmente proposta con i motivi aggiunti, sono stati emessi due distinti provvedimenti: con l’ordinanza collegiale n. 1106/2013, è stata respinta l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dal Ministero resistente;con l’ordinanza n. 288/2013 (confermata in appello con l’ordinanza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 4095 del 17 ottobre 2013), è stata respinta l’istanza cautelare predetta.
Il ricorso è stato chiamato, quindi, all’udienza pubblica del 16 ottobre 2014, a seguito della quale, con l’ordinanza collegiale n. 1444/2014, sono stati disposti adempimenti istruttori ed è stata sollevata d’ufficio la questione inerente all’ammissibilità dei motivi aggiunti di ricorso, siccome aventi ad oggetto un atto privo di autonoma lesività.
Nelle more del giudizio, la Regione Liguria, con deliberazione di giunta n. 908 del 26 luglio 2013, aveva preso atto della conclusione dei lavori della conferenza di servizi e individuato il sito di P quale sito di interesse regionale, ai sensi della l.r. n. 10 del 2009, affidando all’A.R.P.A.L. il compito di espletare le istruttorie tecniche per gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle relative aree.
In relazione alla mancata impugnazione di quest’ultimo provvedimento e al conseguente consolidamento degli atti che avevano trasferito alla Regione Liguria la competenza a provvedere alla bonifica del sito in questione, la difesa regionale e l’Autorità Portuale hanno concordemente eccepito l’improcedibilità del ricorso.
La parte ricorrente ha controdedotto con memoria depositata il 22 dicembre 2014 e con successiva memoria di replica.
In data 31 dicembre 2014, ha depositato una memoria di replica anche la difesa dell’Autorità Portuale.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 22 gennaio 2015 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
L’Associazione ambientalista Verdi Ambiente e Società – V.A.S. contesta la legittimità degli atti con cui il sito contaminato di “P (La Spezia)” è stato escluso dall’elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale e trasferito alla competenza della Regione Liguria.
Più precisamente, con l’atto introduttivo del presente giudizio, la ricorrente ha impugnato il decreto ministeriale che, dando attuazione alla previsione di cui all’art. 36- bis , comma 1, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, inserito in sede di conversione dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha approvato l’elenco dei siti attualmente classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all'art. 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del citato art. 36- bis .
L’impugnativa è limitata alla parte del provvedimento che riguarda il sito di P.
Con ricorso per motivi aggiunti, è stata poi impugnata la deliberazione della Giunta regionale ligure che ha convocato una conferenza di servizi onde definire rapidamente le necessarie azioni di bonifica del sito in questione.
Deve darsi atto, in via preliminare, della sussistenza della competenza territoriale dell’adito TA.R. Liguria a conoscere della controversia dedotta nel presente giudizio.
La difesa erariale ha sollevato l’eccezione di incompetenza territoriale, indicando quale giudice competente il T.A.R. centrale, in quanto le disposizioni contenute nell’impugnato decreto ministeriale, avendo carattere asseritamente unitario e inscindibile, produrrebbero effetti a livello nazionale e non circoscritti allo specifico sito da bonificare.
L’eccezione è già stata disattesa nel corso del giudizio, con l’ordinanza collegiale n. 1106 del 25 luglio 2013, con la quale si è precisato che il provvedimento impugnato “è un atto plurimo e scindibile costituito da un elenco di località sparse sul territorio italiano, sottoposte ciascuna ad una individuale istruttoria a seguito della quale il sito considerato è stato riconosciuto d’interesse nazionale o escluso dall’elenco”.
Tali considerazioni appaiono pienamente meritevoli di conferma, stante la chiara natura di atto plurimo dell’impugnato decreto ministeriale che contiene statuizioni di identico contenuto, ma distintamente riferibili a ciascuno dei siti di bonifica.
Il decreto in questione, pertanto, può essere scisso in tanti provvedimenti quanti sono i siti ivi contemplati e i singoli atti, fra loro indipendenti, non seguono affatto una sorte comune, cosicché l'eventuale annullamento di uno di essi in sede giurisdizionale non travolgerebbe anche il residuo contenuto del provvedimento.
Nel caso in esame, l’impugnativa è stata proposta limitatamente agli effetti che il provvedimento di individuazione dei siti ritenuti non più di interesse nazionale produce con riguardo al sito di P, compreso nella circoscrizione del T.A.R. Liguria, cosicché, in base al principio di scindibilità degli effetti, la cognizione del ricorso appartiene alla competenza del tribunale amministrativo periferico e non di quello centrale.
Le parti resistenti hanno altresì eccepito l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse o di legittimazione attiva in capo alla ricorrente la quale, lamentando il “mero declassamento del sito di bonifica da interesse nazionale a interesse regionale”, non avrebbe denunciato specifiche violazioni di norme poste a tutela dell’ambiente o, per essere più precisi, non avrebbe allegato l’esistenza di un danno diretto all’ambiente quale conseguenza del contestato “declassamento” del sito.
Neppure questa eccezione può essere condivisa, atteso che la ricorrente trae la propria speciale legittimazione ad agire direttamente dalle previsioni di cui agli artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, in forza delle quali le associazioni di protezione ambientale individuate con apposito provvedimento ministeriale possono ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.
La giurisprudenza amministrativa ha precisato che tale eccezionale riconoscimento della legittimazione ad agire in capo alle associazioni ambientaliste postula comunque la sussistenza di un “danno ambientale”, ossia l’incidenza negativa degli atti impugnati sui valori ambientali, non potendosi invece ammettere nei casi in cui gli atti medesimi interferiscano solo indirettamente con gli interessi ambientali (cfr., da ultimo, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 13 giugno 2013, n. 1741).
Nel caso in esame, però, la ricorrente ha prospettato l’esistenza di danni concreti per l’ambiente quale conseguenza del contestato intervento di “declassificazione”, in ragione dell’incertezza delle fonti di finanziamento e della maggiore complessità dei procedimenti a livello regionale, elementi che metterebbero a repentaglio la possibilità di realizzare la celere e completa bonifica del sito contaminato.
Per tali ragioni, deve essere riconosciuta la legittimazione dell’Associazione V.A.S. ad impugnare atti che, non solo rientrano certamente nella materia “ambiente”, ma sono anche idonei a cagionare, secondo la prospettazione di parte ricorrente, concreti pregiudizi ai valori presidiati.
Merita di trovare accoglimento, invece, l’eccezione di improcedibilità del ricorso, concordemente sollevata dalla Regione Liguria e dall’Autorità Portuale della Spezia, con riferimento alla mancata impugnazione della deliberazione della Giunta regionale ligure n. 908 del 26 luglio 2013, pubblicata sul B.U.R.L. n. 35 del 28 agosto 2013, con cui il sito di P è stato definitivamente individuato quale sito di interesse regionale, ai sensi dell’art. 3 della l.r. 9 aprile 2009, n. 10, ed è stato affidato all’A.R.P.A.L. l’espletamento delle istruttorie tecniche dei procedimenti per gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle aree interessate.
L’omessa impugnazione di quest’ultimo provvedimento, infatti, ha comportato il consolidamento delle statuizioni ivi contenute, rendendo intangibile la classificazione del sito contaminato nel novero di quelli di interesse regionale, cosicché sarebbe priva di utilità concreta la pronuncia sul ricorso avverso l’antecedente provvedimento ministeriale di “declassificazione” del sito medesimo.
Peraltro, la Regione comprova anche l’effettiva realizzazione, a seguito del menzionato provvedimento di riclassificazione del sito a livello regionale, di attività prodromiche alla bonifica dello stesso, in particolare attraverso l’approvazione di vari piani di caratterizzazione e la destinazione di risorse finanziarie, per un importo complessivo di 2,6 milioni di euro, per la rimozione dei rifiuti e la messa in sicurezza di una parte delle aree interessate.
La difesa di parte ricorrente contrasta l’eccezione di improcedibilità del ricorso con due argomenti: essa non sarebbe decaduta dall’impugnazione della delibera n. 908/2013, conosciuta solamente a seguito del deposito in giudizio da parte della difesa regionale in data 21 novembre 2014, poiché l’effetto di pubblicità legale derivante dalla pubblicazione sul B.U.R.L. non potrebbe essere opposto ai soggetti che, come le associazioni ambientaliste formalmente riconosciute, perseguono interessi comuni alla collettività nazionale;in ogni caso, l’eventuale statuizione di annullamento del provvedimento ministeriale, comportando il “ritorno” del sito di P tra quelli di interesse nazionale, dispiegherebbe effetti caducanti nei confronti degli atti regionali successivamente adottati con riguardo al sito medesimo.
Tali rilievi non possono essere condivisi.
Il primo di essi è palesemente inconsistente, poiché l’incontestato effetto di pubblicità legale che deriva dalla pubblicazione dell’atto sul bollettino ufficiale della Regione Liguria (cfr. art. 1, comma 1, l.r. n. 32/2004) vale per la generalità dei consociati e non ammette deroghe relative alla posizione di particolari soggetti collettivi, pur fatti oggetto di speciale riconoscimento da parte del legislatore: ne deriva la piena operatività del principio che, nell’ordinamento della Regione Liguria, fa decorrere il termine di impugnazione dalla pubblicazione dell’atto nel bollettino ufficiale.
Per quanto concerne, in secondo luogo, il preteso effetto caducante che l’annullamento del decreto ministeriale produrrebbe nei confronti degli atti successivi, occorre rammentare che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente a quello consequenziale, anche laddove quest’ultimo non sia stato impugnato, nel solo caso in cui il rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo deve porsi nell’ambito della stessa sequenza procedimentale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore, senza necessità di nuove e ulteriori valutazioni di interessi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 5813).
Nel caso in esame, il rapporto di consequenzialità tra il provvedimento ministeriale di “declassificazione” del sito contaminato e quello regionale che lo ha successivamente classificato tra i siti di interesse regionale non presenta certo tale carattere di intensità, atteso che il secondo atto è stato adottato all’esito di un procedimento ben distinto e svolto da altra amministrazione, sulla base di un’autonoma attività istruttoria.
L’eventuale accertamento di vizi dell’atto presupposto, pertanto, renderebbe semplicemente annullabile l’atto consequenziale, secondo lo schema della cosiddetta invalidità ad effetto viziante, purché quest’ultimo sia stato, a differenza di quanto verificatosi nel caso di specie, regolarmente impugnato entro il termine di decadenza.
Su tali considerazioni fonda la diagnosi di improcedibilità del ricorso principale, valida a fortiori per i motivi aggiunti proposti avverso l’atto regionale che ha dato vita ad una conferenza dei servizi le cui decisioni finali non sono state contestate dalla parte ricorrente.
Fermo restando che lo stesso ricorso per motivi aggiunti andrebbe comunque dichiarato inammissibile in quanto avente ad oggetto, come già rilevato con l’ordinanza collegiale n. 1444/2014, un atto endoprocedimentale e privo di autonoma lesività.
Va ovviamente disattesa anche l’istanza risarcitoria, proposta sia con il ricorso introduttivo sia con i motivi aggiunti, peraltro autonomamente inammissibile in ragione della sua assoluta genericità.
Considerando che la definizione della controversia è stata determinata dalla soluzione di una questione di rito, le spese di lite possono essere integralmente compensate fra le parti costituite;va dichiarata, altresì, l’irripetibilità degli importi versati a titolo di contributo unificato.