TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-12-19, n. 201605815

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-12-19, n. 201605815
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201605815
Data del deposito : 19 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2016

N. 05815/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02538/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2538 del 2016, proposto da:
-OMISSIS- S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Maria D'Angiolella, con il quale elettivamente domicilia in Napoli al viale Gramsci n. 16;

contro

U.T.G. - Prefettura di Caserta e Ministero dell'Interno, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale ope legis domicilia in Napoli alla via Diaz, 11;
Questura di Caserta, Ministero della Difesa, Direzione Investigativa Antimafia di Napoli e Ministero dell'Economia e delle Finanze, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. -OMISSIS-ria Palma, con la quale elettivamente domicilia in Napoli alla Via S. Lucia n. 81 presso l’Avvocatura Regionale;

nei confronti di

-OMISSIS- in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

1.del provvedimento della Prefettura di Caserta cat.12b.16/ANT/

AREA

1 prot. 28774 del 2.5.2016 pervenuto successivamente, che dispone l’interdittiva antimafia nei confronti della società ricorrente e per quanto occorra di tutti gli atti ivi citati tra cui: 1a) la richiesta di data ed estremi sconosciuti di verifiche antimafia da disporsi nei confronti della ricorrente e del legale rappresentante pro tempore;
1b)le note di Cat. Q2/2/ANT/B.N. datate 22.7.2014 e 27.11.2014 della Questura di Caserta;
le note n. 0265636/3-1 "P", 0265636/3-5 "P" e 0265636/3-9 "P" datate 23.9.2014, 3.12.2015 e 2.3.2016 del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta;
1c)le note n. 0375678/14, 0515263/15 e 0578004/15 datate 1.8.2014, 30.10.2015 e 3.12.2015 del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta;
1d)la nota 0335538/14 datata 9.7.2014 del G.I.C.O. della Guardia di Finanza;
la nota n. 125/Na/H7 di prot.8462 datata 26.4.2016 della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli;
1e)le relazioni redatte in data 11.11.2014, 4.12.2015 e 15.4.2016 dai rappresentanti delle forze dell'ordine incaricati di procedere alle verifiche nei confronti della società ricorrente;
1f)la segnalazione del CED del Dipartimento della P.S. del Ministero dell' Interno;
1g)1'atto, di estremi non conosciuti, con cui la Regione Campania ha disposto la sospensione ad horas di tutte le attività formative svolte dalla ricorrente e finanziate dall'amministrazione;
la nota di comunicazione di tale sospensione avvenuta a mezzo p.e.c. a firma del prof. -OMISSIS-- all' indirizzo p.e.c. della ricorrente;
1h)la nota 28775 del 2.5.2016 della Prefettura di Caserta ivi citata;
1i)il decreto della Regione Campania - Dipartimento 54- Dipartimento Istr. Ric. Lav. Politiche Cult. e soc. Direzione Generale 11 - Direzione Generale Istruzione, Formazione , Lavoro e Politiche giovanili - U.O.D.

4 - Uod controlli e vigilanza sugli interventi e attività territoriali n. 156 del 17.5.2016;
1l)gli elenchi , l' istruttoria e gli atti ivi citati tra cui la nota prot. 1622 del 4.5.2016, acquisita agli atti della D.G. 54/11 in data 5.5.2016 al prot. n. 307729 del Commissario liquidatore -OMISSIS-e la mail del 12.5.2016 del responsabile del procedimento;
1m) gli atti di estremi sconosciuti con cui e stato revocato 1'accreditamento alla società ricorrente e con cui la stessa e stata collocata nell'elenco degli organismi non accreditati (ricorso principale e per motivi aggiunti);

2.ogni altro atto preordinato collegato connesso e consequenziale comunque lesivo degli interessi della ricorrente società ivi compresa la nota di accompagnamento dell'interdittiva nonché le circolari del Ministero dell'Interno n. 11001/119/20(6) Uff. II dell' 8.2.2013 e n. 11001/119/20(9) del 26.11.2014 (ricorso principale e per motivi aggiunti).


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta, del Ministero dell'Interno e della Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Giudice relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 la dott.ssa I R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo del servizio postale in data 25/05/2016 e depositato in data 01/06/2016, parte ricorrente impugnava gli atti in epigrafe, esponendo in fatto:

-di essere una società di servizi per l’orientamento al lavoro e per la qualificazione professionale, impegnata nell’organizzazione e nella gestione di corsi di formazione professionale;

-che l’amministratore unico della società, a far data dal 01/10/2014, era l’avv. -OMISSIS-;

-di essere stata destinataria di un provvedimento prefettizio di interdittiva antimafia;

-che l’interdittiva in questione doveva ritenersi illegittima perché faceva riferimento a vicende prive del carattere di attualità:

-che, in particolare, nessun significativo ruolo in ambito societario poteva essere riconosciuto a -OMISSIS-, coinvolto in procedimenti per reati associativi di tipo mafioso, sia attualmente che in passato.

Sulla base di queste premesse, parte ricorrente articolava le seguenti censure in diritto:

I.Violazione e falsa applicazione dell’art.7 e ss. l. n.241/1990 e s.m.i. – Violazione dell’art.82 e ss. Codice antimafia in quanto non vi sarebbe stata la necessaria previa instaurazione del contraddittorio;

II.Violazione degli artt.82 e ss. d.lgs. n.15972011 – Violazione artt.3,43,97. Cost. – Errore sui presupposti – Difetto di istruttoria – Assoluto difetto di motivazione in quanto non sarebbe stato adeguatamente considerata la totale estraneità dell’attuale amministratore ad ogni aspetto di rilievo ai fini del pericolo di infiltrazione mafiosa;

III. Stessa censura sotto diverso profilo in quanto sarebbe del tutto irrilevante il mero rapporto di parentela tra alcuni dei soggetti coinvolti nell’attività sociale e il -OMISSIS-;

IV. Stessa censura sotto diverso profilo – Mancanza di attualità – Assoluto difetto di istruttoria – Errore sui presupposti in quanto mancherebbe il pericolo di un condizionamento attuale dell’attività d’impresa;

V. Stessa censura sotto diverso profilo – Assoluto difetto di istruttoria ed errore sui presupposti in quanto mancherebbero i presupposti per l’adozione del provvedimento gravato;

VI. Violazione e falsa applicazione Circolare Min. Interni 08/02/2013 n.11001/119/20 in quanto in quanto non si sarebbe tenuto conto dei provvedimenti giudiziari favorevoli intervenuti nei confronti del -OMISSIS-;

VII.Stessa censura sotto diverso profilo – Assoluto difetto di motivazione in quanto l’autorità prefettizia non avrebbe svolto una valutazione autonoma di fatti e circostanze;

VIII. Illegittimità propria – atipicità – Violazione dell’art.97 e art.3 della l. n. 241/1990 – Violazione DGR Regione Campania n. 242/2013 e relativi allegati – Illegittimità derivata per gli stessi motivi di cui alle censure precedenti in quanto l’atto della Regione Campania di sospensione ad horas dell’attività di formazione sarebbe illegittimo in via derivata;

IX. Illegittimità propria – Violazione dell’art.97 Cost. e art.3 della l. n. 241/1990 – Violazione DGR regione Campania n. 242/2013 e relativi allegati – Illegittimità derivata per gli stessi motivi di cui a tutte le censure che precedono in quanto non vi sarebbero i presupposti per negare l’accreditamento alla ricorrente e sarebbe mancata la comunicazione di avvio del procedimento.

Con ricorso spedito per la notifica in data 05/08/2016 e depositato in data 06/09/2016, parte ricorrente proponeva impugnazione per motivi aggiunti avverso gli atti dell’istruttoria, formulando plurime censure di legittimità sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere, in larga parte coincidenti con quelle già articolate in sede di ricorso principale.

Si costituivano il Ministero dell’Interno e l’UTG Prefettura di Caserta che resistevano al ricorso del quale chiedevano il rigetto.

Con ordinanza n. 1029 del 22/06/2016 l’istanza cautelare di sospensiva veniva accolta limitatamente “alla sospensione degli effetti degli atti applicativi dell’informativa sulle attività formative in via di completamento”.

All’udienza pubblica del 9 novembre 2016, la causa passava in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Il provvedimento qui gravato – rispetto al quale gli altri atti impugnati si pongono in relazione di presupposizione o di conseguenzialità - è stato emanato dall’autorità prefettizia di Caserta ai sensi degli artt.84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs.n.159/2011 sulla base dei seguenti rilievi:

-l’appartenenza della società ricorrente alla moglie e al figlio (-OMISSIS- -OMISSIS-) di -OMISSIS- fino all’arresto di questo in data 23/07/2014 per i reati di cui agli artt.110, 416bis, comma 3 c.p., 81 cpv, 513 bis, comma 1 e 2, 353, commi 1 e 2 c.p., aggravati dall’art.7 l. n. 203/1991;

-la sussistenza di plurime situazioni di cointeressenza economica tra -OMISSIS-, divenuto, successivamente alla fuoriuscita dalla compagine sociale dei familiari di -OMISSIS-, amministratore unico e socio della -OMISSIS-nella misura del 80%, e il predetto -OMISSIS- -OMISSIS-, già amministratore della medesima società.

Sebbene la difesa attorea abbia tentato di sminuire le circostanze appena riferite con un’attenta disamina di ciascuna di esse, il Collegio osserva che dette circostanze - accertate nel corso dell’istruttoria propedeutica all’emissione del provvedimento impugnato e le cui risultanze documentali, acquisite in giudizio, hanno consentito di comprovare, con una maggiore dose di specificazione, gli elementi assunti dall’autorità prefettizia a fondamento del provvedimento impugnato - appaiono bastevoli a far ritenere correttamente emessa l’impugnata interdittiva. Esse, infatti, sono denotative di un contesto familiare e relazionale, oltre che di cointeressanze economiche (rappresentate da un intreccio di partecipazioni societarie), assolutamente tipico e ricorrente nella criminalità di tipo camorristico-mafioso, nella quale, come è noto, la caratterizzazione economico-imprenditoriale costituisce un aspetto prevalente rispetto agli altri elementi costitutivi del sodalizio criminoso.

In particolare, ad avviso del Tribunale, si rivela decisivo il dato che emerge dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di -OMISSIS- (cfr. o.c.c.c. n.370/2014 emessa dal G.I.P. – Sezione 19^ del Tribunale di Napoli, riportata per stralcio nella nota prot. n.0265636/3-9 del 02/03/2016 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta), ordinanza poi revocata in ragione della risalenza dei fatti contestati e del venir meno delle esigenze cautelari - restando il predetto -OMISSIS-, comunque, indagato per i medesimi reati innanzi indicati – laddove si afferma: “..Anche in questo caso, va evidenziato che -OMISSIS- è effettivamente un imprenditore anche se, formalmente, l’attività che egli gestisce, attraverso le società -OMISSIS- e -OMISSIS-con sede in -OMISSIS-, impegnate nella gestione di corsi di formazione spesso patrocinati dalla Regione Campania, è intestata a suoi familiari (-OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-)…”.

Infatti, la riconducibilità sostanziale, da un lato, dell’attività d’impresa a -OMISSIS-, personaggio sottoposto ad indagine penale perché ritenuto contiguo ad un clan camorristico dell’area casertana, seppure formalmente nella titolarità di stretti familiari del predetto, e, dall’altro, il permanere di rapporti economici tra il nuovo amministratore, -OMISSIS-, della società ricorrente, e i familiari di -OMISSIS-, anche dopo la fuoriuscita di costoro dalla compagine sociale della società ricorrente, sono elementi che, entrambi, concorrono causalmente all’adozione della determinazione assunta dall’autorità prefettizia e la sostengono adeguatamente, sotto il profilo della motivazione, in termini di sussistenza di controindicazioni mafiose a carico della società istante, poiché esposta al pericolo di condizionamento e/o infiltrazione della criminalità organizzata nello svolgimento della sua attività.

Le enunciate circostanze, pur se di valenza meramente indiziaria e, di per sé prive, di rilievo penale, assumono, però, nel loro complesso rilievo nella prospettiva, immanente alla legislazione antimafia di cui al d.lgs. n. 159/2011, di anticipazione della soglia di tutela predisposta dall’ordinamento a presidio del fisiologico svolgimento dell’attività economica imprenditoriale.

E’ noto, infatti, che la valutazione che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’attività d’impresa ai sensi del d.lgs. n. 15972011, deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice sulla valutazione compiuta dall’autorità prefettizia di sussistenza del pericolo mafioso deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese. E’ stato ben detto, in proposito, dal giudice amministrativo che “gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;
tutto ciò comporta l'attribuzione al prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti” (TAR Piemonte, Torino, sez. I, 10 dicembre 2014, n. 1923) ed ancora che “in sede di redazione dell'informativa antimafia il Prefetto gode di ampi margini di discrezionalità, potendo, tra l'altro, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da circostanze ex se prive di certezza assoluta, quali, ad esempio, sentenze di condanna, anche non definitive, o collegamenti parentali con soggetti malavitosi;
peraltro, trattandosi in sostanza di un giudizio di probabilità, elaborato alla stregua della nozione di pericolo, al fine dell'efficacia preclusiva dell'informazione de qua, è necessario che gli elementi fondanti la stessa siano, nel loro complesso, tali da ingenerare il serio pericolo che l'attività d'impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali o esserne, comunque, condizionata” (Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2014 n.2040).

D’altra parte, risponde proprio alla finalità di marcata anticipazione della tutela il disegno legislativo secondo il quale la cd. interdittiva prefettizia antimafia, ora prevista dagli artt. 91 e ss., d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, rappresenta una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la Pubblica amministrazione, cosicché, proprio per il suo carattere preventivo, essa prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la Pubblica Amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia e analizzati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente, la cui valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati. Essa, inoltre, essendo il potere esercitato dal Prefetto espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da fattori sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata. E’ stato ribadito, inoltre, che al provvedimento in parola vada riconosciuta la natura di tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall'accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso (Cons. Stato, sez. III, 17 febbraio 2015 n. 808;
Con. Stato, sez. III, 19 gennaio 2015, n. 115).

Alla luce delle considerazioni svolte, non ha pregio il tentativo di parte ricorrente di dequotare i singoli indizi evidenziati dalla Prefettura nel ritenere sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa, tenuto conto del consolidato indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, 2342/2011;
254/2012;
4208/2012), dal quale non vi è motivo di discostarsi, secondo cui gli elementi raccolti dall’interdittiva antimafia non vanno considerati separatamente, spettando all’interprete di stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

E dimostra, altresì, come non sia necessario pervenire al massimo grado di certezza dei presupposti, come occorre per le condanne in sede penale, né a quello, di minor certezza, per le misure di prevenzione, essendo sufficiente la sola dimostrazione del pericolo del pregiudizio.

I fatti sintomatici ed indizianti che sostengono la plausibilità della sussistenza di un collegamento tra impresa e criminalità organizzata s’incentrano appunto nel carattere plurimo delle relazioni economiche (partecipazioni sociali in alcune società) che l’attuale amministratore unico, -OMISSIS-, ha con i familiari di -OMISSIS-, cui l’autorità giudiziaria penale ha riconosciuto la riferibilità sostanziale della società ricorrente e che, come già detto, è tuttora indagato anche per reati connessi alla criminalità organizzata, elementi, quelli appena evidenziati, che conducono a ritenere come attuale il pericolo di condizionamento mafioso.

Del resto, è noto ed è stato reiteratamente affermato dai giudici amministrativi che l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi, oltre che su fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando gli elementi raccolti dal Prefetto a tal fine siamo sintomatici di un condizionamento attuale dell'attività dell'impresa (Cons. Stato, V, 1° ottobre 2015 n. 4602;
Id., III, 22 gennaio 2014 n. 292;
Id., VI, 30 dicembre 2011 n. 7002)

In definitiva, gli elementi testé evidenziati costituiscono da soli, oltre che buoni argomenti a supporto della fondatezza e della completezza dell’interdittiva prefettizia, seri elementi indiziari da cui arguire la possibile permeabilità malavitosa della società ricorrente, che non vanificano, anzi corroborano la serietà dell’interpretazione complessiva datane dalla P.A.

L’interdittiva in esame ha, dunque, ben adempiuto al suo compito, come disegnato dal legislatore e delineato dalla giurisprudenza (cfr., per tutti, Cons. St., III, 15 maggio 2012 n. 2806;
Id., 3 settembre 2012 n. 4663), d’essere, cioè, una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la P.A. Ecco perché l’interdittiva stessa prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti sia degli amministratori di imprese aventi rapporti qualificati con la P.A. stessa, sia dei soggetti a loro contigui, fondandosi piuttosto sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di Pubblica Sicurezza, valutati per la loro rilevanza dal Prefetto.

In definitiva, l’azione dell’autorità prefettizia non può ritenersi inficiata da carenze istruttorie, né l’atto conclusivo da carenze motivazionali, emergendo anzi ex actis il buon governo che l’Amministrazione ha fatto del poter di valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina antimafia.

Del pari, sono conseguentemente immuni dai denunciati vizi di legittimità gli ulteriori atti impugnati in rapporto di presupposizione o di conseguenzialità con la misura interdittiva, cosicché il gravame, articolato in ricorso principale e ricorso per motivi aggiunti va, complessivamente, disatteso.

Sussistono giusti motivi di equità, avuto riguardo alla natura degli interessi coinvolti dall’azione amministrativa, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi