TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2024-05-16, n. 202403225

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza breve 2024-05-16, n. 202403225
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202403225
Data del deposito : 16 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/05/2024

N. 03225/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01690/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1690 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 16489/2024/Area III/Pat., adottato dalla Prefettura di Caserta in data 12 febbraio 2024, successivamente notificato in data 20 febbraio 2024, con il quale è stata revocata al ricorrente la patente di guida -OMISSIS-cat. B rilasciata dalla M.C.T.C. di Caserta in data 27.01.2024 e ogni altra patente posseduta dallo stesso, stante la non sussistenza dei requisiti morali di cui all''art. 120, comma 1, CDS;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - di U.T.G. - Prefettura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2024 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che:

con ricorso notificato e depositato in data 8.4.2024 è stato impugnato il provvedimento in epigrafe recante revoca della patente di guida cat. B n. -OMISSIS-, emessa dalla Motorizzazione Civile di Caserta il 27.1.2024;

a fondamento dell'atto l'amministrazione ha addotto la condizione ostativa di cui all'art. 120, comma 1, del Codice della Strada in ragione di una condanna riportata dall'istante per il reato di cui all'art. 73 del D.P.R. n. 309/1990;

parte ricorrente ha affidato il gravame ai profili di illegittimità con cui ha dedotto violazione di legge, eccesso di potere, carenza di motivazione, travisamento, difetto di istruttoria, concludendo con le richieste di accoglimento dell'impugnazione e di conseguente annullamento dell'avversato provvedimento;

si è costituita in resistenza l'intimata amministrazione con mera memoria di stile;

all'udienza camerale del 7.5.2024 fissata per l'esame della domanda cautelare, la Sezione si è riservata di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi degli artt. 60 e 74 c.p.a., essendo il ricorso sufficientemente istruito per la decisione, integro il contraddittorio e sussistendo i presupposti di legge di immediata decidibilità;

Ritenuto che il gravame è fondato per le ragioni di seguito illustrate:

giova osservare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 22/2018, per quanto d'interesse nel presente giudizio, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120 del Codice della Strada relativamente all'automatismo della revoca della patente da parte dell'autorità amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati in tema di stupefacenti, all'uopo stigmatizzando la violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.;

la Corte ha, in proposito, chiarito che "La disposizione denunciata - sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida - ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entità. Reati che, per di più, possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all'attualità";

ha precisato, inoltre, che "Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame è, poi, ravvisabile nell'automatismo della ‘revoca' amministrativa rispetto alla discrezionalità della parallela misura del ‘ritiro' della patente che, ai sensi dell'art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione "può disporre", motivandola, "per un periodo non superiore a tre anni". È pur vero che tali due misure - come già evidenziato - operano su piani diversi e rispondono a diverse finalità. Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli effetti della sua revocabilità da parte dell'autorità amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare la commissione di nuovi reati) decida di non disporre (ovvero disponga per un più breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. La contraddizione sta, invece, in ciò che - agli effetti dell'adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarità della patente) - mentre il giudice penale ha la "facoltà" di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il "dovere" di disporne la revoca";

la Corte ha pertanto dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2, del D.Lgs. n. 285/1992 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della L. n. 94/2009 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto "provvede" - invece che "può provvedere" - alla revoca della patente;

a seguito dell'intervento sostitutivo del giudice delle leggi, è dunque venuto meno l'automatismo della revoca della patente conseguente a sopravvenute condanne per reati in materia di stupefacenti in capo al titolare, essendo il Prefetto divenuto affidatario di una potestà amministrativa di natura discrezionale, a fronte della quale insistono posizioni di interesse legittimo;

consegue che l'Autorità, in ragione della riqualificata natura del potere esercitato, è tenuta a valutare se, in base alle circostanze del caso concreto, possa dirsi verificata una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, ovvero se il possesso della patente possa rappresentare, alla luce della condanna riportata, un elemento sintomatico dell'aggravamento della pericolosità sociale del reo, in quanto in grado di agevolare la commissione di nuovi reati - che ne suggerisce e giustifica, pertanto, la revoca - ovvero, se, all'opposto, anche tenuto conto dell'incidenza che ne deriva sulla libertà di circolazione nonché in prospettiva del reinserimento anche lavorativo del prevenuto, possa costituire un valido strumento di reintegrazione del soggetto nella società civile;

quanto ai criteri che devono indirizzare l'esercizio del potere discrezionale in questione, la giurisprudenza, a titolo esemplificativo, fa riferimento ai seguenti parametri: "(a) gravità degli episodi criminosi descritti nelle sentenze di condanna, tenendo conto delle valutazioni espresse dal giudice penale circa l'atteggiamento processuale, i precedenti e le prospettive future;
(b) condotta mantenuta dal ricorrente successivamente alla condanna, sia sotto il profilo lavorativo sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali;
(c) eventuali nuove denunce a carico del ricorrente, o frequentazione di soggetti pericolosi;
(d) eventuale presenza di familiari in grado di assistere e sostenere il ricorrente nel percorso riabilitativo;
(e) svolgimento di attività lavorative, oppure offerte di lavoro, in relazione alle quali sia necessario il possesso della patente di guida;
(f) modalità con cui il ricorrente ha utilizzato in precedenza la patente di guida" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 72/2023, n. 8109/2021, n. 5509/2008, n. 750/2019;
T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 500/2015);

dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che disciplina il potere di adozione di un atto amministrativo, a sua volta oggetto di impugnativa pendente in sede giurisdizionale, consegue l'illegittimità derivata dell'atto stesso, qualora il ricorrente abbia proposto censure comunque afferenti all'applicazione della norma in rilievo, ancorché non abbia sollevato alcun profilo d'incostituzionalità della stessa;

assume in tal caso rilievo il principio secondo cui il giudice deve applicare d'ufficio, nei giudizi pendenti, le pronunce di annullamento della Corte costituzionale, con conseguente possibilità di superare i limiti che derivano dalla struttura impugnatoria del processo amministrativo e dalla correlata specificità dei motivi (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3997/2009);

il mutamento normativo prodotto per effetto della precitata declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 120 Codice della Strada non può che comportare l'applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta anche al giudizio in esame, trattandosi di rapporto non ancora esaurito ed essendo stato adottato l'atto, così come peraltro specificamente dedotto dal ricorrente, proprio sul presupposto della sua natura vincolata, derivante dalla precedente formulazione dell'art. 120 cit., nonché in assenza di congrua e adeguata motivazione, con conseguente illegittimità della revoca;

non vi sono ragioni per non applicare tale indirizzo della giurisprudenza costituzionale anche al caso in esame, in cui la Prefettura ha fondato l'atto di revoca su una sentenza di condanna preesistente - e non sopravvenuta - al rilascio del titolo di guida;

come rimarcato nei motivi di ricorso, emerge ictu oculi che l'Autorità emanante non ha effettuato alcuna valutazione della personalità del ricorrente al fine di giungere alla formulazione di un giudizio di pericolosità sociale orientato all'attualità, come invece richiede il mutato contesto normativo di riferimento, alla luce dei fondamentali principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. richiamati dal giudice delle leggi;

tale giudizio prognostico, di contro, si imponeva sulla base di una valutazione complessiva della personalità del destinatario del provvedimento, alla stregua dei criteri indicati, tenendo conto, in particolare, di ogni opportuna valutazione in ordine al mancato utilizzo all'attualità di stupefacenti nonché dell'idoneità del titolo in questione ad agevolarne il percorso di reinserimento sociale;

Considerato che, pertanto:

alla luce delle svolte argomentazioni, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell'impugnato provvedimento, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti;

le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

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