TAR Firenze, sez. II, sentenza 2009-11-18, n. 200901704
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N. 01704/2009 REG.SEN.
N. 00907/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 907 del 2007, proposto da:
San Donato S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. prof. D M T, con domicilio eletto presso il medesimo in Firenze, via Lamarmora n. 14;
contro
- la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dagli avv.ti L B, B M e S F', con domicilio eletto presso le medesime in Firenze, Avvocatura Regionale-P. Unita' Italiana, 1;
- il Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
e con l'intervento di
AGIS (Associazione generale Italiana dello Spettacolo)-Delegazione Regionale Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pier Matteo Lucibello e Alessandro Poesio, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Firenze, Borgo Pinti n. 80;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. AOO - GTR/82519/125-7-1-2 della Direzione Generale Politiche Formative, Beni e Attività Culturali - Settore Spettacolo della Regione Toscana, spedita con raccomandata in data 21.03.2007, ricevuta dalla ricorrente in data 27.03.2007, con la quale è stata negata l'autorizzazione per la realizzazione della Multisala cinematografica "Multiplex UMI F", ubicata nel Complesso Terziario Polifunzionale "UMI F", angolo via di Novoli, Via Forlanini in Firenze;
- del presupposto decreto dirigenziale n. 1128 del 13.03.2007, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 17 del 24.04.2007, con cui la Direzione Generale Politiche Formative, Beni e Attività Culturali - Settore Spettacolo della Regione Toscana ha approvato l'atto contenente l'indicazione dei posti autorizzabili nelle sale cinematografiche per l'anno 2007 in Toscana, stabilendo che nella provincia di Firenze i posti autorizzabili in rapporto alla popolazione residente sono pari a zero;
- per quanto occorrer possa, della deliberazione di Giunta Regionale 18.12.2006 n. 939 con cui gli Indirizzi ex art. 4, L. Reg. Toscana 27.12.2004 n. 78 sono stati adeguati alla modifica di cui all'art. 1, L. Reg. Toscana 21.11.2006 n. 57;
- per quanto occorrer possa, della deliberazione di Giunta Regionale 28.11.2005 n. 1154 con cui sono stati approvati gli Indirizzi ex art. 4, L. Reg. Toscana 27.12.2004 n. 78.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione della Regione Toscana, con la relativa documentazione;
Visto l’atto di intervento “ad opponendum” dell’AGIS, con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 15 ottobre 2009 il Primo Referendario Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La San Donato s.r.l., proprietaria di un terreno in Firenze all’interno dell’area denominata “ex stabilimento Fiat di Novoli”, in seguito a variante urbanistica approvata dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 33 del 15 ottobre 2001 e successiva convenzione integrativa, stipulata il 23 ottobre 2001, prevedeva la realizzazione, in tale area, di un vasto complesso immobiliare su cui insisteva anche una “multisala cinematografica” per 2.500 posti.
Tale società, quindi, avviati i lavori per la realizzazione del complesso immobiliare con due dichiarazioni di inizio attività di cui, la prima, nel 2004, per l’esecuzione dei relativi scavi e la seconda, presentata il 20 maggio 2005, per la realizzazione di tale multisala e dovendo avviare anche la procedura per l’autorizzazione all’apertura della multisala in questione, presentava, tramite lo Sportello Unico per le Attività Produttive presso il Comune di Firenze, la relativa domanda rivolta all’organo regionale che nel frattempo era divenuto competente, in seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 285/05 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma di cui al d.lgs. n. 28/04 che aveva invece individuato lo Stato come competente ad autorizzare l’apertura di cinema con capienza maggiore di 1.800 posti.
Eseguita la relativa istruttoria, però, la Regione Toscana, con nota dirigenziale del 21 marzo 2007, richiamando l’applicazione del decreto dirigenziale n. 1128 del 13 marzo 2007 con il quale si approvava l’atto contenente l’indicazione dei posti autorizzabili nelle sale cinematografiche per l’anno 2007 in virtù dell’applicazione dei criteri regionali di cui alle delibere di Giunta n. 1154/05 e n 939/06, non concedeva la richiesta autorizzazione, sulla base della riscontrata “non coerenza della richiesta in oggetto con gli indirizzi regionali ex art. 4, della legge regionale 27 dicembre 2004, n. 78, così come modificata dalla legge regionale 21 novembre 2006 n. 57, approvati dalla Giunta regionale con le delibere n. 1154/2005 e n. 939/2006, per la non disponibilità di posti autorizzabili in Provincia di Firenze, come attestato dalla documentazione allegata”, in quanto il quoziente tra il numero di posti e la popolazione residente a livello provinciale non era inferiore al quoziente tra il numero dei posti e la popolazione residente a livello regionale.
Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 24 maggio 2007 e depositato il successivo 6 giugno, la San Donato s.r.l. chiedeva l’annullamento di tale provvedimento e degli altri, presupposti, indicati in epigrafe, lamentando quanto segue.
“I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, 2° comma, l.reg. Toscana 27 dicembre 2004, n. 78, come modificato dall’art. 1, l.reg. Toscana 21 novembre 2006, n. 57. Sviamento di potere”.
Secondo la ricostruzione normativa operata dalla società ricorrente, i nuovi criteri di cui all’atto di indirizzo regionale approvato con le delibere di Giunta nn. 1154/05 e 939/06, rimuovendo il limite delle distanze minime tra le sale cinematografiche e i collegati parametri legati alla “presenza” e alla “densità” degli schermi sul territorio, inibiva ogni considerazione sulla distribuzione numerica degli stessi e su criteri quantitativi di accesso al mercato, come confermato anche da alcune indagini conoscitive dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che riscontravano nelle precedenti ipotesi legislative, che prevedevano autorizzazioni legate alle presenze del pubblico, una situazione distorsiva della concorrenza tesa a contingentare il numero di sale presenti, con la conseguenza di incidere negativamente anche sul nuovo assetto costituzionale di cui alla legge n. 3/2001 e sulla correlata necessità per il legislatore non solo di evitare disposizioni anticompetitive ma anche di incentivare disposizioni “procompetitive”.
Poiché quello della “concorrenza” nel mercato era divenuto un parametro costituzionale a tutti gli effetti, la soppressione di quello legato alla “densità” avrebbe dovuto comportare una interpretazione “procompetitiva” dell’art. 4, comma 2, l.r. n. 78/04 cit., come successivamente modificata e integrata dalla l.r. n. 57/06, tesa ad eliminare ogni riferimento ai quozienti tra numero di posti e popolazione residente su cui invece si era fondato il provvedimento regionale impugnato di diniego e quelli presupposti, che si palesavano tutti illegittimi sotto questo profilo.
“ II) Violazione dell’art. 136 Cost;violazione del P.d.R. ex area FIAT di Novoli, dei principi in tema di pianificazione urbanistica e di affidamento del privato. Sviamento di potere”.
Se l’autorizzazione regionale di cui alla l.r. n. 78/04 cit. era funzionale alla realizzazione di immobili da destinare a sale cinematografiche, essa era da qualificarsi come atto propedeutico al titolo edilizio in quanto inerente al governo del territorio – e infatti inserita nell’ambito del procedimento “unico” di competenza comunale ex art. 7 Reg. Regionale 30 marzo 2005, n. 42/R – e quindi il diniego non era legittimamente opponibile quando, come nel caso in esame, la multisala era stata già localizzata in base ad un piano attuativo e munita del titolo a costruire, come attestato dall’approvazione del Piano di Recupero di cui alla delibera del Consiglio Comunale di Firenze del 15 ottobre 2001, n. 33 e dalla relativa d.i.a. divenuta efficace in data 20 luglio 2005.
Nel caso di specie, oltretutto, una volta perfezionatosi il titolo edilizio, l’autorizzazione relativa - che prima della pronuncia della Corte Costituzionale n. 285/05 era di competenza ministeriale per oltre 1.800 posti – era un atto dovuto ex art. 3, comma 5, d.p.c.m. n. 391/1998, ancora applicabile al momento del perfezionamento in questione, che prescindeva da ogni criterio quantitativo di contingentamento se il complesso multisala era realizzato nell’ambito di parchi permanenti attrezzati con strutture stabili per il tempo libero con finalità culturali o ricreative ed adeguate aree di parcheggio (come in effetti in corso di realizzazione nel complesso urbanistico denominato UMI F).
Pur ribadendo che l’autorizzazione regionale non era dovuta, la società ricorrente evidenziava, in linea subordinata, che comunque l’ente regionale avrebbe dovuto dare luogo alla considerazione per la quale la multisala era già assentita sotto il profilo urbanistico ed i limiti quantitativi semmai si sarebbero dovuto applicare per i futuri titoli autorizzatori di competenza regionale.
“III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 28. Eccesso di potere per difetto del presupposto e sviamento.”.
In linea subordinata rispetto ai precedenti motivi di ricorso, la società ricorrente rilevava che i criteri regionali applicati per fondare il diniego erano comunque illogici perché era semmai il numero di schermi a dovere essere rapportato alla popolazione ma non quello dei posti già autorizzati, come invece disposto.
Inoltre, l’ubicazione delle sale stabilita in rapporto a quelle dei comuni limitrofi non teneva conto della peculiarità del fenomeno delle c.d. “conurbazioni”, particolarmente presente sul territorio fiorentino, e dei confini tra province. Né era considerata la particolare vocazione turistica e a destinazione studentesca di Firenze, che poteva assorbire ben più posti rispetto a quelli astrattamente calcolati sulla sola popolazione residente, soprattutto se offerti con la modalità “multisala”, più moderna e arricchita da servizi paralleli (quali ricreativi, di ristorazione e altri) molto apprezzati dagli utenti.
Si costituiva in giudizio la Regione Toscana, rilevando l’infondatezza del ricorso.
Interveniva “ad opponendum”, con atto ritualmente notificato e depositato nei termini, l’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo – A.G.I.S., Delegazione Regionale Toscana, la quale, evidenziando le proprie norme statutarie che la destinavano alla tutela degli interessi della cinematografia e degli esercenti cinematografici regionali, nel quadro più ampio di quelli in favore dello spettacolo, legittimava la sua iniziativa processuale richiamando il fine di uno specifico e differenziato interesse alla concorrenza tra esercizi e alla distribuzione armonica degli stessi sul territorio regionale, insistendo quindi per la reiezione del ricorso in quanto infondato.
In prossimità dell’udienza pubblica, sia l’AGIS che la Regione Toscana depositavano memorie ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi.
In particolare, la Regione Toscana eccepiva l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in quanto la realizzanda multisala in via Novoli era stata nel frattempo fatta oggetto di una nuova richiesta di autorizzazione – poi rilasciata - da parte di società avente causa dalla ricorrente, in seguito a trasferimento di posti, contestualmente chiusi, da altri cinema preesistenti.
Alla pubblica udienza del 15 ottobre 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio rileva, preliminarmente, l’inammissibilità dell’intervento in giudizio dell’A.G.I.S. Delegazione Regionale Toscana.
Come noto, infatti, la legittimazione attiva delle associazioni di categoria, anche ai soli fini di un intervento in giudizio, è individuabile solo se svolta a tutela (degli interessi) della totalità dei suoi iscritti e non anche a salvaguardia di posizioni proprie di una parte sola degli stessi (da ultimo: TAR Lazio, Sez. I, 15.1.09, n. 234 e Tar Abruzzo, Pe, 2.4.09, n. 221;v. anche Cons. Stato, Sez. VI, 29.11.04, n. 7792).
Nel caso di specie, la medesima AGIS afferma che le proprie norme statutarie la destinano alla tutela degli interessi della cinematografia e degli esercenti cinematografici regionali, nel quadro più ampio di quelli in favore dello spettacolo.
Se così è, però, non si comprende lo specifico interesse dell’interveniente alla conservazione del provvedimento impugnato - che impedisce l’apertura di una multisala - in armonia a quello, statutario, di tutti i gestori di cinematografi toscani che, anzi, avrebbero interesse alla diffusione dello strumento cinematografico e della relativa cultura quanto più possibile al fine di offrire al pubblico un’offerta differenziata e capillare, in concordanza con quanto sostenuto dalla società ricorrente con il primo motivo di ricorso e non in contrasto con lo stesso.
L’AGIS sostiene che la sua iniziativa processuale è orientata al fine di uno specifico e differenziato interesse alla concorrenza tra esercizi e alla distribuzione armonica degli stessi sul territorio regionale ma il Collegio osserva che, in relazione al primo, l’interesse “concorrenziale” sviluppato nell’intervento in giudizio è solo quello, di ordine negativo, volto ad impedire l’ulteriore ingresso nel mercato di nuovo operatore ma, come tale, esso appare rivolto alla tutela solo di alcuni degli iscritti, esercenti di sale finitime ed in potenziale comunanza di spettatori, con la conseguente applicabilità della giurisprudenza sopra richiamata, mentre, in relazione al secondo, l’armonica distribuzione degli esercizi sul territorio spetta all’ente territoriale regionale, ai sensi della legislazione vigente, come sarà evidenziato in prosieguo.
Poiché l’interesse azionato è quindi quello – di ordine concorrenziale “negativo” - solo di alcuni iscritti, l’intervento in questione deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse, con compensazione delle spese di lite, sussistendone giusti motivi attesa comunque la peculiarità della fattispecie, anche sotto tale profilo.
Passando all’esame del ricorso, il Collegio non condivide l’eccezione preliminare di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sollevata dalla Regione Toscana.
E’ vero, infatti, che una società avente causa da quella ricorrente ha provveduto, in seguito, a richiedere ed ottenere la medesima autorizzazione dopo avere acquisito altre sale cinematografiche ed avere provveduto alla loro chiusura – come da relativo contenzioso pure all’attenzione del Collegio nella medesima udienza pubblica del 15 ottobre 2009 – ma è indubitabile che tale richiesta e il conseguente rilascio sono avvenuti alcuni mesi dopo il diniego precedentemente opposto dalla Regione.
E’ evidente, quindi, che se tale diniego fosse ritenuto illegittimo all’esito del presente ricorso, si potrebbero presentare profili risarcitori (in presenza di determinati presupposti comunque non valutabili nella presente sede) che – in assenza di specifica dichiarazione contraria dell’interessata - mantengono l’interesse alla presente decisione, anche ai sensi dell’art. 7 l. n. 205/2000.
E’ stato riconosciuto infatti dalla giurisprudenza prevalente, con cui il Collegio concorda, che la concreta individuazione delle ipotesi di sopravvenuto difetto di interesse (e quindi di improcedibilità del ricorso pendente) deve essere ancorata a criteri restrittivi, tenendo presente che la relativa decisione non può tradursi in una sostanziale elusione dell'obbligo del giudice di pronunciarsi sulla domanda e, in tale prospettiva, l'interesse residuo alla pronuncia sul merito della controversia va inteso nella sua massima ampiezza, anche sotto il profilo meramente strumentale (TAR Toscana, Sez. II, 17.4.09, n. 669) alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell'eventuale sentenza di accoglimento, per cui la persistenza dell'interesse deve essere valutata considerando anche le possibili ulteriori iniziative attivate e attivabili dal ricorrente (Cons. Stato, Sez. IV, 27.3.02, n. 1741;TAR Campania, Sa, Sez. II, 26.11.08, n. 3908).
Passando all’esame del merito, il Collegio rileva che il ricorso non può trovare accoglimento.
Al fine di inquadrare al meglio la fattispecie, appare utile richiamare la normativa applicabile al tema in esame.
Ai sensi della legge costituzionale n. 3 del 2001, con la legge regionale 27.12.2004, n. 78 la Regione Toscana, intervenendo in materia di autorizzazione all’esercizio cinematografico - prima regolamentato, ai sensi dall’art. 31 della legge 4.11.1965, n. 1213, dal D.M. Spettacolo 29.9.1998 n. 391 – disponeva che nel caso di capienza complessiva pari o superiore a trecento posti, la realizzazione, la trasformazione, l’ampliamento di sale già in attività e l’adattamento di immobili da destinare a sale e arene per spettacoli cinematografici era subordinato ad autorizzazione da lei rilasciata, in coerenza con gli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale ed emanati previo parere della commissione consiliare permanente competente in materia. La relativa domanda doveva presentarsi al comune territorialmente competente, il quale la esaminava con le procedure in tema di “sportello unico” delle attività produttive di cui al d.P.R. n. 447/98.
Contestualmente, però, il legislatore statale procedeva alla riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell’art. 10 l. 6.7.2002, n. 137, adottando il decreto legislativo 22.1.2004, n. 28, il cui art. 22, comma 5, in particolare riservava alla competenza statale il rilascio dell’autorizzazione all’apertura di multisale con un numero di posti superiore a 1.800. La definizione di “multisala”, già presente nell’art. 2, comma 1, lett. c), del richiamato D.M. n. 391/98, era ripresa nel medesimo art. 22, comma 2, lett. c), d.lgs. cit. il quale la individuava come “l’insieme di due o più sale cinematografiche adibite a programmazioni multiple accorpate in uno stesso immobile sotto il profilo strutturale e tra di loro comunicanti”, differenziandola dalla “sala cinematografica”, intesa, dalla precedente lett. a), quale “spazio al chiuso dotato di uno schermo, adibita a pubblico spettacolo cinematografico”.
In seguito a ricorso proposto anche dalla Regione Toscana in sede di conflitto di attribuzioni, la Corte Costituzionale però, con sentenza 7.7.2005, n. 285, dichiarava l’illegittimità costituzionale del solo comma 5 dell’art. 22 d.lgs. cit., riespandendo così la potestà regionale a rilasciare l’autorizzazione in questione.
Successivamente, la Regione Toscana approvava, con deliberazione di Giunta 28.11.2005 n. 1154, gli indirizzi necessari al fine delle autorizzazioni in questione, sulla base della previsione di cui all’art. 4, comma 2, l.r. n. 78/04 cit., che imponeva la considerazione di indicatori che tenevano conto, fra l’altro, della capacità dell’offerta, della presenza e densità delle sale e degli schermi sul territorio regionale e delle distanze tra le diverse strutture cinematografiche.
In seguito all’affermarsi dei principi di c.d. “liberalizzazione”di cui al d.l. 4.7.06, n. 223, conv. in l.n. 248/06, il legislatore regionale interveniva anche in argomento con la legge regionale 21.11.2006, n. 57, il cui art. 1 modificava l’art. 4, comma 2, l.r. n. 78/04, specificando che gli indirizzi cui conformare l’autorizzazione erano stabiliti sulla base di indicatori che tenevano conto dei dati quantitativi e qualitativi sull’andamento del consumo nell’ambito cinematografico, anche in rapporto alla popolazione, del livello qualitativo degli impianti, delle attrezzature e degli strumenti tecnologici necessari, delle caratteristiche della viabilità per i percorsi di avvicinamento e accesso.
Seguiva, quindi, la deliberazione di Giunta Regionale 18.12.2006 n. 939 la quale adeguava tali indirizzi alla nuova disposizione normativa, precisando di ritenere applicabile il solo indicatore legato a: “1. la capacità dell’offerta: posti su popolazione. Il quoziente tra il numero di posti e la popolazione residente a livello provinciale deve essere inferiore al quoziente tra il numero di posti e la popolazione residente a livello regionale”, con soppressione, così, dell’indicatore prima previsto legato alle distanze tra esercizi cinematografiche e relative modalità di calcolo.
Tornando al caso di specie, quindi, la società ricorrente lamenta proprio l’applicazione di tale criterio, attuato con la nota dirigenziale del 13.3.2007 con la quale sono stati individuati i quozienti in questione come già superati, che hanno impedito il rilascio dell’autorizzazione richiesta come da successivo provvedimento dirigenziale del 21.3.2007.
Con il primo motivo, la società ricorrente, in sostanza, ritiene che l’intervento del legislatore regionale nel 2006, in ossequio ai dettami di principio rinvenibili nella legislazione statale di cui al d.l. n. 223/06, conv. in l. 248/06, nell’eliminare tra i criteri idonei a guidare gli indirizzi necessari per i procedimenti di autorizzazione ex art. 3 l.r. Toscana n. 78/04 quello relativo alle distanze tra esercizi cinematografici aveva abrogato ogni riferimento di ordine quantitativo legato alla presenza e alla densità degli schermi sul territorio regionale, per cui il diniego sul raffronto tra quozienti posti/residenti a livello provinciale e regionale su cui si era fondato il provvedimento impugnato non appariva conforme alla legge ed ai principi di ordine (ormai) costituzionale a tutela della concorrenza.
Il Collegio però non condivide tale, sia pur suggestiva, impostazione.
L’art. 1 l.r. Toscana n. 57/06 e, di conseguenza, la deliberazione di Giunta Regionale n. 939/06, pur abrogando il requisito precedentemente previsto legato alla distanza tra strutture cinematografiche, non hanno inteso parimenti abrogare ogni riferimento a criteri definibili di ordine “quantitativo” nel senso inteso dalla società ricorrente.
Nel richiamare l’art. 4 l.r. n. 78/04 come modificato dall’art. 1 l.r. n. 57/06, il Collegio non può fare a meno di evidenziare che il relativo comma 2 prevede proprio che “Gli indirizzi sono stabiliti sulla base di indicatori che tengono contro fra l’altro dei dati quantitativi e qualitativi sull’andamento del consumo nell’ambito cinematografico, anche in rapporto alla popolazione…”.
Ne consegue che, già sotto un profilo meramente letterale, il richiamo a dati “quantitativi” rapportati alla “popolazione” è tenuto ben presente dal legislatore regionale, anche dopo l’entrata in vigore delle “liberalizzazioni” di cui al c.d. “Decreto Bersani”.
In secondo luogo, sotto un profilo sostanziale, il Collegio osserva che il legislatore regionale ha inteso soltanto derogare dal precedente obbligo di rispetto di distanze minime, intendendosi questo come il parametro legato alla “densità” che si è ritenuto di superare.
Il criterio residuale, della “capacità dell’offerta” è stato mantenuto dalla Giunta regionale richiamando esplicitamente il rapporto “posti/popolazione” legato a dati, esplicitamente definiti “quantitativi”, sull’andamento del consumo nell’ambito cinematografico.
Come condivisibilmente osservato anche dalla Regione Toscana nei suoi scritti difensivi, tale metodologia si fonda sulla considerazione del fabbisogno di posti in sale cinematografiche per ciascun ambito provinciale legato al concreto andamento di presenza di pubblico e al relativo spostamento sul territorio, anche in relazione alle caratteristiche della viabilità per i percorsi di avvicinamento e accesso, come richiamati anche dall’art. 4, comma 2, l.r. n. 78/04 cit.
Correttamente osserva la Regione che tale finalità tesa a preservare una corretta programmazione dell’offerta di sale è da ricondursi nella materia del “governo del territorio” che la stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 285/05 ha ritenuto di competenza regionale e prevalente sulla promozione di attività culturali e commerciali, nonché da considerarsi quantomeno di pari dignità rispetto al parametro legato alla libertà di concorrenza che la società ricorrente ritiene ormai di rango costituzionale.
Nel governo del territorio, quindi, ben rientra la valorizzazione di dati quantitativi legati al rapporto posti/popolazione in relazione alla effettiva programmazione annuale delle sale già esistenti e alle relative modalità di uso del territorio, soprattutto nell’ipotesi di multisale cinematografiche che possono comportare rilevanti conseguenze di impatto urbanistico.
Né rilievo decisivo per una contraria conclusione può rilevarsi da quanto indicato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, visto che le relative conclusioni richiamate dalla società ricorrente si riferivano alla precedente normativa ed erano anche anteriori alla ripartizione di competenze individuata dalla Corte Costituzionale nella sentenza più volte sopra richiamata.
Appare immune da censure, quindi, il diniego opposto dalla Regione Toscana nei sensi di cui ai provvedimenti impugnati, secondo quanto rilevato con il primo motivo di ricorso.
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale, in sostanza, la società ricorrente lamenta che il diniego regionale non era più opponibile quando la multisala era stata già localizzata in base ad un piano attuativo e munita del relativo titolo a costruire, nel caso di specie consistente in una d.i.a.
Indipendentemente dalla conformità a legge di tale titolo edilizio – valutata in altre sedi – il Collegio rileva che l’autorizzazione regionale di cui all’art. 4 l.r. n. 78/04, proprio per quanto sopra sostenuto in ordine al riparto di competenze evidenziato dalla Corte Costituzionale, è frutto di un procedimento autonomo rispetto a quello meramente edilizio e teso a considerare l’equilibrio tra domanda e offerta al fine di miglior governo del territorio, tant’è che sono previsti due momenti istruttori differenti e due autorità competenti, ciascuna per il proprio settore, quali il Comune e la Regione. Che la domanda sia stata presentata al Comune attraverso lo “Sportello Unico delle Attività Produttive” non è elemento probatorio del contrario, dato che tale modalità procedimentale si inquadrava solo nell’ambito delle misure di semplificazione individuate all’epoca dal legislatore di cui al d.P.R. n. 447/98.
La sussistenza di un titolo edilizio, anche prima della pronuncia della Corte Costituzionale n. 285/05 più volte richiamata, non poteva assorbire la necessità del rilascio dell’autorizzazione all’apertura dell’esercizio cinematografico, comunque necessario per il numero di posti individuati dalla ricorrente, da parte dello Stato prima della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 22, comma 5, d.lgs. n. 28/04, e da parte della Regione, dopo tale dichiarazione di incostituzionalità, una volta approvati i criteri di indirizzo di cui all’art. 4 l.r. n. 78/04.
Né risulta che la ricorrente abbia, a suo tempo, chiesto e ottenuto dall’organo statale competente la relativa autorizzazione quando era ancora in vigore il suddetto art. 22, comma 5, d.lgs. n. 28/04 e il relativo D.M. n. 391/98, così da ritenere concluso il relativo procedimento e definiti gli effetti del rapporto giuridico che divenivano intangibili, come tali, dall’efficacia “ex tunc” della sentenza della Corte Costituzionale, tenuto conto che la precedente normativa statale ora richiamata comunque richiedeva previamente il titolo edilizio, con ciò confermando l’autonomia dei due procedimenti.
Correttamente, d’altronde, la stessa società ricorrente aveva presentato, tramite lo “Sportello Unico”, al Comune di Firenze la domanda per ottenere la necessaria autorizzazione che, sotto il profilo legato al governo del territorio e della regolazione dei flussi di traffico e di domanda, era di competenza regionale e si inseriva, come procedimento autonomo, nell’ambito dell’autorizzazione unica rilasciata dal Comune, che non poteva prescindere, però, dai due profili indipendenti, edilizio e cinematografico, considerati dal legislatore.
Da ultimo, il Collegio rileva come la struttura edilizia entro la quale si collocava la multisala era molto grande e non prevedeva unicamente questa ma altre strutture destinate a diverse funzioni, compatibili con la destinazione urbanistica, che, quindi, anche per tale motivo deve essere scissa dalla verifica dei presupposti per l’apertura dell’attività cinematografica.
Parimenti infondato è anche il terzo motivo di ricorso, con il quale la società ricorrente, in linea subordinata, contesta la logicità dei quozienti su cui si è basato il diniego, dato che il parametro di cui al numero dei “posti” non corrisponde né è sovrapponibile a quello legato al numero degli “schermi” e le categorie individuate dal legislatore – sala cinematografica, cinema-teatro, multisala e arena – non possono essere accumunate, inserendosi in mercati di riferimento diverso che, specialmente per il Comune di Firenze, devono tenere conto del fenomeno delle c.d. “conubarzioni” e della vocazione turistico-ricettiva della Città.
Il Collegio, in primo luogo, prende spunto proprio da tali affermazioni della società ricorrente per ribadire, a proposito di quanto evidenziato sul primo motivo di ricorso, che il “governo del territorio” a livello regionale in questo settore è necessario proprio per il fenomeno delle “conurbazioni” e della vocazione turistica di alcune parti dello stesso.
In secondo luogo, tornando al terzo motivo di ricorso, pur ritenendo ammissibile la censura contrariamente a quanto dedotto dalla Regione resistente, in quanto appare contestata proprio la logicità e razionalità della scelta (di merito) dell’Amministrazione, profili questi sempre delibabili anche in sede di legittimità, il Collegio rileva che i principi fondamentali di cui all’art. 22, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 28/04 – si ricorda, non dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte sovrana sopra richiamata – considerano comunque la necessità di valutare come parametro la popolazione presente sul territorio provinciale.
Non appare illogico che la Regione abbia ritenuto di individuare il parametro dei “posti” in relazione alla valutazione sulla popolazione stabilmente presente, e quindi residente, sul territorio rispetto alla domanda e conseguente regolazione dei flussi e del consumo, perché gli “schermi” di ciascuna sala cinematografica, secondo la definizione di cui alle lettere a) e c) del richiamato art. 22, comma 1, possono risentire della singola programmazione e non trovare un proporzionato e costante accesso di pubblico.
Nè può avere rilevanza decisiva la considerazione della società ricorrente per la quale la tipologia “multisala” si inserisce in un mercato a sé stante per la frequente presenza di paralleli servizi ricreativi e di ristorazione, perché proprio il richiamo di un pubblico specifico e non necessariamente interessato allo spettacolo cinematografico - indipendentemente dalla contraddittorietà con la conclusione perentoria che tale tipologia sia l’unica oggi in grado di diffondere la “cultura cinematografica”, come evidenziato nel ricorso a pag. 21, visto che non si comprende come la “cultura” in questione si rafforzi con la presenza di servizi di ristorazione e ricreativi - impone di conservare sul territorio una omogeneità di offerta cinematografica in relazione alla domanda di riferimento che il criterio legato alla valutazione dei “posti” e non dei singoli schermi, che possono astrattamente anche rimanere privi di spettatori, consente di prevedere al fine del miglior governo del territorio, nei sensi sopra precisati.
Così pure non decisiva appare la considerazione legata alla vocazione specifica della città di Firenze, meta di flussi turistici e studenteschi, considerando la stagionalità e comunque la imprevedibilità degli stessi.
Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese di giudizio, attesa la novità e peculiarità della vicenda al momento della proposizione del ricorso.