TAR Bologna, sez. I, sentenza 2012-07-24, n. 201200517

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2012-07-24, n. 201200517
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201200517
Data del deposito : 24 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01452/2011 REG.RIC.

N. 00517/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01452/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1452 del 2011 proposto da S M, rappresentato e difeso dall’avv. R F, dall’avv. M G e dall’avv. S B, ed elettivamente domiciliato in Bologna, p.zza de’ Calderini n. 5, presso lo studio dell’avv. M P;

contro

il Comune di Santarcangelo di Romagna, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. G D R ed elettivamente domiciliato in Bologna, strada Maggiore n. 31, presso lo studio dell’avv. F B;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 0020920 del 30 settembre 2011, con cui il Dirigente dello Sportello unico per l’edilizia del Comune di Santarcangelo di Romagna rigettava la richiesta di rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di fabbricato ad uso residenziale in via Scalone;

…………………. per la condanna …………………

dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni derivanti dalla tardiva conclusione del procedimento.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Santarcangelo di Romagna;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. I C;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 12 luglio 2012 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Presentata dal ricorrente, in data 3 febbraio 2010, una richiesta di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di fabbricato ad uso residenziale in via Scalone, il successivo 3 dicembre lo Sportello unico per l’edilizia del Comune di Santarcangelo di Romagna decideva di convocare l’interessato, ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge reg. n. 31 del 2002, per apportare al progetto le modifiche ed integrazioni, di modesta entità rispetto alle previsioni originarie, contenute nel parere medio tempore reso dalla Conferenza di servizio del Settore Territorio, con la precisazione che ne risultava conseguentemente sospeso il termine per la conclusione del procedimento;
intervenuta, quindi, l’audizione in data 10 dicembre 2010, e depositata il 31 gennaio 2011 la documentazione relativa alle variazioni richieste – ad eccezione dell’atto unilaterale d’obbligo riguardante la realizzazione e cessione gratuita delle opere di urbanizzazione –, il ricorrente vedeva prima emesso un preavviso di diniego (in data 31 agosto 2011) e poi opposto un definitivo rigetto dell’istanza di rilascio del titolo abilitativo (v. provvedimento prot. n. 0020920 del 30 settembre 2011, a firma del Dirigente dello Sportello unico per l’edilizia). A fondamento del diniego di permesso di costruire erano posti l’omesso deposito dell’atto unilaterale d’obbligo e il contrasto con la sopravvenuta normativa contenuta nel p.s.c. (art. 14.2 n.t.a., in relazione al divieto di interventi di urbanizzazione ricadenti in “area di ricarica della falda idrogeologicamente connessa all’alveo”).

Avverso l’atto di diniego ha proposto impugnativa l’interessato. Assume intervenuto il provvedimento di rigetto quando si era già formato il silenzio-assenso di cui all’art. 13, comma 10, della legge reg. n. 31 del 2002, da far risalire quanto meno al 17 giugno 2010;
nega, poi, possa giustificarsi l’atto negativo con la mancata esibizione dell’atto unilaterale d’obbligo, per non essersi tenuto conto della motivata istanza di proroga tempestivamente inoltrata, e per non essere comunque prevista dalla legge una simile irregolarità quale causa di irricevibilità o di rigetto della richiesta di permesso di costruire;
esclude, altresì, possa giustificarsi il diniego con la sopravvenuta disciplina di cui all’art. 14 delle n.t.a. del p.s.c., sia perché non ancora approvato il r.u.e. e quindi tuttora applicabile la disciplina di piano precedente, sia perché il divieto di interventi di nuova urbanizzazione posto dall’art. 14 cit. non opererebbe comunque per un’area inserita dal piano all’interno del territorio urbanizzato e classificata quale ambito urbano consolidato. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato, e altresì di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni derivanti dalla tardiva conclusione del procedimento (pretesa risarcitoria da valere nel caso in cui si dovesse ritenere opponibile all’interessato una normativa di piano approvata quando già avrebbe dovuto essere stato adottato l’atto amministrativo di accoglimento della richiesta di rilascio del permesso di costruire).

Si è costituito in giudizio il Comune di Santarcangelo di Romagna, resistendo al gravame.

All’udienza del 12 luglio 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Osserva il Collegio che, quando il legislatore prevede che il decorso di un dato termine senza pronuncia negativa dell’Amministrazione integri la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta di rilascio del titolo edilizio, il potere di provvedere su detta istanza si consuma con la costituzione del provvedimento tacito, sicché l’Amministrazione non può opporre un diniego tardivo – che sarebbe illegittimo in quanto disposto in carenza di potere – ed è soltanto abilitata a rimuovere in autotutela il titolo formatosi per silentium (sempreché ne sussistano naturalmente i presupposti), dovendosi altresì considerare che il diniego intervenuto ex post potrebbe rivestire natura ed efficacia di provvedimento di annullamento d’ufficio del titolo tacito solo se recante l’esplicito riferimento all’atto che si intende eliminare e al vizio che lo inficerebbe, e solo se assistito da puntuale motivazione circa l’interesse pubblico specifico che giustificherebbe l’esercizio del potere di autotutela (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 2003 n. 1854). In altri termini, il riconoscimento dell’avvenuta formazione del silenzio-assenso si risolve in una verifica che assevera la sussistenza dei presupposti formali richiesti dalla legge e l’osservanza del procedimento, ma non anche la conformità dell’intervento da realizzare alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie applicabili al caso di specie, per cui, una volta perfezionatosi il titolo tacito, l’ente locale conserva i suoi poteri di controllo e sanzionatori, nell’esercizio dei quali ben può annullare quell’atto ove ne riscontri il contrasto con le previsioni della disciplina di piano e non vi ostino preclusioni legate alle condizioni legali per il ricorso all’autotutela amministrativa.

Tanto premesso, viene a questo punto in rilievo la fattispecie del silenzio-assenso prevista dall’art. 13 della legge reg. n. 31 del 2002 (“Disciplina generale dell’edilizia”), che regola il «procedimento per il rilascio del permesso di costruire», ed in particolare vengono in rilievo il comma 3 (“ Il responsabile del procedimento può chiedere una sola volta, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, documenti ed atti integrativi … La richiesta produce l’effetto dell’interruzione del termine di cui al comma 4 …”), il comma 4 (“ Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l’istruttoria … Acquisiti tali atti, formula una proposta di provvedimento, corredata da una relazione ”), il comma 6 (“ Qualora il responsabile del procedimento, nello stesso termine di sessanta giorni, ritenga di dover chiedere chiarimenti ovvero accerti la necessità di modeste modifiche … può convocare l’interessato per un’audizione ”), il comma 8 (“ Il permesso di costruire è rilasciato o negato dal responsabile dello Sportello unico per l’edilizia entro quindici giorni dalla proposta formulata dal responsabile del procedimento ... “), il comma 9 (“ I termini di cui ai commi 3 e 4 sono raddoppiati per i comuni con più di 100 mila abitanti nonché per progetti particolarmente complessi indicati dal R.U.E. ”) e il comma 10 (“ Decorso inutilmente il termine per il rilascio del provvedimento, la domanda di rilascio del permesso di costruire si intende accolta ”). Orbene, a fronte della presentazione della domanda del ricorrente in data 3 febbraio 2010, non risulta effettuata entro quindici giorni la richiesta di cui al comma 3, né effettuati entro sessanta giorni gli adempimenti di cui al comma 4 e al comma 6, e neppure risulta adottata la decisione finale entro i successivi quindici giorni (v. comma 8), con la conseguenza che, ove pure si dovesse provvedere al raddoppio dei termini ipotizzato dal comma 9, il procedimento si sarebbe dovuto definire entro centotrentacinque giorni complessivi dall’istanza, ovvero il 18 giugno 2010, data in cui è da ritenere, al più, formatosi il silenzio-assenso, mentre il primo atto dell’Amministrazione comunale risulta compiuto solo il 3 dicembre 2010 con la convocazione del ricorrente presso gli uffici dell’ente locale.

Né si oppone a tale conclusione la circostanza che l’intervento edilizio oggetto della lite sarebbe precluso dalla disciplina pianificatoria dell’area interessata, essendosi già avvertito come tale aspetto debba semmai costituire oggetto di vaglio in sede di autotutela mentre l’atto impugnato non reca i tratti distintivi dell’annullamento d’ufficio, così come gli elementi costitutivi della figura di silenzio-assenso prevista dall’art. 13 della legge reg. n. 31 del 2002 vanno unicamente individuati nel decorso del termine complessivo per il rilascio del permesso di costruire e nella completezza degli atti da presentare all’atto dell’istanza, secondo quanto si evince dal comma 1 (“ La domanda per il rilascio del permesso di costruire sottoscritta dal proprietario o da chi ne abbia titolo, è presentata allo Sportello unico per l’edilizia, corredata da un’attestazione concernente il titolo di legittimazione e dagli elaborati progettuali richiesti dal R.U.E. ”) e dal comma 2 (“ La domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che, ai sensi dell’art. 481 del Codice penale, assevera la conformità del progetto presentato agli strumenti urbanistici adottati ed approvati ed al R.U.E., alle norme di sicurezza ed igienico-sanitarie, nonché alla valutazione preventiva, ove acquisita ”). Nella fattispecie, però, la difesa dell’ente locale ha solo genericamente opposto la carenza di taluni documenti richiesti dagli artt. 25 e 27 del regolamento edilizio comunale, senza specificare – come sarebbe stato suo onere – di quali atti si sia omessa l’esibizione, con il risultato di impedire al Collegio l’accertamento dell’effettiva rilevanza di tale presunta omissione.

Quanto, poi, alla condotta osservata dal ricorrente successivamente alla convocazione da parte dell’Amministrazione per le modifiche ed integrazioni da apportare al progetto e alla conseguente obiezione per cui l’adesione in tal senso prestata rivelerebbe che neppure l’interessato avesse allora dato rilievo all’ipotesi dell’avvenuta formazione del titolo tacito, osserva il Collegio come l’accoglimento della richiesta proveniente dall’ente locale evidenziasse unicamente un intento collaborativo del privato per conseguire un titolo abilitativo esplicito, senza che ciò possa rendere inequivoca una presunta volontà di rinuncia al titolo abilitativo costituitosi per silentium , che è ben possibile del resto il ricorrente non avesse neppure percepito come tale e che, ciò nonostante, non si può ritenere venuto meno per il solo difetto di consapevolezza in chi avrebbe dovuto avvalersene.

Quanto, infine, al rilievo secondo cui, anche a considerare formatosi il silenzio-assenso, il mancato inizio dei lavori entro un anno dal suo maturarsi avrebbe in ogni caso determinato la decadenza del titolo abilitativo, rileva il Collegio che, per costante giurisprudenza (v. Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2011 n. 2821 e 9 ottobre 2007 n. 5228;
Sez. IV, 29 gennaio 2008 n. 249), la decadenza della concessione edilizia per mancato rispetto dei termini di inizio e ultimazione dei lavori avviene ope legis , e tuttavia, anche se la concessione perde efficacia al perfezionarsi della fattispecie legale che la prevede, si rende in ogni modo necessario, perché i relativi effetti estintivi divengano operanti, un atto formale dell’Amministrazione che ne dichiari il venire in essere, anche ai fini del necessario contraddittorio con il privato circa l’esistenza dei presupposti di fatto e diritto che legittimano la declaratoria di decadenza;
pertanto, in assenza di un provvedimento comunale di formale declaratoria della decadenza del titolo edilizio tacito, questo è da ritenersi tuttora efficace, salvo naturalmente un eventuale successivo intervento dell’Amministrazione che accerti la sussistenza dei presupposti per dichiararne la perdita di efficacia. Non appare superfluo ricordare, inoltre, che un atto formale di declaratoria della decadenza occorre anche per la particolare ipotesi di cui all’art. 15, comma 4, del d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero per il caso di entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche prima che i lavori assentiti abbiano avuto inizio (v. Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2011 n. 5028 e 10 agosto 2007 n. 4423).

In conclusione, essendo il diniego di permesso di costruire sopraggiunto quando si era già formato il silenzio-assenso sull’istanza del ricorrente, va accolta la domanda di annullamento dell’atto impugnato, con assorbimento delle restanti censure. Non v’è luogo a pronuncia, invece, sull’istanza risarcitoria, formulata per la sola eventualità che la presente controversia si concludesse nel senso di riconoscere all’Amministrazione comunale di avere legittimamente opposto al ricorrente un divieto di edificazione derivante da disciplina pianificatoria venuta in essere dopo la scadenza del termine legale per la conclusione del procedimento;
non essendosi, in realtà, provveduto ad accertare i profili sostanziali della vicenda, il Collegio non ha ragione di affrontare questioni risarcitorie che non assumono rilievo in questa sede.

Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.

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