TAR Aosta, sez. I, sentenza 2020-07-06, n. 202000024
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Pubblicato il 06/07/2020
N. 00024/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00042/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D'Aosta
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 42 del 2019, proposto da
F R, R B, rappresentati e difesi dall'avvocato A Q, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di La Salle, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento dell’ordinanza ex art. 77 LR 11/98 n. 49/2019 a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di La Salle, emessa il 9/8/2019
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di La Salle;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2020 il dott. C B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono proprietari di una unità immobiliare, con annesso giardino pertinenziale in uso esclusivo, facente parte del Condominio La Quercia, situato nel Comune di La Salle;nel 1999 l’area pertinenziale esterna all’immobile è stata oggetto di lavori per la posa di una fioriera con riporto di terreno, che tuttavia sono stati oggetto di ordinanze comunali di demolizione – la n. 50/99 del 30 agosto 1999 e, dopo la conclusione negativa di un procedimento di sanatoria, confermata dalla sentenza di questo Tribunale n. 84/2002, la n. 5/03 del 20 gennaio 2003 – in quanto risultava essere stato realizzato un muro di contenimento, benché ciò fosse in contrasto con l’art. 33, lett. a, punto 5, del vigente Regolamento Edilizio. In data 30 maggio 2003, i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo, con cui hanno preso atto della rimozione della muratura costruita in prossimità dei confini sud ed ovest del terreno, costituita da basamento in cls e da elementi componibili, evidenziando tuttavia di non poter attestare l’avvenuto ripristino della situazione iniziale, in mancanza di elementi in tal senso. In seguito ad una segnalazione, in data 7 dicembre 2018, i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo sull’area di proprietà dei ricorrenti e hanno verificato la realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, di un terrapieno ricoperto da geotessuto e da arbusti e di un serbatoio interrato. Il Comune ha quindi emanato un provvedimento di diffida, con il quale ha ordinato ai ricorrenti la remissione in pristino dell’area, attraverso la rimozione degli abusi e il reintegro dell’originario andamento del terreno. Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso presso codesto Tar che lo ha respinto con sentenza n. 43 del 10.07.2019.
Il Comune, in data 09.08.2019, in ottemperanza alla sentenza ha emanato una nuova ordinanza di demolizione n. 49 al fine di ripristinare lo status quo ante.
Gli odierni ricorrenti avverso la sentenza di codesto Tar n. 43/2019 hanno proposto appello al Consiglio di Stato. Tale atto, per altro, conteneva istanza di sospensione cautelare dell’ordinanza n. 49/2019;in data 30.10.2019, all’esito dell’esame della domanda cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5477/2019, la respingeva.
Pertanto, i ricorrenti hanno proposto ricorso avverso l’ordinanza di demolizione del Comune di La Salle n. 49/2019 chiedendo l’annullamento (I) per eccesso di potere, carenza istruttoria, erronea e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 77 LR 11/98;(II) eccesso di potere, erronea individuazione dell’abuso contestato, difetto di motivazione ,carenza istruttoria;(III) eccesso di potere, illogicità e contraddittorietà;(IV) eccesso di potere, violazione dei principi di correttezza e imparzialità, erroneità dei presupposti.
Si è costituito in giudizio il Comune di La Salle, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
DIRITTO
Il ricorso non è fondato e va respinto per le ragioni che seguono.
Con il primo e secondo motivo di ricorso i ricorrenti deducono l’indeterminatezza della ordinanza di demolizione per mancata specifica individuazione dell’oggetto e l’entità degli abusi da rimuovere, nonché un illegittimo richiamo all’art. 77 della L.R. 11/98 che comporterebbe l’acquisizione di diritto al patrimonio comunale dell’area sulla quale insistono gli abusi in caso di inottemperanza da parte dei ricorrenti.
Le doglianze sono infondate.
Nell’ingiunzione impugnata sono state indicate con precisione le opere abusive delle quali si dispone la rimozione e i mappali di riferimento (798 e 600) in tal modo rendendo pienamente comprensibile il contenuto del provvedimento e rendendone possibile l’esecuzione.
Secondo la pacifica giurisprudenza l’ordinanza di demolizione configurandosi quale atto dovuto e vincolato, non necessita di una motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7094;id., Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903;id 30 aprile 2019, n. 2822).
Va rilevato, inoltre, che per i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati;ne discende che essi sono sufficientemente motivati con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 02.07.2020, n.2842)
Circa l’acquisizione al patrimonio comunale, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, “l’omessa o imprecisa indicazione di un’area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico non costituisce motivo di illegittimità dell’ordinanza di demolizione. Mentre con il contenuto dispositivo di quest’ultima si commina, appunto, la sanzione della demolizione del manufatto abusivo, l’indicazione dell’area costituisce presupposto accertativo ai fini dell’acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria. Persiste infatti la netta distinzione tra ordinanza di demolizione e atto di acquisizione, preceduto, quest’ultimo, dall’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire. Quindi, l’individuazione dell’area da acquisirsi non deve essere necessariamente contenuta nel provvedimento di ingiunzione di demolizione, a pena di illegittimità dello stesso, ben potendo essere riportata nel momento in cui si procede all’acquisizione del bene” (Consiglio di Stato, VI, 23 novembre 2017, n. 5471;5 gennaio 2015, n. 13;altresì, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 30 luglio 2018, n. 1886;2 maggio 2018, n. 1190).
Il provvedimento ingiuntivo è da ritenersi dunque legittimo attenendo alla fase di esecuzione della stessa la verifica in ordine ad aspetti puntuali e di carattere secondario legati all’attività di ripristino, la cui doverosità non è assolutamente in discussione (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 2 gennaio 2019, n. 112).
Pertanto, le censure devono essere respinte.
Con il terzo e quarto motivo di ricorso da trattare congiuntamente le parti sostengono che l’attuale livellamento dell’area oggetto dell’abuso sarebbe da imputarsi alla ditta Alpigas, in ossequio ai contenuti della DIA 507/07 presentata al Comune di La Sallee sarebbe quindi legittimo avendo un titolo abilitativo. Altresì sostengono che non vi sarebbe alcun abuso, in quanto il terreno sottostante presenterebbe le stesse dimensioni ante fioriera (come da fotografie allegate).
Tali censure risultano infondate.
In particolare, la ditta Alpigas ha proceduto, in forza delle d.i.a. alla rimozione di alcuni bomboloni di gas e a raccordare “la quota attuale alla quota di terreno preesistente”, così facendo riferimento allo stato dei luoghi relativo all’anno 2007 e non allo stato originario.
Come già sostenuto da Codesto Collegio, relativamente all’onere della prova riguardante lo stato dei luoghi, va condiviso l’orientamento secondo il quale “incombe sulla parte che adduce un rilievo a sé favorevole l’onere di fornire adeguata dimostrazione del proprio assunto” (in materia di abusi edilizi: T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 gennaio 2019, n. 31;altresì, Consiglio di Stato, V, 14 maggio 2019, n. 3133;IV, 6 agosto 2014, n. 4208;7 luglio 2014, n. 3414;T.A.R. Campania, Napoli, III, 30 maggio 2018, n. 3549). Ora, declinando tale insegnamento giurisprudenziale al caso di specie, non risulta assolto l’onere probatorio gravante sui ricorrenti in considerazione dell’assenza di evidenze certe in ordine allo stato dei luoghi antecedente alla realizzazione dell’intervento abusivo.
Come già sostenuto da Codesto Collegio, relativamente all’onere della prova riguardante lo stato dei luoghi, va condiviso l’orientamento secondo il quale “incombe sulla parte che adduce un rilievo a sé favorevole l’onere di fornire adeguata dimostrazione del proprio assunto” (in materia di abusi edilizi: T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 gennaio 2019, n. 31;altresì, Consiglio di Stato, V, 14 maggio 2019, n. 3133;IV, 6 agosto 2014, n. 4208;7 luglio 2014, n. 3414;T.A.R. Campania, Napoli, III, 30 maggio 2018, n. 3549). Ora, declinando tale insegnamento giurisprudenziale al caso di specie, non risulta assolto l’onere probatorio gravante sui ricorrenti in considerazione dell’assenza di evidenze certe in ordine allo stato dei luoghi antecedente alla realizzazione dell’intervento abusivo.
Pertanto, anche le predetta doglianze vanno respinte.
In conclusione, all’infondatezza delle scrutinate censure segue il rigetto del ricorso
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.