TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2018-10-25, n. 201806218
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Pubblicato il 25/10/2018
N. 06218/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03072/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3072 del 2007, proposto da E S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G L L, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via del Parco Margherita n.31;
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocatura municipale, omiciliata ex lege in Napoli, piazza Municipio;
per l'annullamento
della disposizione dirigenziale n. 1322 del 07/02/2007 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2018 la dott.ssa M B C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso notificato il 23 marzo 2007, la società Elio s.r.l. ha chiesto l'annullamento della disposizione dirigenziale n. 1322 del 7 febbraio 2007, con la quale il Dirigente del Servizio Antiabusivismo Edilizio le ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi in relazione all'intervento abusivo dalla stessa realizzato, consistente in « modifica della quota originaria di un'area di mq. 12.500, mediante versamento di brecciame, per un'altezza di m. 2,00, pari a quella della sede stradale .»
Il suolo in questione (particella 25 del Foglio 119 del NCT), che da accertamenti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari è risultato appartenere alla società, ha accesso da un varco di fronte il civico n° 42 di via Matteotti del Comune di Cercola ma ricade nel Comune di Napoli
2. Il ricorso è affidato a varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
In particolare, la società ricorrente sostiene, nei primi due motivi, di non aver mai alterato lo stato dei luoghi e che eventuali alterazioni, se esistenti, sono state operate da ignoti e a sua insaputa.
Con i successivi motivi lamenta la violazione degli artt. 7 e 3 l. 241/90.
3. Il Comune di Napoli si è costituito chiedendo il rigetto del ricorso mediante memoria difensiva.
4. Alla udienza pubblica del 23 maggio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Preliminarmente si conferma che, come rappresentato dalla difesa comunale, la disposizione impugnata è la 76 del 2007 e non la 1322, numero che corrisponde a quello del contenzioso amministrativo riguardante la pratica in questione.
6. Nel primo motivo di ricorso la Elio s.r.l. sostiene di non aver modificato la quota del terreno di sua proprietà e di non avere quindi alcun onere ripristinatorio così come invece ritenuto dal Comune.
6.1.Il motivo non può essere accolto, in quanto dai documenti in atti (fono a mano n° 115898/15129/ED del 22 ottobre 2005) risulta che in data 22 ottobre 2005 la Polizia Municipale, in funzione di polizia giudiziaria, ha posto sotto sequestro l’area in questione nella quale avveniva lo scarico di materiali di risulta (pietre e cemento), accedendo al sito attraverso apposito cancello/sbarra chiuso con lucchetto.
È quindi del tutto verosimile che tali modalità di accesso abbiano consentito l’operazione di discarica esclusivamente al proprietario del fondo, e non a soggetti terzi, come pure la ricorrente prospetta senza tuttavia fornire alcuna prova in proposito.
Pertanto, prevale quanto accertato a seguito del sopralluogo, corroborato dalle dichiarazioni acquisite, che collocano le attività di scarico nelle varie giornate della settimana e sempre allo stesso orario, il che è poco compatibile – stante anche la mole dello scarico - con l’azione posta in essere da terzi estranei al fondo.
Va ribadito che nel caso specifico, infatti, non si disquisisce di apposizione di brecciame su un suolo agricolo dallo spessore di qualche centimetro, bensì di un'imponente operazione di innalzamento di addirittura 2 metri della quota di un grande fondo di mq. 12.500, col conseguito fine di portarla a livello di quella della sede stradale.
Pertanto, come ribadito dalla giurisprudenza, le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio e sono quindi illegittime se eseguite in mancanza di autorizzazioni (Cass. pen., sez. III, 15 novembre 2016 n. 1308;id. 13 novembre 2014 n. 4916;2 dicembre 2008, n. 8064;22 febbraio 2012, n. 29466).
In questi casi non rileva né la buona fede idonea ad integrare la condizione soggettiva d'ignoranza inevitabile della legge penale, quando l'imputato abbia eseguito un intervento edilizio in assenza del necessario permesso di costruire in conseguenza di un'erronea interpretazione di una pur chiara disposizione di legge ed omettendo di consultare il competente ufficio, formando il suo convincimento personale sull'insussistenza dell'obbligo di munirsi di apposito titolo abilitativo sulla base di un provvedimento della p.a. riguardante un diverso manufatto rispetto a quello abusivamente realizzato (Cass. Pen., Sez. III, 10 giugno 2014, n. 36852), né la circostanza, solo verbalmente asserita, di non essere gli autori della condotta illecita, posto che comunque il terreno era recintato e chiuso, sicchè è del tutto inverosimile che la parte non ne fosse a conoscenza ovvero non potesse impedirlo mediante la realizzazione di misure di sicurezza più incisive.
In ogni caso, la nozione di "opere di sistemazione del terreno" vale ad individuare i soli interventi di minima entità necessari a conformare il terreno alla futura attività edilizia, ma non ad alterarne le caratteristiche naturali (Cons. St., sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2579 ).
7. Nel secondo motivo di impugnazione la ricorrente contesta al Comune di non aver tenuto conto che "il presunto abuso (aumento di quota), ove esistente, è stato determinato dall'illegittimo sversamento di materiale di riporto da parte di ignoti.".
Da tale assunto la ricorrente muove la derivata censura di inapplicabilità del provvedimento di ripristino nei confronti del proprietario estraneo ed incolpevole dell'abuso.
7.1. Ricollegandosi a quanto sopra già illustrato, il collegio ribadisce che la ricorrente non suffraga la sua affermazione con alcuna prova, e che, per contro, essa è smentita dalla circostanza di fatto che il notevole aumento di altezza del terreno (2 metri) è perfettamente livellato, tanto da mettere il fondo alla stessa quota della sede stradale.
È del tutto inverosimile che ciò possa essere avvenuto all’insaputa del proprietario.
8.Al terzo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Tale censura è priva di pregio giuridico e, come tale, non merita accoglimento, stante la costante giurisprudenza in argomento, che considera detta comunicazione non necessaria in caso di sanzioni in materia edilizia.
Infatti, l'omessa comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla repressione di abusi edilizi non vizia il provvedimento adottato atteso il carattere vincolato dell'esercizio dei poteri repressivi, laddove il provvedimento demolitorio o ripristinatorio sia stato emesso per sanzionare esclusivamente violazioni urbanistiche e risulti adeguatamente motivato a mezzo dell'affermazione della realizzazione di opere in assenza di titolo, con contestuale richiamo alla normativa violata, non occorrendo alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di queste ultime con gli interessi privati coinvolti e sacrificati. Lo stesso costituisce atto doveroso e vincolato nel contenuto, per cui non deve essere preceduto da un avviso di avvio del relativo procedimento, né da una comunicazione ex art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 (peraltro, neppure ipotizzabile, non essendovi alcuna istanza di parte), anche in considerazione della consequenziale intangibilità ai sensi dell'art. 21 octies, l. n. 241 del 1990 (così T.A.R. Campania Napoli sez. VI 09 maggio 2018 n. 3100;ma anche Cons. St., ad. plen., 17 ottobre 2017 n. 9;Cons. St., sez. V, 29 maggio 2006 n. 3270;TAR Campania, Napoli, 15 maggio 2008 n. 4556;id., 30 aprile 2008 n. 3072 e la costante giurisprudenza della Sezione).
9. Infine, va respinta la censura di difetto di motivazione e difetto di istruttoria, in quanto l’innalzamento di quota è stato accertato dalla P.G. sui luoghi, ed è stato sicuramente realizzato in assenza di titolo edilizio, per cui coerentemente e legittimamente il Comune ha disposto il ripristino dello stato dei luoghi.
Per giurisprudenza costante l'ordine di demolizione è atto dovuto in presenza di opere realizzate senza alcun titolo abilitativo e, quindi, non necessita di particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, che è in re ipsa , consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato e alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi.
In presenza di un accertato abuso edilizio, pertanto, correttamente il Comune ha disposto la disposizione sanzionatoria, né doveva preoccuparsi di valutare sanzioni alternative e men che meno, come sostiene la ricorrente, "la possibilità di sanare il presunto abuso” posto che "non è compito del Comune verificare l'astratta sanabilità dell'opera, in assenza di qualsivoglia istanza di accertamento di conformità proposta dagli interessati." (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 18 settembre 2013, n. 4338 ).
10. Il ricorso va quindi respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.