TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2020-12-02, n. 202000670

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2020-12-02, n. 202000670
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 202000670
Data del deposito : 2 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2020

N. 00670/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00427/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 427 del 2020, proposto da
M G, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Einaudi n. 11;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Sardegna non costituiti in giudizio;

per l'esecuzione

della sentenza n. 851/2018 resa tra le parti dal Tribunale di Cagliari - Sezione Lavoro, depositata il 12.6.2018, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione, munita della formula esecutiva il 4.10.2018 e notificata il 29.1.2019 – 15.02.2019.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2020 il dott. Gianluca Rovelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato il 20.7.2013 il sig. M G ha adito il Tribunale di Cagliari - Sezione Lavoro, esponendo di aver sottoscritto con il MIUR una pluralità di contratti a tempo determinato, aventi ad oggetto lo svolgimento dell’attività di assistente amministrativo presso vari istituti scolastici. Il ricorrente ha dedotto l’illegittimità della reiterazione dei contratti di lavoro a termine, in quanto finalizzata alla copertura continuativa di posti del cosiddetto “organico di diritto” per esigenze non saltuarie né occasionali dell’amministrazione scolastica, e ha quindi chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla sua condotta illecita, nonché alla ricostruzione della carriera e al riconoscimento degli aumenti stipendiali previsti dal CCNL del comparto sulla base dell’anzianità maturata.

Con sentenza n. 851 del 2018 il Tribunale di Cagliari ha così statuito: “definitivamente pronunciando, disattesa ogni ulteriore domanda ed eccezione:

- accerta e dichiara l'illegittimità della reiterazione delle assunzioni a termine del ricorrente con decorrenza dal 14.9.2006 e, per l‘effetto, condanna il MIUR a risarcire il danno in favore del medesimo ricorrente nella misura di 6 mensilità della retribuzione di fatto da ultimo percepita, oltre accessori di legge fino al saldo effettivo;

- accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente al riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata, durante la successione dei contratti a tempo determinato, per i periodi effettivamente lavorati ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo”.

- per l’effetto, condanna le resistenti, per quanto di rispettiva competenza, a corrispondergli le differenze conseguentemente maturate a titolo di progressione retributiva in base al CCNL, oltre interessi dal maturato al saldo, nei limiti della prescrizione quinquennale decorrente a ritroso dalla data indicata in motivazione”.

Espone il ricorrente che la sentenza è stata notificata alla domiciliataria Avvocatura dello Stato il 29.1.2019 e, non essendo stata impugnata, è passata in giudicato, come risulta dall’attestazione di irrevocabilità rilasciata dal Tribunale di Cagliari in data 22.5.2020. La medesima sentenza è stata inoltre notificata con formula esecutiva al Ministero il 30.1.2019. Detta notifica si è perfezionata il 15.2.2019 e, quindi, il termine di 120 giorni - non soggetto alla sospensione feriale estiva - concesso all’amministrazione per l’adempimento spontaneo è spirato il 15.6.2019.

L’amministrazione non ha ottemperato al suo obbligo nonostante in data 26.9.2019 il ricorrente abbia provveduto alla notifica dell’atto di precetto e, con successiva pec del 28.2.2020, abbia ulteriormente sollecitato l’amministrazione ad ottemperare.

Per effetto della sentenza, secondo il ricorrente, come risulta dal precetto notificato, le amministrazioni resistenti sono tenute al pagamento di una somma capitale non inferiore a € 9.300,00, salva migliore quantificazione, oltre interessi fino al saldo effettivo.

Prosegue il ricorrente che, in forza della medesima sentenza, le amministrazioni resistenti sono inoltre tenute a ricostruire la carriera del ricorrente secondo i criteri stabiliti dal Tribunale di Cagliari e a corrispondere in suo favore le somme eventualmente dovute per effetto della corretta attribuzione dell’anzianità di servizio maturata dal lavoratore durante i rapporti di lavoro a termine (pagg. 10 e 11 della sentenza).

Poiché l’Amministrazione, a distanza di due anni, non ha ancora adempiuto a quanto stabilito nella sentenza n. 851/2018 del Tribunale di Cagliari, il ricorrente ha proposto ricorso per ottemperanza.

L’amministrazione non si è costituita in giudizio.

Alla camera di consiglio dell’11 novembre 2020 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Come già precisato nella esposizione in fatto, con sentenza n. 851 del 2018 il Tribunale di Cagliari ha così statuito: “ definitivamente pronunciando, disattesa ogni ulteriore domanda ed eccezione:

- accerta e dichiara l'illegittimità della reiterazione delle assunzioni a termine del ricorrente con decorrenza dal 14.9.2006 e, per l‘effetto, condanna il MIUR a risarcire il danno in favore del medesimo ricorrente nella misura di 6 mensilità della retribuzione di fatto da ultimo percepita, oltre accessori di legge fino al saldo effettivo;

- accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente al riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata, durante la successione dei contratti a tempo determinato, per i periodi effettivamente lavorati ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo”.

- per l’effetto, condanna le resistenti, per quanto di rispettiva competenza, a corrispondergli le differenze conseguentemente maturate a titolo di progressione retributiva in base al CCNL, oltre interessi dal maturato al saldo, nei limiti della prescrizione quinquennale decorrente a ritroso dalla data indicata in motivazione” .

La sentenza, nella sua esemplare chiarezza deve solo essere eseguita.

E’ noto che deve ammettersi, in tema di rapporti di lavoro, il giudizio di ottemperanza innanzi al g.a. anche per l'esecuzione delle sentenze del giudice civile in funzione di giudice del lavoro, senza che questo comporti il pericolo di un indiretto e surrettizio recupero del sindacato sul rapporto di pubblico impiego. La plena cognitio che esercita oggi il giudice civile sugli atti dell'amministrazione del datore di lavoro riduce, infatti, lo spazio di cognizione del giudice di ottemperanza, che non potrà modificare o integrare la sentenza del giudice ordinario, ma solo dargli attuazione, analogamente a quanto avviene per l'ottemperanza delle sentenze del giudice civile di condanna al pagamento di una somma di denaro (T.a.r. Campania, Napoli, sez. VIII, 19 novembre 2018, n. 6654).

In tema di attuazione, da parte della P.A., del giudicato civile in materia di lavoro, il potere del giudice di ottemperanza non può che esercitarsi sulla base di elementi interni al giudicato - la cui valutazione rientra nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza -, con la conseguenza che è ammissibile, in ossequio al principio dell'effettività della tutela giurisdizionale che caratterizza il giudizio di ottemperanza, la verifica dell'esattezza della interpretazione data dall'amministrazione alle disposizioni da applicare al caso concreto, per accertare che del contenuto della decisione passata in giudicato non sia stato dato un adempimento parziale, incompleto se non addirittura elusivo (Cassazione civile sez. un., 14 aprile 2020, n. 7825).

Nella sentenza si legge:

“L'odierno ricorrente ha esposto, come detto, di avere prestato attività lavorativa quale assistente amministrativo (ATA) in ragione di più contratti a tempo determinato con termine al 31 agosto dell’anno solare successivo e decorrenza dall' 1 settembre precedente, talché trattasi senza dubbio di supplenze su posti vacanti nell'organico cd. diritto (cfr. produzioni di parte ricorrente, ove risulta che il Guerriero ha prestato servizio senza soluzione di continuità dal 14.9.2006 al 31.8.2011).

Va quindi accolta, alia luce di quanto sopra evidenziato, la domanda risarcitoria correlata al pregiudizio derivato dalla abusiva reiterazione dei contratti a termine, risarcimento da parametrare, secondo l'insegnamento della stessa Corte di legittimità (cfr Cass. Sez. Un. 5072/20 16) alla forbice prevista dall'art. 32 comma 5 legge n. 183 del 2010, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8.

In considerazione del comportamento delle parti: abusiva reiterazione di contratti a termine su posti vacanti in organico di diritto da parte del Ministero resistente per cinque anni scolastici (dovendosi escludere detto requisito per l'a.s. 2011/2012 ove il ricorrente ha iniziato il suo servizio solo nel mese di dicembre 2011), delle dimensioni del datore di lavoro, dell'anzianità di servizio del ricorrente, tenuto conto per tali finalità anche della preclusione quanto alla immissione in ruolo del ricorrente essendo stato collocato in quiescenza anteriormente all'ottenimento di tale risultato (che dunque non ha potuto conseguire con tutta probabilità per ragioni a lui non imputabili), si ritiene equo determinare il risarcimento del danno in ragione di 6 mensilità della retribuzione di fatto percepita, oltre interessi fino al saldo effettivo.

Con riguardo al petitum concernente il risarcimento di ulteriori danni patrimoniali e non, deve rilevarsi che nel caso in esame parte ricorrente non ha invero assolto agli oneri di allegazione e prova sul punto, non potendo usufruire dell'agevolazione probatoria di cui alla Sentenza della Corte di Cassazione n. 5072/2016.

Le richiamate domande risarcitorie devono essere, quindi, respinte per le ragioni anzidette.

***

La domanda diretta ad ottenere la ricostruzione della carriera (con riguardo evidentemente agli effetti del servizio pregresso sulla anzianità di servizio complessiva) impone di richiamare i principi che governano la materia, richiamati dalla Corte di Cassazione nelle sentenze citate (cfr. in particolare Cass. sentenza n. 22558/2016).

La clausola 4 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE esclude, in generale ed in termini non equivoci, qualsiasi disparita di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinate, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l'obbligo di applicare il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che quest'ultimo attribuisce, disapplicando, se necessaria, qualsiasi contraria disposizione del diritto intemo (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact;
13.9.2007, causa C-307/05, Del Cerro Alonso;
8.9.2011, causa C-177II 0 Rosado Santana).

II principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell' art. 137 n. 5 del Trattato ( oggi 153 n. 5), "non può impedire ad un lavoratore a tempo deterninato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione" (Del Cerro Alonso, cit., punto 42).

Le maggiorazioni retributive derivanti dalla anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in c-ausa Cl77114, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata).

A tal fine non e sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta di legge o di contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengono alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/ll e C305/ ll, Valenza;
7.3.2013, causa C393111, Bertazzi).

***

Nel caso di specie non sono allegate (né provate) circostanze afferenti alle modalità esecutive della prestazione e alle caratteristiche intrinseche dell'attività lavorativa svolta a tempo determinato che giustifichino la disparità di trattamento.

Deve di conseguenza affermarsi che parte ricorrente, in diretta applicazione della clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 99/70/CE, ha diritto al riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine, e per il solo periodo effettivamente lavorato, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo.

Vanno pertanto disapplicate le disposizioni dei CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinate al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.

Occorre nondimeno precisare, per completezza espositiva, che non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola invece l'art. 53 della legge n. 312 dell'11 luglio 1980, (che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo), articolo richiamato, ex artt. 69, comma 1, e 71 d.lgs. n. 165 del 2001, dal

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