TAR Brescia, sez. I, sentenza 2019-12-30, n. 201901097

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2019-12-30, n. 201901097
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201901097
Data del deposito : 30 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/12/2019

N. 01097/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00183/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 183 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto nel suo studio in Brescia alla via Romanino 1;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Brescia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l'annullamento

del decreto del Prefetto di Brescia del 31 ottobre 2016 (notificato il 22 novembre 2016), con il quale è stata vietata al ricorrente la detenzione di armi e munizioni e ne è stata ingiunta la cessione a terzi non conviventi entro il termine di 150 giorni dalla notifica del decreto con contestuale ritiro cautelativo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2019 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Espone il Signor -OMISSIS- che la Questura di Brescia in data 22 gennaio 2014 gli ha negato il rilascio del porto d’armi per uso sportivo in ragione della ritenuta carenza dei requisiti soggettivi per la titolarità dell’autorizzazione;
detta determinazione è stata assunta sulla base dell’informativa dei carabinieri di Brescia, dalla quale risulta che egli ha formalizzato negli ultimi anni numerose denunce-querele nei confronti di colleghi di lavoro e del vicinato, che rivelano un atteggiamento esacerbato e non sereno nei confronti degli stessi. Lamenta che la domanda di accesso agli atti del procedimento e in particolare alla nota dei carabinieri richiamata dalla Questura è stata rigettata e che, nel frattempo, sono spirati i termini per impugnare il diniego.

Tanto premesso in fatto, con l’odierno gravame il ricorrente, intendendo riottenere il porto d’armi per uso sportivo, impugna il più recente provvedimento datato 31 ottobre 2016 con cui il Prefetto della Provincia di Brescia, su proposta della competente Questura, ha disposto nei suoi confronti il divieto di detenzione di armi e materiale esplodente, ritenendolo incapace di accettare la convivenza con gli altri condomini e restio ad accettare un confronto costruttivo con i funzionari della Polizia di Stato, intervenuti per tentare di comporre le liti di vicinato.

Evidenziando di essere un’ex guardia giurata da anni titolare di porto d’armi, di non avere precedenti penali e di non essere stato coinvolto in episodi di indebito utilizzo delle armi e neppure episodi di denuncia per violenza su cose e/o persone, l’esponente denuncia l’illegittimità del gravato divieto per “ Violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell'art. 39 r.d. n. 773/31 (TULPS);
Eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti e erronea valutazione dei presupposti, mancanza di motivazione. Illegittimità del provvedimento impugnato perché erroneamente basato sulla sua ritenuta inaffidabilità;
eccesso di potere per carente istruttoria, illogicità e falso presupposto di fatto;
violazione L.241/90
”. Lamenta in sintesi l’assenza dei presupposti previsti dall’articolo 39 del TULPS, secondo il quale “ Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne ”, sostenendo che gli atteggiamenti esacerbati nei confronti dei vicini e dei colleghi di lavoro, oltre ad essere risalenti nel tempo, si limitano alla legittima presentazione di denunce a tutela dei propri diritti, perciò in atti privi di connotati di pericolosità sociale e inidonei a corroborare un giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi.

La domanda di ammissione al gratuito patrocinio è stata accolta dalla competente Commissione in data 1 marzo 2017.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 147 del 20 marzo 2017, confermata in appello.

In data 18 giugno 2019 l’avvocato difensore del ricorrente ha rinunciato al mandato. Con memoria di data 17 dicembre 2019 si è costituito in giudizio il nuovo difensore, chiedendo un rinvio dell’udienza di trattazione.

Entrambi i procuratori hanno presentato istanza di liquidazione del compenso.

La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 18 dicembre 2019. Dopo la discussione, respinta l’istanza di rinvio dell’udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto, confermando le valutazioni già espresse in fase cautelare, non essendo stati forniti nuovi elementi di valutazione né argomentazioni a supporto della fondatezza del ricorso successivamente alla camera di consiglio dell’8 marzo 2017.

Va ribadito, infatti, che: “ a) gli art. 39 e 43 del Tulps consentono all’autorità di pubblica sicurezza di attivarsi in via cautelativa per impedire che soggetti considerati inaffidabili abbiano la disponibilità di armi. Si tratta di valutazioni che si collocano su un piano autonomo rispetto ai procedimenti penali, dovendo intervenire nell’immediatezza delle segnalazioni;
(b) i conflitti condominiali, causati dal mancato rispetto delle normali regole di correttezza e di civile convivenza, sono circostanze frequenti, ma possono provocare un elevato allarme sociale quando i toni del contrasto siano molto accesi e una delle parti sia armata;
(c) il fatto che la parte armata sia (o ritenga con verosimiglianza di essere) vittima di soprusi non è una questione che l’autorità di pubblica sicurezza debba risolvere prima di adottare il provvedimento di inibizione delle armi. È invece sufficiente che sia accertata l’oggettiva presenza di un grave conflitto interpersonale senza ragionevoli prospettive di rapida e stabile composizione
”. Parimenti la III Sezione del Consiglio di Stato, nel respingere l’appello cautelare, ha richiamato il consolidato orientamento secondo il quale “ l 'autorizzazione a detenere armi assume contenuto di permesso concessorio in deroga al divieto di portare armi sancito dagli artt. 699 c.p. e 4 comma 1, legge 110/1975, in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali che è compito dell'Autorità di pubblica sicurezza individuare attraverso un potere largamente discrezionale, la cui funzione non è quella di sanzionare illeciti, bensì quella di prevenire i sinistri che possano verificarsi per effetto di un uso improprio ovvero incauto delle armi (cfr., tra le altre, Cons. Stato, III, n. 1700/2016 e n. 3693/2016) ” (Cons. Stato, sez. III, 1 settembre 2017, n. 3558).

Nel nostro ordinamento l’autorizzazione alla detenzione delle armi deve considerarsi eccezionale e derogatoria rispetto al generale divieto di girare armati ed è rimesso all'autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore l’affidabilità del soggetto interessato al loro utilizzo, valorizzando qualsiasi circostanza, vicenda o situazione personale, anche priva di rilevanza penale, in un’ottica precauzionale e preventiva a tutela della pubblica sicurezza.

La valutazione amministrativa nel rilascio e nella revoca delle autorizzazioni di polizia di cui è questione ha carattere ampiamente discrezionale e risulta sindacabile in sede giurisdizionale limitatamente al profilo motivazionale e a quello della coerenza logica e della ragionevolezza.

Nel caso di specie la situazione di conflittualità posta a fondamento delle determinazioni avversate risulta idonea a sorreggere il divieto di detenere le armi, dovendo legittimamente prevalere -rispetto all’interesse del ricorrente all’uso delle armi per finalità ludiche- l’esigenza cautelare di evitare abusi e possibili conseguenti pregiudizi all’incolumità delle persone coinvolte, secondo un giudizio necessariamente di tipo prognostico.

In conclusione il ricorso deve essere respinto.

Nulla va disposto in punto spese, stante l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

La liquidazione del compenso ai difensori del ricorrente verrà effettuata con separato decreto presidenziale, secondo le previsioni di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e succ. modifiche.

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