TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2018-05-10, n. 201805214
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Pubblicato il 10/05/2018
N. 05214/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08016/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8016 del 2008, proposto da: Istituto Figlie di San Camillo Ospedale Madre Giuseppina Vannini, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G R, S B, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Recchia &Associati in Roma, corso Trieste, n. 88;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R B, dell’Avvocatura regionale presso la cui sede in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27 domicilia;
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domicilia;
Azienda Usl Rm/C, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Barbara Bentivoglio e Gabriella Mazzoli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale dell'Arte, n. 68;
nei confronti
Istituto Dermopatico dell'Immacolata (Idi) non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della deliberazione n. 174/08 recante “Finanziamento e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale dei soggetti privati accreditati per l'anno 2008, nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale;
e con motivi aggiunti del 28 ottobre 2008
del decreto del Commissario ad Acta n. 23 del 5 settembre 2008 avente ad oggetto integrazioni e modifiche alla DGR n. 174/2008;
e del decreto del Commissario ad Acta n. 33 del 24 settembre 2008, nonché di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Ministero della Salute e di Azienda Usl Rm/C;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2018 la dott.ssa P B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.Con ricorso notificato alla Regione Lazio al Ministero della Salute ed all’ASL RM C e ad un controinteressato in data 25 luglio 2008 e depositato il successivo 7 agosto 2008, parte ricorrente espone di essere un ospedale cd. classificato e di impugnare la delibera di Giunta Regionale con la quale è stato definito il sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere e di assistenza specialistica ambulatoriale dei soggetti erogatori pubblici e privati per l’anno 2008, in attuazione del Piano di Rientro di cui all’accordo sottoscritto ai sensi dell’art. 1 comma 180 della legge n. 311/2004.
2. Premesse alcune notazioni in ordine al sistema di pagamento della tariffa a prestazione, avverso tale deliberazione giuntale parte ricorrente deduce: 1) Violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi, violazione del principio di buona amministrazione, eccesso di potere per sviamento;2) Violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost, dell’art. 4 comma 12 del d.lgs. n. 502 /1992, dell’art. 8 sexies del d.lgs. n. 502/1992, del DM 30 giugno 1997;eccesso di potere per disparità di trattamento e per contraddittorietà; 3) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. e del diritto alla salute ex art. 32 Cost., violazione dei principi procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990;dell’art. 32, comma 8 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, dell’art. 1, comma 32 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dell’art. 2, comma 8 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dell’art. 8 quinquies del d.lgs. 502/1992;eccesso di potere per difetto di istruttoria, per sviamento e per contraddittorietà; 4) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. e del principio di tutela della salute ex art. 32 Cost;dell’art. 8, comma 5 del d.lgs. n. 502/1992, eccesso di potere per sviamento; 5) Violazione dell’art. 2, comma 9 della legge n. 549 del 28 dicembre 1995, eccesso di potere per difetto di istruttoria; 6)Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost,, eccesso di potere per sviamento e per difetto di istruttoria;7) Violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost., dell’art. 4, comma 12 del d.lgs. n. 502/1992 e dell’art. 8 quinquies del medesimo;eccesso di potere per disparità di trattamento; 8) Violazione del principio a tutela della libera scelta dei soggetti erogatori di cui al d.lgs. n. 502/1992 e della concorrenza di cui alla disciplina antitrust;eccesso di potere per sviamento ed imparzialità; 9) Violazione dell’art. 9 del d.l. n. 203 del 30 settembre 2005 conv. in legge n. 248 del 2 dicembre 2005;eccesso di potere per sviamento ed imparzialità in subordine incostituzionalità del predetto articolo per violazione dell’art. 3 Cost.;
Conclude dunque con istanza cautelare e per l’accoglimento del ricorso con eventuale presentazione della questione di legittimità costituzionale sopra evidenziata.
3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Salute, la Regione Lazio e l’ASL Roma C concludendo per la reiezione dell’istanza cautelare e del ricorso.
4. Alla Camera di Consiglio del 24 settembre 2008 l’istanza cautelare è stata rinviata.
5. Con motivi aggiunti del 20 ottobre 2008 parte ricorrente impugna i sopraggiunti DCA n. 23 e n. 33 del 2008 insistendo nelle censure formulate avverso l’atto principalmente gravato e concludendo dunque con istanza cautelare e per l’accoglimento dei motivi aggiunti.
6. Alla Camera di Consiglio del 5 novembre 2008 il ricorso è stato rinviato al merito.
6. Con decreto decisorio n. 10158 del 21 settembre 2015 il ricorso è stato dichiarato perento, ma con atto di opposizione depositato il 27 novembre 2015 parte ricorrente ha opposto di non avere mai ricevuto la comunicazione ex art. 82, comma 1 c.p.a. sicchè il ricorso è stato reiscritto a ruolo con ordinanza n. 11060 pronunciata nella Camera di Consiglio del 6 novembre 2017.
7. Nel frattempo la Regione ha depositato atto di costituzione con nuovo difensore e l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato tenutasi il 18 dicembre 2013 con cui l’Alto Consesso si è pronunciato su quesiti riguardanti gli ospedali classificati e posti dalla Regione.
8. Il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 13 marzo 2018.
DIRITTO
1.Il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati e vanno pertanto respinti come da giurisprudenza della sezione: TAR Lazio, sez. III quater 19 aprile 2016, n. 4571, 17 novembre 2016, n. 11500 con riferimento ai precedenti della sezione in essa riportati e più recente 2 marzo 2018, n. 2396.
2. Le problematiche sollevate nel ricorso e nei motivi aggiunti possono essere esaminate a fattor comune, in quanto come evidenziato dall’Istituto ricorrente finiscono per coincidere.
3. Col ricorso principale la struttura ricorrente ha gravato la deliberazione giuntale di determinazione del sistema di finanziamento delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale dei soggetti privati accreditati per l’anno 2006 e con i successivi motivi aggiunti ha impugnato il dCA n. 23 del 2008 con il quale è stato disposto di confermare i budget attribuiti con la deliberazione n. 174/2008 per l’anno 2008 e di eliminare dal testo della detta delibera la parte relativa all’approvazione del modello contrattuale in corso di discussione e quindi con il successivo dCA n. 33 del 2008 approvava lo schema di accordo contrattuale.
3.1 Con la prima censura parte ricorrente lamenta che come da giurisprudenza costante sulla materia, la disposta retroattività della determinazione delle tariffe è illegittima, laddove la struttura interessata ha conosciuto detto provvedimento il 25 maggio 2008 mentre ha continuato ad operare nella consapevolezza di non avere alcun tetto di spesa. Con i motivi aggiunti precisa che, anche se vengono riconosciute a tariffa piena, le prestazioni erogate precedentemente all’entrata in vigore della deliberazione adottata, nel novero delle prestazioni erogate durante tutto l’anno 2008, risulteranno decurtate nella misura complessiva scaturente dall’applicazione dei tetti stabiliti e definiti in base all’applicazione degli stessi.
3.2 Con la sentenza n. 6198/2009 richiamata da quella n. 4571 del 2016 la sezione ha precisato che le disposizioni in questione si inquadrano nella c.d. normativa emergenziale, dettata dalle leggi finanziarie per il rientro di alcune Regioni dal notevole disavanzo di bilancio.” tra cui la Regione Lazio.
“In particolare la deliberazione di Giunta impugnata è stata adottata in esecuzione dell’accordo stipulato dalla Regione Lazio con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 1, comma 180°, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, al fine di individuare “gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma”.
“Detti interventi previsti dal piano di rientro sopracitato sono vincolanti per la Regione ai sensi dell’art. 1, comma 796°, lett. b, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, onde poter usufruire del riparto del Fondo transitorio stanziato con detta legge finanziaria per le regioni interessate da rilevanti disavanzi.
“E’ chiaro quindi che tale disciplina “speciale” e di emergenza si sovrappone a quella ordinaria ed anche alle norme che da parte ricorrente si assumono violate.” (TAR Lazio, III quater n. 4571 del 2016).
In ordine poi alla lamentata retroattività delle disposizioni recate dalla deliberazione n. 174 del marzo 2008 e dai successivi dCA n. 23 e 33 del settembre 2008, il profilo non può essere condiviso, secondo pure le contestazioni recate dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato secondo cui: “… Si deve, al riguardo convenire con l’indirizzo giurisprudenziale (C. Stato sez. V, n. 1252/2011;sez. III n. 4551 e n. 6811 del 2011) che valuta favorevolmente l’adozione di determinazioni che, nell’esplicazione di una discrezionalità piena in quanto orientata verso le prestazioni future, stabiliscono all’esordio dell’esercizio, almeno tetti provvisori sulla base dei dati disponibili relativi alle norme finanziarie già in vigore ed alla composizione del tetto di spesa, rinviando alla statuizione finale la quantificazione definitiva” (Consiglio di Stato, A.P, n. 3/2012).
4. Con le seconda e settima censura del ricorso principale, di cui quest’ultima è pure reiterata nei motivi aggiunti, la struttura interessata lamenta che il legislatore ha ben affermato il principio secondo cui il sistema di remunerazione deve tener conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti erogatori, mentre nel caso in esame, la delibera gravata non ha tenuto in alcun conto delle speciali caratteristiche organizzative degli ospedali classificati, che si caratterizzano per una posizione peculiare che li rende più simili alle strutture pubbliche che non a quelle private.
Coi motivi aggiunti insiste che la mancata valutazione delle differenti caratteristiche degli Ospedali Classificati nel prosieguo mina la stessa loro esistenza.
4.1 Sulla questione della differenziazione degli Ospedali Classificati rispetto alle altre strutture private ed alla loro assimilazione alle strutture pubbliche e delle sue ricadute in termini della normativa applicabile sempre ai fini della remunerazione delle prestazioni rese, come in questo caso, si è occupata la sezione in sede di ordinanza a n. 2365 del 28 febbraio 2014 di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 14 del DL n. 95/2012, “laddove il Collegio non ha concordato sulla prospettazione di parte ricorrente che gli ospedali classificati debbano essere equiparati alle strutture pubbliche” ed anzi ha specificato di ritenerla non condivisibile “alla stregua del tenore letterale e del senso logico della ridetta disposizione” ( riportata in: TAR Lazio, III quater, 18 settembre 2017, n. 9786).
Lo stesso Consiglio di Stato ha chiarito che: “…la distinzione degli ospedali classificati (secondo la terminologia usata nella legge n. 132/1968) dalle strutture pubbliche del SSN è stata confermata sia dalla legge n. 833/1978 (che ha istituito il SSN) sia dalla normativa successiva introdotta con il d.lgs. n. 502/1992 e successive modifiche, che ha espressamente escluso qualsiasi innovazione per la disciplina relativa agli ospedali classificati (di cui all'art. 41 della legge n. 833/1978). Anche il più recente d.l. n. 112/2008 (convertito nella legge n. 133/2008) conferma la distinzione tra strutture sanitarie pubbliche ed ospedali classificati, ove si consideri che, all'art. 79, dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del SSN sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992» (cfr. C.d.S., III, 16 gennaio 2017, n. 109).
5. Col terzo mezzo la struttura ricorrente intende censurare le modalità con le quali l’Amministrazione è addivenuta a determinare il sistema di remunerazione in questione;in particolare sostiene che nella delibera impugnata non v’è traccia di alcuna contrattazione con le categorie maggiormente rappresentative delle strutture equiparate, quali gli ospedali classificati;è anche mancato l’avviso di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 e quindi ad onta di tali principi la Regione ha posto in essere un sistema di programmazione unitaria centralizzata che non ha tenuto conto delle esigenze dei singoli erogatori.
Si sarebbe basata sulla cd. produzione storica ma non è dato comprendere come ha individuato tale fattore riferito al 2006 e per di più non tiene conto delle prestazioni ambulatoriali erogate in forma di PAC che nel 2006 non era stato introdotto.
5.1 Sulla questione ha avuto modo di pronunciarsi il Consiglio di Stato in circostanze analoghe con le sentenze n. 1244 del 25 marzo 2016 e n. 3201 del 19 luglio 2016 che motivano sul carattere strettamente vincolato dei provvedimenti adottati ai fini del Piano di Rientro oltre che sulla loro natura di “provvedimenti generali di programmazione finanziaria che supera e destituisce di fondamento tutte le censure relative alla mancanza di procedure negoziali e partecipative, sia con gli operatori privati e con le associazioni di categoria, previste dalla normativa, nazionale e regionale, preesistente alla legislazione “emergenziale” introdotta con il Piano di rientro,…”. (cfr. C.Stato, sezione III, n. 1244 del 2016 pag. 25).
Peraltro il dCA n. 33 del 2008 riguardante invece lo schema di contratto e non la definizione del budget è stato adottato previa consultazione delle Associazioni di categoria alle quali con varie note nelle premesse del decreto commissariale indicate era stata inviata la bozza di “Schema di accordo”.
Anche il profilo con cui parte ricorrente fa valere una sorta di incongrua valutazione della cd. “produzione storica” del 2006 che sarebbe stata la base della deliberazione n. 174/2008 va rigettato sulla base delle considerazioni della terza sezione del Consiglio di Stato: “il criterio per la determinazione dei tetti individuali che fa riferimento al dato storico del 2006 ha una sua oggettiva razionalità ed è infatti comune alla prassi adottata in simili casi anche in altre regioni al fine di ancorare il livello di spesa, riconducendolo a quello di un anno precedente considerato idoneo, in modo da stabilire un livello di contenimento della spesa ragionevole e non eccessivo.” (C. Stato, III, n. 1244/2016), con conseguente reiezione della censura sotto tutti i profili, anche riproposti nei motivi aggiunti.
6. Con la quarta censura la struttura ricorrente osserva che il sistema di remunerazione di cui si discute prevede dei tetti specifici per ogni singolo soggetto erogatore, ma non garantisce che ad ogni prestazione sia corrisposta una tariffa predeterminata, ponendosi in contrasto con l’art. 8, comma 5 del d.lgs. n. 502/1992 che parla di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa. Cita C. Cost. 416 del 28 luglio 1995 e TAR Lazio, III 2364 del 27 marzo 2000. La Regione ha in sostanza adottato un sistema che non rispetta i limiti imposti dalla legislazione nazionale ha introdotto una programmazione solamente virtuale che non tiene conto dei limiti e delle modalità di remunerazione limitandosi ad individuare un budget teorico.
Con i motivi aggiunti nell’ambito della stessa censura, poiché il dCA n. 23 del 2008 ha modificato la delibera n. 174/2008 soltanto nella parte relativa al contratto, insiste che il sistema di remunerazione con la stessa introdotto non garantisce che ad ogni prestazione sia corrisposta una tariffa predeterminata in violazione della legislazione nazionale rispetto al quale la discrezionalità regionale non gode di nessuna autonomia. Sostiene che la ratio del sistema di cui all’art. 8 quinquies introdotto dal legislatore per coordinare il sistema del pagamento a tariffa con la normativa sui tetti di spesa, però non giustifica l’operato della Regione.
6.1 Anche questa censura è stata esaminata dalla sezione nella sentenza n. 6200 del 2009 trovata scevra dalla insistita illegittimità dalla sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato a n. 1244 del 2016, stante la quale fermo restando che il contesto del Piano di Rientro motiva con tutta evidenza la esigenza di contenimento della spesa “è condivisibile la interpretazione sostenuta dal TAR delle disposizioni dell’art.