TAR Torino, sez. I, sentenza 2019-04-29, n. 201900501

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2019-04-29, n. 201900501
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201900501
Data del deposito : 29 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/04/2019

N. 00501/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00742/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 742 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Associazione Promozione Sociale, U.T.I.M. - Unione per la Tutela delle Persone con Disabilità Intellettiva, U.L.C.E.S. - Unione per la Lotta Contro l’Emarginazione Sociale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dall’avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via San Pio V, n. 20;

contro

Regione Piemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Regina Margherita, n. 174;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 20 aprile 2015 n. 18-1326, avente ad oggetto “ Pianificazione economico finanziaria e definizione delle regole del sistema sanitario piemontese in materia di assistenza alle persone anziane non autosufficienti con decorrenza dall’esercizio 2015 ”;

- di qualunque atto presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati;

per quanto riguarda i motivi aggiunti proposti il 26 luglio 2016:

- della deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 16 maggio 2016 n. 34-3309 avente ad oggetto “ Modulazione dell’offerta di interventi sanitari domiciliari a favore degli anziani non autosufficienti con progetto residenziale e definizione del percorso di attivazione e valutazione dell’Unità di Valutazione Geriatrica ”;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2019 la dott.ssa L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo, notificato in data 22 giugno 2015 e depositato il successivo 2 luglio, le associazioni indicate in epigrafe – in quanto formazioni sociali prive di scopo di lucro, aventi quale fine statutario la promozione e la difesa delle categorie sociali più deboli tra cui gli anziani non autosufficienti – chiedono l’annullamento della delibera regionale n. 18-1326/2015 di pianificazione economico-finanziaria e definizione delle regole di assistenza alle persone anziane non autosufficienti.

1.1. Con la delibera predetta la Giunta Regionale dispone:

- di stabilire, per l’anno 2015, la somma di 280 milioni di euro quale limite invalicabile di spesa a carico del S.S.R. – in incremento di 15 milioni di euro rispetto alla somma stanziata per l’anno 2014;

- l’approvazione del quadro di rinnovamento del sistema della residenzialità per le persone anziane non autosufficienti, con l’avvio delle azioni previste a partire dal 30 giugno 2015;

- di demandare a successivi provvedimenti la definizione delle regole e dei criteri attuativi del rinnovato sistema della residenzialità.

1.2. Nel provvedimento in esame si richiama anzitutto la presupposta delibera n. 45-4248 del 30 luglio 2012, di disciplina del “ modello integrato di assistenza residenziale e semiresidenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti ”, evidenziando che tra i punti cardine della riforma a suo tempo avviata con tale delibera vi era la “ individuazione della Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.) per la valutazione e individuazione del percorso assistenziale ”;
l’U.V.G. così creata aveva il precipuo compito di effettuare una “ valutazione multidimensionale dei bisogni sanitari e assistenziali delle persone anziane, identificando le risposte più idonee al loro soddisfacimento e privilegiando, ove possibile, il loro mantenimento a domicilio ”.

Poste tali premesse, si afferma che “ il sistema sociosanitario della residenzialità non è in grado di rispondere pienamente ad un insieme di bisogni che è profondamente mutato negli anni. Se è importante avere servizi di residenzialità in grado di prendersi carico di anziani non autosufficienti complessi da un punto di vista clinico, sanitario e funzionale, è altrettanto importante dare una risposta alternativa alle famiglie, che devono gestire situazioni di non autosufficienza a domicilio ”.

Tale risposta alternativa viene individuata, specificamente, nella possibilità, per le persone anziane non autosufficienti e le relative famiglie, di scegliere il luogo e la forma di assistenza, a parità di condizione di bisogno. In sostanza, “ una persona ritenuta dalla UVG idonea per la RSA può liberamente decidere se usufruire della RSA o se avvalersi di pacchetti di prestazioni da erogare al domicilio ”.

Quanto ai compiti dell’Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.), la delibera impugnata conferma “ la sua funzione di valutazione multidimensionale del bisogno, già attribuitale con DGR 42-8390 del 20 marzo 2008 e ribadito nella DGR n. 45-4248 del 30 luglio 2012 ”. Ad esito della valutazione del bisogno, l’U.V.G. continua a collocare le persone in apposite liste di attesa in ordine di priorità, come avveniva in precedenza sulla base delle disposizioni della D.G.R. del 2012, indicando ulteriormente – quale elemento di novità – se il tipo di prestazioni necessarie possano essere erogate al domicilio. Inoltre, l’U.V.G. si occupa di definire un progetto individuale di intervento, con obbligo di rivalutazione periodica al fine di verificarne la realizzazione effettiva.

Con la delibera impugnata, quindi, la “ lista di attesa alimentata dalla UVG, già prevista nell’assetto vigente e la cui validità quale strumento di governo degli accessi è stata ribadita dalla […] sentenza del Consiglio di Stato n. 00604/2015, diventa criterio di accesso sia al ricovero in RSA sia agli interventi di sostegno alla domiciliarietà. Le liste di attesa, governate dalla ASL, costituiscono, in questa ottica, elemento di garanzia rispetto al ‘limite invalicabile della spesa’ necessario per assicurare il rispetto di ‘sostanziale pareggio dei bilanci d’esercizio degli Enti del SSR’ ”.

1.3. Va precisato che la D.G.R. n. 45-4248 del 30 luglio 2012, recante il “ nuovo modello integrato di assistenza residenziale e semiresidenziale socio sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti ”, era stata a sua volta autonomamente impugnata – da parte delle medesime associazioni oggi ricorrenti – con ricorso (avente R.G. n. 983/2012 innanzi a questo Tribunale e R.G. n. 3092/2014 innanzi al Consiglio di Stato) definitivamente rigettato con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 604 del 6 febbraio 2015, che ha ritenuto compatibile il sistema delle liste di attesa e di valutazione da parte dell’U.V.G. (stabilito dalla delibera predetta) con il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (cd. LEA) di cui al d.P.C.M. 29 novembre 2001.

2. Con motivi aggiunti notificati il 15 luglio 2016 e depositati il successivo 26 luglio, le medesime associazioni contestano anche la legittimità della delibera regionale n. 34-3309/2016 di modulazione dell’offerta di interventi sanitari domiciliari a favore degli anziani non autosufficienti, con la quale si dà avvio a un progetto residenziale sperimentale, denominato “ R.S.A. aperta ”, della durata di tre anni sino al 31 dicembre 2018;
con tale progetto, in sostanza, si dà esecuzione alla delibera del 2015 già citata, offrendo agli anziani non autosufficienti (e alle relative famiglie) la possibilità, al fine di evitare il ricovero in una struttura R.S.A., di optare per l’erogazione al domicilio delle prestazioni di cui alla D.G.R. n. 45-4248/2012, integrate con altre figure professionali.

La delibera individua quali soggetti destinatari del progetto residenziale “ R.S.A. Aperta ” anziani ultrasessantacinquenni non autosuffìcienti, che tuttavia presentino condizioni sanitarie e socio-sanitarie tali da poter procrastinare, almeno temporaneamente, l’istituzionalizzazione in R.S.A. tradizionale. Tale valutazione di adeguatezza deve essere svolta dall’U.V.G., che “ definisce la condizione clinico-assistenziale ed individua i bisogni socio-sanitari delle persone anziane, identificando le risposte più idonee attraverso la stesura di un Progetto individuale, condiviso con I'anziano e con la famiglia ”. È poi previsto che “ se in sede di valutazione l’UVG individua un Progetto residenziale RSA Aperta, lo stesso deve essere illustrato e condiviso con l’interessato e con la famiglia, che hanno facoltà di accettarlo. In caso di non accettazione il Progetto è di tipo residenziale ” tradizionale, ai sensi della D.G.R. n. 45-424812012.

3. La Regione Piemonte si è costituita in giudizio il 10 novembre 2015, per resistere al ricorso.

4. Tutte le parti hanno depositato memorie e documenti, insistendo nelle rispettive posizioni, in vista dell’udienza pubblica del 23 gennaio 2019.

Nell’udienza così fissata, alla domanda del Collegio circa l’attualità della decisione del ricorso, le ricorrenti hanno specificato di avere persistente interesse al ricorso in quanto il progetto sperimentale “ R.S.A. Aperta ” non è ancora terminato e costituirebbe comunque la base per future proroghe del progetto o comunque per la “ messa a regime ” dello stesso;
il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione.

DIRITTO

5. Deve anzitutto ritenersi la legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti, tutte aventi lo scopo statutario di proteggere le categorie sociali più deboli, in particolare quella degli anziani non autosufficienti, come emerge dai rispettivi statuti, depositati in giudizio. Si tratta quindi di soggetti sicuramente portatori degli interessi collettivi di categoria azionati nel presente giudizio.

6. Con il ricorso introduttivo, si contesta la legittimità della delibera n. 18-1326 del 23 aprile 2015 sulla base di due motivi, rubricati (i) “ Violazione di legge ed eccesso di potere per contrato con lo statuto della Regione Piemonte ” e (ii) “ Violazione di legge e di regolamento per contrasto con l’art. 54 della l. n. 289/2002, il D.P.C.M. 29/11/2001, gli artt. 117 e 32 Cost., la l. n. 833/1978, la L.R. n. 10/2010 e l’art. 23 Cost.;
violazione di legge ed eccesso di potere per difetto e/o insufficienza della motivazione;
eccesso di potere per arbitrarietà, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà
”.

6.1. Con la prima censura, si deduce la violazione dell’art. 2 dello Statuto regionale, il quale prevede il coinvolgimento nelle scelte di governo e legislative di enti locali, sindacati, organizzazioni di categoria, formazioni sociali, istituzioni culturali, associazioni e autonomie funzionali;
la delibera impugnata sarebbe, in tesi, illegittima poiché le decisioni ivi contenute sarebbero state adottate senza la previa consultazione delle organizzazioni sociali ed associazioni di volontariato.

Il motivo è infondato.

La delibera oggetto del ricorso introduttivo non rappresenta un momento di cesura rispetto al sistema previgente, bensì si inserisce in un percorso già avviato dalla Regione Piemonte con la delibera n. 45-4248/2012 citata – con la quale si è dato avvio alla revisione del sistema del servizio di R.S.A. – sicché non vi è ragione, a fronte della prosecuzione di scelte di governo già adottate in precedenza, di prevedere un rinnovato coinvolgimento delle associazioni di categoria e di volontariato.

Infatti, la disposizione statutaria che si assume violata detta una disposizione di principio, valida per le scelte più rilevanti – come si è detto già avviate in precedenza – e al fine di garantire una buona amministrazione, ma dalla quale non si può far discendere l’obbligo di consultazione per l’adozione di ogni singolo atto del governo regionale, a pena di paralizzare il funzionamento di un organo istituzionale. Inoltre, la previsione statutaria è talmente lata (consultazione di “ formazioni sociali, associazioni, autonomie funzionali ”) da non poterne nemmeno far discendere l’obbligo di consultazione di ogni singola associazione portatrice di interessi presente sul territorio regionale.

6.2. Il secondo motivo di ricorso, seppur unitariamente intitolato, è articolato in più censure.

6.2.1. Le associazioni ricorrenti contestano anzitutto che la delibera impugnata non considererebbe debitamente che i destinatari delle nuove misure sarebbero anziani malati cronici non autosufficienti, spesso colpiti da una pluralità di patologie. Si tratterebbe di anziani tutti infermi in situazione di urgenza e continua emergenza, per i quali sarebbero necessarie prestazioni sanitarie e socio-sanitarie indifferibili.

A sostegno di tale conclusioni, le ricorrenti producono una nota del Presidente della Società Italiana Osteoporosi nella quale si ribadisce la necessità di assistenza continuativa a questo genere di malati.

A fronte di tale situazione e considerato che l’attività sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria di cui al D.P.C.M. 29 novembre 2001, le associazioni ricorrenti deducono l’illegittimità della delibera impugnata che, nel prevedere delle liste di attesa gestite dall’U.V.G. e nel porre – per il 2015 – un limite di spesa invalicabile a carico del S.S.R., violerebbe la normativa sui cd. LEA.

6.2.2. Inoltre, la delibera sarebbe discriminatoria nei confronti dei malati ultrasessantacinquenni – per i quali si rende necessaria la certificazione di non autosufficienza da parte dell’U.V.G. – rispetto ai malati infrasessantacinquenni che, pur affetti in ipotesi dalle medesime patologie, possono accedere alle cure sanitare, comprese quelle residenziali, senza la certificazione di non autosufficienza dell’U.V.G.

In sostanza, secondo la tesi delle ricorrenti, all’U.V.G. sarebbe affidata la prerogativa di limitare l’accesso alle cure, in violazione del diritto alla tutela della salute e della garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie.

6.2.3. Quanto al limite di spesa per il 2015, la delibera sarebbe illegittima poiché la previsione di un limite invalicabile di spesa si pone in contrasto con la necessità di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, “ le quali non possono essere vincolate a tetti di spesa e per le quali l’equilibrio di bilancio va ricercato nelle risorse interamente disponibili (compresi i trasferimenti statali), non nel singolo capitolo di spesa ”.

6.2.4. Infine, la delibera sarebbe illegittima anche nella parte in cui demanda a successivi provvedimenti la definizione delle “ prestazioni erogabili al domicilio ” poiché invece tali prestazioni sarebbero già disciplinate con la L.R. n. 10/2010 e dunque non si comprenderebbe quale dovrebbe essere il contenuto dei provvedimenti attuativi.

6.3. Il motivo è infondato.

Anche a prescindere dalla sopravvenuta carenza di interesse a contestare il limite di spesa stanziato per l’anno 2015, con il motivo in esame si ripropongono le medesime censure già oggetto del ricorso – proposto dalle medesime associazioni oggi ricorrenti, avverso la delibera n. 45-4248 del 30 luglio 2012 – respinto definitivamente con la sentenza del Consiglio di Stato n. 604/2015 cit., che il Collegio condivide.

In particolare, va evidenziato che il sistema delle liste di attesa gestite dall’U.V.G. era già previsto dalla delibera del 2012 e che la delibera oggi impugnata non importa alcuna innovazione sul punto, limitandosi solo a prevedere la facoltà (e non l’obbligo) per le famiglie di sostituire l’assistenza presso la R.S.A. con assistenza domiciliare, qualora possibile. Allo stesso modo, già la delibera del 2012 fissava un limite invalicabile di spesa a carico del S.S.R.;
entrambi i profili sono stati analizzati e ritenuti compatibili con la disciplina dei cd. L.E.A. dalla sentenza del Consiglio di Stato già citata, della quale si riportano di seguito i passaggi rilevanti ai fini del presente ricorso.

L’impugnato ‘nuovo modello’ [di cui alla delibera n. 45-4248 del 30 luglio 2012] superava quello in precedenza introdotto con d.G.R. n- 17-15226 del 30 marzo 2005 e provvedeva a disciplinare le strutture socio-sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti, sulla scorta di quanto previsto dal Piano Socio-Sanitario Regionale approvato il 3 aprile 2012, nell’affermato rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) di cui al d.P.C.M. 29 novembre 2001, Allegato n.

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