TAR Napoli, sez. V, sentenza 2022-10-03, n. 202206083
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Pubblicato il 03/10/2022
N. 06083/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00143/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 143 del 2018, proposto da
Regione Campania, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S. Lucia, 81;
contro
Comune di Castel Campagnano;
per l'annullamento:
- dell'ordinanza sindacale n. 33 del 26 ottobre 2017, a firma del Sindaco del Comune di Castel Campagnano, e in pari data comunicata via pec, con la quale è stato ordinato alla Regione Campania di provvedere "a proprie cure e spese entro il termine di giorni 60...a bonificare tramite rimozione e successivo smaltimento...di tutti i materiali contenenti amianto presenti nell'area di cui in oggetto”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di parte ricorrente di passaggio in decisione senza discussione da remoto;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio nell'udienza straordinaria del giorno 13 settembre 2022, tenuta da remoto a termini dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso all’esame è controversa la legittimità dell’ordinanza in epigrafe, con la quale il Sindaco del Comune di Castel Campagnano ha ingiunto alla Regione Campania di provvedere alla rimozione e al successivo smaltimento di tutti i materiali contenenti amianto abbandonati da ignoti su un’area del territorio comunale destinata a pubblico transito, di proprietà di essa ricorrente, rinvenuti in loco da agenti della Polizia municipale e tecnici comunali.
A sostegno del gravame la ricorrente adduce articolate censure, formulando motivi in diritto così rubricati: “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 192 del d. lgs. n. 152/06;Violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 198 del d. lgs. 152 del 2006;Violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del d. lgs. n. 285 del 1992. - Difetto di legittimazione passiva della Regione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria;erroneità e carenza assoluta dei presupposti: travisamento dei fatti;contraddittorietà” .
In estrema sintesi, la Regione contesta, sotto un primo aspetto, che lo sversamento illecito sia avvenuto su particelle di proprietà regionale, laddove in base a plurimi convergenti elementi i rifiuti abbandonati insisterebbero su aree pubbliche e/o su strade comunali, con la conseguente competenza dello stesso Comune ai sensi del combinato disposto dell'art. 14, del d. lgs. 285 del 1992 e degli artt. 184, comma 2, lett. d) e 198 del d. lgs. n. 152/2006.
Inoltre, sotto altro dirimente profilo, non sarebbe stata accertata, come invece richiesto da una corretta operazione ermeneutica della norma, la responsabilità soggettiva di essa ricorrente nella produzione dei lamentati pregiudizi all’ambiente, non avendo dato luogo ad alcun deposito e/o abbandono di rifiuti, di talché giammai potrebbe essere chiamata a rispondere della fattispecie di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti sulla propria area, senza che sia individuato a suo carico l'elemento soggettivo della responsabilità.
2. Seppur ritualmente evocato, il Comune di Castel Campagnano non si è costituito in giudizio.
3. Respinta l’istanza cautelare con ordinanza n. 155/2018, in ragione essenzialmente dell’esigenza di assicurare prioritariamente, nel contemperamento degli opposti interessi, la tutela della salute pubblica (rimarcandosi che nel provvedimento impugnato si dà atto che l’area nella quale è stato rinvenuto un quantitativo significativo di amianto è destinata al pubblico transito e si trova su un pendio che termina nel letto del torrente nel quale defluiscono le acque pubbliche, con conseguente rischio di contaminazione delle acque medesime), all’udienza straordinaria del 13 settembre 2022, tenuta da remoto secondo le vigenti disposizioni processuali, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è fondato.
4.1 Converrà in premessa ricordare che l’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, sotto il titolo “Divieto di abbandono”, stabilisce, al comma 1, che “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e al successivo comma 3 che “… chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
Dal dato testuale della disposizione emerge che:
- alla rimozione dei rifiuti è tenuto, in ogni caso, il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;
- in via solidale, vi è tenuto il proprietario dell’area interessata o chi ne abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;
- non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.
In virtù di tale prescrizione, secondo la consolidata giurisprudenza, seguita anche dalla Sezione, l’obbligo di rimozione grava in via principale sull’inquinatore e, in solido, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, qualora a costoro sia imputabile una condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio, secondo il principio espresso dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e costituente fondamento del diritto comunitario dell’ambiente, del “chi inquina paga” ( cfr. , in termini, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 6 aprile 2022, n. 2370;T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017 n. 287).
Più in dettaglio, il proprietario o titolare di altro diritto di godimento sul bene risponde della bonifica del suolo, in solido con colui che ha concretamente determinato il danno, non a titolo di responsabilità oggettiva ma soltanto ove responsabile quanto meno a titolo di colpa, anche omissiva, per non aver approntato l’adozione delle cautele volte a custodire adeguatamente la proprietà, occorrendo la dimostrazione del dolo (espressa volontà o assenso agevolativo del proprietario in concorso nel reato) o della colpa attiva (imprudenza, negligenza, imperizia) ovvero omissiva (mancata denuncia alle autorità del fatto) per aver tollerato l’illecito.
Per accertare la rimproverabilità della condotta, che, per quanto sopra detto, è a fondamento della responsabilità amministrativa, occorre, d’altra parte, che gli organi preposti al controllo svolgano approfonditi accertamenti in contraddittorio con i soggetti interessati, di talché, in mancanza, non possono porsi incombenti a carico dei proprietari o titolari di diritti di godimento delle aree (ex multis , C.d.S. sez. V, 17 luglio 2014, n. 3786;T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 ottobre 2018, n. 5783;TAR Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287 e 30 agosto 2016, n. 1089), posto che "deve escludersi la natura di obbligazione propter rem dell'obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene;per regola generale non è quindi configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità" ( cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 10 novembre 2016 n. 1110).
Si è in particolare chiarito che "l'obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato" (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017 n. 287), sicché, sotto tale profilo, "la mancata recinzione del fondo non può costituire, di per sé, prova della colpevolezza del proprietario, considerato anche che la recinzione non sempre ostacola il conferimento o lo sversamento di rifiuti, e che essa è pur sempre una facoltà del proprietario e non un obbligo" (C.d.S., Sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5911;T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 11 giugno 2019, n. 986).
In definitiva, nel caso in cui non sia comprovata l'esistenza di un nesso causale tra la condotta del proprietario e l'abusiva immissione di rifiuti nell'ambiente, un concreto obbligo di garanzia a carico del proprietario, per la mera qualità di proprietario-custode, è inesigibile, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula anche dal dovere di custodia ex art. 2051 cod. civ., il quale ammette sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito, da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato ( cfr . T.A.R. Campania-Napoli, sez. V, 3042/2019).
4.2 Applicando le superiori coordinate ermeneutiche al caso in esame emerge l’illegittimità dell’avversata azione amministrativa, stante la difficoltà di ricondurre la fattispecie concreta al su richiamato paradigma normativo, atteso che la ricorrente, allo stato, non risulta presentare alcuna delle condizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, non essendo in alcun modo provato il titolo di imputazione soggettiva della responsabilità che il Comune intende addebitarle, non essendo configurabile, si ribadisce, alcuna responsabilità oggettiva in ragione della mera qualità di proprietario-custode dell’area, incontestatamente interessata dall’abusivo sversamento ad opera di ignoti.
Né a diversa conclusione potrebbe giungersi valorizzandosi il mero richiamo, contenuto nelle premesse dell’atto gravato, all’art. 10 della legge 27 marzo 1992 n. 257, che prevede a carico delle Regioni l’adozione di Piani di protezione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto – cui pure si è fatto cenno nella precitata ordinanza di reiezione dell’istanza cautelare.
A ben vedere, infatti, il Collegio ritiene, ad un più approfondito esame, che la estrema genericità del richiamato riferimento normativo, non supportato da un autonomo impianto argomentativo e motivazionale valevole sul piano della fattispecie concreta, si rivela, per quanto ne importa, affatto inidoneo ad incidere sui criteri di imputabilità soggettiva della responsabilità plasticamente scanditi dalla più volte richiamata disciplina contenuta nell’art. 192 del Codice dell’Ambiente;norma su cui si fonda il potere esercitato nel caso all’esame dal Comune di Castel Campagnano.
4.3 Peraltro, sotto diverso profilo, la Regione ricorrente ha anche persuasivamente contestato, nel giudizio che ne occupa, che i rifiuti siano stati abbandonati proprio sull’area di sua proprietà, posto che, anche nell’ordinanza impugnata si fa riferimento a un'area invero destinata a pubblico transito, di talché non pare peregrina la tesi della ricorrente secondo cui si tratterebbe piuttosto di strada attigua, in proprietà del Comune;il che ridonda in autonomo vizio di carenza di istruttoria, non emergendo, dalla anodina istruttoria di cui dà conto il provvedimento impugnato, all’esito del sopralluogo svolto senza contraddittorio con la ricorrente, alcuno specifico accertamento in ordine alla effettiva coincidenza dell’area di sversamento con quella in proprietà della Regione.
5. In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere accolto, in perspicua e dirimente considerazione del difetto di motivazione e di istruttoria, con conseguente annullamento dell'ordinanza sindacale gravata.
Le altre questioni restano assorbite dalle dirimenti ragioni sopra esposte, in ossequio al principio della ragione più liquida.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.