TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-05-08, n. 202301078

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-05-08, n. 202301078
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301078
Data del deposito : 8 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/05/2023

N. 01078/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01651/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1651 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
M D L, quale procuratrice di M D C, rappresentata e difesa dagli avvocati M C, V L, M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Parco Regionale Spina Verde, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l'accertamento

A) Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- dell'intervenuto silenzio-assenso, ex art. 17-bis L. 241/1990, in ordine al parere della Soprintendenza da rendersi in riferimento all'istanza di autorizzazione paesaggistica presentata da M D C in data 11.4.2016;
e, in ogni caso, per l'accertamento:

- ex art. 117 c.p.a., dell'illegittimità del silenzio serbato dal Parco Regionale Spina Verde sull'istanza di autorizzazione paesaggistica presentata da M D C in data 11.4.2016, con conseguente ordine di provvedere, entro trenta giorni, alla conclusione del procedimento, con rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ove occorra previa nomina del commissario ad acta;

e per la condanna del Parco Regionale Spina Verde al risarcimento del danno da illegittimo comportamento e, comunque, al pagamento dell'indennizzo, ai sensi dell'art.

2-bis L. 241/1990;

B) E, per quanto riguarda i motivi aggiunti, depositati il 02\02\2018, per l'annullamento:

- del provvedimento a firma del Direttore del Parco Regionale Spina Verde, prot. 2801, datato 22.11.2017, recante “ diniego finale richiesta di autorizzazione paesaggistica per realizzazione serra bioclimatica ”;

- del parere della Soprintendenza datato 11.10.2017 che dichiara la pratica irricevibile, conosciuto dal ricorrente in data 19.12.2017, a seguito di domanda di accesso agli atti, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
e per l'accertamento e conseguente declaratoria dell'intervenuto silenzio-assenso, ex art. 17 bis L. 241/1990, in ordine al parere della Soprintendenza in riferimento all'istanza di autorizzazione paesaggistica presentata da M D C in data 11.4.2016;
e per la condanna del Parco Regionale Spina Verde al risarcimento del danno, ex art. 30 c.p.a., per l'illegittimità del provvedimento impugnato oltre che per l'illegittimo comportamento e, comunque, ai sensi dell'art. 2 bis L. 241/1990.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Parco Regionale Spina Verde, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2023 la dott.ssa C P e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con ricorso notificato il 10 luglio 2017 e depositato il successivo 17 luglio 2017 l’esponente si duole della mancata risposta da parte dell’interpellato Parco regionale Spina Verde alla propria domanda di autorizzazione paesaggistica, presentata l’11 aprile 2016, per la realizzazione di una serra bioclimatica in un compendio immobiliare inserito nel contesto dello stesso Parco.

2) Ad avviso del patrocinio ricorrente, essendo decorsi i termini di cui all’art. 17-bis comma 3 della legge n. 241 del 1990 da quando, il 5.08.2016, il Parco Spina Verde ha trasmesso alla competente Soprintendenza la richiesta di parere sulla predetta domanda, senza ricevere al riguardo un riscontro espresso, il Parco medesimo avrebbe dovuto concludere il procedimento con il rilascio dell’autorizzazione, uniformandosi al parere della Soprintendenza, da intendersi positivamente conseguito sia pure attraverso lo strumento del citato art. 17-bis. L’inerzia per contro serbata dal Parco incorrerebbe sia nella violazione dell’art. 17-bis, per mancata considerazione del silenzio-assenso, sia nella violazione dell’obbligo di concludere il procedimento mediante un provvedimento espresso.

3) In via subordinata, l’esponente ha dedotto la violazione degli artt. 1 e 2 della L. n. 241/1990 e dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa, oltre alla violazione dell’art. 97 della Costituzione.

Per tale via, l’istante ha chiesto, previo accertamento dell’illegittimità del silenzio del Parco Regionale Spina Verde rispetto all’istanza presentata da M D C in data 11.4.2016, di ordinare al medesimo Parco di provvedere, entro 30 giorni, alla conclusione del procedimento con il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, nominando il Commissario ad acta affinché provveda, in caso di inadempimento nel termine indicato, in luogo del Parco.

4) Si sono costituiti il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (ora Ministero della Cultura) e il Parco Regionale Spina Verde, controdeducendo con separate memorie alle censure avversarie.

5) Con ordinanza del 12-09-2017, n. 1123, la Sezione ha respinto la formulata domanda cautelare.

6) Con motivi aggiunti notificati il 29-01-2018 e depositati il 2-02-2018 l’esponente, oltre a richiamare la domanda di accertamento svolta nel ricorso introduttivo e avente ad oggetto l’avvenuto perfezionamento, in tesi, del silenzio-assenso ex art. 17-bis della legge n. 241/1990, ha chiesto l’annullamento del provvedimento del Parco Regionale Spina Verde datato 22-11-2017, recante il diniego della richiesta di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione della serra bioclimatica, oltreché del parere della Soprintendenza dell’11.10.2017, che ha dichiarato irricevibile la medesima richiesta.

7) I motivi dedotti sono sette.

7.1) Con il primo si lamenta l’eccesso di potere per contraddittorietà in quanto, dovendosi il Parco uniformare al parere positivamente espresso dalla Soprintendenza, sia pure attraverso lo strumento di cui all’art. 17-bis L. 241/1990, lo stesso avrebbe dovuto concludere favorevolmente il procedimento, rilasciando l’autorizzazione paesaggistica richiesta. Non vi sarebbe stato, quindi, alcun margine per esprimere la contestata determinazione negativa, la quale si porrebbe, oltre che in violazione di legge, in contraddittorietà con la precedente, sia pure tacita, determinazione.

7.2) Con il secondo motivo si deduce l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, avendo il Parco equivocato il contenuto dell’istanza nel considerarla alla stregua di una nuova domanda di accertamento di compatibilità, analoga a quella su cui era già intervenuto il Giudice amministrativo con diverse pronunce, mentre si tratterebbe di un’istanza nuova ed autonoma, che farebbe salva la demolizione del manufatto esistente.

7.3) In via subordinata, l’esponente ha poi dedotto la violazione degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241/1990, poiché, una volta consolidatosi il provvedimento tacito con la formazione del silenzio-assenso, l'intervento dell'Amministrazione avrebbe potuto essere giustificato soltanto nell'ambito di un procedimento di secondo grado di annullamento o revoca d'ufficio.

7.4) A seguire, viene dedotta la violazione degli artt. 10 e 10 bis della L. n. 241/1990, la violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo, il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, la violazione delle disposizioni comunitarie in materia di partecipazione e giusto procedimento amministrativo e la violazione del principio di tipicità del procedimento amministrativo.

7.5) Con un ulteriore motivo si deduce la violazione dell'art. 3 L. 241/1990, la carenza di motivazione, l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, la violazione dell'art. 6 L. 241/1990, il difetto di istruttoria, la violazione del principio di leale collaborazione tra Enti, la violazione dell’art. 120 della Costituzione.

7.6) Con il motivo rubricato al numero sei l’esponente deduce, sempre in via gradata, la violazione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004, l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, la violazione e/o il contrasto con i criteri attuativi della LR 12/2005, la carenza di motivazione e di istruttoria.

7.7) Con l’ultimo motivo si deduce, infine, l’eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e la disparità di trattamento.

8) La difesa del Parco ha controdedotto e sollevato eccezioni di inammissibilità e improcedibilità del ricorso, chiedendo anche la condanna della parte ricorrente per lite temeraria.

8.1) Ciò poiché, stando a quanto allegato e documentato dallo stesso Parco, la struttura oggetto della domanda di autorizzazione paesaggistica presentata l’11.04.2016 non sarebbe altro che lo stesso manufatto realizzato da parte ricorrente nel 2008 all’interno del Parco Regionale Spina Verde, in spregio del diniego di autorizzazione paesaggistica ricevuto dal Parco stesso in data 05.06.2008. Difatti, ha aggiunto la difesa del Parco come, nonostante che il Comune di Como avesse ordinato al ricorrente la demolizione del predetto manufatto abusivo sin dal 22.10.2008, entro 90 giorni dalla notificazione, il 30-10-2008, della pertinente ordinanza, soltanto una volta decorso detto termine l’esponente, anziché provvedere alla demolizione, avrebbe presentato un’istanza di permesso di costruire in sanatoria al Comune di Como e, un’altra, di accertamento di compatibilità paesaggistica, al Parco. Dette istanze sarebbero state respinte dalle competenti Amministrazioni, con provvedimenti la cui legittimità ha superato il vaglio del giudice amministrativo, che si è pronunciato in primo grado con le sentenze nn. 1135/2009 e 4767/2009 dell’intestato Tribunale e, in appello, con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4809/2014. Lo stesso patrocinio del Parco, dopo avere riportato alcuni passaggi salienti delle suindicate pronunce, ha rimarcato la legittimità tanto del primo riscontro, fornito con nota del 26.04.2016 dal Parco, in termini di improcedibilità della domanda di autorizzazione di cui si tratta, per un mero disguido notificata il successivo 4.08.2016;
quanto del successivo diniego e/o parere negativo del 22.11.2017, basato su plurime ragioni [ovvero che: « 1) mancano i presupposti per l'istanza di autorizzazione paesaggistica preventiva, dal momento che il manufatto è già esistente;
2) la richiesta ricalca un manufatto che è accertatamente abusivo e sulla cui insanabilità si è formato giudicato pieno da parte degli organi giudiziari e amministrativi nel passato;
3) il manufatto, anche tacendo i punti di cui sopra, risulta incompatibile con la normativa del PTC del parco poiché produce volume, alterazione di sagoma e superficie dell'edificio principale cui viene addossato;
4) Regione Lombardia ha reso parere ufficiale rispetto alla prevalenza della normativa del Parco Regionale rispetto alle deroghe concesse dalla l.r. 39/2004 sulla realizzazione di serre bioclimatiche
»]. Parimenti legittimo sarebbe poi, ad avviso del patrocinio resistente, il parere della Soprintendenza dell’11.10.2017, a tenore del quale: “ la pratica … è irricevibile trattandosi di opere già realizzate e per cui esiste anche un'ordinanza di demolizione. Essendo opera abusiva con evidente aumento della volumetria la stessa non rientra nella fattispecie contemplata dal combinato disposto degli articoli 167 e 181 del Codice, quindi non deve neanche essere portata a conoscenza della Soprintendenza restando quale unica possibilità la demolizione e la rimessione in pristino dei luoghi ”. La difesa del Parco ha, quindi, rilevato come, soltanto dopo che lo stesso Ente, con nota del 15.12.2017, ha diffidato il Comune di Como a provvedere alla demolizione del manufatto abusivo di cui si tratta (dopo averne rilevato la perdurante presenza a seguito di sopralluogo del 17.07.2017), il 15.02.2018 il Direttore del Parco, nel corso di un ulteriore sopralluogo nell’area protetta, avrebbe riscontrato in località Villa Eros la presenza di due operatori presso il manufatto in esame, intenti a smantellarne gli elementi vetrati. Sicché, soltanto il 19.02.2018 il Comune di Como avrebbe informato il Parco dell’avvenuto deposito, da parte ricorrente, della comunicazione di inizio delle opere di demolizione della veranda abusiva.

8.2) Da quanto suesposto, la difesa del Parco ha tratto argomento per sollevare le seguenti eccezioni: (i) di inammissibilità del ricorso per l’intervenuta formazione del giudicato sulla legittimità degli atti assunti dal Parco, a cui sarebbe precluso rilasciare ogni autorizzazione paesaggistica postuma, stante la già avvenuta edificazione della serra, di cui sarebbe stato già accertato il carattere abusivo. La violazione del ne bis in idem si evincerebbe dal raffronto tra il ricorso attuale e quelli già decisi, nonché dal confronto tra le tavole allegate alle istanze via via succedutesi nel tempo, che rivelerebbero come il bene della vita richiesto sia sempre lo stesso, ovvero il mantenimento in loco della veranda abusiva;
(ii) di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e difetto di legittimazione ad agire, poiché le sentenze passate in giudicato avrebbero già accertato l’intervenuto acquisto in capo al Comune dell’opera abusiva e del relativo sedime, quale effetto automatico della inottemperanza all’ordinanza di demolizione;
(iii) di improcedibilità del ricorso, avendo la ricorrente da ultimo proceduto a demolire la serra, oggetto della domanda di autorizzazione paesaggistica di cui si tratta.

8.3) Nel merito, la difesa del Parco ha nondimeno evidenziato l’infondatezza del ricorso, richiamando le plurime ragioni poste a sostegno del provvedimento impugnato, fra cui la pacifica prevalenza della disciplina vincolistica ambientale e paesaggistica – che, nella specie, esclude gli incrementi volumetrici delle ville presenti nel Parco - su quella di natura urbanistico-edilizia. Il patrocinio medesimo ha anche richiamato il parere regionale intervenuto su apposito quesito del Parco, dove la Regione Lombardia avrebbe ribadito come la normativa paesaggistica e di tutela ambientale del Parco prevalga sulla L.R. n. 39/2004, disciplinante le serre bioclimatiche.

9) Con ordinanza del 7/3/2018, n. 325, la Sezione ha respinto la formulata domanda cautelare.

10) Sull’appello cautelare il Consiglio di Stato, VI Sezione, con ordinanza del 14/06/2018, n. 2680, « Rilevato, ad un primo esame tipico della presente fase cautelare, che:

- l’appello non è assistito dal fumus boni iuris;

- appare fondata l’eccezione di giudicato già formatosi sulla natura abusiva dell’edificazione oggi in contestazione;

- in ragione di ciò, non sembrano sussistere i presupposti per la formazione del silenzio-assenso ex art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, in relazione al parere della Soprintendenza sull’istanza di autorizzazione paesaggistica (da rendersi ai sensi degli artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42 del 2004);
(…)
» l’ha respinto, condannando l’appellante al pagamento delle spese della fase in favore del Parco Regionale Spina Verde.

11) In vista dell’udienza di merito il Parco e la ricorrente hanno insistito con memoria sulle rispettive posizioni. La difesa della ricorrente ha replicato.

12) All’udienza pubblica del 28 febbraio 2023 la causa, presenti gli avvocati V. Lattoraca per la parte ricorrente, C. Pengue in sostituzione di P. Brambilla per il Parco Regionale Spina Verde e S. Vanadia per il Ministero della Cultura e la Soprintendenza, è stata trattenuta in decisione.

13) Preliminarmente, il Collegio ritiene utile rammentare come la regola generale in materia di controllo e gestione dei beni paesaggistici, ritraibile dall’art. 146 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), vieti il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica « in sanatoria », successivamente cioè, alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione delle aree o degli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. La previsione eccettuativa (di cui all’art. 167, comma 4, del medesimo Decreto), che tale autorizzazione « postuma » consente, ha ad oggetto interventi che, per quanto qui d’interesse, « non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati ». Si tratta, quindi, di abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, VI, 04-01-2021, n. 40;
TAR Lombardia, Milano, III, 04-01-2023, n. 67).

Sempre sul piano generale va poi rammentato che, come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio: i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti (cfr. Cons. Stato, VI, 03-05-2022, n. 3446). Ne deriva che, il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide con la disciplina urbanistico edilizia ma s’individua nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo (cfr. Cons. St., VI, 24-11-2015, n. 5327;
id., 31-10-2013, n. 5273;
nonché, sulla ratio dei vincoli paesaggistici generalizzati e sulla « integrità ambientale » quale « bene unitario », che può risultare compromesso anche da interventi minori, cfr. Corte costituzionale, sentenza 23-03-2016, n. 56, con la giurisprudenza costituzionale ivi richiamata;
e, sulla necessità di valutare sempre espressamente l’interesse paesaggistico anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici, cfr. Corte Costituzionale, sentenza 28-06-2004, n. 196).

Giova, infine, rammentare come, secondo una pacifica giurisprudenza, gli abusi edilizi hanno natura di illeciti permanenti, in quanto la lesione dell’interesse pubblico all’ordinato e programmato assetto urbanistico del territorio si protrae nel tempo sino al ripristino della legittimità violata (Consiglio di Stato, VI, 3-01-2019, n. 85;
id., 4-06-2018, n. 3351;
TAR Lombardia, Milano, II, 20-08-2019, n. 1909).

14) Fermo quanto sopra, il Collegio ritiene di soprassedere all’esame delle plurime eccezioni sollevate da parte resistente, preferendo respingere il ricorso nel merito, in applicazione dell’ormai consolidato principio della “ ragione più liquida ”, corollario del principio di economia processuale (su cui cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5-01-2015, n. 5, nonché, Cass., Sez. un., 12-12-2014, n. 26242, e, da ultimo, Cons. Stato, VI, 19-01-2022, n. 339).

14.1) In tal senso, prendendo le mosse dal ricorso introduttivo, il primo motivo risulta infondato, dovendosi escludere l’operatività del silenzio-assenso, di cui all’art. 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124, rispetto al procedimento di autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, nei rapporti tra la regione, o l’ente da essa delegato, e la soprintendenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 21-04-2023, n. 4057;
id., 17-11-2022, n. 10109;
id., 19-08-2022, n. 7293;
id., 24-05-2022, n. 4098;
id., II, 21-04-2023, n. 4032;
nonché, il parere n. 1640/2016, reso dal Consiglio di Stato su richiesta dell’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione proprio in ordine ad alcuni problemi applicativi dell’art. 17-bis della L.n. 241/1990).

I precedenti ora richiamati hanno, tra l’altro, posto in rilievo l’incompatibilità, sul piano strutturale, dei procedimenti ad istanza di parte nei quali è destinato ad essere rilasciato il parere di compatibilità paesaggistica su un intervento in area vincolata, rispetto all’ipotesi tipica del silenzio tra pubbliche amministrazioni (cfr., da ultimo, Cons. Stato, VII, 4-01-2023, n. 168).

Va, dunque, ribadita l’infondatezza del primo motivo.

14.2) Quanto al secondo motivo, teso ad accertare l’illegittimità del silenzio-inadempimento asseritamente serbato dal Parco sulla domanda di autorizzazione paesaggistica presentata da parte ricorrente l’11-04-2016, lo stesso risulta improcedibile, essendosi il Parco pronunciato sulla domanda medesima con il provvedimento del 22-11-2017, impugnato con i motivi aggiunti, che si passa di seguito ad esaminare.

15) Il ricorso introduttivo va, pertanto, respinto in ogni sua domanda, inclusa quella risarcitoria, per insussistenza dei relativi elementi costitutivi (in disparte l’inammissibilità della domanda stessa per genericità).

16) Passando ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.

16.1) I motivi sopra riportati sub nn.

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