TAR Bari, sez. I, sentenza 2013-05-03, n. 201300675
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N. 00675/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00407/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 407 del 2011, proposto da:
ATS Energia PE F s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti G R, G V e M L, con domicilio eletto presso quest’ultima in Ceglie del Campo - Bari, via I Traversa Umberto I, 9;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dagli avv.ti M L e L F, con domicilio eletto in Bari, lungomare Nazario Sauro, 31-33;
per l'annullamento
del regolamento regionale 30 dicembre 2010 n. 24 con i relativi allegati, pubblicato sul B.U.R.P. n. 195 del 31 dicembre 2010, recante la individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili nel territorio della Regione Puglia;
e di ogni ulteriore atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ivi comprese, ove occorra, le delibere di Giunta regionale n. 3028 e n. 3029 del 30 dicembre 2010;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2012 il dott. S P e uditi per le parti i difensori avv.ti G R, L F, M L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ATS Energia PE F s.r.l. espone di aver richiesto alla Regione Puglia, nel corso del 2008, l’autorizzazione unica per la realizzazione di parchi eolici. I relativi procedimenti non sono ancora conclusi.
Con il ricorso in esame, la società impugna in via autonoma il sopravvenuto regolamento regionale n. 24/2010, pubblicato sul B.U.R.P. n. 195 del 31 dicembre 2010 (recante le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).
Deduce violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, violazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, violazione degli artt. 21 e 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, violazione delle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, violazione del principio di proporzionalità ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
Afferma, in sintesi, che gli allegati 1 e 3 del regolamento regionale n. 24/2010 sarebbero illegittimi, in quanto finirebbero per imporre a gran parte del territorio regionale il regime vincolistico delle “aree non idonee”, specialmente in relazione ai nuovi impianti eolici di grossa taglia, per il solo fatto dell’esistenza di sistemi di tutela (vincoli paesaggistici, aree naturali protette, siti di interesse storico-culturale).
Si è costituita la Regione Puglia, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 1524 del 26 luglio 2012, questa Sezione ha disposto istruttoria assegnando un termine alla Regione Puglia per il deposito di: a) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti F.5 – F.6 – F.7 (impianti fotovoltaici con moduli ubicati al suolo), mediante colorazione o retinatura;b) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti E.3 – E.4 (impianti eolici), mediante colorazione o retinatura;c) uno o più elaborati grafici, in scala adeguata, riportanti la sommatoria dei divieti apposti sull’intero territorio regionale per le categorie di impianti B.3 – B.4 – B.5 – B.6 (impianti a biomasse, gas di discarica e biogas), mediante colorazione o retinatura.
La Regione ha adempiuto all’ordinanza istruttoria, con deposito in data 3 ottobre 2012.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 21 novembre 2012, nella quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
La società ricorrente lamenta l’illegittimità del regolamento regionale n. 24/2010 per violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010.
Secondo la ricorrente, le linee guida approvate dalla Regione assoggetterebbero al regime vincolistico delle “aree non idonee” una porzione eccessiva del territorio pugliese, per il solo fatto dell’esistenza di specifici sistemi di tutela (quali vincoli paesaggistici, aree naturali protette, siti di interesse storico-culturale).
La censura, alla luce della relazione tecnica e degli elaborati grafici prodotti in giudizio dalla Regione Puglia, deve essere respinta.
Sulla base dei dati emergenti dalla Tabella 5 (cfr. pag. 15 della relazione tecnica), le linee guida regionali hanno sottoposto al regime di inidoneità assoluta:
a) 1.228.762,54 ettari, pari al 63,56% della superficie regionale (di cui 1.109.956,74 ettari, pari al 57,41% della superficie regionale, non ricadenti in aree già indisponibili di fatto ovvero già sottoposte a vincoli preclusivi), quanto agli impianti fotovoltaici con moduli ubicati al suolo e di potenza superiore a 200 kW;
b) 1.228.762,54 ettari, pari al 63,56% della superficie regionale (di cui 683.788,60 ettari, pari al 35,37% della superficie regionale, non ricadenti in aree già indisponibili di fatto ovvero già sottoposte a vincoli preclusivi), quanto agli impianti eolici di potenza superiore a 60 kW;
c) 1.203.411,13 ettari, pari al 62,25% della superficie regionale (di cui 1.085.865,35 ettari, pari al 56,17% della superficie regionale, non ricadenti in aree già indisponibili di fatto ovvero già sottoposte a vincoli preclusivi), quanto agli impianti a biomasse, gas di discarica e biogas.
In relazione allo stato degli interventi già realizzati o assentiti, la relazione (cfr. pag. 39-ss.) evidenzia una maggiore concentrazione di impianti fotovoltaici nel Salento (Fig. 10) ed una maggiore concentrazione di impianti eolici nel Sub-Appennino Dauno (Fig. 11).
Nelle linee guida, l’individuazione delle aree non idonee è sufficientemente motivata con il riferimento sintetico ai vincoli insistenti sul sito di volta in volta considerato.
Al riguardo, il Collegio ritiene che debbano mutuarsi i principi ripetutamente affermati in tema di pianificazione urbanistica generale dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui le scelte effettuate dall’Amministrazione titolare del potere di zonizzazione sono caratterizzate da ampia discrezionalità, non necessitano di una motivazione ulteriore al di là del richiamo ai criteri tecnico-urbanistici seguiti nell’impostazione del piano e rinvenibili nella relazione d’accompagnamento e sono insindacabili nel merito, quando non emergano indici di manifesta illogicità, irragionevolezza o sproporzione (cfr., tra le più recenti: Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011, n. 3497;Id., sez. IV, 9 dicembre 2010 n. 8682).
L’individuazione da parte della Regione, mediante lo strumento delle linee guida, delle aree non idonee all’insediamento di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nonostante non possa essere assimilata in senso stretto all’attività di pianificazione urbanistica generale, di quest’ultima presenta comunque molti tratti tipici, ed in particolare si caratterizza per l’analoga ampiezza della discrezionalità amministrativa e tecnica esercitabile dall’Amministrazione, all’interno di un composito quadro di interessi pubblici e privati che devono essere contemperati.
L’allegato 3 del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, intitolato “criteri per l’individuazione di aree non idonee”, stabilisce che i divieti di localizzazione dei nuovi impianti non possono riguardare “porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”, né possono tradursi nella creazione di fasce di rispetto sovradimensionate rispetto alle effettive esigenze di tutela (lett. d), e che possono tenere conto della concentrazione di impianti già esistenti e della interazione con altri progetti contigui (lett. e).
I criteri dettati dal decreto ministeriale, benché dotati di indubbia forza vincolante nei confronti delle Regioni, non possono tuttavia comprimere l’ampia discrezionalità che inevitabilmente caratterizza l’attività regionale di classificazione delle aree non idonee, dove confluiscono e si intrecciano valutazioni complesse di tipo ambientale, urbanistico, socio-economico di cui gli organi regionali competenti rispondono, in primo luogo, sul piano politico-amministrativo.
La politica energetica, ed in specie la politica da perseguire nell’incentivazione dell’utilizzo di fonti rinnovabili, resta infatti rimessa nei suoi tratti essenziali agli organi democraticamente eletti, non assume carattere immutabile e può essere, al pari delle fondamentali decisioni di programmazione economica e di pianificazione dell’utilizzo del territorio, soggetta a ripensamenti e correzioni nel corso degli anni.
In tale ambito, il sindacato giurisdizionale non può tradursi in una indebita sostituzione del giudice all’Amministrazione e deve arrestarsi entro le ipotesi di eccesso di potere per manifesta violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, che nella vicenda in esame non è dato di ravvisare.
Stando alla cartografia appositamente elaborata dalla Regione Puglia, l’estensione delle aree non idonee appare quantitativamente rilevante (prossima al 60% della superficie territoriale complessiva), così come denunciato dalla società ricorrente con riferimento agli impianti di maggiori dimensioni e capacità produttiva. Ma essa, in ogni caso, non integra di per sé una violazione della vigente disciplina legislativa e regolamentare, che assegna alle singole Regioni il potere di prevedere zone non idonee alla realizzazione di specifiche tipologie di impianti, anche tenendo conto dello sviluppo produttivo già raggiunto e delle autorizzazioni già rilasciate negli anni precedenti.
Per quanto detto, il motivo è infondato e va respinto.
Le spese di giudizio possono essere integralmente compensate, avuto riguardo alla novità e complessità delle questioni trattate.