TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-08-30, n. 202313477

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-08-30, n. 202313477
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313477
Data del deposito : 30 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/08/2023

N. 13477/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02155/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2155 del 2018, proposto da
Poste italiane s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D L, A Z, G V e A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

N s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe lo Pinto, Fabio Cintioli e Dario Ruggiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;
Fne group s.r.l., Consorzio di tutela agenzie recapito licenziatari, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi entrambi dagli avvocati Domenico Ielo, Adele Sodano e Monica dal Prà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. Domenico Ielo in Milano, via Bandello, n. 5;
Assopostale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Giordano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II 187;
Fallimento Globe postal service in liquidazione s.r.l., in persona del curatore pro tempore , non costituito in giudizio;

per l’annullamento

- del provvedimento n. 26900, adottato dall’Autorità il 13 dicembre 2017 e notificato a Poste italiane il 15 gennaio 2018 a conclusione del procedimento A493 – Poste italiane/Prezzi recapito ;

- della delibera dell’Agcm n. 26055 del 1° giugno 2016, con cui è stato avviato il procedimento;

- della delibera dell’Agcm del 4 ottobre 2016, con cui sono stati rigettati gli impegni, presentati da Poste italiane in data 9 settembre 2016, ex art. 14- ter l. 10 ottobre 1990, n. 287;

- della comunicazione delle risultanze istruttorie della direzione credito della direzione generale per la concorrenza, trasmessa il 4 agosto 2017;

- di ogni altro atto al provvedimento comunque connesso e coordinato, anteriore e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché quello di N s.p.a., di Fne group s.r.l., del Consorzio di tutela agenzie recapito licenziatari e di Assopostale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2023 il dott. M V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Poste italiane impugnava il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che, accertata la commissione di un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 Tfue, intimava alla parte ricorrente di porre fine ai comportamenti distorsivi della concorrenza, irrogando altresí una sanzione pecuniaria complessiva di oltre ventitré milioni di euro.

2. Si costituiva in resistenza l’Autorità.

2.1. Si costituivano in giudizio anche le società N, e Fne gruop, nonché il Consorzio di tutela agenzie recapito licenziatari, la società Global postal service e l’associazione di categoria, Assopostale.

3. Al ricorso era unita domanda di sospensione cautelare dell’efficacia degli atti gravati, che veniva accolta con decreto monocratico del 26 febbraio 2018, non confermato all’esito della camera di consiglio del 14 marzo 2018, allorquando il Collegio adottava ordinanza di rigetto dell’istanza interinale, confermata in appello da Cons. Stato, sez. VI, ord., 27 giugno 2018, n. 2941.

3.1. Con successiva istanza ex art. 55 c.p.a., parte ricorrente, rappresentando l’avvio medio tempore del procedimento A493B vòlto ad accertare l’eventuale inottemperanza al precedente provvedimento sanzionatorio, formulava nuova richiesta di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati: anche tale domanda veniva rigettata dal Collegio con ordinanza cautelare adottata all’esito della camera di consiglio del 3 ottobre 2018 (parte ricorrente rinunciava poi all’appello cautelare, v. Cons. Stato, sez. VI, ord., 3 dicembre 2018, n. 5831).

4. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2018, parte ricorrente chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo, stante l’imminente conclusione del procedimento relativo alla contestata inottemperanza: pertanto, nulla opponendo le parti, la causa veniva rinviata a data da destinarsi.

5. La causa veniva quindi fissata per esser discussa nella pubblica udienza dell’8 aprile 2020, ma stante la richiesta di rinvio presentata dalla parte ricorrente in ragione dell’emergenza pandemica, si disponeva il rinvio alla pubblica udienza del 20 luglio 2020, durante la quale – in collegamento da remoto – i procuratori di tutte le parti convenivano la necessità di una discussione in presenza data l’importanza della questione: conseguentemente, la causa veniva rinviata a data da destinarsi.

6. In vista della pubblica udienza del 19 aprile 2023 veniva depositato estratto della sentenza dichiarativa del fallimento della società Global postal service in liquidazione: conseguentemente, il Collegio, prendendo atto di ciò, dichiarava con ordinanza l’interruzione del processo.

7. Poste italiane procedeva, indi, a riassumere tempestivamente la causa e, dopo ulteriori scambi di documenti, memorie e repliche, all’esito della discussione nella pubblica udienza del 5 luglio 2023, il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.

DIRITTO

8. Esaurita l’esposizione dello svolgimento del processo, e prima di affrontare le doglianze spiegate nel ricorso, appare opportuno illustrare il provvedimento oggetto dell’odierno gravame.

8.1. Nel 2015 N denunciava all’Agcm comportamenti abusivi di natura escludente da parte di Poste, in particolare nel mercato del recapito della corrispondenza inviata dalla clientela business (c.d. invii multipli ). Segnatamente, nelle aree non coperte dalla rete di distribuzione della società denunciante, Poste italiane le avrebbe offerto, per il recapito della corrispondenza, unicamente il servizio c.d. posta massiva , avente un costo piú elevato del servizio c.d. posta time , proposto unicamente ai clienti finali: in tal guisa, N si sarebbe trovata ad operare con costi superiori a quelli praticati alle imprese clienti, con evidente compressione dei margini di guadagno.

8.2. Sul punto, va rilevato come Poste italiane sia, come è noto, il principale fornitore in Italia dei servizî postali, risultando l’ ex monopolista verticalmente integrato, nonché l’unico fornitore ad avere a disposizione una capillare rete di distribuzione presente sull’intero territorio nazionale: invero, come osservato dall’Autorità, « Poste Italiane ha, ancora oggi, un monopolio di fatto per il recapito della corrispondenza [nelle] aree extra-urbane […] dove non esistono reti di recapito alternative a quella dell’incumbent » (punto 1 del provvedimento).

8.3. Inoltre, Poste è il fornitore del servizio universale (almeno fino al 30 aprile 2026, ai sensi dell’art. 23, comma 2, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261), regolato da appositi contratti di programma conclusi con il Ministero dello sviluppo economico (Mise), al fine di garantire una serie di attività di raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di corrispondenza (per un’esposizione maggiormente dettagliata delle attività si rinvia all’art. 3 d.lgs. 261 cit.).

8.4. Ciò premesso, va chiarito come nell’attività relativa alla corrispondenza ordinaria (ossia non quella c.d. descritta , quali raccomandate o assicurate) relativa a grandi società (quali banche, compagnie energetiche o similari) che hanno necessità di spedire corrispondenza massiva alla propria clientela (si pensi agli estratti conto, ovvero alle bollette), Poste italiane offriva due tipologie di servizî: sono le già menzionate posta massiva (rientrante nel servizio universale) e posta time (prestato, invece, in regime di concorrenza nel libero mercato). La prima si caratterizza per non avere tracciatura, per avere tempi di consegna tra i quattro e i sei giorni, nonché per una serie di requisiti (anche quantitativi) delle missive necessarî alla lavorazione meccanizzata. Trattandosi di servizio universale, il costo massimo è fissato dal Mise con decreto ministeriale (v. d.m. 12 maggio 2006), distinguendosi il prezzo in ragione della destinazione: in particolare, il territorio nazionale è suddiviso, a tale scopo, in aree metropolitane, capoluoghi di provincia ed aree extraurbane.

8.5. Va poi aggiunto che posta massiva è un servizio offerto non solo nei confronti dei clienti finali, bensí anche ai concorrenti operatori postali: in altri termini, al fine di garantire un servizio di recapito sull’intero territorio nazionale, società come N o Fne debbono rivolgersi a Poste italiane acquistando il servizio di posta massiva nelle aree non coperte dalla propria rete di distribuzione (grosso modo le aree extra-urbane). Similmente, anche le imprese intermediarie c.d. consolidatrici rientrano tra gli acquirenti dei servizî di invii multipli: si tratta di aziende attive nelle fasi a « monte del recapito (gestione flussi dei file, stampa, imbustamento degli invii e loro consegna all’operatore competente per la successiva fase del recapito) » e che, aggregando le esigenze di piú clienti, possono raggiungere una massa di invio sufficiente per accedere al servizio posta massiva che presenta tariffe unitarie « significativamente inferiori rispetto alle tariffe di altri prodotti di posta ordinaria rientranti nel servizio universale » (v. punto 20 provvedimento).

8.6. Viceversa, posta time rientra tra i servizî a mercato di c.d. «posta certificata», ossia una particolare forma di corrispondenza ordinaria con una tracciatura «leggera» che garantisce al mittente la certezza dell’avvenuto recapito senza però necessitare della sottoscrizione da parte del destinatario (cosí distinguendosi dalla raccomandata che costituisce, invece, corrispondenza registrata). Le caratteristiche del servizio offerto da Poste italiane sono analoghe a quelle denominate « formula certa » di N e « servizio data e ora certa » di Fne: inoltre, il processo di lavorazione è assimilabile a quello previsto per la posta massiva salvo il fatto che si svolge la tracciatura della consegna. Anche nei tempi di consegna non vi sono grosse variazioni rispetto al servizio universale, dovendo intervenire il recapito entro i sette giorni dall’accettazione.

8.7. Passando ai costi, deve rilevarsi come il servizio posta time risulti notevolmente piú conveniente rispetto a posta massiva , specie nelle aree extra-urbane, nonostante comporti un onere ulteriore (quello della tracciatura) non previsto per il servizio universale. Come già anticipato, va ribadito che il servizio posta time non veniva offerto alle imprese concorrenti diretti di Poste italiane, ma solo ai suoi clienti finali.

8.8. Proprio i clienti finali di Poste confermavano la piena sostituibilità dei due servizî offerti dall’ ex monopolista, rappresentando che il leggero incremento dei tempi di consegna risulta piú che compensato dai costi inferiori e dal servizio di tracciatura (« in altri termini, il tema essenziale è se la corrispondenza arriva effettivamente a destinazione, e non il numero dei giorni impiegati », cosí si esprimeva in audizione il rappresentante di un importante istituto creditizio, punto 41 provvedimento). Inoltre, i dati esaminati dall’Agcm evidenziavano nel periodo d’interesse un calo del servizio posta massiva unito ad un notevole incremento di posta time .

8.9. Chiarito ciò in relazione al mercato finale del prodotto (nel quale sono sicuramente ricompresi i servizî posta massiva , posta time , formula certa e data e ora certa ), il provvedimento evidenzia la diversità nella presenza sul territorio, precisando l’impossibilità per gli operatori privati di replicare totalmente la rete di distribuzione di Poste italiane, cui in ogni caso i concorrenti debbono rivolgersi al fine di offrire il servizio ai clienti finali. Difatti, secondo le stime dell’Agcm, almeno un 20% della popolazione non può essere raggiunto dai concorrenti dell’ ex monopolista, stante la pacifica non remuneratività di alcune aree.

8.10. Conseguentemente, emergeva con evidenza un mercato c.d. intermedio degli invii multipli, nel quale operano Poste italiane quali fornitrice del servizio e gli altri concorrenti postali privati quali acquirenti dello stesso, al fine di poter offrire ai clienti finali un prodotto di postalizzazione completo che copra l’intero territorio nazionale (c.d. end-to-end ).

8.11. L’Agcm evidenziava poi come in ambedue i mercati descritti, Poste italiane risultasse in posizione dominante: in particolare, nel mercato intermedio si pone come monopolista, essendo l’unico soggetto in grado di offrire il servizio;
similmente, nel mercato finale , la dominanza appare inferibile dalla quota di mercato detenuta (oscillante tra il 60 ed il 70%), nonché dall’esclusiva disponibilità di una rete postale completa presente su tutto il territorio nazionale.

8.12. Alla luce di ciò, la condotta di Poste consistente nell’offerta ai concorrenti unicamente del servizio di posta massiva a prezzi di listino (ossia senza riduzioni di sorta), unito al divieto di accesso al servizio posta time , nonché l’applicazione ai proprî clienti finali di sconti di esclusiva e condizioni fidelizzanti, determinava una compressione dei margini ai concorrenti diretti, che si traduceva – anche alla luce del test del concorrente altrettanto efficiente – in un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 Tfue.

8.13. Sebbene si tratti di circostanza verificatasi successivamente all’introduzione del ricorso, va immediatamente osservato come nell’anno 2020 Poste italiane acquisiva N: il relativo negozio veniva vagliato dall’Agcm e autorizzato – ai sensi dell’art. 75 d.l. 14 agosto 2020, n. 104, conv. dalla l. 13 ottobre 2020, n. 126 – all’esito del procedimento C12333 con provvedimento del 22 dicembre 2020.

9. Conclusa la descrizione della vicenda fattuale, può passarsi all’illustrazione delle doglianze spiegate con il ricorso.

9.1. Con il primo motivo viene lamentata la violazione dell’art. 106, comma 2, Tfue, avendo l’Agcm ignorato la circostanza che la remunerazione prevista per i servizî a mercato fosse necessaria al fine di garantire la continuità e la prestazione del servizio universale.

9.2. Tramite la seconda censura si evidenzia l’erroneità nella qualificazione di replicabilità della rete postale, atteso che l’Autorità di settore (ossia l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – Agcom) ha avuto modo di chiarire che la rete di Poste è replicabile al 94%. Inoltre, le conclusioni cui perviene l’Agcom nel proprio parere sarebbero state ignorate dall’Agcm nel provvedimento gravato, determinando, quindi, un vizio nella motivazione.

9.3. Per mezzo della terza doglianza parte ricorrente denuncia l’erronea individuazione dei mercati rilevanti, sia dal punto di vista merceologico, sia in ordine all’esistenza di un mercato intermedio degli invii multipli: ciò dimostrerebbe, inoltre, l’insussistenza di un’illegittima compressione sul mercato a monte, in quanto il diritto antitrust non imporrebbe all’impresa dominante di fornire un proprio servizio al dettaglio ad un concorrente all’ingrosso. In aggiunta, in tal modo si evidenzierebbe l’errore di fondo compiuto nell’analisi del piano per il recupero della clientela che, infatti, anderebbe qualificato come lecita iniziativa concorrenziale: allo stesso modo, avrebbero dovuto essere valutati le clausole leganti, gli sconti ed i vincoli di volume. Tutto quanto, in sintesi, escluderebbe l’impossibilità di replica dell’offerta di Poste.

9.4. Con il quarto motivo vengono lamentate una serie di lesioni al diritto di difesa durante l’istruttoria procedimentale: in particolare, la contestazione veniva modificata dopo la notifica dell’atto di avvio.

9.5. La quinta censura mira direttamente alla diffida prevista nel provvedimento, essendo essa generica e non chiarendo l’effettiva condotta che Poste deve tenere al fine di ottemperare correttamente.

9.6. Infine, con l’ultima doglianza viene dedotta, in via subordinata, la sproporzione della sanzione pecuniaria comminata dall’Autorità.

10. Nessun motivo può essere accolto.

11. Invertendo l’ordine di trattazione rispetto all’esposizione del ricorso, principiando dai motivi aventi natura assorbente e concernenti il procedimento, appare doveroso avviare lo scrutinio dalla quarta doglianza.

11.1. Essa è palesemente infondata.

11.2. Invero, il « mutamento » del fatto contestato si inserisce nella fisiologia procedimentale: difatti, è palese che l’Agcm abbia semplicemente proceduto a precisare la condotta reputata illecita all’esito della lunga e complessa istruttoria condotta (v. Cons. Stato, sez. VI, 11 maggio 2017, n. 2177). In tal senso è connaturale ai procedimenti antitrust la possibilità per l’Agcm di adeguare la contestazione dell’illecito in relazione alle emergenze dell’istruttoria: d’altro canto, negare tale facoltà determinerebbe l’inutilità della partecipazione procedimentale.

11.3. Inoltre, confrontando i due atti (l’atto di avvio e la comunicazione delle risultanze istruttorie) emerge come l’Agcm abbia unicamente puntualizzato la contestazione, vertendo essa sempre attorno alla compressione dei margini, descritta in maniera sufficientemente precisa nei punti 27 ss. del provvedimento di avvio. Viepiú, le « specifiche accuse [formulate] nella comunicazione delle risultanze istruttorie per la prima volta » (v. punto 123 del ricorso introduttivo) appaiono unicamente elementi di contorno che non incidono sul noyau dur della condotta contestata (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2015 n. 2514).

11.4. Conseguentemente, avendo la società odierna ricorrente costantemente avuto la possibilità di accedere agli atti, produrre memorie ed esporre nei modi reputati piú idonei le proprie difese (chiedendo ed ottenendo anche un rinvio per l’elaborazione di una perizia tecnica concernente la replicabilità di alcuni costi), appare evidente l’insussistenza di qualsivoglia lesione del diritto di difesa. Su questo punto, peraltro, va rilevato come parte ricorrente non denunci neppure un’effettiva lesione delle proprie prerogative difensive (difatti, la proposta di impegni era stata presenta e rigettata dall’Autorità), sicché si corrobora il giudizio di infondatezza della censura.

12. Passando alla seconda doglianza (essendo il primo motivo logicamente successivo all’avvenuto accertamento dell’illecito anticoncorrenziale, atteso che si incentra nella deduzione di una circostanza esimente), va esclusa la sussistenza delle dedotte macroscopiche divergenze tra le due autorità coinvolte nel procedimento (Agcm e Agcom).

12.1. Sul punto appare opportuno in primo luogo chiarire i rapporti tra gli interventi delle due autorità: come è noto, infatti, l’azione del regolatore (nel caso di specie l’Agcom) è complementare a quella dell’Agcm, risultando quindi la repressione delle condotte anticoncorrenziali possibile solamente nei limiti di libertà imprenditoriale lasciati dalla disciplina settoriale (v. Cons. Stato, sez. VI, 2 febbraio 2022, n. 732). Conseguentemente, essendo dedotte, nel caso di specie, unicamente censure relative alla descrizione del mercato rilevante, e quindi non attinenti al profilo regolatorio, esse vanno valutate alla luce delle acquisizioni istruttorie in atti.

12.2. In merito a ciò, va preliminarmente osservato che la piú volte citata del. Agcom 384/17/cons prescriva semplicemente degli obblighi di accesso alla rete e alle caselle postali di Poste italiane in favore dei concorrenti (oltre che degli obblighi di trasparenza), imponendo, tra l’altro, di strutturare alcune offerte dei servizî di recapito di invii multipli, di guisa da superare un test di replicabilità, meglio descritto nella motivazione della delibera. Come può notarsi, le argomentazioni impiegate dalla parte ricorrente per evidenziare un contrasto con il provvedimento dell’Agcm (v. punto 38 del ricorso) non sono basate sugli obblighi settoriali posti dall’Agcom: difatti, esse concernono la ricostruzione fattuale, e, in particolare, la duplicazione della rete postale, enfatizzando una percentuale differente rispetto a quella evidenziata dall’Agcm.

12.3. Orbene, trattasi di un ragionamento che svia dalle finalità antitrust curate con il provvedimento oggetto dell’odierno gravame: difatti, l’Agcom si limitava ad osservare che Poste italiane è monopolista unicamente in alcune aree extra-urbane nelle quali risiede il 4% della popolazione (v. punto 56 del. Agcom 384/17/cons). Nondimeno, ciò non significa che la concorrenza si sviluppi in maniera efficiente nel restante 96% del territorio: difatti, come ampiamente illustrato dall’Agcm, quel che risulta dirimente ai fini della disciplina concorrenziale è la posizione dominante dell’impresa che, nel caso di Poste, si estende in maniera sostanzialmente monopolistica sino al 20-25% della popolazione residente in Italia.

12.4. La evidenziata discrasia, quindi, discende da una diversa angolazione di osservazione del fenomeno: da un lato, l’Agcom descrive unicamente in quali aree non sono presenti reti postali alternative;
dall’altro, l’Agcm individua in quali aree la singola impresa può raggiungere autonomamente i destinatari degli invii senza doversi coordinare con l’ incumbent ovvero altri concorrenti. In altre parole, N e Fne (gli unici effettivi competitor di Poste), disponendo di una rete che raggiunge grosso modo il 75-80% della popolazione residente, dovrebbero accordarsi con una serie infinita di ulteriori piccoli operatori (Poste sottolinea come siano oltre 2.500 le aziende abilitate) al fine di integrare una rete end-to-end : orbene, al di là delle difficoltà oggettive di una tale operazione, va osservato come in ogni caso residuerebbe un 4% di popolazione non servito;
viepiú, la stessa Agcom reputa comunque non sostituibile la rete di Poste per mezzo di un consorzio di franchising (v. punto V.17 del. Agcom 384/17/cons).

12.5. Su quest’ultimo punto va aggiunto come nel corso dell’istruttoria veniva chiarito come le percentuali di copertura dichiarate dalle imprese operanti in franchising siano in realtà meramente virtuali, essendo ben inferiore la popolazione servita (v. punto 197 provvedimento): sicché si conferma l’insostituibilità della rete di Poste italiane al fine di offrire il servizio completo ai clienti finali.

12.6. Pertanto, appaiono totalmente infondate le censure in ordine alla contraddittorietà dei provvedimenti, nonché all’assenza di motivazione da parte dell’Agcm: invero, i pericoli anticoncorrenziali erano già stati evidenziati dall’Agcom, prevedendo un test di replicabilità dell’offerta complessiva di Poste, che veniva altresí sviluppato nel corso del procedimento dall’Agcm, dimostrando (v. infra ) l’abusività della condotta della società ricorrente. Conseguentemente, fuori fuoco è il richiamo del precedente pronunciamento di questa Sezione (Tar Lazio, sez. I, 13 giugno 2023, n. 10044): difatti, nel caso in esame – contrariamente a quello deciso in precedenza – le due Autorità hanno intrattenuto una collaborazione istituzionale quanto mai opportuna al fine della corretta ricostruzione dei fatti ed alla loro valutazione (v. punto 10 del provvedimento e nota a pie’ pagina n. 9).

13. Passando al terzo motivo, che si incentra sull’abuso contestato, va immediatamente evidenziata la corretta individuazione di ambedue i mercati rilevanti.

13.1. In particolare, alla luce degli elementi raccolti durante l’istruttoria, va confermato il giudizio di sostituibilità del servizio posta massiva con posta time : difatti, tutti gli operatori economici interessati confermavano la fungibilità dei due servizî, precisando, anzi, la miglior qualità e convenienza del secondo. A corroborare tale conclusione appare opportuno rammentare che la stessa Autorità di settore abbia incluso sin dal 2013 i due prodotti nell’unico mercato degli invii multipli (v. art. 2, comma 2, lett. a), i ), del. Agcom 728/13/cons, che identifica il « mercato unico degli invii multipli di posta ordinaria », equiparando a tal fine posta massiva e posta time ).

13.2. Viepiú, anche la stessa Poste italiane reputava sostituibili le due offerte, come chiarito dall’esame della documentazione interna ove i due servizî venivano considerati congiuntamente nell’unico segmento commerciale denominato bulk . Inoltre, da uno scambio di mail tra il neo-nominato responsabile della Divisione posta, comunicazione e logistica con un suo collaboratore, emerge la scelta dell’azienda di limitare deliberatamente la copertura della posta certificata al fine di creare un’artificiosa distinzione tra i due servizî (v. punto 211 provvedimento). In altre mail il problema della sostituibilità del servizio universale per mezzo di posta time è affrontato direttamente nell’ottica antitrust , evidenziando come fosse « opportuno che il posta time conservi caratteristiche distintive della posta massiva », in quanto le « sentenze si fondano sul principio che il mercato posta ordinaria/massiva è distinto da quello del poste time » (v. punto 43 provvedimento).

13.3. Il riferimento è alla pronuncia, piú volte citata dalla società ricorrente, di questo Tribunale del 25 giugno 2012, n. 5769 (confermata da Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2302), che annullava il provvedimento dell’Agcm adottato all’esito dell’istruttoria A413: va però osservato che la situazione analizzata in quel procedimento (e nei relativi sviluppi giurisdizionali) è ben diversa da quella attuale. Invero, all’epoca dell’istruttoria dell’Agcm il servizio posta time era limitato alle aree metropolitane ed ai capoluoghi di provincia, risultando quindi le aree extra-urbane indistintamente servite col servizio universale (cui dovevano ricorrere sia i concorrenti di Poste, sia i suoi clienti finali). Conseguentemente, appare inconferente il richiamo operato dalla ricorrente, risultando non piú attuale la situazione fattuale indagata in passato.

13.4. Peraltro, l’asserzione difensiva secondo cui i due servizî postali integrerebbero altrettanti mercati è totalmente sfornita di prova, risultando viceversa palese che ambedue soddisfino le identiche esigenze delle imprese di invio multiplo (cfr. Corte giust. Ue, sez. IV, 30 gennaio 2020, causa C‑307/18).

13.5. Quanto alla dimensione geografica del mercato, appare evidente che l’Agcm lo abbia considerato esteso all’intero territorio nazionale: si tratta di un logico e coerente sviluppo dell’incontestata estensione nazionale della domanda del servizio di invii multipli. La segmentazione evidenziata da parte ricorrente, in realtà, riguarda unicamente la distinzione territoriale delle singole componenti dei servizî di recapito, discendente dalle prescrizioni relative al servizio universale dettate dall’art. 1, comma 5, d.m. 12 maggio 2006, concernenti le tariffe praticate.

13.6. Corretta è, altresí, l’identificazione del mercato c.d. intermedio degli invii multipli di corrispondenza ordinaria, sussistendo una domanda, proveniente da altri operatori postali, nonché da soggetti operanti a monte della catena di distribuzione della corrispondenza (i c.d. consolidatori ), i quali necessitano dei servizî di recapito offerti (unicamente) da Poste italiane. Pertanto, emergendo con chiarezza l’esistenza di un incrocio tra domanda ed offerta di un dato prodotto o servizio, appare innegabile la sussistenza di un mercato: quest’ultimo, poi, è detto intermedio , in quanto lo scambio non avviene per soddisfare il bisogno-fine dell’acquirente, bensí per fornire ad un cliente finale un servizio che si componga anche di quanto preventivamente acquistato sul mercato (c.d. input intermedio).

13.7. Viceversa, fuorvianti sono le deduzioni circa gli obblighi di accesso alla rete ( rectius , ai servizî postali) prescritti dalla disciplina di settore: premesso in linea generale che i due piani non sono sovrapponibili, va osservato che lo strumento della negoziazione dell’accesso ha avuto poco successo nella sua pratica applicazione (v. punto 58 provvedimento). In ogni caso, l’aver consentito l’accesso per mezzo dell’offerta (unicamente) dei prodotti del servizio universale, se può (in astratto) considerarsi sufficiente da un punto di vista regolatorio, al contempo potrebbe incidere sulla concorrenzialità del settore: difatti, va osservato che consentire l’accesso a condizioni economicamente svantaggiose, se da un lato parrebbe conforme alla disciplina settoriale, dall’altro sicuramente contrasta con le norme a tutela della concorrenza.

13.8. Quanto all’incertezza del conseguente obbligo antitrust va rilevato come tale questione, da un lato, appaia superata dal positivo esito del procedimento per l’ottemperanza e, dall’altro, deve sottolinearsi come esso semplicemente si sostanziasse nell’obbligo di praticare ai clienti finali, per servizî sostituibili, prezzi non inferiori a quelli offerti ai concorrenti.

13.9. L’esposizione che precede, quindi, permette di evidenziare con chiarezza la limitazione della concorrenza nel mercato intermedio prodottasi nella specie, atteso che ivi veniva escluso un servizio qualificato retail solo al fine di impedire che anche i concorrenti potessero acquistarlo, imponendo loro di ricorrere al piú oneroso servizio universale (sul punto v. Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479): a corroborare quanto esposto, va richiamato lo scambio di mail acquisito dall’Agcm che evidenziava le perplessità dell’apertura del servizio posta time ai consolidatori in quanto, in un’ottica antitrust , ciò avrebbe imposto di estendere tale offerta anche ai concorrenti diretti, ipotesi che la società ricorrente voleva assolutamente evitare al fine non perdere il vantaggio competitivo (v. punto 68 del provvedimento).

13.10. Ad ulteriore dimostrazione dell’intento anticoncorrenziale di Poste italiane, è possibile analizzare il c.d. piano bulk , elaborato al fine di recuperare – con modalità contrastanti con il diritto antitrust – clienti perduti negli anni in favore dei concorrenti: invero, contrariamente alle deduzioni di parte ricorrente, non è la strategia di win-back ad essere censurata dall’Agcm, quanto le modalità con cui questa finalità veniva perseguita.

13.11. Sul punto, è sufficiente osservare come, nell’esposizione della doglianza, parte ricorrente si limiti ad affermare l’illegittimità della valutazione operata dall’Autorità, senza allegare alcuna circostanza concreta che possa infirmare il giudizio espresso nel provvedimento: difatti, gran parte dell’illustrazione si esaurisce nell’esposizione dell’astratta liceità di sconti fidelizzanti o dei vincoli di volume, essendo gli stessi frutto di una libera negoziazione tra pari. Orbene, al di là della genericità di un tale censura, va rilevato come, nel caso concreto, gli elementi raccolti durante l’istruttoria dimostrano in maniera incontrovertibile l’illiceità della condotta della società esponente.

13.12. Difatti, le tipologie di sconti offerti da Poste italiane avevano il precipuo fine di escludere la possibilità per il cliente finale di rivolgersi ad altro concorrente anche per una quota minima del proprio fabbisogno, in ragione della costruzione degli incentivi negoziali personalizzati e leganti: conseguentemente, sfruttando la posizione di incumbent , presente con la propria rete su tutto il territorio nazionale, venivano previste drastiche riduzioni del prezzo nelle aree in monopolio, vincolando ciò alla fornitura del servizio anche sulle zone coperte dalla rete dei concorrenti (cfr. punti 88 ss. provvedimento ove venivano partitamente esaminate undici distinte offerte formulate ad altrettanti importanti clienti finali).

13.13. In altre parole, se non è illogico o irrazionale (come allegato da parte ricorrente) praticare sconti basati sui volumi di vendita, va rilevato che tale condotta lo diventa se praticata facendo leva sulla propria posizione dominante. Di ciò dà atto proprio la ricorrente allorquando (punto 103 del ricorso) ricorda che gli sconti « devono, in altre parole, essere non solo teoricamente, ma anche concretamente idonei a rendere piú difficile o addirittura impossibile ai concorrenti dell’impresa dominante l’accesso al mercato e alle sue controparti contrattuali la scelta tra piú fonti di approvvigionamento o tra piú controparti commerciali »: orbene, appare evidente che richiedere ad un cliente finale un corrispettivo (scontato) risultante inferiore al prezzo praticato ai concorrenti per l’ input necessario ad offrire il servizio al medesimo cliente costituisce circostanza che rende impossibile l’operatività del concorrente (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 14 aprile 2023, n. 3793).

13.14. Viepiú, l’applicazione retroattiva degli sconti personalizzati determina un c.d. effetto lock-in , che impedisce, sostanzialmente, al cliente di rivolgersi ad altro concorrente anche per una minima parte delle proprie esigenze. Inoltre, circostanza che dimostra ulteriormente la strategia escludente di Poste è rappresentata dall’illogicità di parte della scontistica: ad esempio un cliente otteneva uno sconto minore, pur affidando volumi dieci volte superiori.

13.15. Quanto all’incidenza delle condotte contestate, va rilevato come, sebbene le offerte analizzate rappresentino singolarmente in media solo l’1% dei ricavi registrati a livello di mercato, esse costituiscano il 20% degli invii multipli dei concorrenti: si tratta quindi di una quota rilevantissima che Poste italiane ha riottenuto per mezzo delle azioni abusive descritte nei paragrafi precedenti.

13.16. Infine, va osservato come non appaiano condivisibili le deduzioni di parte ricorrente sulla replicabilità dell’offerta (che sebbene non necessaria nel caso in esame, l’Autorità ha prudenzialmente calcolato), condotta secondo una metodologia ampiamente avallata dal diritto antitrust europeo e nazionale.

13.17. In primo luogo, non viene chiarito per quale ragione il reasonably efficient competitor test dovrebbe essere preferito all’esame indicato negli orientamenti della Commissione europea (il ben noto equally efficient competitor test sviluppato dall’Agcm). In secondo luogo, l’esistenza di un rapporto verticale, contrariamente alle doglianze della ricorrente, non è sempre frutto delle scelte degli operatori economici, atteso che, come già osservato, la rete postale non è integralmente duplicabile (sul punto è sufficiente osservare come la stessa Poste italiane nella consultazione pubblica in vista dell’adozione della del. Agcom 298/17/cons, rappresentava che in assenza dei contributi statali per il servizio pubblico « al restante 17% della popolazione non offrirebbe un servizio di recapito a domicilio, bensì attraverso appositi punti di consegna »);
similmente, la replicabilità può non sussistere anche se vi è una marginalità positiva: invero, l’impresa dominante non può costringere un concorrente ad operare parzialmente in perdita sol perché altrove può generare utili (d’altronde, come visto, anche Poste opera in zone economicamente non redditizie solo in ragione delle sovvenzioni pubbliche corrisposte).

13.18. Quanto poi all’utilizzo del doc. 407 del fascicolo istruttorio (ossia l’atto interno impiegato dall’Agcm per calcolare i costi di Poste italiane), va osservato come le argomentazioni difensive non appaiono persuasive: difatti, non convince la tesi dell’impiego di un documento contabile relativo ad una metodologia già definitivamente reputata illegittima dal giudice amministrativo per formulare un’offerta ad un importante ente creditizio. In ogni caso, l’esame condotto dall’Autorità dimostra che in nessuno degli undici casi analizzati i concorrenti potevano replicare l’offerta: si tratta, quindi, di un’evidente prova del carattere escludente della condotta commerciale di Poste italiane. Ed identico risultato si otteneva anche impiegando i costi del concorrente N.

13.19. A conclusione dell’esposizione dello scrutinio del motivo è necessaria una notazione «esterna»: difatti, nel 2020, come già anticipato, Poste italiane acquisiva il suo principale concorrente, ossia N. L’operazione conferma, in buona sostanza, le argomentazioni spese dall’Autorità nel provvedimento oggetto dell’odierno processo, in quanto dimostra l’intento di Poste italiane di eliminare la concorrenza degli altri operatori postali privati: basti pensare che, a seguito dell’integrazione, il gruppo dell’ ex monopolista detiene una quota superiore al 95% del mercato degli invii multipli.

13.20. Né può essere condivisa l’argomentazione spesa dalla ricorrente circa la contraddittorietà dell’atto di autorizzazione alla concentrazione e la sanzione oggetto dell’odierna vicenda: invero, va osservato come l’attività condotta dall’Agcm nel 2020 – al di là dell’urgenza nel provvedere – risulta derogatoria della ordinaria disciplina in materia di concentrazioni (in particolare dell’art. 6 l. 10 ottobre 1990, n. 287), ma non di quella in tema di abusi antitrust . Conseguentemente, ai sensi dell’art. 75 d.l. 104 cit. all’Autorità era precluso qualsiasi intervento volto ad evitare il rafforzamento di una posizione dominante (circostanza indubbiamente verificatasi nel caso di specie), residuando unicamente la possibilità di un’azione repressiva nel caso in cui l’operazione dia vita ad un’intesa ovvero ad un abuso di posizione dominante: pertanto, con il provvedimento adottato all’esito del procedimento C12333 l’Agcm non ha potuto far altro che dettare alcune misure « a tutela della concorrenza e dell’utenza », essendo l’operazione già autorizzata ex lege .

14. Appurata quindi l’esistenza dell’abuso di posizione dominante, può affrontarsi il primo motivo, rilevando immediatamente come non sia condivisibile l’argomentazione della parte ricorrente circa la riconducibilità della condotta commerciale di Poste italiane all’esimente di cui all’art. 106, comma 2, Tfue.

14.1. In particolare, va ribadito, in coerenza con quanto evidenziato dall’Autorità nel provvedimento, che la gestione di un servizio economico d’interesse generale non esonera l’impresa affidataria dal rispetto delle regole antitrust . Tuttavia, è possibile una deroga agli obblighi concorrenziali nelle ipotesi in cui la loro osservazione possa pregiudicare « l’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata » (cosí, appunto l’art. 106, comma 2, Tfue;
ma similmente, v. art. 8, comma 2, l. 287 cit., secondo cui gli artt. 2 e 3 non si applicano « per tutto quanto strettamente connesso all’adempimento degli specifici compiti loro affidati »).

14.2. Seguendo gli arresti della Corte di giustizia, quindi, può essere scriminata una condotta contrastante con il generale divieto di abuso di posizione dominante, solo ove ricorrano, oltre all’affidamento del servizio per atto della pubblica autorità, anche altre due condizioni: ossia l’ostacolo delle regole di concorrenza all’assolvimento del servizio pubblico, nonché la non alterazione del regime degli scambi tra Stati membri in misura contraria agli interessi dell’Unione europea (v. Corte giust. Ue, sez. I, 8 giugno 2023, causa C-50/21).

14.3. Orbene, dei tre presupposti, quanto meno il secondo appare difettare nel caso di specie. Invero, costituisce autentica petizione di principio la necessità di comprimere i margini dei concorrenti al fine di garantire lo svolgimento del servizio universale (v. punto 30 del ricorso): difatti, non viene indicato un solo dato economico che possa evidenziare la necessità di ridurre la concorrenza al fine di aumentare i ricavi e contenere l’onere economico sopportato dalla collettività. Sul punto si rammenta, per inciso, che il servizio universale viene in parte finanziato anche dallo Stato che, solo per l’anno 2015, destinava a Poste € 262.400.000,00 (duecentosessantadue milioni e quattrocentomila euro), pari a circa il 15% dei ricavi totali del servizio universale, nonché superiore al fatturato registrato costantemente dalle imprese concorrenti (v. punto 230 provvedimento).

14.4. Viepiú, un ulteriore dato risulta dirimente: Poste italiane esercita in regime di concorrenza un servizio assai simile a quello del servizio universale, il c.d. posta time , in relazione al quale pratica – pacificamente – prezzi inferiori a quelli del servizio universale. Orbene, tale circostanza dimostra con solare chiarezza che è possibile fornire un servizio assimilabile (anzi qualitativamente migliore) a prezzi piú bassi.

14.5. Conseguentemente, appare evidente l’insussistenza dei presupposti per far luogo al rinvio alla Corte di giustizia, anche alla luce dei quesiti proposti, sui quali ormai è consolidata la giurisprudenza europea: d’altronde, le richieste formulate dalla ricorrente si limitano, in buona sostanza, a riprodurre il contenuto dell’art. 106 Tfue, senza alcuna specifica questione interpretativa del diritto dell’Unione europea.

15. Passando al quinto motivo, va rilevato che la censura, come correttamente rilevato dalla parte resistente, deve considerarsi superata dall’avvenuta ottemperanza. In altre parole, palesemente infondata era la doglianza di indeterminatezza della diffida ordinata con il provvedimento gravato.

16. Infine, in ordine all’ultimo motivo proposto, risulta evidente che l’Autorità abbia fatto corretta applicazione delle linee guida in tema di sanzioni per illeciti antitrust .

16.1. In primo luogo, come ampiamente illustrato posta massiva e posta time debbono essere considerate congiuntamente come un unico segmento di mercato, sicché il fatturato che va preso a base di calcolo è quello realizzato con entrambi i servizî. Similmente, pienamente logiche e coerenti sono le argomentazioni impiegate dall’Agcm per spiegare la gravità dell’infrazione (posizione di fornitore del servizio universale, abuso escludente etc…): viepiú, l’Autorità riconosceva anche una circostanza attenuante (pur essendo l’illecito ancora in corso al momento della chiusura dell’istruttoria), rappresentata dall’adozione di alcuni accorgimenti (es. offerta del servizio posta time ai concorrenti) finalizzati ad evitare la ripetizioni delle condotte escludenti.

16.2. Conseguentemente, considerato che la sanzione deve avere una finalità deterrente, la somma liquidata dall’Agcm appare pienamente coerente con lo scopo fissato dalla legge e dalla normativa secondaria.

17. L’evidenziata infondatezza di tutte le censure determina il rigetto del ricorso.

18. Le spese seguono la soccombenza nei confronti dell’Autorità, mentre possono essere compensate nei confronti delle altre parti.

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