TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-05-05, n. 201605233
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 05233/2016 REG.PROV.COLL.
N. 10116/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10116 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. A B, presso il cui studio in Roma, Via Gradisca, 7, è elettivamente domiciliata;
contro
il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'economia e delle finanze - comitato di verifica per le cause di servizio – in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento:
del decreto del Ministero degli affari esteri n. 288 bis del 13 luglio 2011, comunicato il 19 luglio successivo, con il quale è stata respinta la domanda presentata dalla ricorrente, in qualità di vedova del consigliere di ambasciata -OMISSIS-, per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ morte improvvisa cardiaca ” occorsa al coniuge e per la concessione dell’equo indennizzo;
di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale, in particolare del parere pos. n. 71/2011 del comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’economia e finanze nell’adunanza n. 51/2011 del 6 giugno 2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2016 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, vedova del consigliere di ambasciata -OMISSIS-, deceduto a Kolkata (India) il -OMISSIS-, ha presentato, al Ministero degli affari esteri, domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’evento morboso letale occorso al coniuge e per la conseguente attribuzione dei beneficio di cui al d.P.R. n. 461/2001.
Con il provvedimento indicato in epigrafe il Ministero degli affari esteri, recependo il parere del comitato di verifica per le cause di servizio, ha respinto la domanda.
Avverso il provvedimento e gli atti presupposti la ricorrente ha presentato il presente gravame, affidato ai seguenti motivi di doglianza: 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. n. 461/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento, omessa ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e ingiustizia manifeste, illegittimità derivata. 2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 14 del d.P.R. n. 461 del 2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di motivazione e carenza di istruttoria.
Sostiene la ricorrente che la motivazione posta a base del diniego faccia emergere la radicale carenza dell’istruttoria che ha preceduto l’adozione dell’atto, non avendo l’amministrazione considerato le obiettive condizioni di lavoro del console -OMISSIS-, il quale, al momento della morte e nei due anni precedenti, aveva prestato servizio in India, in una sede estremamente gravosa per la delicatezza dei compiti e per la necessità di intervenire su un denunciato traffico illecito di visti, seguendo orari di lavoro che gli imponevano di saltare i pasti e di lavorare anche nel fine settimana e dovendo sistematicamente supplire, anche in prima persona, ad una significativa carenza di organico.
Il provvedimento impugnato non avrebbe inoltre tenuto conto della documentazione medica allegata all’istanza dalla quale emergevano sia le buone condizioni di salute nelle quali il diplomatico si trovava prima di assumere l’incarico medesimo, sia la correlazione, affermata in termini di “ ragionevole certezza ”, tra l’episodio cardiovascolare acuto che ha causato la morte dello stesso e le gravissime condizioni di stress lavorativo alle quali era sottoposto.
Del pari carente sarebbe il profilo motivazionale dell’atto, atteso che i provvedimenti, oltre ad omettere una puntuale valutazione della richiamata documentazione di parte allegata all’istanza, individuano la causa della morte in, non meglio specificati, “ fattori individuali ”.
Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio chiedendo la reiezione del gravame.
Nell’udienza del 6 aprile 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all'equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato per la verifica per le cause di servizio, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati dai quali si evidenzi la inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454).
Ne deriva che il provvedimento di diniego del riconoscimento della dipendenza di una infermità da causa di servizio è inficiato da difetto di motivazione ed è pertanto illegittimo allorquando non siano state adeguatamente considerate le peculiari condizioni di lavoro del dipendente ” (Cons. St., sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6366, Tar Puglia, Lecce, sez. II, 27 novembre 2015, n. 3438).
Nel caso in esame, e alla luce dei richiamati principi giurisprudenziali, rileva il collegio come le conclusioni alle quali è giunto il Comitato di verifica appaiono immotivate ed arbitrarie, non sostenute da una puntuale e sufficiente istruttoria.
Infatti, il Comitato ha ritenuto che l’infermità “ morte improvvisa cardiaca ” non possa riconoscersi dipendente da fatti di servizio “ in quanto non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi ”, aggiungendo poi che la conclusione è stata raggiunta “ dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti ”.
La mera lettura del provvedimento, confrontato con la copiosa e non contestata ricostruzione delle condizioni di lavoro contenuta nell’istanza di parte e con la documentazione medica a questa allegata, dà conto della sussistenza delle lamentate carenze istruttorie e motivazionali dell’atto, in quanto lo stesso si sostanzia in un insieme di formule di stile, prive di riferimenti alla situazione di fatto alla quale dovrebbero riferirsi.
La motivazione si presenta in sostanza apodittica, atteso che l’amministrazione si limita a rassegnare conclusioni della cui validità non è fornita alcuna ragione o spiegazione.
La motivazione è affetta pure da genericità nella parte in cui, nell’individuare le possibili cause o concause del decesso, fa riferimento a “ fattori individuali ” dei quali non vengono chiarite né la natura né l’entità, cosicché l’intero impianto argomentativo si risolve in una sostanziale tautologia.
Nessuna ragione a supporto della decisione, o a prova della completezza istruttoria, può trarsi, infine, dall’affermazione secondo cui sarebbero stati esaminati e valutati, “ senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti ”, atteso che né gli uni né gli altri risultano analizzati e, tanto meno, contestati dall’autorità procedente nel testo del provvedimento.
Risultano evidenti, perciò, il difetto di motivazione e l'insufficienza istruttoria che inficiano il giudizio del Comitato in questione e di conseguenza il provvedimento di mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle malattie sofferte dal ricorrente e dell'equo indennizzo.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.