TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-12-15, n. 202013500

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-12-15, n. 202013500
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202013500
Data del deposito : 15 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2020

N. 13500/2020 REG.PROV.COLL.

N. 06979/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6979 del 2011, proposto da
E A, rappresentata e difesa dagli avvocati M G, A M ed A G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A M in Roma, viale dei Parioli, 76;

contro

IVASS (già ISVAP) - Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M B, A S e D A M Z, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Istituto stesso, in Roma, via del Quirinale, 21;

per l'annullamento

dell'ordinanza ingiunzione n. 2148/2011 del 30.5.2011 del Presidente dell'I.S.V.A.P. notificata alla sig.ra E A il successivo 8.6.2011 e del presupposto atto di contestazione n. 3704/10/SIP/0164 del 15.9.2010 e degli atti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ISVAP ora IVASS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2020 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente ha chiesto al Tribunale di annullare, previa sospensione dell’efficacia, l’ordinanza ingiunzione dell’ISVAP n. 2148/2011 del 30.05.2011 con cui le era stata irrogata la sanzione amministrativa di € 43.025,20, il presupposto atto di contestazione del 15.09.2010 e tutti gli atti connessi e consequenziali.

A sostegno della sua domanda, la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione di norme e regolamenti, eccesso di potere e illegittimità dell’atto per vizi propri;
2) violazione di norme procedimentali, difetto di motivazione e illegittimità dell’atto impugnato per vizio derivato;
3) vizi “di merito” dell’ordinanza impugnata, difetto di adeguata motivazione, sviamento ed eccesso di potere, ingiustizia manifesta, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto.

Si è costituito in giudizio l’ISVAP, ora IVASS, chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato.

Con ordinanza n. 3080/2011 del 1°.09.2011 il Tribunale ha rigettato la richiesta di sospensiva.

All’udienza pubblica del 30.10.2020 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

DIRITTO

La ricorrente ha, in primo luogo, lamentato l’errata quantificazione delle sanzioni comminatele dall’ISVAP, pari ad un importo totale di € 43.025,20 per n. 43 violazioni complessive, sostenendo l’illegittimità e l’arbitrarietà dell’applicazione da parte dell’Amministrazione della sanzione pari al minimo edittale di € 1.000,00 per ognuna delle violazioni riscontrate, per un totale, appunto, di € 43.000,00, “quasi come se il procedimento sanzionatorio non fosse unitario e senza che la legge gliene attribuisse facoltà”.

La ricorrente ha, inoltre, dedotto la violazione delle norme procedimentali, in quanto il richiamo alla “richiesta di chiarimenti nr. 1310006186 del 7.07.2010” contenuto nel provvedimento finale avrebbe ricompreso nel procedimento un atto, in realtà, estraneo allo stesso, antecedente alla formale contestazione del 15.09.2010, alterando, così, la sequenza procedimentale, con compressione del suo diritto di difesa.

Le medesime argomentazioni sono state svolte dalla ricorrente anche in relazione ad ulteriori atti anteriori alla formale contestazione, come la “comunicazione del 22 marzo 2010, pervenuta all’ISVAP il 24 marzo 2010, con la quale il broker F F (aveva)… inviato l’allegato 5 bis relativo alla cessazione per giusta causa del rapporto di collaborazione con la sig.ra E A”, la “nota ISVAP del 7 maggio 2010 prot. n. 13-10-005115, con la quale l’Autorità…(aveva) chiesto all’intermediario F F la documentazione comprovante la revoca per giusta causa del rapporto di collaborazione con l’intermediario E A” e la “lettera di riscontro del 20 maggio 2010 pervenuta il 27 maggio 2010 con la quale il broker F F …(aveva) fornito riscontro alla predetta nota dell’Autorità”, che, se posti all’origine dell’avvio del procedimento, avrebbero dovuto essere tempestivamente portati a sua conoscenza, sempre a garanzia dell’effettività del suo diritto di difesa.

La ricorrente ha, infine, sostenuto l’ingiustizia manifesta dell’ordinanza impugnata, nonché la palese contraddittorietà della motivazione in cui l’ISVAP avrebbe, da un lato, espressamente classificato le violazioni accertate e la sua condotta come “di lieve entità con riferimento alla condotta tenuta dal broker”, riconoscendo, così, il suo ruolo di (mera) collaboratrice del sig. F F e la “residualità/assenza di potere decisionale” in capo a lei e, dall’altro lato, avrebbe ritenuto la sua posizione autonoma ed indipendente, addebitandole la responsabilità contabile per mancata diligenza, correttezza, trasparenza e professionalità nei confronti di contraenti ed assicurati, senza alcuna solidarietà nei confronti del broker.

Tali censure non sono fondate e devono essere rigettate.

Non può essere, prima di tutto, condivisa la doglianza relativa alla pretesa erroneità della quantificazione della sanzione per l’applicazione del regime del cumulo materiale delle diverse violazioni rilevate (ben 43), in luogo del cumulo giuridico.

Le condotte di mancata registrazione da parte dell’intermediario dei titoli assicurativi e di mancata rimessa all’impresa delle somme riscosse a titolo di premio hanno, infatti, avuto, come evidenziato dalla difesa dell’ISVAP, ad oggetto contratti afferenti a diversi rapporti giuridici e, soprattutto, a diversi contraenti o assicurati, con la conseguenza che in relazione a ciascuno di essi si è verificata la lesione del bene giuridico protetto, consistente nella corretta gestione dei titoli assicurativi e dei premi relativi, idonea a pregiudicare la regolare costituzione del rapporto con l’impresa che ha fornito la garanzia.

Da qui l’impossibilità di ricondurre ad un'unica condotta, e, quindi, ad un'unica violazione delle norme di riferimento, i comportamenti ascritti alla ricorrente, che integrano una pluralità di azioni ed omissioni che, stante la loro autonomia strutturale, integrano distinte violazioni.

L'obbligo di separazione patrimoniale è previsto e disciplinato dall'art. 117 del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209, recante il Codice delle Assicurazioni Private, ai sensi del quale "I premi pagati all'intermediario e le somme destinate ai risarcimenti o ai pagamenti dovuti dalle imprese di assicurazione, se regolati per il tramite dell'intermediario, sono versati in un conto separato, del quale può essere titolare anche l'intermediario espressamente in tale qualità, e che costituiscono un patrimonio autonomo rispetto a quello dell'intermediario medesimo."

Il comportamento ascritto alla ricorrente è stato ritenuto integrare, in particolare, la violazione dell'art. 183 del Codice delle Assicurazioni Private, ai sensi del quel "Nell'offerta e nell'esecuzione dei contratti le imprese e gli intermediari devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati".

Tale obbligo trova corrispondente previsione nell'art. 47 del Regolamento ISVAP n. 5 del 2006, (la cui violazione è stata anch’essa contestata alla ricorrente) il quale stabilisce che "Nello svolgimento dell'attività d'intermediazione ed in particolare nell'offerta dei contratti di assicurazione e nella gestione del rapporto contrattuale, gli intermediari devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza, trasparenza e professionalità nei confronti dei contraenti e degli assicurati;
b) osservare le disposizioni legislative e regolamentari, anche rispettando le procedure e le istruzioni a tal fine impartite dalle imprese per le quali operano;
(...) d) agire in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti e degli assicurati.".

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento che connota di illiceità le condotte imputate alla ricorrente e delineati i contorni di tali condotte, non può, come detto, accedersi alla prospettazione di parte ricorrente che tende a ricondurle ad un'unica violazione riferita all'esercizio della propria attività nel suo complesso, dovendo attribuirsi ai suddetti comportamenti autonomia strutturale ed autonoma portata offensiva del bene giuridico protetto dalle illustrate norme - da individuarsi nella stabilità finanziaria del sistema assicurativo e nella trasparenza delle transazioni contrattuali - con la conseguenza che ciascun comportamento integra una distinta violazione di tali norme, discendendo da ciò la correttezza dell'avvenuta applicazione del cumulo materiale delle sanzioni.

L’inerenza dei comportamenti all'esercizio dell'attività professionale svolta dalla ricorrente non vale, all'evidenza, ad unificare le condotte nell'ambito di un'unica violazione, costituendo piuttosto l'inerenza del comportamento illecito all'attività assicurativa il presupposto per la soggezione agli obblighi previsti dalle illustrate norme.

Va, inoltre, aggiunto che la mancata rimessa all'intermediario principale dei premi assicurativi incassati in nome e per conto della società mandante e la temporanea appropriazione, da parte della ricorrente, dei premi incassati confondendoli con il proprio patrimonio, con violazione dell'obbligo di separazione patrimoniale, vulnera l'equilibrio finanziario sul quale si basa il procedimento assicurativo rispondente all'interesse generale della funzione sociale dell'assicurazione, pregiudicando al contempo l'interesse alla tempestiva provvista in favore dell'intermediario principale e quello dei contraenti alla corretta e certa definizione dei rapporti intercorrenti con l'impresa di assicurazione.

L'obbligo di separazione patrimoniale risponde, poi, allo scopo di tenere distinti i premi assicurativi e le somme destinate ai risarcimenti dalle altre somme in modo da sottrarli ad eventuali aggressioni da parte di creditori diversi dall'impresa mandante o dagli aventi diritto al risarcimento.

La sottolineata autonomia strutturale e l'autonoma capacità offensiva delle condotte imputate alla ricorrente, non unificabili sotto il profilo funzionale, né sotto quello temporale, non consente, quindi, di ritenere integrati i presupposti per potersi fare luogo all'applicazione del concorso formale di illeciti, ai cui fini è necessaria un'unica condotta per effetto della quale viene violata più volte la medesima disposizione normativa o vengono violate più norme.

Coerentemente con tale quadro, il sistema sanzionatorio delineato dal Codice delle Assicurazioni, contenuto, con riguardo agli intermediari di assicurazione, nel Titolo XVIII, Capo VI, e Capo VII, artt. 324 e ss., prevede che a) l’inosservanza di talune disposizioni (tra cui quelle contestate alla ricorrente) sia punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro mille ad euro diecimila (art. 324, comma 1);
b) nei casi di particolare gravità o di ripetizione dell’illecito, i limiti minimo e massimo della sanzione di cui al comma 1 siano raddoppiati (art. 324 comma 2);
il regime del cumulo giuridico sia limitato ai casi di concorso formale nell’illecito o, per gli illeciti in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, di continuazione (art. 326 comma 5), giusta applicazione dell’art. 8 della l.n. 689/1981.

L'art. 8 della legge n. 689 del 1981 - che nel disciplinare le ipotesi di più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative prevede, al comma 1, che "Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono, sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo" – consente, a sua volta, il cumulo giuridico delle sanzioni solo nel caso di concorso formale di illeciti amministrativi, in cui con un'unica condotta, omissiva o commissiva, si viola più volte la stessa disposizione normativa o con cui si viola una pluralità di disposizioni normative, e non anche nel caso di concorso materiale di illeciti amministrativi, in cui con più condotte si viola più volte la stessa disposizione normativa, o con cui si violano più disposizioni normative, come avviene nella fattispecie in esame, in cui deve escludersi, per le ragioni dianzi illustrate, la possibilità di ricondurre unitariamente le singole condotte poste in essere dal ricorrente ad un'unica violazione, integrando le stesse autonome violazioni degli obblighi stabiliti dalle norme di riferimento.

Con riguardo all'ambito di applicazione, nel sistema sanzionatorio amministrativo, del cumulo materiale e del cumulo giuridico delle sanzioni in riferimento al concorso materiale ed al concorso formale di illeciti, la giurisprudenza (ex plurimis: TAR Lazio - Roma - Sez. I - 20 gennaio 2010 n. 633;
21 giugno 2010 n. 19659;
11 febbraio 2009 n. 2133;
7 settembre 2001 n. 7236;
Sez. III - 8 aprile 2010 n. 5873;
Cassazione Civile - Sez. I - 28 dicembre 2004, n. 24060;
Sez. Lav. - 6 ottobre 2008 n. 24655) è ferma nel ritenere che la previsione del cumulo giuridico tra sanzioni di cui all'art. 8 della legge n. 689 del 1981 è riferibile alla sola ipotesi di concorso formale, omogeneo od eterogeneo, tra le violazioni contestate, ovvero alle ipotesi in cui violazioni plurime siano commesse con un'unica azione od omissione e non ad una fattispecie come quella oggetto del presente giudizio.

Legittimamente, quindi, la resistente Amministrazione ha contestato alla ricorrente una pluralità di condotte illecite, poste in violazione delle norme dettate dall’art. 183 del Codice delle Assicurazioni Private e dall’art.47 del Regolamento ISVAP n. 5 del 2006, commisurando la relativa sanzione alle singole infrazioni accertate ed applicando per ciascuna di esse il minimo edittale, senza che venga in alcun modo in rilievo, al riguardo, la questione di una pretesa errata applicazione dell’art. 324 commi 1 e 2 del Codice delle Assicurazioni, come sostenuto dalla ricorrente.

A conferma della correttezza della determinazione assunta dall'ISVAP interviene anche la disposizione dettata dall'art. 327 del D.Lgs. n. 209 del 2005, la quale prevede che, nel caso in cui siano accertate più violazioni della stessa disposizione per la quale sia prevista l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, attraverso una pluralità di azioni od omissioni la cui reiterazione sia dipesa dalla medesima disfunzione dell'organizzazione dell'impresa o dell'intermediario, venga assegnato un termine per l'eliminazione delle disfunzione riscontrata;
(solo) in questo caso, l'adozione delle misure correttive comporta l'applicazione di un'unica sanzione amministrativa, sostitutiva di quelle derivanti dalla violazione della medesima disposizione, determinata nella misura non inferiore a 50.000 euro.

Si tratta di ipotesi, espressamente prevista e disciplinata, di concorso formale di illeciti applicabile unicamente ai casi in cui il fenomeno violativo, pur articolatosi in una pluralità di infrazioni alla medesima disposizione di legge, sia originato da un medesimo disordine organizzativo, e, quindi, dell’introduzione da parte della descritta disposizione di una deroga alla regola del cumulo materiale di sanzioni, la cui vigenza ed operatività viene conseguentemente confermata dalla disciplina di settore anche con specifico riferimento all'ordinamento assicurativo.

Parimenti non condivisibili sono le doglianze articolate dalla ricorrente in relazione agli asseriti vizi procedimentali che avrebbero vulnerato il suo diritto di difesa e, in particolare, in rapporto all’inserimento nell’istruttoria procedimentale della nota ISVAP del 7.07.2010, anteriore alla formale contestazione degli illeciti.

L’intervento dell’Autorità di Vigilanza è stato, in verità, intrapreso in relazione alla comunicazione da parte del broker di interruzione del rapporto di collaborazione con la ricorrente, comunicazione avvenuta molto tempo dopo il verificarsi dei fatti comunicati.

L’Amministrazione, in seguito alla ricezione di una informativa di vigilanza recante elementi di possibile rilevanza sanzionatoria, ha subito chiesto chiarimenti all’interessata, ma tale condotta, lungi dall’aver menomato le facoltà difensive della ricorrente, appare aver avuto, in realtà, una concreta utilità per la ricorrente stessa, che è stata tempestivamente informata delle criticità rilevate ai fini della progressiva definizione dei fatti ascrittile, avendo avuto fin da quel momento la possibilità di svolgere pienamente le sue difese.

Quanto al contenuto del provvedimento, i rilievi del broker hanno costituito solo la fonte di apprensione per l’Amministrazione della notizia di fatti di possibile rilievo sanzionatorio, essendo, poi, l’istruttoria stata correttamente condotta dall’ISVAP in base a tutti gli elementi accertati in seguito alla contestazione formale delle violazioni.

Devono essere, infine, respinte anche le ultime censure svolte dalla ricorrente in rapporto al fatto che le violazioni a lei ascritte avrebbero dovuto essere, semmai, imputate in via solidale anche al broker, sulla base del disposto dell’art. 325 del Codice delle Assicurazioni.

Il richiamo a tale norma che, circa i destinatari delle sanzioni amministrative pecuniarie, al primo comma, chiarisce che le stesse si applicano nei confronti delle imprese di assicurazione o di riassicurazione e degli intermediari responsabili delle violazioni, ad eccezione di quelle del capo V che sono irrogate nei confronti delle persone fisiche e, al secondo comma, disciplina le condizioni ed i casi nei quali le sanzioni vengono irrogate non alle imprese (comunque responsabili civili, salvo rivalsa), ma ai loro dipendenti e collaboratori (quando le imprese dimostrino “che la violazione è stata commessa da propri dipendenti o collaboratori, con abuso dei doveri di ufficio e per trarne personale vantaggio”) è, in verità, inconferente perché nell’ipotesi in questione si tratta di illeciti commessi direttamente da una persona fisica e non di illeciti commessi in ambito societario, essendo la ricorrente una collaboratrice ed il broker l’intermediario di primo livello.

L’influenza della richiesta da parte del broker di un anticipo alla collaboratrice è stata, poi, espressamente considerata dall’Amministrazione nella graduazione della sanzione e nell’applicazione del minimo edittale per ogni violazione, ritenuta, comunque, di lieve entità.

In conclusione, il ricorso deve essere, come anticipato, integralmente respinto.

Per la particolarità e la complessità della controversia sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare le spese di lite.

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