TAR Torino, sez. I, sentenza 2018-03-19, n. 201800321
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Testo completo
Pubblicato il 19/03/2018
N. 00321/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01272/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1272 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Mauro Milan, con domicilio eletto presso il di lui studio in Torino, via Buozzi, 3;
contro
Comune di Torino non costituito in giudizio;
Per:
la condanna del Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, al risarcimento di tutti i danni causati ai signori -OMISSIS- e segnatamente: quanto ai danni patrimoniali, condannarsi il Comune di Torino al risarcimento della somma di euro 1.991,73; quanto al danno morale e al danno esistenziale patito, condannarsi il Comune di Torino nella somma che sarà ritenuta di giustizia ai sensi degli artt. 2056-1226 c.c.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza smaltimento del giorno 20 dicembre 2017 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso depositato il 23 novembre 2011 i ricorrenti in epigrafe indicati hanno agito in giudizio per sentir dichiarare la responsabilità del Comune di Torino in relazione alla “dispersione” dei resti della salma del di loro -OMISSIS-, avvenuta, presumibilmente, in occasione delle operazioni preliminari di escavazione che avevano preceduto l’esumazione della salma, fissata per il giorno 8 aprile 2004.
2. In particolare, la Procura della Repubblica, che aveva aperto una indagine a seguito di denuncia sporta da uno dei ricorrenti, escussi alcuni testimoni ricostruiva la vicenda, dalla quale emergeva che nella fase di escavazione preliminare la benna utilizzata dagli operai aveva, con ogni probabilità, sollevato erroneamente anche la parte superiore della bara contenente la salma del sig. -OMISSIS-, lasciando a terra solo il fondo di essa. Effettuata inoltre una ricerca per verificare la presenza di resti umani nei depositi di terra provenienti dalla escavazione, si doveva prendere atto della impossibilità di recupere e/o individuare quelli appartenenti alla salma del -OMISSIS- degli odierni ricorrenti.
3. Il Tribunale civile di Torino, adìto dagli odierni ricorrenti al fine di ottenere il ristoro dei danni patiti, con sentenza n. 759/2010 ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. Conseguentemente essi hanno riproposto la domanda innanzi questo Tribunale sostenendo:
- la colpa del Comune, insita nel non aver adeguatamente monitorato sull’operato della ditta incaricata di eseguire le esumazioni;
- di aver subito un danno patrimoniale di E. 1991,73, rinveniente dall’esborso di E. 900,01 per spese di esumazione, Euro 591,72 quale canone per la stipula di una nuova concessione di 40 anni, ed infine Euro 500,00 per l’attività di consulenza svolta dal professionista al quale i ricorrenti si sono rivolti per stabilire se i resti umani rinvenuti fossero quelli del loro -OMISSIS-. I ricorrenti hanno altresì chiesto il risarcimento del danno morale e/o non patrimoniale.
4. Il Comune di Torino non si è costituito nella presente fase processuale ed il ricorso è stato chiamato ed introitato a decisione alla pubblica udienza del 20 dicembre 2017.
5. Esso è fondato e va accolto.
6. In punto di fatto non è contestato che i resti -OMISSIS-dei ricorrenti sia stata rimossa e “dispersa” in occasione delle operazioni di escavazione effettuate nel cimitero da parte di ditta appaltatrice del Comune di Torino.
7. Neppure è contestabile che al Comune di Torino possa essere ascritta una responsabilità per omessa vigilanza nel predetto accadimento.
7.1. Precisa il Collegio che parte ricorrente nelle proprie conclusioni non ha richiamato specificamente la norma in base alla quale chiede la condanna del Comune al risarcimento del danno: il Collegio ha quindi il potere ed il dovere, in base al principio UR OV IA , di qualificare autonomamente la domanda, in base all’esame globale del ricorso: ebbene, alle pagine 9 e 10 di tale atto viene evocata espressamente la omessa diligenza del Comune nel vigilare sulle operazioni della ditta appaltatrice, e pertanto la domanda dei ricorrenti deve ritenersi fondata sull’art. 2051 c.c.
Occorre a questo punto sul punto rammentare che la responsabilità per custodia, che abbia ad oggetto un’area o un edificio, viene esclusa solo ove risulti che essa è stata trasferita in modo totale ad altro soggetto, per effetto di un contratto che abbia rilevanza per l’ordinamento giuridico; ove il titolo di trasferimento della custodia sia costituito da un contratto d’appalto pubblico occorre quindi dimostrare, al fine di escludere la perdurante responsabilità per custodia della stazione appaltante, che questa ultima sia stata privata in maniera completa della possibilità di esercitare la custodia, la quale si esplica prima di tutto nella possibilità accedere all’area o all’edificio interessato dai lavori e di verificare l’andamento dei lavori. Sul punto si veda anche la pronuncia della Cass. Civ., Sez. III, n. 15882 del 25/06/2013, la quale ha affermato che “ In tema di danni determinati dall'esistenza di un cantiere stradale, qualora l'area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area risponde esclusivamente l'appaltatore, che ne è l'unico custode. Allorquando, invece, l'area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione,