TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-05-12, n. 202205934

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-05-12, n. 202205934
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202205934
Data del deposito : 12 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/05/2022

N. 05934/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02485/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2485 del 2017, proposto da
ATAC S.p.A. Azienda per la Mobilità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Bernardo n.101;

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. A F in Roma, via Cremera n.11;

per l'accertamento

- del mancato rispetto, da parte della Regione Lazio, dell'obbligo di adeguamento annuale - per il periodo 2004/2011 - delle tariffe del sistema integrato Metrebus, previsto dall'art.13 della Legge Regione Lazio n. 1/1991 nonché dagli artt. 6 e 30-bis, comma 4, della Legge Regione Lazio n.30/1998;

e per la condanna

- della Regione Lazio al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi da Atac S.p.A.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2022 il dott. S Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con atto di citazione notificato in data 29 novembre 2012, ATAC S.p.A. conveniva dinnanzi al Tribunale Ordinario di Roma la Regione Lazio.

Premettendo di essere gestore del servizio di trasporto pubblico locale, rappresentava di aver aderito, unitamente al Consorzio COTRAL ed a F.S. (successivamente, riuniti nel Consorzio Metrebus), al c.d. sistema tariffario integrato , istituito dalla Regione Lazio con deliberazione di Giunta n. 8171/1994, in base al quale i soggetti gestori di servizi pubblici di trasporto urbani ed extraurbani devono consentire l’utilizzazione di biglietti o titoli di viaggio integrati, che permettano cioè agli utenti di fruire, grazie ad un unico titolo di viaggio, relativamente all’intera rete ovvero a più linee o percorsi, dei collegamenti esercitati dai diversi gestori.

Atac lamentava l’omesso adeguamento, da parte della Regione Lazio, delle tariffe del sistema integrato Metrebus, così come previsto dall’art. 13 della L.R. n. 1/1991 nonché dagli artt. 6 e 30-bis, comma 4, della L.R. n. 30/1998 (modificati dalla L.R. n. 16/2003).

In particolare, rilevava come, ai sensi delle citate norme, la Regione fosse tenuta, con cadenza annuale, a disporre l’adeguamento delle tariffe del sistema integrato al tasso di inflazione programmata fissato dal Governo nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria. Obbligo che sarebbe stato totalmente disatteso dall’Ente – malgrado i numerosi solleciti – per gli anni dal 2004 al 2011, con conseguente grave danno patrimoniale per Atac, quantificabile nella differenza fra le somme percepite per la vendita dei titoli di viaggio e quanto, invece, in base alle citate disposizioni di legge, avrebbe dovuto introitare se la Regione Lazio avesse disposto il previsto adeguamento annuale delle tariffe integrate al tasso di inflazione programmata. Tenuto conto del valore degli incassi per i titoli integrati di viaggio venduti nel periodo in contestazione e del valore dell’inflazione programmata prevista per gli anni medesimi, il danno subito dal Consorzio Metrebus veniva calcolato in complessivi € 189.278.713,00, di cui la quota incassi spettante ad Atac (comprensiva della quota della società METRO, ora incorporata) pari a € 140.226.856,00.

1.2. Si costituiva in giudizio la Regione Lazio la quale preliminarmente eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo.

1.3. Con sentenza n. 22555/2016, pubblicata il 05/12/2016, il Tribunale Ordinario di Roma ha dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, ritenendo sussistente la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ai sensi dell’art. 133, 1° 5 comma, lett. c), c.p.a in quanto la controversia attiene alla materia dei servizi pubblici di trasporto.

1.4. Pertanto, con ricorso notificato a mezzo posta raccomandata, spedito il 3 marzo 2017 e depositato il 16 marzo 2017, ATAC ha riassunto il giudizio dinanzi a questo TAR , insistendo nella domanda di accertamento e nella conseguente condanna della Regione Lazio al risarcimento dei danni, fondata sulla previsione normativa dell’art. 30 bis, come aggiunto dalla l.r. n. 16/2003 alla l.r. n. 30/1998, a tenore del quale “La Regione, ai sensi della l.r. 1/1991, stabilisce ogni anno gli adeguamenti delle tariffe integrate in base al criterio di cui al comma 3, lettera a)”., ossia al “ tasso di inflazione programmata fissato dal Governo nell'ultimo documento di programmazione economico-finanziaria ”.

1.5. In data 8 maggio 2017 si è costituita in giudizio la Regione Lazio, depositando memoria di costituzione con la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso instando comunque per la sua reiezione nel merito.

1.6. In vista dell’udienza pubblica di trattazione del ricorso entrambe le parti hanno depositato memorie e repliche.

1.7. Alla pubblica udienza del 25 marzo 2022, dopo discussione dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla Regione sul rilievo che Atac non avrebbe mai azionato il rimedio giudiziale del silenzio per costringere la Regione ad adeguare annualmente le tariffe del trasporto.

La questione, infatti, non incide in termini di ammissibilità in astratto dell’azione di accertamento dell’obbligo della Regione di provvedere annualmente sull’adeguamento tariffario, quanto piuttosto, nel merito, sulla verifica della sussistenza di tutti i necessari presupposti dell’azione risarcitoria, in particolare in relazione al nesso di causalità.

3. Nel merito il ricorso è infondato.

4. La tesi sostenuta in ricorso dall’Atac è che la Regione Lazio, per espressa previsione di legge regionale, deve provvedere alla determinazione delle tariffe dei titoli di viaggio emessi dai gestori, nonché all’adeguamento delle stesse tariffe integrate, secondo le cadenze temporali ed i criteri definiti a livello legislativo.

Più precisamente sostiene che la Regione avrebbe il preciso obbligo di riconoscere periodicamente, a cadenza annuale, l’adeguamento delle tariffe integrate e che la misura di tale adeguamento sarebbe già indicata dalla stessa legge con riferimento al tasso di inflazione programmato.

Deduce infatti che la Legge Regione Lazio n. 1 del 12 gennaio 1991 dispone, al comma 2 dell’art. 13, rubricato “Sistema tariffario integrato per i servizi urbani ed extraurbani”, che: “La Regione, relativamente al sistema tariffario integrato: a) stabilisce gli standard tecnici di riferimento per i singoli sistemi di gestione, emissione e validazione dei titoli, cui devono conformarsi i soggetti di cui al comma 1, che garantiscano: 1) l’accessibilità ed il controllo dei dati primari da parte di tutti i partecipanti al sistema tariffario integrato;
2) la interoperabilità e la connettibilità dei singoli sistemi di gestione;
3) la mutua assistenza nelle operazioni di connessione;
b) controlla il funzionamento dei sistemi di bigliettazione automatica; c) determina le tariffe integrate ed i relativi adeguamenti; d) ripartisce i proventi delle tariffe integrate tra i soggetti gestori nel caso di mancato accordo tra gli stessi;
e) può gestire, direttamente ovvero attraverso l’affidamento a terzi o avvalendosi di una società appositamente costituita, il sistema tariffario integrato regionale” (art. 13).

Sempre con riferimento alla determinazione delle tariffe ed al relativo adeguamento, la L.R. Lazio n. 30 del 16 luglio 1998 (come modificata dalla L.R. Lazio n. 16 del 16 giugno 2003) stabilisce, all’art. 6, rubricato “Funzioni e competenze della Regione”, che “ la Regione, in materia di trasporto pubblico locale svolge le funzioni e i compiti che richiedono l’esercizio unitario ed in particolare: g) stabilisce, nell’ambito del programma triennale di cui all’articolo 18, le modalità per la determinazione delle tariffe” e, all’art 18, che “la Giunta regionale, sulla base delle indicazioni del PRT, sentite le organizzazioni sindacali, nonché le associazioni degli utenti e dei consumatori, adotta il programma triennale dei servizi di trasporto pubblico locale contenente:... b) l'integrazione modale e tariffaria;... d) le modalità di determinazione delle tariffe”.

Infine la medesima L.R. n. 30/98 chiarisce, poi, all’art 30-bis, “Adeguamenti tariffari”, che:

“1. Fermi restando i principi in materia tariffaria definiti dal titolo IV della legge regionale 12 gennaio 1991, n. 1 (Disposizioni di prima attuazione per la regolamentazione delle materie di cui all’articolo 3 della legge 10 aprile 1981, n. 151 ed indirizzi circa i sistemi tariffari da applicarsi sui servizi di pubblico trasporto di persone di interesse locale), l'adeguamento delle tariffe non integrate viene richiesto dalle imprese esercenti agli enti affidanti entro il 30 settembre di ogni anno. L’ente affidante si pronuncia sulla richiesta entro novanta giorni, sulla base delle modalità stabilite dalla Regione ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera g) ed in conformità alle indicazioni di 11 cui al comma 2.

2. L’ente affidante adegua le tariffe non integrate con il metodo del price-cap, inteso come limite massimo della variazione di prezzo vincolata per il periodo di durata dell’affidamento, in analogia a quanto stabilito dalla legge 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità). 3. L’adeguamento di cui al comma 2, tiene conto, in particolare, dei seguenti criteri: a) tasso di inflazione programmata fissato dal Governo nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria;
b) obiettivo di variazione del tasso annuale di produttività, prefissato per il periodo di durata del contratto di servizio;
c) obiettivo di miglioramento degli standard di qualità del servizio erogato alla clientela prefissati per il periodo di validità del contratto di servizio.

4. La Regione, ai sensi della l.r. 1/1991 , stabilisce ogni anno gli adeguamenti delle tariffe integrate in base al criterio di cui al comma 3, lettera a)” .

Ricostruito così il quadro normativo regionale di riferimento, l’Atac sostiene che ai sensi delle citate disposizioni la Regione Lazio avrebbe dovuto provvedere – essendo suo preciso obbligo – alla determinazione delle tariffe dei titoli unificati di viaggio a tariffa integrata Metrebus Roma e Lazio, nonché ai relativi adeguamenti annuali. E lamenta, tuttavia, che l’Amministrazione regionale, dopo avere stabilito nel corso del 2003 le suddette tariffe dei titoli di viaggio Metrebus Roma e Lazio, avrebbe poi omesso ingiustificatamente, per tutti gli anni successivi e nonostante i ripetuti solleciti presentati a tal fine da ATAC (anche in nome e per conto delle altre due aziende costituenti il Consorzio), di disporre gli adeguamenti tariffari prescritti dalle citate disposizioni di legge.

5. Il ricorso è infondato.

Deve opportunamente premettersi che i rapporti tra Enti territoriali e gestori del servizio di Trasporto pubblico locale sono disciplinati da un “contratto di servizio” nell’ambito dei quali deve essere garantito l’equilibrio della gestione delle aziende di trasporto, attraverso la compensazione degli oneri conseguenti all’applicazione del regime tariffario (Regolamenti CEE 26 giugno 1969, n. 1191 e 23 ottobre 2007 n. 1370).

L’art. 18 del Decreto Legislativo 422/97 prevede espressamente al primo comma l’obbligo di disciplinare lo svolgimento del servizio mediante contratti di servizio: “1. L'esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, è regolato, a norma dell'articolo 19, mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni. L'esercizio deve rispondere a principi di economicità ed efficienza, da conseguirsi anche attraverso l'integrazione modale dei servizi pubblici di trasporto.”

L’art. 18, comma 2°, del Decreto Legislativo 422/97 ha inoltre espressamente previsto che le tariffe debbano essere determinate in analogia a quanto previsto dall'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, ovvero con il metodo del price cap “Salvo quanto previsto dall'articolo 3 e unitamente ad altri criteri di analisi e valutazioni, i parametri di cui al comma 12, lettera e), che l'Autorità fissa per la determinazione della tariffa con il metodo del price-cap, inteso come limite massimo della variazione di prezzo vincolata per un periodo pluriennale, sono i seguenti:

a) tasso di variazione medio annuo riferito ai dodici mesi precedenti dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT;

b) obiettivo di variazione del tasso annuale di produttività, prefissato per un periodo almeno triennale.

Il successivo art.19 dispone poi (tra l’altro) che i contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari: “ 19. Ai fini di cui al comma 18 si fa altresì riferimento ai seguenti elementi: a) recupero di qualità del servizio rispetto a standards prefissati per un periodo almeno triennale;
b) costi derivanti da eventi imprevedibili ed eccezionali, da mutamenti del quadro normativo o dalla variazione degli obblighi relativi al servizio universale;
c) costi derivanti dall'adozione di interventi volti al controllo e alla gestione della domanda attraverso l'uso efficiente delle risorse”.

Orbene, analoga disciplina è contenuta nella Legislazione emanata dalla Regione Lazio, in particolare nella Legge Regionale 16 luglio 1998 n. 30 (art. 24).

Il Legislatore statale ha infatti demandato il potere di legiferare alle Regioni, preoccupandosi tuttavia: di imporre un recupero di efficienza delle aziende di trasporto, di calmierare i prezzi prevedendo quindi che le Tariffe debbano essere adeguate tenendo conto dei risultati conseguiti in termini di efficienza, e che non possano essere aumentate in misura superiore al tasso di inflazione programmata.

5.3. Riassunto così il quadro normativo di riferimento, l’azione di accertamento proposta dall’Atac è fondata sull’applicazione dell’art. 30-bis, commi 3, lettera a), e 4 della legge regionale n. 30/1998.

Atac infatti ricava il presunto obbligo della Regione di adeguare con cadenza annuale le tariffe integrate dalla lettura del comma 4 dell’art. 30-bis della L.R. 30/98 il quale recita: “4. La Regione, ai sensi della l.r. 1/1991, stabilisce ogni anno gli adeguamenti delle tariffe integrate in base al criterio di cui al comma 3, lettera a)”, il quale ultimo fissa l’entità dell’adeguamento nel “tasso di inflazione programmata fissato dal Governo nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria”.

Ritiene il Collegio che alla stregua della normativa statale e comunitaria che regola la materia e dalla lettura della norma regionale può ricavarsi quanto segue:

1) Un primo rilievo di carattere testuale depone nel senso che l’adeguamento delle tariffe non è automatico ma è invece rimesso alla Regione, la quale esercita un potere che evidentemente deve ritenersi discrezionale;
se, infatti, si ritenesse che l’adeguamento dovesse essere necessariamente deliberato ogni anno in misura pari al tasso di inflazione, ciò poteva e doveva essere disposto direttamente dal legislatore come meccanismo automatico senza la necessità di alcuna intermediazione dell’Ente regionale;
mentre invece la norma rimanda il suddetto adeguamento ad un provvedimento della Regione e lo rimette in sostanza al soggetto pubblico e, dunque, ad una sua valutazione comunque discrezionale.

2) A riprova di quanto testé affermato è indicativa la disciplina prevista dal legislatore per l’adeguamento dei diritti aereoportuali in margine alla quale Cass. civ., Sez. Unite, 06/09/2013, n. 20566, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario. Ed invero, l’art. 2, comma 190, della 23 dicembre 1966 n. 662, comma poi abrogato dall’art 11-nonies, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, prevede che i diritti aeroportuali “sono aumentati annualmente con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nella misura pari al tasso di inflazione programmata determinato dal Governo nel documento di programmazione economico-finanziaria”. In questo caso, infatti, l’adeguamento è previsto direttamente dalla legge e non sussiste alcuna discrezionalità o valutazione da parte del soggetto pubblico e il riferimento al tasso di inflazione non è qui un criterio di valutazione rimesso alla mano pubblica, come nel caso delle tariffe per il trasporto locale, bensì un parametro fisso e vincolato che deve essere solo recepito in un decreto ministeriale.

3) Come già statuito dalla giurisprudenza amministrativa: “Alla luce del quadro normativo vigente, si deve escludere che l’aggiornamento delle tariffe del servizio di trasporto pubblico locale (art. 26 L. R. Lombardia 29 ottobre 1998, n. 22) e l’istituzione e l’adeguamento del fondo regionale trasporti per il pagamento dei contributi di esercizio (art. 20 D. Lgs. 19 novembre 1997, n. 422) siano oggetto di un atto dovuto della Regione e di meccanismi automatici: la posizione vantata dalle società concessionarie del trasporto locale va dunque qualificata come interesse legittimo e non di diritto soggettivo” (Cons. Stato, Sez. VI, 27 gennaio /2003, n. 438).

4) Ancora è stato statuito che “In materia di pubblici trasporti in concessione, la pretesa delle società concessionarie all’adeguamento tariffario ha una rilevanza meramente procedimentale, nel senso che esse hanno bensì un interesse qualificato a vedere avviato e concluso il procedimento amministrativo preordinato alla ponderazione degli interessi generali e particolari implicati nella revisione del sistema vigente dei prezzi e delle tariffe dei trasporti pubblici in concessione, ma non anche un interesse tutelato ad ottenere l’aumento delle proprie tariffe in misura proporzionale alle singole esigenze aziendali” Cons. Stato, Sez. VI, 26 febbraio 1982, n. 100).

5) D’altra parte che gli adeguamenti tariffari non possono consistere in una automatica maggiorazione del prezzo dei titoli di viaggio lo si ricava anche dalla considerazione che il prezzo di un biglietto originariamente fissato in 1,00 euro, secondo la tesi dell’ATAC, avrebbe dovuto essere adeguato di anno in anno secondo il tasso di inflazione programmata e pertanto avrebbe dovuto essere fissato in € 1,017 nel 2004, € 1,033 nel 2005, € 1,052 nel 2006 e così via;
il che oltre a non trovare corrispondenza nel dettato normativo, evidentemente non pare nemmeno concretamente praticabile. Ed infatti la Regione, con la delibera di Giunta n. 654 del 28/12/2011, ha proceduto ad una complessiva rimodulazione delle tariffe, tenendo conto del tasso di inflazione ma con riferimento ad un periodo apprezzabile di tempo 2004-2011.

Se ne ricava, in definitiva, che l’adeguamento non è automatico, non imponendo la norma un parametro predeterminato, né inderogabile, dal quale cioè la Regione non potrebbe in alcun caso discostarsi;
mentre invece è previsto che la Regione possa fare riferimento, se del caso, al “ tasso di inflazione programmata fissato dal Governo nell’ultimo documento di programmazione economico-finanziaria ” laddove il riferimento al tasso di inflazione programmata costituisce soltanto un criterio di riferimento e valutazione (e, al contempo, anche un tetto agli incrementi tariffari) posto quale misura di programmazione economica, non costituendo invece una previsione di incremento degli introiti a favore delle aziende di trasporto.

A questo riguardo va posta attenzione al fatto che tutte le norme comunitarie, statali e regionali dispongono nel senso che i rapporti tra Ente affidatario del servizio e gestore del servizio di TPL devono essere disciplinati da un contratto di servizio. Il Regolamento CEE 26 giugno 1969, n. 1191 e il successivo Regolamento 23 ottobre 2007 n. 1370 dispongono al riguardo che l’equilibrio della gestione delle aziende di trasporto deve essere garantito all’interno dei contratti di servizio, attraverso la compensazione degli oneri conseguenti all’applicazione del regime tariffario: poiché l’espletamento del servizio di trasporto pubblico comporta costi che non vengono coperti dalle tariffe, i gestori del servizio devono ricevere una compensazione tale da garantire l’equilibrio della gestione.

Gli stessi principi sono contenuti negli articoli 18 e 19 del decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422. L’art. 18 prevede espressamente l’obbligo di disciplinare lo svolgimento del servizio mediante contratti di servizio. Il successivo articolo 19 dispone (tra l’altro) che i contratti di servizio assicurano la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili, al netto dei proventi tariffari. Analoga disciplina è contenuta nella Legislazione emanata dalla Regione Lazio, in particolare nella Legge Regionale 16 luglio 1998 n. 30 (art. 24).

Deve allora osservarsi che soltanto il Gestore del servizio può avere contezza della necessità dell’adeguamento delle tariffe rispetto al più generale equilibrio finanziario che deve perseguire nell’ambito del contratto di servizio, tenuto anche nel debito conto che i costi del trasporto pubblico locale sono in gran parte finanziati con risorse pubbliche, mentre i proventi tariffari (cioè gli introiti derivanti dal pagamento dei titoli di viaggio da parte degli utenti) coprono solo una parte dei costi di esercizio.

Sotto questo profilo deve osservarsi che nel tempo sono state concesse alle aziende di trasporto una serie di agevolazioni, che hanno fatto gravare sullo Stato e sulle Regioni gli incrementi di costo derivanti dal rinnovo dei contratti di lavoro dal 2002 in poi, o che hanno disposto una compartecipazione delle Regione al gettito delle accise sul gasolio per autotrazione, da distribuire nell’ambito dei contratti di servizio.

Ne consegue che l’equilibrio della gestione va verificato nel suo complesso, nell’ambito del contratto di servizio e che gli adeguamenti tariffari non possono consistere in una automatica maggiorazione del prezzo dei titoli di viaggio ma devono essere disposti dalla Regione su richiesta del Gestore.

6. Per tutto quanto precede la domanda di accertamento proposta da Atac è infondata nei suoi presupposti, non sussistendo alla base alcun obbligo della Regione di provvedere d’ufficio all’adeguamento della tariffa di trasporto integrata, anno per anno e nella misura del tasso di inflazione programmato.

Non sussiste in altre parole il postulato inadempimento della Regione costituente il presupposto della connessa azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto ex art. 30 c.p.a.

7. Dall’infondatezza della domanda di accertamento consegue, pertanto, l’infondatezza della domanda risarcitoria proposta da Atac, che nell’accoglimento della prima trovava il suo fondamento.

Non appare tuttavia ultroneo rilevare che la domanda risarcitoria sarebbe in ogni caso infondata per ulteriori ed autonome ragioni.

7.1. Sotto un primo profilo deve rilevarsi che ATAC, nonostante lamenti in ricorso che la Regione non avrebbe provveduto nonostante i numerosi solleciti, in realtà documenta di avere avanzato un’unica richiesta di adeguamento delle tariffe con nota prot. 0154916 del 03/10/2010, peraltro soltanto perché compulsata da Trenitalia di attivarsi presso la Regione Lazio;
con la suddetta nota si è limitata a inoltrare, dichiarando di condividerne il contenuto, la generica richiesta di adeguamento della tariffa integrata promanante, appunto, da Trenitalia la quale evidenziava che “L’adeguamento tariffario dovrà garantire l’aggiornamento di tutte le tariffe integrate (sia Roma che Lazio) e permettere il recupero completo dell’inflazione anche per quelle che, nel tempo, non hanno avuto adeguamenti o li hanno avuti solo parzialmente” (difatti con la delibera di Giunta n. 654 del 28/12/2011 la Regione ha provveduto in tal senso stabilendo la nuova tariffa sulla scorta del tasso di inflazione calcolato per tutto il periodo in contestazione).

Risulta pertanto che dal 2003 al 2010 ATAC non ha mai richiesto o sollecitato alla Regione Lazio l’adeguamento della tariffa di trasporto integrata Metrebus, né risulta avere mai agito con gli opportuni rimedi giudiziali avverso l’asserita inerzia della Regione posta a fondamento della domanda risarcitoria.

È noto infatti che l'azione disciplinata dall’art. 31, comma 2, c.p.a., sia volta ad accertare l'illegittimità del comportamento omissivo dell'Amministrazione pubblica, ogniqualvolta essa incorra nella violazione dell'obbligo di pronunciarsi mediante un provvedimento espresso, tanto con riferimento ai procedimenti che debbano essere iniziati d'ufficio, quanto ai procedimenti che conseguano obbligatoriamente ad un'istanza di parte.

Orbene, costituisce principio pacifico in giurisprudenza che “L’art. 30, comma 3, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), nel prevedere che nel determinare il risarcimento, il Giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, c.c., afferma che l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza” (Cons. Stato Sez. V, 31/03/2016, n. 1267;
conformi Cons. Stato Sez. IV, 22/11/2016, n. 4901, Cons. Stato Sez. VI, 03/02/2017, n. 466).

Pertanto, considerato il comportamento assolutamente inerte tenuto dall’Atac nel periodo in contestazione, e l'omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti avverso la presunta inerzia in tesi addebitata alla Regione, non sussisterebbero comunque i presupposti per ritenere sussistente il nesso causale tra l’omissione addebitata alla Regione Lazio e l’asserito danno sofferto dall’Atac.

7.2. Sotto altro profilo l’Atac non ha fornito alcuna attendibile prova in ordine all’ammontare del presunto danno, che ha inopinatamente quantificato nella differenza fra le somme percepite per la vendita dei titoli di viaggio e quanto, invece, in base alle citate disposizioni di legge, avrebbe dovuto introitare se la Regione Lazio avesse disposto il previsto adeguamento annuale delle tariffe integrate al tasso di inflazione programmata.

Tenuto conto del valore degli incassi per i titoli integrati di viaggio venduti nel periodo in contestazione e del valore dell’inflazione programmata prevista per gli anni medesimi, la ricorrente ha calcolato il danno subito dal Consorzio Metrebus in complessivi € 189.278.713,00, di cui la quota incassi spettante ad Atac (comprensiva della quota della società Metro, ora incorporata) pari a € 140.226.856,00.

Ed infatti la ricorrente ha prodotto un prospetto ove sono indicati: gli incassi globali effettivamente realizzati e contabilizzati per ciascun anno con riferimento ai titoli di viaggio Metrebus;
gli incassi globali che avrebbe in tesi percepito ove la tariffa fosse stata aggiornata secondo il tasso di inflazione programmata;
in modo da ricavare per differenza i mancati introiti per ciascuna annualità dal 2004 al 2011.

Il Collegio, tuttavia, rileva l’erroneità di tale criterio di calcolo, fondato su una semplicistica equazione che tuttavia appare all’evidenza inappropriata, atteso che gli adeguamenti al tasso di inflazione programmata non riguardano di certo il totale degli incassi annuali ottenuti con la vendita globale dei titoli di viaggio, laddove suscettibili di adeguamento sono soltanto le tariffe o i prezzi di vendita dei singoli titoli di viaggio venduti al pubblico.

Al riguardo la ricorrente non ha specificato quale avrebbe dovuto essere, per ciascun anno, il prezzo al pubblico dei titoli di viaggio, che in base al prospetto da essa stessa prodotto può calcolarsi in € 1,017 per l’anno 2004 (indice 1,7%), € 1,033 per l’anno 2005 (indice 1,6%), e così via, tenuto conto che non residuerebbe alla Regione il potere di arrotondare l’aumento, essendo in tesi la sua attività vincolata anche riguardo all’entità degli adeguamenti, pari al tasso di inflazione programmato per ciascun anno.

Orbene, in disparte le perplessità legate alla concreta praticabilità della vendita al pubblico dei suddetti titoli, rileva che parte ricorrente nulla ha dedotto e provato sulle ricadute - in base a comuni regole di mercato e/o sperimentate politiche dei prezzi - che aumenti tariffari così frazionati possono avere sul volume di vendita dei titoli di viaggio, di modo da dimostrare che sarebbe rimasto invariato il numero di titoli di viaggio complessivamente venduti anno per anno con i conseguenti maggiori incassi da essa ipotizzati.

8. Per tutti i surriferiti motivi il ricorso è infondato e va rigettato.

9. Sussistono giustificati motivi, tenuto conto della relativa novità delle questioni controverse, per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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