TAR Bari, sez. II, sentenza 2022-09-06, n. 202201185
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Pubblicato il 06/09/2022
N. 01185/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00568/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 568 del 2021, proposto da
C S, rappresentato e difeso dall'avvocato V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Gioia del Colle, via Benedetto Croce n. 8;
contro
Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L S e S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad opponendum:
M D B, rappresentato e difeso dall'avvocato G R N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso G R N, in Bari, via N. Piccinni n. 150;
per l'annullamento
- della nota p.e.c. del 26 aprile 2021 - prot. 27650 - V11/1, notificata in data 26 aprile 2021, avente ad oggetto “Selezione, per titoli e discussione pubblica, per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario a tempo determinato, mediante stipula di contratto di lavoro subordinato della durata di 36 mesi, con regime di orario a tempo pieno, ai sensi dell'art. 24, comma 3, lett. b) della Legge 240/2010, per il settore concorsuale 06/F1 - Malattie Odontostomatologiche e il settore scientifico disciplinare MED/28 - Malattie Odontostomatologiche - presso il Dipartimento Interdisciplinare di Medicina (codice concorso R3176/2020)”, con cui la Commissione valutatrice comunicava la sua decisione, assunta il 21 aprile 2021, di escludere il candidato in quanto “… in possesso del solo titolo di Specialità in Chirurgia Odontostomatologica, non sufficiente ai sensi dell'art 2 del bando (D.R. 3176)”;
nonché
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2022 il dott. A G A e uditi per le parti i difensori avv. Rocco Angelo Paccione, su delega dell'avv. V C, per il ricorrente, l'avv. S S, per l'Università di Bari, e l'avv. G R N, per il controinteressato M D B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 18.05.2021 e depositato il 4.06.2021, Saverio Capodiferro adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti meglio indicati in oggetto.
Esponeva in fatto che, con decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Bari in data 13.11.2020, pubblicato in G.U. n. 96 dell’11 dicembre 2020, venivano indette talune procedure di selezione pubblica, per titoli e discussione ai sensi dell’art. 24 comma 3 della Legge n. 240/10, per la copertura di complessivi 26 posti di ricercatore universitario a tempo determinato, mediante la stipula di contratto di lavoro subordinato della durata di 36 mesi.
Tra esse figurava anche quella per la copertura di n. 1 posto di ricercatore universitario a tempo determinato per il settore 06/F1- Malattie Odontostomatologiche e il settore scientifico disciplinare MED/28 - Malattie Odontostomatologiche - presso il Dipartimento Interdisciplinare di Medicina (codice concorso R3176/2020).
L’art. 1 del bando stabiliva che la selezione prevedesse la discussione pubblica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche.
L’art. 8 prevedeva che “ i candidati sono tutti ammessi alla discussione qualora il loro numero sia pari o inferiore a sei. Qualora il numero dei candidati sia superiore a sei, la commissione valuta i candidati comparativamente più meritevoli e ammette alla discussione pubblica dei titoli e della produzione scientifica, un numero di candidati in misura pari al 15 per cento del numero degli stessi e comunque in numero non inferiore a sei unità. L’ammissione avviene formulando motivato giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica ”.
Con domanda n. 430412, il ricorrente trasmetteva in modalità telematica la sua candidatura al detto concorso, allegando altresì i documenti comprovanti il possesso dei requisiti richiesti dal bando.
Nel dettaglio, i requisiti richiesti per partecipare alla selezione erano indicati all’art. 2 dell’atto indittivo in questione, secondo cui: “ Alle procedure selettive possono partecipare coloro che siano in possesso del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, conseguito in Italia o all’estero, ovvero diploma di specializzazione medica in Chirurgia Orale, nonché di uno dei seguenti requisiti:
a) aver usufruito per almeno tre anni dei contratti di cui all’art. 24, comma 3, lettera a), della Legge 30.12.2010, n. 240, senza aver conseguito giudizio negativo;
b) avere conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di I o di II fascia di cui all’art. 16 della Legge n. 240/2010;
ovvero
- di aver usufruito, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca di cui dell’art. 51, comma 6, della legge 27/12/1997, n. 449, e s.m.i., o di assegni di ricerca di cui all’art.22 della Legge 240/2010, o di borse di post-dottorato ai sensi dell’art. 4 della legge 30/11/1989, n. 398, o di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri o di contratti stipulati ai sensi dell’articolo n. 1, comma 14, della legge n. 230/2005;
- di essere in possesso del titolo di specializzazione medica .”.
In relazione al requisito principale richiesto dal bando, il ricorrente presentava il titolo di specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica.
Invece, in relazione al possesso dei requisiti secondari, il ricorrente indicava il possesso dei propri titoli, specificandone la tipologia e i relativi periodi, quali:
- n. 1 assegno di ricerca della durata di anni due svolto presso l’Università degli Studi di Bari, dal titolo “ Analisi immunologica dei peptidi coinvolti nelle principali malattie autoimmuni ad esordio geriatrico nel cavo orale ”, con decorrenza dal 1.07.2005 al 30.06.2007;
- n. 1 contratto di collaborazione coordinata continuativa (co.co.co.) di ricerca con l’Università degli Studi di Bari dal titolo “ Rigenerazione del comparto extracellulare in odontostomatologia e chirurgia maxillo-facciale ”, con decorrenza dal 22.05.2008 al 31.01.2009;
- n. 1 contratto di collaborazione coordinata continuativa (co.co.co.) con l’Università degli Studi di Bari nell’ambito delle attività di un gruppo di ricerca nazionale (Università di Bari, Torino, Ancona) su “ Prevenzione e diagnosi precoce del carcinoma orale e dei suoi precursori: ruolo di oncogeni, oncosoppressori e fattori di crescita ”, con decorrenza dal 15.03.2004 al 14.09.2004.
Con nota del 21 aprile 2021, notificata a mezzo p.e.c. il 26 aprile 2021, prot. n. 27650/V11/1 a firma del Rettore dell’Università degli Studi di Bari, veniva comunicata l’esclusione del ricorrente dalla procedura concorsuale, evidenziandosi in motivazione come il candidato possedesse “ solo il titolo di Specialista in Chirurgia Odontostomatologica, non sufficiente ai sensi dell’art. 2 del Bando (D.R. 3176) ”, così impedendone la sua partecipazione alla seduta per la discussione e valutazione dei titoli e pubblicazioni previste per il 28 aprile 2021.
Insorgeva avverso tale provvedimento l’odierno ricorrente, chiedendone l’annullamento ed articolando avverso il medesimo le seguenti censure:
“- Illegittimità esclusione viziata da eccesso di potere per sviamento di potere, irragionevolezza, ingiustizia grave e manifesta. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 del bando di concorso e violazione del principio del favor partecipationis .
- Illegittimità esclusione viziata eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
- Illegittimità esclusione viziata da eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento.
- Illegittimità esclusione viziata da eccesso di potere per mancanza e insufficienza di motivazione.”
In data 1.07.2021 si costituiva in giudizio l’Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , instando per la reiezione del gravame.
In data 9.02.2022, M D B - nella qualità di controinteressato partecipante alla medesima procedura selettiva - presentava atto di intervento ad opponendum , nell’ambito del quale, dopo aver preliminarmente giustificato il suo interesse processuale ad intervenire nel giudizio, illustrava nel merito plurime argomentazioni a fondamento della legittimità dell’esclusione del Capodiferro.
A seguito di scambio di memorie depositate dalle parti del giudizio, veniva altresì depositato in atti il contratto individuale di lavoro subordinato a tempo determinato - ricercatore di tipo B, sottoscritto dall’Università degli Studi di Bari, in persona del rettore pro tempore , e dal ricorrente, con correlato verbale di presa di servizio del 17.2.2022.
All’art. 6 del detto contratto si prevedeva - ai fini della persistenza dell’interesse alla definizione giurisdizionale della controversia - che “ Gli effetti del presente contratto restano subordinati agli esiti del giudizio pendente in atto dinanzi al TAR Puglia - R.G. n. 568/2021 ”.
All’udienza pubblica del 5.7.2022, sentite le parti, la causa era definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, preliminarmente ed in rito deve dichiararsi l’inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum spiegato da M D B.
Come è noto, nel processo amministrativo la posizione dell’interveniente ad opponendum si caratterizza per la sua strutturale accessorietà rispetto a quella della parte a sostegno della quale esso interviene, con conseguente impossibilità per lo stesso di ampliare il thema decidendum , i cui confini sono segnati dal contenuto motivazionale e dispositivo del provvedimento impugnato e dalle censure contro di esso dedotte dal ricorrente.
Nel caso di specie, le ampie argomentazioni svolte dalla difesa dell’interventore allargano lo spazio formale e sostanziale delle questioni sollevate nel presente contenzioso fra il Capodiferro e l’Università degli Studi di Bari, assurgendo a contenuti che avrebbero potuto essere inseriti in un autonomo ricorso, così come peraltro in concreto accaduto (cfr. ricorso R.G. n. 192/2022).
In proposito, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “ nel processo amministrativo, l’intervento ad adiuvandum o ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da chi sia portatore di un interesse che lo abilita a proporre ricorso in via principale (…)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 4557 del 2.8.2011).
Tale situazione processuale, peraltro, determina di fatto una duplice pendenza delle medesime questioni nell’ambito allargato del medesimo contenzioso, ponendosi conseguentemente un problema di sostanziale bis in idem che deve essere ricondotto a linearità processuale, preferendo chiaramente il mantenimento - in termini di ammissibilità - dell’impugnativa in via principale svolta nel menzionato ricorso R.G. n. 192/2022, rispetto al tuzioristico, ma non essenziale, intervento ad opponendum di cui al presente giudizio.
Ne consegue che al fine di mantenere fermo il thema decidendum così come impostato dalle parti originarie del procedimento in esame e riservandosi ogni valutazione sulle questioni di merito in esso sollevate nella decisione del separato - ma di fatto connesso - giudizio da ultimo citato, l’atto di intervento ad opponendum così come spiegato deve dichiararsi inammissibile.
Nel merito il ricorso è fondato è, pertanto, può essere accolto.
Con riguardo alla vicenda in esame, è necessario prendere le mosse dall’art. 2 del bando di concorso, come sopra riportato.
Esso deve essere interpretato in modo da rispettare la lettera della regola selettiva in esso dettata e alla luce dei principi di affidamento e di parità di trattamento tra i concorrenti, oltre che del favor partecipationis , di per sé essendo capisaldi concettuali intimamente connaturati alla logica intrinseca delle pubbliche selezioni.
Di conseguenza, “ le clausole del bando di concorso per l’accesso al pubblico impiego non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi ” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 5825/2012), bensì vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole e della loro connessione ai sensi dell’art. 12, primo comma, disp. prel. Cod. civ. (cfr. Cons. Stato, Sez. V., sent. n. 2709/2014).
Nell’interpretare le clausole del bando, dunque, deve darsi prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute. Ad ogni modo, anche nel caso in cui il dato testuale dovesse presentare ambiguità, deve essere prescelto dall’interprete il significato più favorevole all’ammissione del candidato, essendo conforme al pubblico interesse che alla procedura selettiva partecipi il più elevato numero di candidati e, nel caso in cui si stabilisca che il numero dei medesimi vada ridotto ove superiore ad una certa soglia, scegliendo i più meritevoli in base ai curricula globalmente valutati.
Con riguardo alla vicenda in esame, la Commissione, nel valutare il possesso dei requisiti del ricorrente, avrebbe dovuto attenersi al dato letterale contenuto nelle disposizioni del bando e, in caso di ambiguità, avrebbe dovuto privilegiare il principio del favor partecipationis , in tal modo disponendone l’ammissione a partecipare alla fase successiva della discussione pubblica dei titoli e delle pubblicazioni, piuttosto che l’esclusione.
Nel caso de quo , il bando concorsuale inderogabilmente imponeva ai partecipanti di possedere, in modo alternativo tra loro ma unitamente al requisito principale - specializzazione o dottorato o titolo equipollente - altri requisiti, ossia: aver usufruito per almeno tre anni dei contratti di cui all’art. 24, comma 3, lett. a, della legge n. 240/2010, senza aver conseguito giudizio negativo e avere conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di I o di II fascia di cui all’art. 16 della legge n. 240/2010;ovvero aver usufruito, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca di cui all’art. 51, comma 6, della legge n. 449/1997, e s.m.i., o di assegni di ricerca di cui all’art. 22 della legge 240/2010, o di borse di post-dottorato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 398/1989, o di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri o di contratti stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 14, della legge n. 230/2005, nonché di essere in possesso del titolo di specializzazione medica.
Sulla scorta di tanto, il combinato disposto della lex specialis e dell’art. 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240/2010 dispongono che l’accesso ai contratti da ricercatore nella tipologia in detta norma prevista è consentito a coloro che risultino in possesso, in via alternativa, di uno solo dei requisiti elencati, tra i quali figura il titolo di specializzazione medica coerente con la selezione.
Nel caso di specie, il ricorrente partecipava alla procedura de qua comprovando il possesso del diploma di specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica della durata di tre anni (da ritenersi di fatto del tutto equipollente al dottorato di ricerca, sia per stessa durata degli studi che per la complessità dei temi affrontati) e di aver svolto assegni di ricerca e contratti co.co.co. di ricerca, intercorsi con l’Università degli Studi di Bari.
Evinta la natura disgiuntiva del dato letterale (si usa il termine “ ovvero ” ad indicare due possibilità alternative), è comunque opportuno precisare che, nel caso in esame, non rileva la distinzione riguardante la natura di specializzazione medica o sanitaria su cui assai analiticamente si sono soffermate le difese delle parti in causa.
Occorre sul punto evidenziare che vi è - nell’ambito degli attuali assetti della formazione e della pratica medico-sanitaria - un oggettivo spazio di possibile sovrapposizione di competenze fra plurimi settori e correlati ambiti specialistici.
In via generale, la distinzione fra specializzazione medica o sanitaria trova le sue principali fonti normative nel d.m. n. 68/2005 sul riordino delle scuole di specializzazione di Area Sanitaria, nel d.m. del Ministero dell’Università e della Ricerca del 31.7.2006 sul riassetto delle scuole di specializzazione in odontoiatria e nel decreto interministeriale MIUR-Sanità n. 716 del 16 settembre 2016, avente ad oggetto il riordino delle scuole di specializzazione ad accesso riservato ai “non medici”, che ha definito tali specializzazioni come specializzazioni di “area sanitaria”, per differenziarle da quelle mediche riservate ai laureati in medicina e chirurgia (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 7660 del 4.12.2020)
Tale distinzione, per come emerge dal tenore testuale dei decreti ministeriali ed interministeriali citati, viene però fatta per soli fini organizzativi in connessione con l’istituzione e la gestione delle relative scuole e non ai diversi fini dell’attività di ricerca (di cui al caso in esame).
Invero, dal punto di vista del reclutamento per l’attività di ricerca, la logica intrinseca del fatto selettivo non dovrebbe meccanicamente conformarsi alla distinzione dei percorsi accademici per come disegnati a fini organizzativi, ma piuttosto dovrebbe selezionare candidati in un allargato ambito di formazione ed educazione, che, ferma restando la valutazione di coerenza con gli specifici settori scientifico disciplinari, operi in modo più elastico in una logica di interscambiabilità dei saperi e dei percorsi formativi.
Nel caso in esame, il diploma di specializzazione del ricorrente risulta in linea e funzionale alla attività di ricerca di cui alla posizione messa a bando, essendo stato discrezionalmente valutato come correttamente afferente allo specifico settore scientifico-disciplinare MED/28 - Malattie Odontostomatologiche, non essendo peraltro riscontrabile sul punto un giudizio viziato da evidente irrazionalità o irragionevolezza.
In conclusione e ad una valutazione sintetica globale, il ricorso risulta meritevole di accoglimento in quanto fondato nel merito.
Da ultimo, le spese di giudizio possono essere compensate, tenuto conto della natura latu sensu lavoristica e della oggettiva peculiarità della presente controversia.